Post in evidenza

Un Predicatore della Casa Pontificia filo-LGBT? Le preoccupanti dichiarazioni di padre Roberto Pasolini

Sulle turpi parole del nuovo Predicatore Pontificio nominato da Francesco, Gaetano Masciullo ipotizza: " Quanto detto dal francescano è...

lunedì 29 novembre 2021

Diane Montagna: "“Traditionis custodes”: arma di distruzione di Messa" #traditioniscustodes

In inglese "A Weapon of Mass Destruction" è un gioco di parole: "Mass" può significare "Messa" o "Massa".
Il terzo articolo dell'amica Diane Montagna (Il 7 ottobre ho pubblicato un primo gruppo di trenta di queste citazioni dei vescovi del mondo, che può essere visualizzato QUI Il 28 ottobre ho pubblicato QUI un secondo gruppo contenente altre quattordici citazioni).
QUI l'originale in inglese.
Grazie ad Aldo Maria Valli per la traduzione.
Luigi

Con questo contributo Diane Montagna torna sulle origini di Traditiones custodes dimostrando che i vescovi, nei pareri indirizzati alla Santa Sede, non si sono per nulla schierati contro il vetus ordo. Il documento di Francesco non riflette l’orientamento dei vescovi del mondo, ma nasce da pregiudiziali ideologiche.

di Diane Montagna

In una recente intervista alla televisione svizzera, l’arcivescovo Arthur Roche, prefetto della Congregazione per il culto divino e la disciplina dei sacramenti, nonché figura chiave nell’attuazione della lettera apostolica di papa Francesco Traditionis custodes, che limita la celebrazione della Messa tradizionale in latino, ha affermato:

“La forma normale della celebrazione del Rito Romano si trova in quei documenti che sono stati pubblicati dopo il Concilio Vaticano II. Ecclesia Dei e Summorum Pontificum sono stati stabiliti per incoraggiare i lefebrvriani, soprattutto, a ritornare alla piena unità con la Chiesa.”
Un piccolo ripasso della storia mostrerà che quest’ultima affermazione dell’arcivescovo è di fatto falsa. Nella sua lettera ai vescovi del 7 luglio 2007, papa Benedetto XVI è stato chiaro circa la ragione principale che lo spinse a emettere Summorum Pontificum:

“Sono giunto, così, a quella ragione positiva che mi ha motivato ad aggiornare mediante questo Motu Proprio quello del 1988. Si tratta di giungere ad una riconciliazione interna nel seno della Chiesa. Guardando al passato, alle divisioni che nel corso dei secoli hanno lacerato il Corpo di Cristo, si ha continuamente l’impressione che, in momenti critici in cui la divisione stava nascendo, non è stato fatto il sufficiente da parte dei responsabili della Chiesa per conservare o conquistare la riconciliazione e l’unità … Ciò che per le generazioni anteriori era sacro, anche per noi resta sacro e grande, e non può essere improvvisamente del tutto proibito o, addirittura, giudicato dannoso. Ci fa bene a tutti conservare le ricchezze che sono cresciute nella fede e nella preghiera della Chiesa, e di dar loro il giusto posto.”

Nove anni dopo, in Last Testament: In His Own Words (Bloomsbury Continuum, 2016; edizione italiana: Ultime conversazioni, Garzanti, 2016), Benedetto risponde così all’ipotesi secondo cui la Messa in latino sarebbe stata riautorizzata come concessione alla Società sacerdotale san Pio X (p. 202): “Questo è assolutamente falso! Per me, ciò che è importante è l’unità della Chiesa con se stessa, nel suo interno, con il suo passato; che ciò che era santo per lei prima non sia in alcun modo un male ora.” Nessuna di queste parole lascia spazi di ambiguità sulle motivazioni di Benedetto XVI nel liberalizzare la celebrazione della Messa tradizionale in latino.

L’arcivescovo Roche poi afferma:

“È chiaro che la Traditionis custodes sta dicendo: ‘Ok, questo esperimento non ha avuto del tutto successo e quindi torniamo a ciò che il Concilio ha richiesto alla Chiesa’. E dobbiamo ricordare che questa non era la volontà del Papa. Questa era la volontà della grande maggioranza dei vescovi della Chiesa cattolica riuniti nel ventunesimo concilio ecumenico che guidava il Papa riguardo al futuro. Ciò che fu prodotto nel 1570 era del tutto appropriato per l’epoca. Ciò che è prodotto in questa nostra epoca è del tutto appropriato per il tempo in cui viviamo” (enfasi aggiunta; vedi video qui al timestamp 1:55).

