QUI Magister.
Luigi
Asia News, 19-4-21
Nabil Habashi Khadim, 62 anni, era uno stimato commerciante e filantropo. Egli era stato rapito l’8 novembre scorso e ucciso con un colpo di kalashnikov in testa. Il video della morte rilanciato dal movimento jihadista. Fra i motivi dell’uccisione l’aver contribuito alla realizzazione dell’unico luogo di culto cristiano a Bir Al-Abd,
Il Cairo (AsiaNews) - Lo Stato islamico (SI, ex Isis) ha giustiziato un cristiano copto ortodosso egiziano, uccidendolo con un proiettile in testa in una esecuzione filmata e rilanciata ieri sui canali social del gruppo jihadista e condiviso da numerosi utenti e piattaforme. La vittima, già considerato un “nuovo martire” dagli ortodossi del Paese, è uno stimato intellettuale e commerciante di 62 anni, Nabil Habashi Khadim, rapito l’8 novembre scorso nella città di Bir Al-Abd, nel Sinai settentrionale, freddato con un kalashnikov mentre era inginocchiato a terra.
Fonti locali riferiscono che l’uomo aveva contribuito alla costruzione dell’unico luogo di culto cristiano della città, la chiesa della Madonna dell’Anba Karras (Nostra Signora). Anche questo è uno dei motivi che avevano spinto il commando jihadista a sequestrarlo nei mesi scorsi; nel filmato uno dei boia appartenenti alla cellula locale di Daesh (acronimo arabo per lo SI) accusa in modo esplicito l’uomo di aver contribuito, anche a livello finanziario, alla costruzione della chiesa poco prima di premere il grilletto e giustiziarlo. Il gruppo jihadista accusa inoltre la Chiesa di “collaborazionismo” con l’esercito, la polizia e i servizi segreti egiziani.
Altri ancora legano la tempistica dell’uccisione alle imminenti feste pasquali, che per i copti ortodossi cadono il 2 maggio prossimo.
Testimoni racconta che Nabil Habashi Khadim, l’ultimo di una “lunga serie di martiri del Nord Sinai” era uno stimato gioiellieri della città di Bir Al-Abd. La sua famiglia è considerata fra le più antiche della comunità copta dell’area, molto attiva nel commercio dell’oro oltre a possedere un negozio di abbigliamento e una attività di rivendita di telefoni cellulari. L’8 novembre scorso un gruppo di uomini, armati ma in abiti civili, lo hanno rapito sulla strada davanti casa e sono fuggiti indisturbati. In tutti questi mesi sono risultate vane le ricerche delle forze dell’ordine e gli appelli della famiglia per la sua liberazione.
La sua morte ha suscitato cordoglio e commozione nella comunità copta egiziana, il cui leader papa Tawadros II ha diffuso una nota di condanna e chiesto preghiere per il l’uomo “rapito da elementi takfiri nel Nord Sinai cinque mesi fa e successivamente martirizzato”. La Chiesa, prosegue la nota, “piange un figlio e un servo fedele” che ora è nella gloria celeste di Cristo per aver “testimoniato la sua fede fino al sacrificio di sangue”. La dichiarazione si conclude confermando il sostegno della comunità copta ortodossa “agli sforzi dello Stato egiziano” volti a contrastare “questi odiosi atti di terrorismo” e a “preservare la nostra cara unità nazionale” per un “futuro di pace e prosperità”.
Da anni nel Sinai settentrionale è in atto una guerriglia da parte di gruppi estremisti islamici, che si è intensificata in seguito al rovesciamento del presidente Mohamed Morsi nel 2013 e dell’ascesa dello Stato islamico nella regione l’anno successivo. Nel mirino anche diversi cristiani, uccisi in attacchi mirati contro singoli e gruppi di fedeli. Nel febbraio 2018 le forze di sicurezza egiziane, dell’esercito e della polizia, hanno lanciato una massiccia campagna contro gruppi armati ed jihadisti, con una particolare attenzione alla zona del Nord Sinai.
In poco più di due anni sono stati uccisi più di 840 sospetti terroristi e oltre 60 militari.