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lunedì 15 marzo 2021

Responsum della CDF sulle unioni omosessuali: la Chiesa NON dispone del potere di impartire la benedizione

Ci siamo occupati più volte della questione della benedizione delle unioni omosessuali da parte di vescovi e sacerdoti, che negli ultimi anni sta agitando la Chiesa e portando al rischio concreto di uno scisma, soprattutto in Irlanda ed in Germania (da ultimo QUI e QUI).
Finalmente oggi la Congregazione per la Dottrina della Fede ha pubblicato la risposta allo specifico quesito circa il potere della Chiesa di impartire la benedizione a unioni di persone dello stesso sesso, sulla quale il Sommo Pontefice Francesco è stato informato e ha dato il suo assenso alla pubblicazione, con annessa Nota esplicativa.
Ci auguriamo che sulla questione sia posta la parola definitiva.
Sul perché sia impossibile per la Chiesa cattolica benedire le coppie omosessuali, il card. Gerhard Ludwig Müller, Prefetto emerito della Congregazione per la dottrina della fede, ha pubblicato un articolo sul sito LifeSite, tradotto in italiano da Marco Tosatti per il sito Stilum Curiae.
Vi proponiamo il testo integrale del responsum firmato dal Prefetto, card. Luis F. Ladaria, S.I., e dal Segretario, mons. Giacomo Morandi, e dell’articolo di commento.

L.V.


AL QUESITO PROPOSTO:
La Chiesa dispone del potere di impartire la benedizione a unioni di persone dello stesso sesso?

SI RISPONDE:
Negativamente.

Nota esplicativa

In alcuni ambiti ecclesiali si stanno diffondendo progetti e proposte di benedizioni per unioni di persone dello stesso sesso. Non di rado, tali progetti sono motivati da una sincera volontà di accoglienza e di accompagnamento delle persone omosessuali, alle quali si propongono cammini di crescita nella fede, «affinché coloro che manifestano la tendenza omosessuale possano avere gli aiuti necessari per comprendere e realizzare pienamente la volontà di Dio nella loro vita»[1].

In tali cammini, l’ascolto della parola di Dio, la preghiera, la partecipazione alle azioni liturgiche ecclesiali e l’esercizio della carità possono ricoprire un ruolo importante al fine di sostenere l’impegno di leggere la propria storia e di aderire con libertà e responsabilità alla propria chiamata battesimale, perché «Dio ama ogni persona e così fa la Chiesa»[2], rifiutando ogni ingiusta discriminazione.

Tra le azioni liturgiche della Chiesa rivestono una singolare importanza i sacramentali, «segni sacri per mezzo dei quali, con una certa imitazione dei sacramenti, sono significati e, per impetrazione della Chiesa, vengono ottenuti effetti soprattutto spirituali. Per mezzo di essi gli uomini vengono disposti a ricevere l’effetto principale dei sacramenti e vengono santificate le varie situazioni della vita»[3]. Il Catechismo della Chiesa Cattolica specifica, poi, che «i sacramentali non conferiscono la grazia dello Spirito Santo alla maniera dei sacramenti; però mediante la preghiera della Chiesa preparano a ricevere la grazia e dispongono a cooperare con essa» (n. 1670).

Al genere dei sacramentali appartengono le benedizioni, con le quali la Chiesa «chiama gli uomini a lodare Dio, li invita a chiedere la sua protezione, li esorta a meritare, con la santità della vita, la sua misericordia»[4]. Esse, inoltre, «istituite in certo qual modo a imitazione dei sacramenti, si riportano sempre e principalmente a effetti spirituali, che ottengono per impetrazione della Chiesa»[5].

Di conseguenza, per essere coerenti con la natura dei sacramentali, quando si invoca una benedizione su alcune relazioni umane occorre – oltre alla retta intenzione di coloro che ne partecipano – che ciò che viene benedetto sia oggettivamente e positivamente ordinato a ricevere e ad esprimere la grazia, in funzione dei disegni di Dio iscritti nella Creazione e pienamente rivelati da Cristo Signore. Sono quindi compatibili con l’essenza della benedizione impartita dalla Chiesa solo quelle realtà che sono di per sé ordinate a servire quei disegni.