Quando, il 16 luglio 2021, papa Francesco ha promulgato la Traditionis custodes, a sua volta ha sottolineato quanto sia importante ascoltare la volontà dei vescovi. Infatti, ha detto che uno dei motivi principali che lo hanno spinto a prendere la decisione di limitare la celebrazione della Messa tradizionale in latino (e l’amministrazione degli altri sacramenti nel rito antico) sono stati i risultati di una “dettagliata consultazione” dei vescovi effettuata nel 2020 dalla Congregazione per la dottrina della fede (Cdf).

In una lettera che accompagna la Traditionis custodes, il Papa scrive ai vescovi del mondo:

“A distanza di tredici anni ho incaricato la Congregazione per la Dottrina della Fede di inviarVi un questionario sull’applicazione del Motu proprio Summorum Pontificum. Le risposte pervenute hanno rivelato una situazione che mi addolora e mi preoccupa, confermandomi nella necessità di intervenire.”

Sulla base di questi risultati, che sono stati inseriti dalla Cdf in un rapporto dettagliato, papa Francesco afferma:

“È per difendere l’unità del Corpo di Cristo che mi vedo costretto a revocare la facoltà concessa dai miei Predecessori. L’uso distorto che ne è stato fatto è contrario ai motivi che li hanno indotti a concedere la libertà di celebrare la Messa con il Missale Romanum del 1962.”

Più avanti, nella stessa lettera, papa Francesco sottolinea ancora una volta che la sua decisione di limitare la liturgia romana tradizionale è stata presa come diretta risposta alle richieste fatte dai vescovi del mondo. Egli infatti scrive:

“Rispondendo alle vostre richieste, prendo la ferma decisione di abrogare tutte le norme, le istruzioni, le concessioni e le consuetudini precedenti al presente Motu Proprio, e di ritenere i libri liturgici promulgati dai santi Pontefici Paolo VI e Giovanni Paolo II, in conformità ai decreti del Concilio Vaticano II, come l’unica espressione della lex orandi del Rito Romano.”

Ma la Traditionis custodes riflette davvero la volontà dei vescovi del mondo, in particolare nei paesi in cui la celebrazione della liturgia tradizionale del Rito Romano si è diffusa (cioè Stati Uniti, Francia e Inghilterra)? E potrebbe essere corretto dire che la Traditionis custodes non rappresentasse accuratamente il rapporto dettagliato preparato per papa Francesco dalla Cdf?

Nell’edizione stampata di un discorso tenuto alla Conferenza sull’identità cattolica del 2021, intitolata Traditionis custodes: Separating Fact from Fiction e pubblicato online su The Remnant il 7 ottobre 2021, ho chiesto: quali conclusioni avrebbe tratto una persona ragionevole dal rapporto principale? La risposta, secondo fonti informate e affidabili, è stata che una buona maggioranza di vescovi, pur in modi diversi e usando parole diverse, mandava sostanzialmente un messaggio: “Il Summorum Pontificum va bene. Non toccatelo”.

Come notavo in quel discorso:

“Oltre a questo, un’altra percentuale di vescovi avrebbe detto: ‘Fondamentalmente non bisogna toccare niente, ma ci sarebbero un paio di cose che come vescovo che ha un po’ più di esperienza, vorrei suggerire’. Tutto sommato, quindi, più del 60% o due terzi dei vescovi sarebbero stati d’accordo nel mantenere la rotta, sia pure, forse, con qualche piccola modifica. Il messaggio era sostanzialmente di lasciare in pace il Summorum Pontificum, e di proseguire con un’applicazione prudente e attenta.”

Da quel che so, ciò che è realmente accaduto è che tutto ciò che era accessorio nella relazione principale è stato proiettato come un problema importante ed è stato ampliato e ingrandito in modo sproporzionato.

Nell’edizione stampata del mio discorso in occasione del Cic del 2021, ho anche osservato:

“Sappiamo che la relazione principale era molto completa e suddivisa in diverse sezioni. Una parte era molto analitica, offrendo analisi diocesi per diocesi, paese per paese, regione per regione, continente per continente, con grafici di vario tipo. Un’altra parte era una sintesi in cui venivano presentate tutte le argomentazioni, insieme a raccomandazioni e tendenze. Sappiamo che una parte del rapporto conteneva citazioni tratte dalle risposte arrivate dalle singole diocesi. Questa raccolta di citazioni sarebbe stata inclusa per dare al Santo Padre un campione a tutto tondo di ciò che i vescovi hanno detto.”

