Complesso parrocchiale Nostra Signora di Fatima dell’arch. Benedetta Fontana (anno 2017).
Lorenzo
Descrizione del progetto: «Lasciandosi il monte Erice alle spalle con la sua medievale città in cima, percorrendo la storica via Madonna di Fatima, il campanile bianco, come una torre, emerge al di sopra degli edifici. Poi si arriva dinanzi la chiesa e ci si lascia stupire dai volumi bianchi e dalla pietra azzurra che giocano e si intersecano tra loro lasciando dei vuoti e delle fessure a delinearne principio e fine.
Ma bisogna girare l’angolo per rendersi conto dell’estensione del complesso parrocchiale Nostra Signora di Fatima che si sviluppa lungo la via Marsala per circa 100 metri riconfigurando la cortina urbana di un’area che da cinquant’anni versava in totale abbandono. Il nuovo complesso parrocchiale si compone di cinque edifici e si sviluppa con un impianto ad L ponendosi come confine dell’area d’intervento. Esso dialoga con un ex convento di frati cappuccini, anch’esso con impianto ad L, contrapposto al nuovo complesso e da questo colloquio nasce l’impianto urbanistico, come lettura del genius loci. Ciò genera una corte interna nello spazio tra gli edifici e mette in rapporto diretto lo spazio interno al complesso parrocchiale con la città e con il quartiere circostante. Il principio insediativo è quello di disporre i nuovi edifici in rapporto con il tessuto preesistente ed in stretta relazione con esso, generando una vera e propria piazza interna che funge anche da sagrato. La permeabilità della corte interna è garantita da diversi passaggi pedonali che rendono lo spazio del sagrato uno spazio urbano, un luogo di incontro, di sosta, di preghiera, di meditazione, di gioco, di conversazione. Il complesso parrocchiale si pone quindi come nuovo polo urbano non solo per le funzioni che lì si svolgono ma come generatore di uno spazio contemporaneamente pubblico e privato, capace di intercettare i flussi pedonali dell’area circostante, anche di coloro che utilizzano la corte soltanto per attraversare l’isolato e accorciare il proprio percorso.
La scelta architettonica è stata quella di proporre un linguaggio contemporaneo ma nello stesso tempo di cercare un rapporto formale identitario con la storia e l’architettura del luogo. Questo aspetto essenziale dell’iter progettuale si è reso evidente dalla riconoscibilità formale e volumetrica del nuovo edificio sacro con richiami evidenti all’architettura medievale mediterranea, in particolare romanica, ed alle chiese storiche presenti nel territorio. Un tema formale che caratterizza progettualmente tutti i nuovi edifici è quello della finestra-fessura. Questi vuoti nella muratura modulano la luce del sole che entrando nello spazio scolpiscono l’ambiente interno, regalando un effetto particolare di tagli di luce sul pavimento e sulle pareti. Nella chiesa queste finestre sono posizionate in modo tale che la luce, entrando all’interno dello spazio sacro in particolari giorni dell’anno, individui e focalizzi dei luoghi liturgici specifici della chiesa.
Queste fessure inoltre contribuiscono a dare un carattere introspettivo all’intervento mostrando una maggiore massa all’esterno per poi spalancarsi verso il piazzale interno con vetrate che si aprono sullo spazio a verde di pertinenza.
Qui nella corte si presentano aperture più ampie, porticati ed aggetti, in uno spazio che ospiterà le attività sociali e di oratorio, un luogo che invita ad entrare e scoprire un ambito diverso, ampio e accogliente ma anche protetto.
Il nuovo complesso parrocchiale si compone di cinque edifici: chiesa, sacrestia e uffici parrocchiali, aule per il catechismo, salone parrocchiale e casa canonica. In pianta rivelano un’autonomia formale mettendo in risalto la loro autonomia funzionale. A dare unità all’intero sistema è una copertura porticata che lega la sagrestia al corpo delle aule e ancora quest’ultimo al salone parrocchiale, ricomponendo la frammentarietà dei cinque corpi in una unità formale. Questa copertura si piega, genera passaggi pedonali, delinea il limite urbano dell’intervento sulla strada ad est e genera un elemento di protezione dal sole ad ovest. Essa lega la sagrestia con l’edificio delle aule catechistiche e con il salone parrocchiale che costituisce una variante in pianta dell’intero sistema, ruotando planimetricamente e generando un ampio spazio di invito coperto sulla strada. Chiude l’intervento il volume compatto e quadrato della casa canonica.