Per tale motivo, non è lecito impartire una benedizione a relazioni, o a partenariati anche stabili, che implicano una prassi sessuale fuori dal matrimonio (vale a dire, fuori dell’unione indissolubile di un uomo e una donna aperta di per sé alla trasmissione della vita), come è il caso delle unioni fra persone dello stesso sesso[6]. La presenza in tali relazioni di elementi positivi, che in sé sono pur da apprezzare e valorizzare, non è comunque in grado di coonestarle e renderle quindi legittimamente oggetto di una benedizione ecclesiale, poiché tali elementi si trovano al servizio di una unione non ordinata al disegno del Creatore.

Inoltre, poiché le benedizioni sulle persone sono in relazione con i sacramenti, la benedizione delle unioni omosessuali non può essere considerata lecita, in quanto costituirebbe in certo qual modo una imitazione o un rimando di analogia con la benedizione nuziale[7], invocata sull’uomo e la donna che si uniscono nel sacramento del Matrimonio, dato che «non esiste fondamento alcuno per assimilare o stabilire analogie, neppur remote, tra le unioni omosessuali e il disegno di Dio sul matrimonio e la famiglia»[8].

La dichiarazione di illiceità delle benedizioni di unioni tra persone dello stesso sesso non è quindi, e non intende essere, un’ingiusta discriminazione, quanto invece richiamare la verità del rito liturgico e di quanto corrisponde profondamente all’essenza dei sacramentali, così come la Chiesa li intende.

La comunità cristiana e i Pastori sono chiamati ad accogliere con rispetto e delicatezza le persone con inclinazione omosessuale, e sapranno trovare le modalità più adeguate, coerenti con l’insegnamento ecclesiale, per annunciare il Vangelo nella sua pienezza. Queste, nello stesso tempo, riconoscano la sincera vicinanza della Chiesa – che prega per loro, li accompagna, condivide il loro cammino di fede cristiana[9] – e ne accolgano con sincera disponibilità gli insegnamenti.

La risposta al dubium proposto non esclude che vengano impartite benedizioni a singole persone con inclinazione omosessuale[10], le quali manifestino la volontà di vivere in fedeltà ai disegni rivelati di Dio così come proposti dall’insegnamento ecclesiale, ma dichiara illecita ogni forma di benedizione che tenda a riconoscere le loro unioni. In questo caso, infatti, la benedizione manifesterebbe l’intenzione non di affidare alla protezione e all’aiuto di Dio alcune singole persone, nel senso di cui sopra, ma di approvare e incoraggiare una scelta ed una prassi di vita che non possono essere riconosciute come oggettivamente ordinate ai disegni rivelati di Dio[11].

Nel contempo, la Chiesa rammenta che Dio stesso non smette di benedire ciascuno dei suoi figli pellegrinanti in questo mondo, perché per Lui «siamo più importanti di tutti i peccati che noi possiamo fare»[12]. Ma non benedice né può benedire il peccato: benedice l’uomo peccatore, affinché riconosca di essere parte del suo disegno d’amore e si lasci cambiare da Lui. Egli infatti «ci prende come siamo, ma non ci lascia mai come siamo»[13].

Per i suddetti motivi, la Chiesa non dispone, né può disporre, del potere di benedire unioni di persone dello stesso sesso nel senso sopra inteso.

Il Sommo Pontefice Francesco, nel corso di un’Udienza concessa al sottoscritto Segretario di questa Congregazione, è stato informato e ha dato il suo assenso alla pubblicazione del suddetto Responsum ad dubium, con annessa Nota esplicativa.

Dato a Roma, dalla Sede della Congregazione per la Dottrina della Fede, il 22 febbraio 2021, Festa della Cattedra di San Pietro, Apostolo.

Luis F. Card. Ladaria, S.I.
Prefetto

Giacomo Morandi
Arcivescovo tit. di Cerveteri
Segretario

[1] Francesco, Es. ap. post-sinodale Amoris laetitia, n. 250.


[3] Concilio Vaticano II, Cost. Sacrosanctum Concilium, n. 60.

[4] Rituale Romanum ex Decreto Sacrosancti Oecumenici Concilii Vaticani II instauratum auctoritate Ioannis Pauli PP. II promulgatum, De benedictionibus, Praenotanda Generalia, n. 9.

[5] Ibidem, n. 10.

