Questa notizia, insieme ad un comunicato del Superiore
del Distretto italiano della Fraternità Sacerdotale S. Pio X, ci ha spinto a
chiedere l’opinione di un apprezzato canonista di cui più volte abbiamo
ospitato le riflessioni nel nostro blog.
Abbiamo raggiunto l’Avvocato Rotale Fabio Adernò e gli abbiamo formulato alcuni quesiti ai quali ha risposto con la consueta cordialità. E per questo lo ringraziamo.
Roberto
D. Avvocato, sappiamo che Lei ha dedicato un recente saggio alla libertà religiosa nella legislazione d’urgenza edito in un volume delle Edizioni Scientifiche Italiane (“Covid vs Democrazia. Aspetti giuridici ed economici nella prima fase dell’emergenza sanitaria”, a cura di M. Borgato, D. Trabucco, E.S.I., Napoli 2020, NdR), nel quale sostiene la tesi per la quale sarebbero stati lesi dei diritti fondamentali…
R. Sì, ritengo che la recente turbodecretazione operata dal Governo italiano abbia intaccato i principi fondativi del nostro ordinamento e del nostro sistema giuridico che essenzialmente, in ordine alla libertà religiosa, si fonda sull’intangibile principio pattizio, per il quale lo Stato,
D. Comunque la Chiesa italiana si è allineata alle
disposizioni di contenimento…
R. Certamente, e
in parte ha sicuramente agito secondo buonsenso. Tuttavia spiace che lo abbia
fatto in modo ritardato, senza opporre e rivendicare la propria libera
autonomia, operando delle scelte spesso eccessivamente affrettate e comunque
creando vistose e conflittuali discrasie tra le norme vigenti (alcune delle
quali di diritto divino), animata da una forse eccessivamente silente
accondiscendenza.
D. Ritiene che la Chiesa abbia sbagliato ad adeguarsi?
R. Non ho detto
questo. Però una cosa è il realismo, altra cosa sono le rinunce a dei diritti
che sono presupposti necessari ai doveri. La Chiesa, nella sua storia
millenaria, insegna di aver avuto sempre l’ispirazione soprannaturale di
cogliere le necessità del tempo e di sapere rispondere alle sfide che il mondo
le ha posto innanzi. Ricordiamo il suo impegno in ogni tempo di guerra,
carestie, pestilenze. Io ritengo, però, che nella cosiddetta “emergenza Coronavirus”
la Chiesa abbia perso una fruttuosa occasione – forse la più importante dagli
effimeri trionfi elettorali del 1948 e del 2005 – per esternare la propria
vicinanza alle necessità del popolo italiano ma anche per sottolineare la sua
importanza e la sua incidenza nel tessuto della società, permettendo di fatto,
con l’inerzia della silenziosa acquiescenza, che il fenomeno religioso, e
dunque la fede, venisse reso, potremmo dire per restare in tema, un fattore
“asintomatico”… Al di là di quanto lodevolmente è stato fatto dai sacerdoti in
trincea, avrebbero potuto esserci mille modi più consoni per far sentire la
presenza viva della Chiesa nella società italiana, e soprattutto per
testimoniare concretamente quelle che sono le nostre priorità (come celebrare,
ad esempio, le esequie pubbliche per tutti quei poveretti che sbigottiti
abbiamo visto sparire nel nulla sulle camionette militari; od ottenere permessi
speciali per i sacerdoti affinché potessero spostarsi anche nelle zone rosse). Ma
si è preferito un low-profile. E i
frutti dell’8x1000 non si stanno facendo attendere…
D. Cosa pensa della questione circa l’orario della
Messa di Mezzanotte?
R. Cominciamo
col dire che una volta che viene alterato l’orario è quantomeno superfluo continuare
a chiamarla così… Il punto è molto semplice: la Chiesa ha senz’altro il diritto
nativo di “autoregolarsi”, e dunque gode della piena facoltà di poter modificare
le leggi meramente ecclesiastiche, alle quali sono riconducibili i tempi e i
modi delle celebrazioni liturgiche (la cui normativa è generale e si applica
alle varie circostanze di luoghi). Dunque il punto non è quello di disporre la
possibilità di anticipare o posticipare l’orario temporale di una data
celebrazione, quanto piuttosto la presenza della “causa grave” per la quale ciò
avviene. Data per assodata la regolazione degli afflussi e poste in essere
tutte le cautele preventive all’interno dei luoghi di culto, in moltissime
parti del mondo, il prossimo 24 notte, non vi saranno restrizioni di mobilità/circolazione
imposte dalle autorità civili, per cui avrà luogo come consuetudine la
celebrazione notturna della Prima delle tre Messe del giorno di Natale (la
cosiddetta “Missa in nocte” o “ad galli cantus”). In Italia, come
sappiamo, vige il c.d. “coprifuoco” alle ore 22,00. Per tale motivo, onde
prevenire il sorgere di ipotetici contrasti con l’Autorità civile, la
Conferenza Episcopale Italiana ha pensato bene di anticipare la celebrazione
della “Messa di Mezzanotte” all’interno degli “orari consentiti”. Tale
decisione, però, a molti è parsa azzardata – e come si vedrà anche frettolosa –
in quanto si tratta effettivamente di una disposizione eccessivamente
generalizzata e a cui sottende un atteggiamento che non sembra debba essere
quello giusto laddove si abbia consapevolezza di essere titolari di una
soggettività giuridica autonoma e libera, in quanto questa decisione “previene”
sbrigativamente le disposizioni statuali, che pure per quei giorni si attendevano.