Gli aspetti liturgici sono stati generativi dello spazio sacro, fin dalle fasi ideative. La giacitura della chiesa e il suo asse liturgico sono infatti disposti in modo da avere l’abside orientata ad est, la direzione del sorgere del Sole all’alba del 13 maggio, giorno della prima apparizione della Madonna di Fatima. L’ingresso principale, caratterizzato da un portale in calcestruzzo armato a vista, è quindi posizionato sul lato occidentale, in modo che i fedeli, entrati nell’edificio, intraprendano un cammino verso oriente.
La pianta della chiesa è generata dalla rotazione di due quadrati, ruotati tra loro in corrispondenza dell’altare. Un quadrato giace nella direzione dell’asse liturgico e l’altro nella direzione legata al contesto, legata all’urbanistica, che è quella dell’asse viario principale esistente su cui la chiesa prospetta. Dalle rotazioni di questi due quadrati nascono alcuni ambiti per i luoghi liturgici e si caratterizza anche un movimento volumetrico segnato in altezza dal fatto che il quadrato si trasformi, elevandosi, in uno spazio a croce greca con copertura lignea.
Uno dei luoghi più caratterizzanti è quello del campanile-torre che si eleva al di sopra del tetto della navata, con grandi finestroni che riorientano il suono delle campane, secondo una geometria che riconnette le due direzioni presenti nella pianta della chiesa. Al suo interno è posto il battistero con forma ottagonale. Anche il pavimento segue la forma ottagonale conformandosi in tre gradini concentrici che scendono verso il centro dove c’è materialmente il fonte, di fatto in asse con il campanile e in rapporto al suono delle campane. Si accede al battistero da occidente discendendo tre scalini di colore scuro, che rappresentano le tre rinunce a satana, per morire nell’acqua battesimale e risalire dai gradini di colore chiaro, risorgere, affermando i tre CREDO, ad oriente.
La zona della chiesa a sud-est, è occupata dalla Cappella del SS. Sacramento, riservata all’adorazione eucaristica e alla messa feriale. Essa ha forma quadrata e una volumetria autonoma e ben riconoscibile sia dall’interno che dall’esterno della chiesa. Il tabernacolo in essa contenuto è ben visibile da ogni parte dell’aula liturgica e soprattutto visibile dall’ingresso della chiesa. Nei pressi dell’ingresso principale, una finestra della facciata occidentale della chiesa, inquadra direttamente il Santissimo Sacramento, anticipando al fedele che si appresta ad entrare in chiesa, la meta verso cui sta andando, il Signore Gesù, custodito nel tabernacolo. Per l’altissimo valore e pregio artistico e tecnico, si è ritenuto opportuno mantenere il tabernacolo preesistente nella piccola chiesa dismessa, utilizzato ormai da cinquant’anni dalla comunità parrocchiale, espressione eccellente delle abilità nell’intaglio del legno delle maestranze trapanesi e custode del legame tra la storia parrocchia e la presenza della storia francescana.
Lo spazio della chiesa è stato pensato per essere un tutt’uno con la musica sacra in essa suonata. Le proporzioni complessive della chiesa sono state generate anche da considerazioni di carattere musicale, ed in particolar modo da uno studio sul rapporto tra musica e architettura, ovvero sull’integrazione tra musica sacra e architettura sacra. Si sono elaborati rapporti matematici semplici tra le note musicali della musica gregoriana e le dimensioni dello spazio interno del nuovo edificio. L’idea è quella di creare uno spazio architettonico e dunque fisico, che possa costituire una vera e propria cassa armonica per la musica che viene suonata al suo interno, uno spazio che risulti particolarmente consono al riverbero delle frequenze tipiche della musica sacra, che entrando in risonanza con l’edificio fanno vivere un’esperienza spazio-uditiva mistica.
ICARO PROGETTI porta avanti l’idea di un’architettura a chilometro zero, sempre integrata con il suo contesto, sia in fase di progettazione che in fase di realizzazione. Un’architettura che abbraccia i modelli della tradizione costruttiva della Sicilia. Il progetto del complesso parrocchiale è stato realizzato con materiali locali, prodotti sul territorio da industrie ed attività artigianali consolidate e radicate e già in fase progettuale sono state scelte materie prime del luogo come il marmo della pavimentazione o ancora quello del rivestimento esterno, proveniente da cave locali e lasciato al naturale in modo da far risaltare la colorazione azzurra.
Tra gli elementi che hanno caratterizzato la realizzazione c’è l’efficienza energetica dell’edificio, in un contesto climatico in cui la problematica del raffrescamento estivo è più impattante rispetto a quella del riscaldamento invernale, con l’uso di muri esterni in laterizio spessi che proteggono dalla calura estiva. Mantenendo l’interno fresco e coibentato, la massa muraria protegge anche dai venti forti, a cui Trapani è sottoposta ogni giorno dell’anno; i muri bianchi esterni respingono la luce del sole contribuendo alla frescura degli ambienti interni; la creazione di coperture ventilate reinterpreta i tradizionali “cufulari” trapanesi con la moderna tecnologia; i vespai di fondazione sono ventilati; le superfici vetrate esposte a soleggiamento sono ridotte e viene favorito l’ombreggiamento dei prospetti tramite porticati e aggetti.