[6] Cfr. Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 2357.

[7] La benedizione nuziale, infatti, rimanda al racconto della Creazione, nel quale la benedizione di Dio sull’uomo e sulla donna è in relazione alla loro unione feconda (cfr. Gen 1, 28) e alla loro complementarietà (cfr. Gen 2, 18-24).

[8] Francesco, Es. ap. post-sinodale, Amoris laetitia, n. 251.

[9] Cfr. Congregazione per la Dottrina della Fede, Lettera Homosexualitatis problema sulla cura pastorale delle persone omosessuali, n. 15.

[10] Il De benedictionibus presenta infatti un vasto elenco di situazioni per le quali invocare la benedizione del Signore.

[11] Cfr. Congregazione per la Dottrina della Fede, Lettera Homosexualitatis problema sulla cura pastorale delle persone omosessuali, n. 7.


[13] Ibidem.


Il presente intervento della Congregazione per la Dottrina della Fede è la risposta ad un quesito – in termini classici, ad un dubium – sollevato, come avviene normalmente, da pastori e fedeli che hanno bisogno di un chiarimento orientativo su una questione controversa. Di fronte all’incertezza suscitata da affermazioni o da prassi problematiche circa ambiti decisivi per la vita cristiana, si chiede di rispondere affermativamente o negativamente, e quindi di esporre gli argomenti che sostengono la posizione assunta. La finalità dell’intervento è quella di sostenere la Chiesa universale nel corrispondere meglio alle esigenze del Vangelo, di dirimere controversie e di favorire una sana comunione nel popolo santo di Dio.

La questione disputata sorge nel quadro della «sincera volontà di accoglienza e di accompagnamento delle persone omosessuali, alle quali si propongono cammini di crescita nella fede» (Nota esplicativa), come indicato dal Santo Padre Francesco, a conclusione di due Assemblee sinodali sulla famiglia: «affinché coloro che manifestano la tendenza omosessuale possano avere gli aiuti necessari per comprendere e realizzare pienamente la volontà di Dio nella loro vita» (Es. ap. Amoris laetitia, n. 250). È questo un invito a valutare con opportuno discernimento i progetti e le proposte pastorali offerti al riguardo. Tra questi, vi sono anche benedizioni impartite ad unioni di persone dello stesso sesso. Si chiede perciò se la Chiesa disponga del potere di impartire la sua benedizione: è la formula contenuta nel quaesitum.

La risposta – il Responsum ad dubium – trova spiegazioni e motivazioni nell’annessa Nota esplicativa della Congregazione per la Dottrina della Fede, del 22 febbraio 2021, alla cui pubblicazione ha dato il suo assenso lo stesso Papa Francesco.

La Nota è centrata sulla fondamentale e decisiva distinzione tra le persone e l’unione. Così che il giudizio negativo sulla benedizione di unioni delle persone dello stesso sesso non implica un giudizio sulle persone.

Le persone anzitutto. Vale per esse, ed è un punto di non ritorno, quanto dichiarato al n. 4 delle Considerazioni circa i progetti di riconoscimento legale delle unioni tra persone omosessuali, redatte dalla stessa Congregazione, e richiamato dal Catechismo della Chiesa Cattolica: «Secondo l’insegnamento della Chiesa, gli uomini e le donne con tendenze omosessuali “devono essere accolti con rispetto, compassione, delicatezza. A loro riguardo si eviterà ogni marchio di ingiusta discriminazione” (2358)». Insegnamento ricordato e ribadito dalla Nota.

Quanto alle unioni di persone dello stesso sesso, la risposta al dubium «dichiara illecita ogni forma di benedizione che tenda a riconoscere le loro unioni». Illiceità che la Nota esplicativa riporta a un triplice ordine di motivi, in connessione tra loro.

Il primo è dato dalla verità e dal valore delle benedizioni. Esse appartengono al genere dei sacramentali, i quali sono «azioni liturgiche della Chiesa» che esigono consonanza di vita a ciò che essi significano e generano. Significati ed esiti di grazia che la Nota espone in forma concisa. Di conseguenza, una benedizione su una relazione umana richiede che essa sia ordinata a ricevere e ad esprimere il bene che le viene detto e donato.

