“Tredici stelle formano una corona Antonio è patrono di questa città…” È il 31 maggio quando a Lamezia Terme, in Calabria ha inizio la “Tredicina”.
Si tratta di una delle devozioni caratteristiche al Santo di Padova: alla festa ci si prepara per ben tredici giorni.
La devozione per Sant’Antonio ha origine dalla convinzione popolare che il Santo conceda ogni giorno ai suoi devoti ben tredici grazie e dal fatto che la festa ricorra proprio il 13 del mese, anniversario della sua morte avvenuta il 13 giugno 1231.
In città vi sono quasi ovunque manifesti con il programma dedicato a questi giorni, gli orari delle messe e dei canti solenni in onore del Santo che hanno luogo nell’arco dell’intera giornata così che tutti possano parteciparvi.
La sera i balconi di molti palazzi sono illuminati dal quadretto di Sant’Antonio, un quadretto in legno con l’effige del Santo e 13 lampadine a raffigurare le tredici stelle. (Cfr. Italiani QUI)
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SANT’ANTONIO DI PADOVA:
UN SANTO PORTOGHESE DIVENUTO DUOSICILIANO
UN SANTO PORTOGHESE DIVENUTO DUOSICILIANO
di Massimo Seminara (*)
Sant’Antonio di Padova è tra i Santi più venerati al mondo, ma il suo culto raggiunge l’apice nelle terre del Mezzogiorno della penisola italiana dove non v’è chiesa o cattedrale che non conservi almeno una sua effige.
Non era infatti passato inosservato ai nostri antenati che proprio il 13 giugno del 1799 – festa di Sant’Antonio - l’esercito Sanfedista, guidato dal calabrese Cardinale Fabrizio Ruffo, liberava Napoli e l’intero Regno dal dispotismo giacobino.
Non era infatti passato inosservato ai nostri antenati che proprio il 13 giugno del 1799 – festa di Sant’Antonio - l’esercito Sanfedista, guidato dal calabrese Cardinale Fabrizio Ruffo, liberava Napoli e l’intero Regno dal dispotismo giacobino.
In quel giorno l’esultanza fu così grande che il popolo partenopeo arrivò a proclamare il santo padovano patrono della città in sostituzione del vescovo Gennaro.
Dalla Campania alla Puglia, dalla Calabria alla Sicilia, il 13 giugno ogni paese si veste a festa e con modalità e riti diversi omaggia e ricorda il Padre dei poveri e degli orfani, il Santo che fa ritrovare le cose perdute, il Taumaturgo delle tredici grazie al giorno, il Giovane con i gigli in mano.
Si continua così a far rivivere quella che fu festa di precetto per il Regno delle Due Sicilie fino al 1860.
Dalla Campania alla Puglia, dalla Calabria alla Sicilia, il 13 giugno ogni paese si veste a festa e con modalità e riti diversi omaggia e ricorda il Padre dei poveri e degli orfani, il Santo che fa ritrovare le cose perdute, il Taumaturgo delle tredici grazie al giorno, il Giovane con i gigli in mano.
Si continua così a far rivivere quella che fu festa di precetto per il Regno delle Due Sicilie fino al 1860.
In Calabria il culto più radicato e antico, risalente alla metà del 1600, si riscontra nell’antica città di Nicastro, l’odierna Lamezia Terme ed anche qui il legame con il Santo si unisce alla storia della Real Casa di Borbone.
Ancora oggi ogni anno il 13 giugno lo si festeggia con solenni celebrazioni anche di carattere civile.
Secondo le fonti storiche, il guardiano del convento Padre Lorenzo da Gimigliano era gravemente malato e i medici disperavano di salvarlo.
Ancora oggi ogni anno il 13 giugno lo si festeggia con solenni celebrazioni anche di carattere civile.
Secondo le fonti storiche, il guardiano del convento Padre Lorenzo da Gimigliano era gravemente malato e i medici disperavano di salvarlo.