D. Cosa intende?
D. Dunque i Vescovi hanno fatto di testa loro…
R. E non sarebbe
la prima volta nella storia. Tuttavia si farebbe torto al realismo sopra richiamato
se ci nascondessimo nel formalismo. Al di là della presenza di una Bolla di S.
Pio V che revoca ogni indulto e privilegio di poter celebrare la Messa prima
della mezzanotte (Bolla Sanctissimus in
Christo), al di là che nelle Collezioni si ritrova una infinità di Decreti
autentici che proibiscono tassativamente l’alterazione della fascia oraria
delle Messe di Natale prevista tassativamente post mediam noctem [Rubr.
Gen. Miss., tit. XV, n. 4] (che anticamente era senza distribuzione, per quegli
stessi ovvi motivi connessi all’orario che fecero aggiungere la Messa dell’aurora), non si vuol qui
sostenere ottusamente che bisognasse celebrare alla mezzanotte ad ogni costo.
Il punto è un altro, e cioè quello di non venir meno al dovere di ribadire che
luoghi e tempi della Sacra Liturgia non sono “accidenti”, non sono frutto di
casualità fortuita o di prassi mutabili con disinvolta leggerezza. Ciò che
preoccupa, infatti, non è tanto che per un anno la Messa della Notte possa
essere anticipata ad un orario diverso per motivi gravi e strettamente
contingenti (anche se appunto l’orario coincide, di fatto, con la celebrazione
della Messa vespertina della Vigilia),
ma che si consideri quella celebrazione come un qualcosa di mutabile in modo
discrezionale. In linea di principio nulla vieterà, il prossimo anno, di
addurre motivazioni per anticipare la Messa di Mezzanotte ad orari “più
comodi”, fino a far scomparire un diritto/dovere. E ciò ritengo sia gravissimo.
Sarebbe stato almeno auspicabile che si fosse, infatti, ribadito che nelle case
religiose, nei monasteri e nei luoghi ove risiede stabilmente una comunità
(visto che non vi sono messe private), la celebrazione della Missa in nocte avvenisse comunque
all’orario previsto, cioè dopo la mezzanotte del 25 dicembre. Oppure che si
invitassero i sacerdoti a celebrare comunque la Messa all’orario stabilito alla
presenza di pochi fedeli nelle condizioni di partecipare, anche laddove non vi
fosse grande concorso di popolo…
D. Come ha fatto la Fraternità San Pio X?
R. In un certo
modo sì. Ma la Fraternità non è formalmente soggetta alle disposizioni
ufficiali della Chiesa (sebbene ne fruisca agi, come altre volte abbiamo
visto), e dunque è nel suo diritto interno autoregolare le celebrazioni dei
suoi sacerdoti. Il punto è che se si è fatto a Pasqua, perché non si può fare a
Natale? Così facendo ritengo si disperda l’essenziale aspetto mistagogico della
liturgia notturna, che così diventa un optional…:“La Luce venne nelle tenebre, ma le tenebre non l’hanno accolta…”
dice la Sacra Pagina.
D. E dunque quale sarebbe stata la soluzione ottimale
per l’Italia?
R. Inizialmente
avrei auspicato – oltre a un permesso speciale per uscire di casa, possibilissimo
applicando semplicemente le norme concordatarie – almeno un Motu Proprio del
Papa o un Decreto del Culto Divino de
mandatu Summi Pontificis, ma la realtà mi ha smentito, perché stante
l’attuale condizione di “zona rossa generalizzata” sull’intero territorio
nazionale disposta dall’ultimo decreto-legge del Governo la questione
dell’anticipazione della Messa di Mezzanotte è risultato l’ennesimo flop della
linea morbida.