Siamo così al secondo motivo: l’ordine che rende atti a ricevere il dono è dato dai «disegni di Dio iscritti nella Creazione e pienamente rivelati da Cristo Signore». Disegni cui non rispondono «relazioni o partenariati anche stabili, che implicano una prassi sessuale fuori dal matrimonio», vale a dire «fuori dell’unione indissolubile di un uomo e una donna, aperta di per sé alla trasmissione della vita». È il caso delle unioni fra persone dello stesso sesso. Non esse sole però, quasi che il problema siano soltanto tali unioni, bensì qualsiasi unione che comporti un esercizio della sessualità fuori del matrimonio, la qual cosa è illecita dal punto di vista morale, secondo quanto insegna l’ininterrotto magistero ecclesiale.

Questo sta a dire di un potere che la Chiesa non ha, perché non può disporre dei disegni di Dio, che altrimenti verrebbero disconosciuti e smentiti. La Chiesa non è arbitra di quei disegni e delle verità di vita che esprimono, ma loro fedele interprete e annunciatrice.

Il terzo motivo è dato dall’errore, in cui si sarebbe facilmente indotti, di assimilare la benedizione delle unioni di persone dello stesso sesso a quella delle unioni matrimoniali. Per la relazione che le benedizioni sulle persone intrattengono con i sacramenti, la benedizione di tali unioni potrebbe costituire in certo modo «una imitazione o un rimando di analogia con la benedizione nuziale», impartita all’uomo e alla donna che si uniscono nel sacramento del Matrimonio. Il che sarebbe erroneo e fuorviante.

Per i suddetti motivi «la benedizione delle unioni omosessuali non può essere considerata lecita». Dichiarazione questa che non pregiudica in alcun modo la considerazione umana e cristiana in cui la Chiesa tiene ogni persona. Tanto che la risposta al dubium «non esclude che vengano impartite benedizioni a singole persone con inclinazione omosessuale, le quali manifestino la volontà di vivere in fedeltà ai disegni rivelati di Dio così come proposti dall’insegnamento ecclesiale».

6 commenti:

  1. E c'è ancora chi dice che "Papa Francesco ha stravolto la dottrina, è eretico..."

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  2. Santo cielo quante chiacchiere! Sarebbe bastato ricordare che la sodomia è uno dei quattro peccati che gridano vendetta al cospetto di Dio, e quindi anche soltanto pensare che un rapporto di quel tipo possa essere oggetto di benedizione è una mostruosità blasfema. Ci vuol tanto a parlar chiaro, sì sì no no?

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    1. Se per lei la necessità di essere chiari sono 'chiacchiere'... non so che dire
      Per esempio viene ricordato che non solo le unioni gay, ma anche qualsiasi unione more uxorio ma extramatrimoniale, non è lecito oggetto di benedizione
      Inoltre si cerca di dare dei giusti punti fermi per la cura pastorale delle persone con tendenze omosessuali

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    2. Esatto! Il vero motivo del no alle benedizioni è oscurato in perfetto stile ecclesialese della neochiesa! Dire tanto per non dire nulla!! E tutto continua così come prima, anzi peggio!!

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  3. http://www.cittadellaeditrice.com/munera/benedizione-e-potere-una-confusione-illecita/?fbclid=IwAR3fQn6eVO4pQ-6VXuzE1HsxNejkcgUHhdjJ7bxdfdGbWgDmAO64VHjd13E
    E come poteva il sempre "ottimo" Andrea Grillo esimersi dal commentare, con la sua solita caustica supponenza, forse uno dei pochi atti sensati di questa recente temperie ecclesiale?

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  4. Ma, una curiosità: simili richieste vengono presentate anche ai patriarchi ortodossi? Sarebbe interessante sapere che cosa rispondono loro. Immagino che non perdano neppure tempo a rispondere, come è giusto con le provocazioni. E' solo gente presuntuosa dall'ego illimitato, che si arroga la libertà di peccare (e fin qui passi) ma pretende pure che tutti dicano loro "bravi". Ma la botte piena e la moglie (o in questo caso il moglio, o la marita?) ubriaca non si possono avere. O forse in realtà è gente terribilmente insicura e disperatamente puerile, mai cresciuta, che ha appunto un estremo bisogno che qualche adulto le dica "bravo". In entrambi i casi fanno solo compassione.

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