Il 7 ottobre ho pubblicato un primo gruppo di trenta di queste citazioni dei vescovi del mondo, che può essere visualizzato qui.

Il 28 ottobre ho pubblicato un secondo gruppo contenente altre quattordici citazioni (invece di quindici, poiché un [commento negativo] era un duplicato). Le citazioni possono essere visualizzate qui.

Oggi consideriamo il terzo e ultimo lotto: venti citazioni che, insieme alle prime due serie, sono state incluse nel rapporto principale e dettagliato della Cdf che aveva lo scopo di fornire al Santo Padre un quadro completo di ciò che i vescovi avevano detto.

Esaminando queste citazioni, un lettore potrebbe chiedersi: la volontà della maggioranza dei vescovi della Chiesa cattolica è stata davvero presa in considerazione per la stesura della Traditionis custodes?

[Per rispetto nei confronti dei membri della gerarchia, ho eliminato i nomi dei vescovi citati e ho indicato solo il paese d’origine.]

Florilegio di citazioni tratte dalle risposte pervenute dalle Diocesi

(Fs=Forma straordinaria; Fo=Forma ordinaria)

Valutazioni negative circa l’atteggiamento di certi fedeli

“Credo che i sacerdoti che amministrano [a questi fedeli] non abbiano la libertà di un parroco, e sono spesso agli ordini dei fedeli che servono. Vi è una sorveglianza della loro dottrina, della loro fedeltà alle rubriche, delle proposte pastorali” (un vescovo francese, risposta alla domanda 3).

“Alcune persone che sostengono la Fs lo fanno con presupposti ideologici. Questo è vero per quanto riguarda alcuni membri di qualsiasi gruppo, tuttavia essi non sono rappresentativi dell’insieme delle comunità di fedeli che partecipano alla Fs” (un vescovo degli Usa, risposta alla domanda 3).

Sull’isolamento delle comunità

“L’uso della Fs evidenzia ancor di più gli abusi liturgici che esistono tuttora in molte parrocchie, e questo provoca una diserzione a favore di luoghi dove si celebra la Fs, in particolare da parte di giovani famiglie che desiderano dare una formazione religiosa solida ai figli. Alla fine, questo rischia di indebolire il “tessuto” parrocchiale tramite l’uso di parrocchie di “scelta”, in cui i parrocchiani partecipano alla liturgia, ma senza vero coinvolgimento comunitario e sociale nei luoghi dove praticano la loro fede, e senza aver una pratica sociale visibile nei luoghi dove risiedono” (un vescovo francese, risposta alla domanda 3).

“C’è poca interazione tra il gruppo di fedeli e la parrocchia vicina e la diocesi” (un vescovo francese, risposta alla domanda 3).

Sull’irrilevanza della Forma straordinaria per il popolo

“La questione della forma ordinaria o straordinaria è irrilevante per il nostro popolo. Il popolo desidera semplicemente ricevere il Corpo del Signore e non è interessato ai riti ai quali partecipa (un vescovo delle Filippine, risposta alla domanda 3).

Sulle forze vive che la Forma straordinaria attira

“La Chiesa dovrebbe essere capace di dire [agli istituti legati alla Fs] ciò che esse le portano: vocazioni, il mantenimento di una tradizione liturgica portatrice di ricchezze, una forma di sicurezza di fronte ai cambiamenti della Chiesa e nella cultura” (un vescovo francese, risposta alla domanda 9).

Sul valore della Forma straordinaria per la pace e l’unità della Chiesa

“Il motu proprio [Summorum Pontificum] ha permesso una reale pacificazione della questione liturgica” (un vescovo francese, risposta alla domanda 3).

“Non è stata mia esperienza, ad esempio, che la Fs crei divisione, bensì l’opposto. Essa può promuovere e giovare a un senso di comunione e di inclusione, quando viene gestita in modo giusto e pastorale” (un vescovo degli Usa, risposta alla domanda 9).

“In una zona di grande diversità etnica come [nome di una città americana], una diversità di forme liturgiche è generalmente di aiuto” (un vescovo degli Usa, risposta alla domanda 3).

