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mercoledì 19 gennaio 2022

L'abbé Laguérie: con #traditioniscustodes torniamo agli anni '70

Segnaliamo un'intervista all'abbé Philippe Laguérie, cofondatore e già superiore dell'Istituto del Buon Pastore, sul quotidiano francese Present. Il tono è piuttosto forte e non tutti i giudizi sono condivisibili, ma ne emerge un'interessante analisi della situazione presente (che ci riporta al passato).
Stefano 


La Messa: una battaglia vinta. Intervista con l’abbé Philippe Laguérie


Chi non conosce l’abbé Philippe Laguérie? Ordinato sacerdote da mons. Lefebvre, nel 1984 è stato nominato parroco di Saint-Nicolas-du-Chardonnet ed è rimasto a capo della parrocchia

parigina fino al 1998. Nel 2004 ha lasciato la Fraternità San Pio X e nel 2006 è stato uno dei cofondatori dell’Istituto del Buon Pastore, di cui è rimasto superiore fino al 2019, svolgendo due mandati.


di Anne Le Pape – Present, 19 gennaio 2022


Reverendo, avrebbe mai pensato un giorno di rivivere un periodo di caccia alle streghe (oso servirmi di questa espressione) contro il rito tradizionale?


Sì e no! Se consideriamo le cause profonde della rivoluzione liturgica degli anni Sessanta, l’infestazione modernista del brigantaggio del Vaticano II (ben più sinistra di quella di Efeso!) le stesse cause producono gli stessi effetti: sì! Malgrado il tentativo, che oggi si può definire fallito, sotto Benedetto XVI, di restituire alla liturgia bimillenaria della Chiesa i suoi diritti, il personale ecclesiastico è rimasto e rimane fondamentalmente rivoluzionario. «Un albero cattivo non può portare buoni frutti…». Ma considerando la violenza degli ultimi due documenti (Traditionis Custodes e i responsa ad dubia), il loro disprezzo della tradizione liturgica, il cinismo delle misure adottate, la stessa rabbia di distruzione sistematica che trasuda odio, allora diremmo che il papa non lavora più «alle periferie», piuttosto su un’altra galassia. Del resto, i suoi viaggi ci mostrano che la sua ortodossia è inversamente proporzionale all’altitudine! Sì: costernazione. Eccoci tornati agli anni Settanta, alle sospensioni a divinis, al «seminario selvaggio», alle «scomuniche». C’è odore di polvere.


Come comprendere l’atteggiamento di papa Francesco: puramente nocivo o semplicemente coerente con il Vaticano II?


Innanzitutto non bisogna perdere di vista che il papa attuale è un gesuita! È la prima volta e spero l’ultima. Un gesuita preferirà sempre l’efficacia alla coerenza. Sant’Ignazio lo sapeva bene, e aveva assoggettato i suoi religiosi a un quarto voto: quello di obbedienza al papa, per limitare il numero di geni (infatti la Compagnia ne ha in abbondanza). L’efficacia lasciata a se stessa non diviene altro che stravaganza, presunzione, megalomania, autoreferenzialità. I cardinali lo avevano compreso, non eleggendo mai un gesuita. Un gesuita papa, dunque privo di superiore, è un genio impazzito al comando di un Mirage o di un Rafale (aerei da caccia, ndt): fermateli. Senza che ci sia bisogno di supporre in foro interno la minima cattiveria. Andiamo, chi ve lo permette? Un gesuita può far fuori qualcuno ad majorem Dei gloriam; è facile, se il suo superiore non ha nulla da ridire e  se dirige la sua intenzione in modo appropriato (cfr. Les Provinciales). Nel XVII secolo avevano inventato tante eresie (probabilismo, molinismo, casuistica, eccetera), che il papa dovette imporre loro il silenzio. Ed essi tacquero! Ma oggi, non lo si vede forse, salvo Gesù Cristo chi altri potrebbe mettere a tacere un gesuita senza superiore… Che almeno non prenda più l’aereo.


Che ne pensa dell’obiezione per cui «non voler celebrare altro che il rito antico significa contestare il valore del nuovo»?


