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giovedì 17 giugno 2021

Echi (post)tridentini in gastronomia: San Giovanni Paolo II (22 ottobre) e la cucina polacca

Un saggio di gastronomia cattolica, rircordando il dolce preferito da S. Giovanni Paolo II (22 ottobre).
Luigi


31-05-2021, La Nuova Bussola Quotidiana, Liana Marabini

Karol Wojtyła ha sempre avuto un rapporto speciale con il cibo, un rapporto quasi spirituale: condivisione, comunicazione, gioia. Ha passato una parte della sua vita cibandosi di piatti semplici, modesti e frugali. Amava la cucina tradizionale polacca, dai pierogi ai deliziosi paczki, fino al famoso kremowka, poi detto Kremówka Papieska (Dolce alla crema del Papa).

Iniziamo questo nuovo ciclo di articoli - dedicati alle regioni e ai Paesi natali dei santi e alla loro gastronomia - con un santo che molti di noi hanno incontrato, gli hanno parlato, lo hanno toccato: Giovanni Paolo II (18 maggio 1920 - 2 aprile 2005).

Karol Wojtyła era un uomo dai gusti semplici e amava i piatti tradizionali del suo Paese, la Polonia. Quando era papa, san Giovanni Paolo II in genere pranzava e cenava presto, visto che la sua giornata iniziava verso le 5,30 del mattino. Il suo primo pasto era sicuramente il più importante: il Corpo di Cristo, il banchetto spirituale della Santa Messa.

Dopo la Messa faceva una leggera colazione, gli bastava un po’ di pane e burro e un tè. A pranzo mangiava sempre una minestra, seguita in genere da una piccola porzione di carne e da parecchie verdure, finendo con la frutta. A cena mangiava gli avanzi del pranzo. Tutto veniva preparato con cura dalle suore polacche.

Nato a Wadowice, vicino a Cracovia, san Giovanni Paolo II ha sempre avuto un rapporto speciale con il cibo, un rapporto quasi spirituale: condivisione, comunicazione, gioia. Ha passato una parte della sua vita cibandosi di piatti semplici, modesti e frugali, a causa degli eventi storici che hanno marcato i suoi primi decenni. Quando vide la luce, nel 1920, il mondo era da non molto uscito dalla Prima guerra mondiale, con la penuria di beni (cibo incluso) e la povertà tipica di ogni periodo post bellico.

Compì nove anni in piena crisi economia e finanziaria (1929). L’anno del suo 19° compleanno i nazisti invasero il suo Paese. L’Università di Cracovia, dove studiava, fu chiusa. Lui e altri giovani furono costretti a lavorare, cosa che Karol fece dal 1940 al 1944. Uno dei suoi compagni di lavoro, Blazej Kowalczyk, in una lettera inviata al padre scrive: “Tra i miei colleghi c’è un certo Karol, nativo di Wadowice, come te, che non si lascia abbattere dalla situazione. Ogni giorno porta qualcosa da mangiare che divide con tutti noi. E scherza su ogni cosa”. Questa abitudine di Karol Wojtyła di condividere ciò che aveva da mangiare viene descritta anche da altri.

Nel 1942 entrò nel seminario clandestino diretto dall’arcivescovo di Cracovia Adam Józef Sapieha (Krasiczyn, 14 maggio 1867 - Cracovia, 23 luglio 1951) e cominciò a studiare per diventare sacerdote. La fine della guerra, nel 1945, non portò solo la pace, ma anche la disperazione del comunismo sovietico, che prese il potere in Polonia. Karol aveva 25 anni. Un anno più tardi fu ordinato presbitero. Lo stesso anno dell’ordinazione (1946) si trasferì a Roma per studiare all’Angelicum. Qui scoprì, insieme alla Città Eterna, le tipiche trattorie romane, dove gli piaceva andare ogni tanto, scegliendo piatti che gli ricordavano vagamente quelli di casa: i tortelloni, simili ai pierogi, lo spezzatino di carne, che aveva aria di casa, i bomboloni che gli ricordavano i deliziosi paczki. Ma molte cose della sua gastronomia gli mancavano: i crauti, le barbabietole, le zuppe, i dolci farciti di semi di papavero… Tutti piatti in gran parte sconosciuti in Italia (ed è un peccato, perché sono ottimi).