Sul valore liturgico, teologico e catechetico della Forma straordinaria

“Mantenere la Fs è una scelta giusta, non perché essa sia migliore e più adatta della Fo, ma perché la Fs possiede una ricchezza propria sul piano tanto liturgico quanto teologico. Parimenti, la Fs costituisce uno stimolante contrappunto per la Fo” (un vescovo francese, risposta alla domanda 9).

“Molte famiglie non partecipano esclusivamente alla Fs, ma amano partecipare sia alla Fs sia alla Fo. Io incoraggio questo, quale esperienza più ricca della storia e dello sviluppo liturgico” (un vescovo degli Usa, risposta alla domanda 3).

“Un buon numero di cattolici è giunto a una vita di fede più fervente, molti uomini sono diventati più attivi nel guidare spiritualmente le loro famiglie, e molti sono giunti a una conoscenza profonda delle tradizioni della Chiesa, il che li ha aiutati ad apprezzare più profondamente le riforme del Vaticano II e la Fo della Messa” (un vescovo degli Usa, risposta alla domanda 3).

Sul valore storico della Forma straordinaria

“Come disse papa Benedetto, non possiamo abbandonare il rito della Messa che è stato usato per secoli e dire che esso non è più rilevante” (un vescovo dell’Inghilterra, risposta alla domanda 9).

Sull’influsso della Forma straordinaria sulla Forma ordinaria

“Alcuni elementi abitualmente identificati con la Fs vengono utilizzati da alcuni sacerdoti nella Fo (per esempio, celebrazione ad orientem o canti gregoriani), ma questi non sono tanto un miscuglio di riti quanto la scelta di opzioni legittime che sono permesse nella Fo. Vi è un arricchimento vicendevole, ma le rubriche di ciascuna forma vengono rispettate” (un vescovo degli Usa, risposta alla domanda 5).

Sull’influsso della Forma straordinaria sui seminari e/o case di formazione

Quando un seminarista esprime al vescovo diocesano o al rettore del seminario il desiderio di essere formato alla Fs, lo si aiuta per assistere ad un “workshop” organizzato da uno degli istituti che propongono tale formazione, d’accordo col vescovo diocesano. Questa prassi è conforme a quanto stabilito dall’Universae Ecclesiae n. 21” (un vescovo degli Usa, risposta alla domanda 8).

Proposte e/o prospettive per il futuro

“La possibilità di celebrare nella Fs va mantenuta. Essa corrisponde a una richiesta reale da parte di persone piuttosto giovani. Le parrocchie debbono sviluppare i legami con il sacerdote che celebra nella Fs. Alcuni pensavano che questa forma sarebbe scomparsa, ma questo non si è verificato. Essa va quindi praticata e offerta in piena verità ai fedeli. È indispensabile il legame parrocchiale” (un vescovo francese, risposta alla domanda 9).

“Se dovesse essere sospeso l’uso della Forma straordinaria, ritengo che il provvedimento dovrebbe doverosamente essere accompagnato da una revisione attenta della riforma liturgica per correggerne alcune debolezze e da un intervento forte di censura degli abusi che sviliscono e snaturano la liturgia della Chiesa cattolica” (un vescovo italiano, risposta alla domanda 9)

“Bisognerebbe che la Santa Sede fornisse sussidi per la formazione, la catechesi e la celebrazione, in modo tale che ci sia una fonte autorevole e unificante per l’informazione come per il ministero. In primo luogo, mentre la diocesi cerca di fornire sussidi di formazione e catechetici, il clero e i laici si rivolgono spesso a comunità non in piena comunione con la Santa Sede per avere informazioni. In secondo luogo, avere a disposizione i libri liturgici necessari non è sempre facile e anche in questo caso le persone si rivolgono spesso a comunità non in piena comunione per ottenere i libri liturgici. In terzo luogo, è difficile trovare a livello diocesano una vera perizia nella Fs in tutte le sue dimensioni teologiche, storiche, giuridiche e pastorali (sia individuare esperti, sia individuare fonti), e gli uffici della Santa Sede sarebbero di gran aiuto per la Chiesa universale come per le singole diocesi” (un vescovo degli Usa, risposta alla domanda 9)

“Neppure il Vescovo riferirà alla Pontificia commissione come gli è richiesto, a causa di affari più urgenti di cui si deve occupare in diocesi” (un vescovo delle Filippine, risposta alla domanda 3).

“Certamente ritengo che non si possa revocare semplicemente Summorum Pontificum. Si creerebbero più problemi di quelli che si vogliono risolvere” (un vescovo italiano, riposta alla domanda 9).