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lunedì 20 settembre 2021

Regno Unito e Australia, i vescovi contro l’eutanasia

Qualche vescovo con la schiena dritta.
Luigi

06-09-2021, La Nuova Bussola Quotidiana, Luca Volontè


Si leva la voce dei vescovi contro i progetti di legge sull'eutanasia in Gran Bretagna e nel Queensland. Dopo l’appello della Conferenza episcopale inglese di maggio, ecco gli interventi dei vescovi Davies e McKinney. E in Australia mons. Coleridge chiede di “fare tutto il possibile” per proteggere le vite fragili.

Nel Regno Unito e in Australia, si alzano forti gli appelli dei vescovi in difesa della dignità umana e contro le proposte di legge sull’eutanasia. Cosa si aspetta in Italia? Lo scorso 26 agosto, erano stati fatti diversi appelli di esperti e associazioni pro vita ai fedeli cattolici del Regno Unito affinché contattassero i propri parlamentari per opporsi alla proposta di legge della baronessa Molly Meacher. Miro Griffiths, ricercatore in studi sulla disabilità e politiche sociali all’Università di Leeds, ad esempio chiedeva ai fedeli cattolici di ascoltare il messaggio dei vescovi inglesi del maggio scorso. In quel messaggio si diceva che «la nuova legge proposta deve essere denunciata come “falsa compassione” (…). Questa proposta cambierebbe anche fondamentalmente la relazione tra il medico e il paziente, in quanto passerebbe dal trattamento e dalla cura all’assistenza alla morte dell’altro (…). La Chiesa cattolica rimane contraria a qualsiasi forma di suicidio assistito».

Da qui l’invito dei vescovi del Regno Unito e del Galles a tutti i fedeli affinché scrivano “ai membri della Camera dei Lord o dei Comuni” e chiedano loro di opporsi al progetto di legge. Il disegno di legge, che era passato in prima lettura alla Camera dei Lord il 26 maggio e verrà discusso in seconda lettura nelle prossime settimane, autorizzerebbe i medici a fornire farmaci letali, su richiesta, ai malati terminali in modo che possano suicidarsi, un atto che attualmente è punibile fino a 14 anni di carcere secondo la legge sul suicidio del 1961. Le ‘salvaguardie’ proposte includono la limitazione dell’assistenza alle persone che sono malate terminali e con una prognosi di sei mesi di vita rimanente, che hanno capacità mentale e un desiderio stabilito di morire. La fornitura dei farmaci deve essere autorizzata da due medici e da un giudice dell’Alta Corte. L’esperienza di altri paesi - vedi Olanda, Canada e Belgio - dimostrano quanto le ‘salvaguardie’ contro gli abusi, incluse nel testo inglese, siano assolutamente inconsistenti e facilmente superabili nella pratica.

In questi giorni altri due vescovi hanno alzato la voce per ricordare ai cattolici e a tutti i parlamentari i loro doveri. Il vescovo di Shrewsbury, Mark Davies, ha ricordato che “ora è il momento di alzare la voce. Ognuno di noi ha una voce e forse anche una storia da condividere con coloro che ci rappresentano in Parlamento o con i lord che per primi discuteranno questa legge alla Camera dei Lord”. Il vescovo di Nottingham, Patrick McKinney, ha fatto il suo appello ai fedeli attraverso un video pubblicato l’1 settembre ricordando che “la nostra legge, così com’è, proibisce il suicidio assistito (…) e questo è il modo più sicuro per proteggere coloro che sono vicini alla fine della loro vita da abusi, coercizioni o, addirittura, pressioni interne per scegliere la morte assistita per paura di gravare sui loro cari (…). Sarebbe anche ingenuo credere che, una volta divenuta legge, le richieste per il suicidio assistito sarebbero semplicemente limitate a coloro che sono malati terminali (…), inevitabilmente dovrebbe essere permesso anche a coloro che hanno anni di sofferenza davanti a loro, a causa di malattie croniche o disabilità”.

Anche in un altro paese del regno di sua maestà Elisabetta, l’Australia, i vescovi cattolici sono in prima linea per contrastare l’approvazione della legge sull’eutanasia nello stato del Queensland, in discussione dal maggio scorso e prossima al voto finale. Il testo prevede che i residenti del Queensland dai 18 anni in su hanno il diritto di chiedere il suicidio assistito se hanno ricevuto una diagnosi con un’aspettativa di 12 mesi (o meno) di vita e stanno sopportando una sofferenza che considerano “intollerabile”. Per il prossimo 11 settembre si è organizzata una grande manifestazione pro life nella capitale Brisbane, a pochi giorni dal dibattito finale in Parlamento.

L’arcivescovo di Brisbane, Mark Coleridge, ha inviato una lettera e un videomessaggio in questi giorni a tutti i cattolici per sollecitare tutte le persone di buona volontà a firmare una petizione contro l’approvazione della legge e scrivere direttamente ai parlamentari per opporsi all’eutanasia: “Dobbiamo fare tutto il possibile per proteggere gli abitanti del Queensland piuttosto che assisterli nella morte”. In una lettera di questa settimana, 19 medici, ex presidenti dell’Associazione Medica Australiana del Queensland, hanno avvertito i legislatori dei “rischi inaccettabili” che i pazienti correrebbero se la legislazione sull’eutanasia e il suicidio assistito venisse approvata. Anche gli operatori sanitari cattolici sono sul piede di guerra e hanno chiesto al Parlamento che non si neghi il diritto all’obiezione di coscienza, oggi vietato nel testo, perché ciò renderebbe il Queensland l’unico stato australiano che usa la legge per forzare gli ospedali e le case di cura per anziani ad andare contro i valori e le convinzioni religiose.

Teeshan Johnson, direttrice del gruppo Cherish Life Queensland, che sostiene le ragioni di medici e ospedali cattolici, ha denunciato lo spirito totalitario di tale divieto all’obiezione di coscienza e messo in guardia dai danni che potrebbero derivare al sistema sanitario, perché “questi fornitori, che rappresentano circa un letto su quattro nel Queensland, potrebbero essere costretti a chiudere le strutture e non ne aprirebbero di nuove”.

I vescovi cattolici d’Inghilterra e Australia, come già quelli di Portogallo, Austria e Spagna negli scorsi mesi, si dimostrano essere dei coraggiosi ‘curati’ dei loro fedeli. Oltre alla “grave inquietudine” espressa lo scorso 17 agosto, sentiremo finalmente nelle prossime settimane una voce forte e univoca anche dai vescovi italiani? Non si può attendere che la campagna radicale raccolga un milione di firme per svegliarsi, è ora di parlare dai pulpiti di ogni parrocchia.