La cucina della Polonia è molto influenzata dai Paesi vicini: vi troviamo molti ingredienti tipici della cucina tedesca, ma anche di quelle ceca e ungherese (il gulash). Già nelle cronache medievali troviamo descrizioni dettagliate di ricette tipiche: era una cucina molto piccante, basata su carni e cereali. Come era d’uso all’epoca, erano molto usate le spezie, soprattutto il pepe, la noce moscata e il ginepro; da un lato perché insaporivano le carni, dall’altro perché era fiorente l’importazione dai Paesi orientali a prezzi bassi. L’uso del miele e della rapa era molto comune. Tra gli alcolici più famosi la birra e l’idromele con il vino proveniente soprattutto da Slesia e Ungheria. Nel 1518 la regina Bona Sforza (1494-1557), nata duchessa di Bari e Rossano, rivoluzionò la cucina polacca portando nel Paese dei cuochi italiani.

Il primo ricettario polacco, il Compendium Ferculorum, albo Zebranie potraw, fu pubblicato nel 1682 da Stanisław Czerniecki. Nel 1786 Wojciecha Wieldek diede alle stampe Kucharz doskonały (Il cuoco perfetto). Stanisław August porterà ulteriori modifiche alla tradizione con la moda della cucina francese, molto leggera. Saranno successivamente pubblicati una serie di libri di Jan Szyttler (1763-1850), allievo di un celebre cuoco reale.


I piatti che si possono dire tradizionali provengono ancora oggi da ricette di autori del XIX secolo come Lucyna Ćwierczakiewiczowa (1826-1901): il celebre bigos, stufato di carni varie, cavoli e crauti con aggiunta di prugne secche e spezie è molto gettonato anche oggi. E anche i pierogi, di cui abbiamo parlato sopra, hanno radici antiche: sono dei ravioli a pasta spessa, farciti (a scelta) di carne, funghi, formaggi e cavolo. Il piatto detto szałot (in Silesia è chiamato semplicemente sałatka jarzynowa, insalata di verdure) è una preparazione simile alla salade de boeuf, ma è ancora più buono: patate e carote lesse, cetriolini e peperoni sott’aceto, ravanelli, olive, uova sode, piselli, prosciutto, salsicce, il tutto tagliato a dadini e condito con maionese; la preparazione è poi decorata con pezzetti multicolori di verdure.

Le zuppe sono numerose e varie, tutte buonissime: tra le minestre tradizionali citiamo la barzcz, una zuppa di barbabietole che rappresenta, di fatto, l’equivalente del boršč russo (minestra acida di amido di frumento con patate e a volte con panna) e la kapuśniak, a base di cavoli in salamoia.

Tra i dolci tipici si possono annoverare il makowiec, che corrisponde a una sorta di strudel con semi di papavero, il sernik, torta a base di ricotta fresca e il piernik, pan di zenzero con miele e spezie. Ma un capitolo a parte merita il pascha, delizia a base di mascarpone con uvetta e scorza d’arancia: è un dessert di ascendenza ebraica e diffuso anche in vaste zone della Russia, oltre che in Ucraina. Una ricetta tanto semplice quanto deliziosa.

Infine, dulcis in fundo, parliamo un po’ del dolce preferito di san Giovanni Paolo II: il kremowka. Di tanto in tanto, per vincere la nostalgia del suo Paese natale mangiava questo squisito dolce, preparato con pasta sfoglia ripiena di crema e che è diventato famoso con il nome Kremówka Papieska (Dolce alla crema del Papa). Giovanni Paolo II ha raccontato come da giovane avesse organizzato insieme ad alcuni amici una gara a chi mangiasse più porzioni di kremowka per festeggiare il diploma. Karol riuscì a mangiarne 18, ma non fu il vincitore.

Questa e altre storie rendono così umano questo grande santo, che è così vicino al nostro cuore.

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