Sant’Antonio apparve in sogno al religioso e lo guarì.
La notizia della guarigione miracolosa si diffuse a tal punto che anche il vescovo dell’epoca volle che se ne conservasse memoria nell’archivio del convento.
La notizia della guarigione miracolosa si diffuse a tal punto che anche il vescovo dell’epoca volle che se ne conservasse memoria nell’archivio del convento.
Padre Lorenzo, in segno di devozione, iniziò prima una novena di ringraziamento al santo.
I nove giorni di preghiera in onore del taumaturgo, col tempo, divennero tredici.
I nove giorni di preghiera in onore del taumaturgo, col tempo, divennero tredici.
Il culto per il “Padovano” crebbe a dismisura grazie alla predicazione del Venerabile Antonio da Olivadi il quale fece realizzare a Napoli nel 1685 la statua lignea del santo, statua che ancora viene portata in processione e che lo raffigura come un giovane bello e sorridente.
In segno di grande onore per l’amato taumaturgo fu edificata una cappella illuminata da tredici lampade in argento che ardevano notte e giorno. Re Carlo di Borbone con Diploma del 1746 proclamò Sant’Antonio principale patrono e protettore della città.
Gli Augusti Sovrani del Regno delle Due Sicilie, nel tempo, hanno concesso privilegi e insegne alla cappella del Santo, ancora oggi ben visibili, e l’altare lametino di Sant’Antonio può ancora fregiarsi del titolo Reale.
Così anche a Fabrizia, nella provincia di Vibo Valentia, il culto è strettamente connesso all’opposizione della popolazione locale all’esercito napoleonico: il ritrovamento della Statua, ancor oggi venerata, avvenne in concomitanza alle rivolte dei calabresi contro l’invasore e fu subito interpretato quale segno di divina vicinanza alle sofferenze del popolo: tra le montagne serresi la bella statua lignea fu miracolosamente ritrovata mentre l’esercito francese si dava alla fuga.
Non è dato sapere se essa fosse stata sottratta dalla soldataglia in sfregio del popolo devoto. Non possiamo, infine, non rilevare che il principale simbolo di Sant’Antonio è il candido giglio che è anche presente nel numero di tre, in campo azzurro, nella parte centrale dello scudo dello stemma della Real Casa di Borbone Due Sicilie.
Gli Augusti Sovrani del Regno delle Due Sicilie, nel tempo, hanno concesso privilegi e insegne alla cappella del Santo, ancora oggi ben visibili, e l’altare lametino di Sant’Antonio può ancora fregiarsi del titolo Reale.
Così anche a Fabrizia, nella provincia di Vibo Valentia, il culto è strettamente connesso all’opposizione della popolazione locale all’esercito napoleonico: il ritrovamento della Statua, ancor oggi venerata, avvenne in concomitanza alle rivolte dei calabresi contro l’invasore e fu subito interpretato quale segno di divina vicinanza alle sofferenze del popolo: tra le montagne serresi la bella statua lignea fu miracolosamente ritrovata mentre l’esercito francese si dava alla fuga.
Non è dato sapere se essa fosse stata sottratta dalla soldataglia in sfregio del popolo devoto. Non possiamo, infine, non rilevare che il principale simbolo di Sant’Antonio è il candido giglio che è anche presente nel numero di tre, in campo azzurro, nella parte centrale dello scudo dello stemma della Real Casa di Borbone Due Sicilie.
(* Delegato delle Calabrie Del Real Circolo Francesco II di Borbone, storico e Priore dell'antica Real Arcionfraternita del Carmine di Cinquefrondi, Avvocato )
Foto 1: Sant’Antonio venerato a Lamezia Terme (antica Nicastro) con il ricco parato per la festa 2021.
Foto 2: Il simulacro del glorioso Taumaturgo in processione per le vie di Lamezia Terme.
Fonte: Facebook QUI