Devo esprimermi chiaramente, dopo un periodo di silenzio diplomatico. Sono tra coloro che pensano che il nostro rifiuto assoluto della Messa di Paolo VI non è affettivo, né disciplinare, né carismatico, eccetera. È teologale, teologico, dogmatico e morale. Assoluto! Il peccato originale di questa deplorevole disputa liturgica all’interno della Chiesa è l’inenarrabile e folle audacia di papa Paolo VI nel promulgare un nuovo ordo Missae basato sulla ricerca degli esperti, di F… M… e dei protestanti, gettando alle ortiche (con la voce tremolante) la Messa dei pontefici Leone e Gregorio, entrambi grandi. La liturgia cattolica non può e non deve essere che una trasmissione dell’eredità degli Apostoli. Una Messa inventata 19 secoli dopo non può che essere un’ambizione prometeica, una chimera romantico-libertaria, un populismo di pessimo gusto, indegno della Chiesa di Gesù Cristo. La promulgazione del nuovo ordo Missae di Paolo VI è senza dubbio legale e valida, ma sicuramente non legittima. In questa crisi è molto istruttivo il posizionarsi di ciascuno: quelli che tirano avanti per diplomazia ecclesiastica e per i circoli ecclesiastici finiranno per annegare. Sopravviveranno solo gli appassionati della verità. Avendo trascorso la mia vita a combattere, sono felice di constatare che mi preparo a morire non come un disertore ma come un soldato.


Come vede la questione delle ordinazioni?


Lascio la questione al superiore generale del nostro istituto, l’abbé Gabriel Barrero, che l’ha presa in mano con buone prospettive ma reclama giustamente il silenzio…


Crede che ci sia un rischio reale di rottura della ritrasmissione del rito tradizionale? Se sì, quali saranno le conseguenze?


Nessuna, nessuna! La «battaglia» per la Messa cattolica è stata vinta definitivamente e irreversibilmente da mons. Lefebvre negli anni Ottanta. Ciò che è fatto è fatto! Ci sono decine di migliaia di preti nel mondo che celebrano la Messa gregoriana, e non basterà un cenno di qualche segretario romano o di qualche vescovo residenziale che fa gli «straordinari» a far cambiare le cose. È troppo tardi: abbiamo vinto la battaglia. Non sono tra quelli che speculano su un infarto o una sincope del papa: lo troverei miserabile, e lo scommettitore rischia di pagare il prezzo della sua scommessa. Al contrario, so che TUTTI i preti che conosco (a cominciare da me) non passeranno mai a questa Messa che ha rovinato la Chiesa d’Occidente, d’America e d’Africa. Sarà più facile per Macron vaccinare i feti, che per Francesco imporci la sinassi di Paolo VI. Con 43 anni di sacerdozio, credete che andrei a chiedere il permesso a chicchessia per celebrare la Messa della mia ordinazione? 

5 commenti:

  1. Come scrivete giustamente, toni e contenuti non sempre sono condivisibili e convincenti. Apprezzabile comunque la chiarezza di pensiero e di linguaggio. Memorabile la frase finale...

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  2. I think his tone and content are fine, and perfectly appropriate to the importance of the topic.

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  3. Incoerenza assoluta. Vorrei proprio chiedere perché avete lasciato la FSSPX per poi dovervi comunque opporre a Roma. IBP, FSSP, ICRSS sono tutte incoerenti e , sebbene con il merito di far conoscere la s. Messa vera, tolgono forze alla battaglia ben più ampia della singola liturgia contro il modernismo. Vorrei quasi dire: "giusto così".

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    1. Perché ognuno vuole fare il capetto. Del resto, la ribellione va di pari passo con molto del mondo cosiddetto "tradizionalista". Se non sono d'accordo sul colore dei fiori sull'altare, sono pronti a fare un altro miniscisma. Sembra la storia della sinistra italiana, dove c'è sempre qualche comunista più comunista dei comunisti.
      Non si accorgono che, invece di tener viva la battaglia che dicono di combattere, si fanno ridere dietro da tutti.

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