Il complesso parrocchiale vuole essere un modello di utilizzo di componenti e sistemi edilizi legati al territorio, a basso impatto ambientale, dalla spiccata durabilità nel tempo e in grado di garantire elevate prestazioni in modo passivo, cioè ricorrendo ad un uso moderato degli impianti. Un modello che stimola la ricerca di nuove forme di economia, per rispondere alle sfide dei cambiamenti climatici, nel solco dei principi enunciati nella Lettera Enciclica Laudato si’ del Santo Padre Francesco e contemporaneamente valorizza le tradizioni architettoniche presenti nel territorio, che mettono al centro la persona, il suo benessere e le sue necessità sociali.»
Foto esterni:
Foto interni:
Complessivamente la chiesa mi pare pregevole. Più di un dettaglio rimanda alla tradizione. Bella anche la facciata con l'oculo. Un po' troppo insistito l'uso del bianco semmai.
RispondiEliminaStrano, vero? Sono sempre tutte così variopinte e calde queste splendide opere d'arte contemporanee in cui si celebra la festa della Parola!
EliminaManco tanto male alla fine. Chiesa simmetrica, abside, crocifisso, facciata con arco strombato. Sembra non finita ma ci si puo' lavorare.
RispondiEliminaQuesta almeno è vagamente reminescente a una chiesa, dentro per lo meno. Però, mamma mia...ci vogliono gli occhiali da sole per stare lì dentro! Certo che la vacuità è spaventosa: nessun tempio di nessuna religione è così spoglio e disadorno...nemmeno i templi zen in cui i monaci "meditano" con la faccia contro un muro. Sembra che si abbia proprio l'orrore di tutto ciò che è caldo, accogliente, meraviglioso, didascalico, istruttivo. Dopo millenni di arte sacra, hanno buttato tutto a mare per propinarci dei muri da obitorio. Nemmeno le catacombe erano così estranianti!
RispondiEliminaMa cosa andate a vedere...le pagliuzze . Mi sembra una bella chiesa, chiaramente al posto di un altare, bi è una tavola in marmo...ma questa è un'altra storia
RispondiEliminaA dispetto della quasi la totalità dei progetti di architettura moderna ecclesiastica l'unico aspetto "positivo" è che il progettista ha almeno cercato di recuperare (a mio avviso con poco successo...) alcuni elementi tipici come: l'abside, il portale strombato in pietra con l'oculo, la croce al centro, il tentativo di rispettare le proporzioni e un certo recupero della "geometria sacra", banchi con inginocchiatoi, etc...
RispondiEliminaPurtroppo il risultato finale però rispecchia bene la liturgia moderna che all'interno viene celebrata: smontato il sacro rito e riassemblato in maniera completamente distaccata dalla Tradizione è la naturale conseguenza che anche il tempio risulti un luogo inadatto alla preghiera, alla contemplazione e alla ricerca del Mistero.
Può al massimo andar bene per qualche conferenza o concerto....o al massimo, appunto, per la messa "moderna"...!
Tutto il resto è da bocciare in primis l'altare, il presbiterio e la totale mancanza di un progetto iconografico che dovrebbe parlare del "padrone di casa", a chi è stata dedicata la chiesa, la storia della devozione di quel popolo, etc...non c'è niente di niente (a parte una statua di un attonito e "spaesato" Sant'Antonio recuperata chissà dove...), vuoto assoluto.
Ma il vero problema, e non mi stancherò mai di ripeterlo, è la committenza che ha perso ogni briciolo di cultura (perchè ha perso il senso del culto cattolico) e di buon senso.
Ah, dimenticavo: per favore eliminate i "faretti da museo" dalle chiese, non si possono vedere...!!!
Dottrina dell'Architettura ha aggiunto una nuova foto all'album: Norcia, Monastero di San Benedetto in Monte.
RispondiElimina13f cshtSSmrpoarlmanszo aollrgse eoeorrrired 1gm3:nus3dmg5 ·
Norcia, Monastero di San Benedetto in Monte, chiesa di Santa Maria della Misericordia. Altare maggiore che ho avuto il compito e l'onore di progettare e curare fin nei più piccoli dettagli ad maiorem Dei gloriam.
Le splendide statue degli angeli sono opera del mio amico scultore Cody Swanson.
Dottrina dell'Architettura
Architetto David Napolitano
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Anno 2021 : la differenza..
Concordo pienamente , il problema sono i committenti .
Elle