D. In che senso?
R. Nel senso che è stato inutile anticiparla alla sera del 24 “entro le ore 22”. L’attuale normativa – che ha istallato una “zona rossa generalizzata” a partire dal 24 dicembre – contingenta gli spostamenti ma prevede – com’è giusto, peraltro! E come avrebbe dovuto essere anche a Pasqua! – che i cittadini cattolici possano comunque spostarsi per recarsi in chiesa: ciò dunque vale tanto la mattina quanto il pomeriggio del 25, per partecipare alla Santa Messa in die, ma anche nel tardo pomeriggio del 24; laddove fermati potranno giustificare il loro spostamento all’ufficiale di polizia che gliene chiederà conto fornendo un’autocertificazione nella quale si esprimerà la liceità di quell’uscita, conformemente alla legge. Ora, mi chiedo, la stessa cosa non avrebbe potuto applicarsi anche alla celebrazione notturna? Cosa cambia tra le 19.00 o la mezzanotte del 24 dicembre e le 10 o le 17 del giorno seguente? Nulla. Non c’è differenza, di fatto, tra il coprifuoco e la zona rossa. Se si fosse atteso, si sarebbe potuto portare a casa almeno questo risultato, ma ancora una volta la Chiesa italiana – probabilmente per evitare contrasti col Governo – ha abdicato alle sue tradizioni liturgiche in nome di una necessità che non è né attuale né concreta né grave: ragionevolmente, infatti, non vi è alcuna differenza tra uscire di casa alle 23.30, partecipare alla Messa con tutti i doverosi accorgimenti, e rientrare all’1.00, e uscire di casa l’indomani mattina o nel pomeriggio del 25. Oltretutto, se proprio vogliamo dirla tutta, dov’è questa fiumana di gente che riempie le chiese la notte di Natale? Magari fosse! L’ennesimo eccesso di zelo che ha prodotto l’ennesima forma di supino immobilismo, giungendovi peraltro con un interventismo ben lontano dalla necessaria prudenza.
D. E dunque come dobbiamo leggere il Decreto della
Congregazione del Culto Divino che autorizza i sacerdoti a dire quattro messe?
R. Il Decreto non
c’entra con la Messa di mezzanotte, perché quella è una sola celebrazione non
duplicabile. Va da sé che ormai tutti sanno che è prassi che i sacerdoti, data
l’esiguità di clero, celebrino già più messe al giorno… è un abuso talmente
diffuso da esser stato quasi superato. Infatti devo dire che la disposizione mi
ha sorpreso… ma anche in questo senso ritengo sia stato un bene ribadire che
celebrare più messe al giorno sia una cosa eccezionale e non ordinaria…
Va da sé,
comunque, che al di là del numero di messe celebrabili il giorno di Natale, il
problema della Messa di mezzanotte resta. Ma ad oggi, però, in mancanza di un
atto ufficiale – possibilmente una interlocuzione tra CEI e Ministero degli
Interni (che verosimilmente non ci sarà) – i cittadini cattolici risultano
essere privati di un diritto (perché da tempo immemorabile la Messa di
Mezzanotte è una messa “pubblica”, da non potersi dire privatamente) e saranno
costretti, senza alcun motivo ragionevole, a partecipare ad una celebrazione
vespertina nel giorno precedente con la messa del giorno successivo, e poi invece
potranno uscire di casa l’indomani per recarsi alla 2a o 3a
Messa del giorno di Natale. Ci vedo ben poco di quella ragionevolezza che
ispirò San Tommaso a definire la legge quaedam
rationis ordinatio ad bonum commune, perché non è spostando la lancetta
dell’orologio (indietro peraltro!) né dando spazio a ridicoli siparietti di
improvvisati teologi e tronfi liturgisti che pontificano sulla “vera” nascita
di Gesù Cristo che si compie un servizio alla Verità.
D. Cosa la preoccupa?
R. Mi preoccupa
la crescente e generalizzata relativizzazione di ogni cosa, anche delle più
solide, delle più sacre. Credo davvero che questa emergenza, al di là dei dati
clinici (a cui va il massimo rispetto) e delle curve epidemiologiche, sia una
emergenza antropologica, culturale, e dunque spirituale. Siamo un po’ tutti
sotto scacco di una dittatura della paura, per la quale perdiamo di vista la
ragione, la lucidità, la concretezza, il realismo. Siamo irretiti dal terrore
di ammalarci, e dimentichiamo di essere mortali. La frenesia di trovare
soluzioni sta continuamente portando gli uomini a non considerare i problemi
come sono realmente; ma si ottiene esattamente l’opposto, cioè il sorgere di
altri problemi, spesso ancora più gravi e dannosi. È un vortice molto
pericoloso.
D. Si riferisce a qualcosa in particolare?
R. Nel nostro
ambito, si pensi ai Vescovi veneti che hanno concesso la facoltà delle
assoluzioni generali. A nulla varranno le sottolineature circa l’eccezionalità
dell’evento. Alla gente interessa il risultato. E il gregge è privo – anche
perché spesso lo sono per primi i Pastori – di categorie critiche e analitiche
per cui essere in grado di distinguere. È già avvenuto con la benedizione delle
palme nella Settimana Santa: qualcuno disse che bastava posizionare una “pianta
verde” davanti la TV e sarebbe stata “infusa” la benedizione virtuale. L’anno
prossimo – a Dio piacendo – che senso avrà insistere per far benedire le palme
e gli ulivi? Nessuno. Una concessione come quella dell’assoluzione generale è
ancora più grave perché riguarda un sacramento (che raccoglie in sé la potestà
di ordine e la potestà di giurisdizione), e costituisce un pesante precedente,
perché oggettivamente non vi è ragione di applicare un istituto – peraltro
canonicamente assai controverso – che è e resta eccezionalissimo e che
inevitabilmente genererà confusione tra i fedeli. Vi sono, al contrario, mezzi
più che idonei e perfettamente coerenti con le leggi della Chiesa, per
attendere al Sacramento della Penitenza nella sua forma ordinaria: ci si può
prenotare, ci sono i confessionali con le grate espressamente previsti dal
Codice e tutti i presidi sanitari che proteggono confessore e penitente. Non
ritengo vi sia nessun motivo ragionevole per instaurare una prassi simile,
senza contare che anche il tempo massimo concesso per confessarsi personalmente
(un anno) rasenta il ridicolo.
D. Uno scenario poco consolante…
R. Ahimè… ma tra
poco è Natale. E come insegna San Leone Magno nel suo celebre Sermone: “Agnosce,
christiane, dignitatem tuam”.
È opportuno dismettere l’uomo vecchio, e riconoscere che la nostra natura
umana, caduta nel peccato, proprio grazie all’Incarnazione è stata elevata a
dignità di persona, e a questa dobbiamo rispondere. La riscoperta della retta
antropologia cristiana deve guidare l’uomo-creatura verso un nuovo vero
umanesimo: solo facendo così, non conformandosi alla mentalità di questo mondo,
il cristiano potrà essere lievito che fermenta la massa, applicando una
costante azione di animazione delle realtà temporali ordinandole secondo Dio. E
lo possiamo fare tutti, anche se siamo in minoranza, non importa. Il Natale ci
ri-porta, con semplicità e tenerezza, a mettere Dio al centro della nostra
vita, come fossimo tutti personaggi di un grande, universale presepe. Nel
mistero del Natale, che è sublime manifestazione della Divinità e della
regalità di Cristo nella storia e sulle genti, ma anche tangibile esempio della
concretezza della nostra Fede, che non è platonismo disincarnato né un
filosofeggiante o moraleggiante stile di vita, ciascuno di noi possa riscoprire
la sua missione di portare a tutti quella Luce che disperde le tenebre, “perché
conoscendo Dio visibilmente siamo rapiti all’amore delle cose invisibili”.
D. Grazie avvocato, e Le auguriamo un Santo Natale.
R. Ricambio di cuore a Lei e a tutta la Redazione di MiL e ai lettori.
La bolla di san Pio V che revoca ogni indulto di celebrare prima di mezzanotte? Ahahah! Ci vorrebbe un motu proprio del Papa? Ahahah! Ma se al mio paese è da vent'anni che la messa della notte è alle 22. Ma dove vive questo? Coi preti che hanno 4-5 parrocchie, è già tanto se c'è una Messa la sera della vigilia, altro che bolla papale ahahah
RispondiEliminasi torna ai tempi di Pio IX quando c'era un Governo che aveva anche nel On. Miglietti il "Ministero di grazia giustizia e... CULTI"! però a quel tempo i vescovi avevano detto un bel "no!" a pretese governative sul culto ..e sono finiti a decine in prigione o deposti, e mancavano circa 100 vescovi in Italia! stavano col papa, uniti nella Verità. e oggi ? non serve dire altro. perchè parlano anche le pietre ormai
RispondiEliminaAnche oggi stanno col papa...uniti nella pachamama!
Elimina"Ma se al mio paese..."
RispondiEliminaAHAHAHAHAHAHAAHHAHAHAHAHAHAHAHAAHAHAHAHAHAH
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