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  BUON NATALE!  La Redazione

giovedì 24 dicembre 2020

Limitazioni alla Messa "della Notte" di Natale, "coprifuoco" per i fedeli e decisioni della S. Sede. MiL ha chiesto delucidazioni all'avvocato rotale Fabio Adernò

 È stato recentemente diffuso un Decreto della Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti col quale si rendo noto che il Santo Padre, a ragione dell’emergenza sanitaria, ha concesso agli Ordinari la possibilità di consentire ai sacerdoti residenti nelle loro Diocesi la facoltà di celebrare quattro Messe nei giorni di Natale, del Primo dell’Anno (Maria Ss.ma Madre di Dio, nella forma ordinaria) e dell’Epifania.

Questa notizia, insieme ad un comunicato del Superiore del Distretto italiano della Fraternità Sacerdotale S. Pio X, ci ha spinto a chiedere l’opinione di un apprezzato canonista di cui più volte abbiamo ospitato le riflessioni nel nostro blog.

Abbiamo raggiunto l’Avvocato Rotale Fabio Adernò e gli abbiamo formulato alcuni quesiti ai quali ha risposto con la consueta cordialità. E per questo lo ringraziamo.

Roberto

*

D. Avvocato, sappiamo che Lei ha dedicato un recente saggio alla libertà religiosa nella legislazione d’urgenza edito in un volume delle Edizioni Scientifiche Italiane (“Covid vs Democrazia. Aspetti giuridici ed economici nella prima fase dell’emergenza sanitaria”, a cura di M. Borgato,  D. Trabucco, E.S.I., Napoli 2020, NdR), nel quale sostiene la tesi per la quale sarebbero stati lesi dei diritti fondamentali…


R. Sì, ritengo che la recente turbodecretazione operata dal Governo italiano abbia intaccato i principi fondativi del nostro ordinamento e del nostro sistema giuridico che essenzialmente, in ordine alla libertà religiosa, si fonda sull’intangibile principio pattizio, per il quale lo Stato,

applicando i dettami costituzionali, non ha alcuna giurisdizione né competenza sul fenomeno religioso, a maggior ragione quando la materia è oggetto di specifici accordi di natura internazionali come lo è il Concordato tra l’Italia e la Santa Sede. Il fatto che, almeno nella prima fase dell’emergenza – cioè fino a quando non è stato siglato il controverso protocollo d’intesa – il Governo abbia regolato in via autonoma e unilaterale, senza alcuna competenza, la materia attinente la libertà religiosa e di culto costituisce un gravissimo vulnus all’ordinamento e anche un assai pericoloso precedente.

D. Comunque la Chiesa italiana si è allineata alle disposizioni di contenimento…

R. Certamente, e in parte ha sicuramente agito secondo buonsenso. Tuttavia spiace che lo abbia fatto in modo ritardato, senza opporre e rivendicare la propria libera autonomia, operando delle scelte spesso eccessivamente affrettate e comunque creando vistose e conflittuali discrasie tra le norme vigenti (alcune delle quali di diritto divino), animata da una forse eccessivamente silente accondiscendenza.

D. Ritiene che la Chiesa abbia sbagliato ad adeguarsi?

R. Non ho detto questo. Però una cosa è il realismo, altra cosa sono le rinunce a dei diritti che sono presupposti necessari ai doveri. La Chiesa, nella sua storia millenaria, insegna di aver avuto sempre l’ispirazione soprannaturale di cogliere le necessità del tempo e di sapere rispondere alle sfide che il mondo le ha posto innanzi. Ricordiamo il suo impegno in ogni tempo di guerra, carestie, pestilenze. Io ritengo, però, che nella cosiddetta “emergenza Coronavirus” la Chiesa abbia perso una fruttuosa occasione – forse la più importante dagli effimeri trionfi elettorali del 1948 e del 2005 – per esternare la propria vicinanza alle necessità del popolo italiano ma anche per sottolineare la sua importanza e la sua incidenza nel tessuto della società, permettendo di fatto, con l’inerzia della silenziosa acquiescenza, che il fenomeno religioso, e dunque la fede, venisse reso, potremmo dire per restare in tema, un fattore “asintomatico”… Al di là di quanto lodevolmente è stato fatto dai sacerdoti in trincea, avrebbero potuto esserci mille modi più consoni per far sentire la presenza viva della Chiesa nella società italiana, e soprattutto per testimoniare concretamente quelle che sono le nostre priorità (come celebrare, ad esempio, le esequie pubbliche per tutti quei poveretti che sbigottiti abbiamo visto sparire nel nulla sulle camionette militari; od ottenere permessi speciali per i sacerdoti affinché potessero spostarsi anche nelle zone rosse). Ma si è preferito un low-profile. E i frutti dell’8x1000 non si stanno facendo attendere…

D. Cosa pensa della questione circa l’orario della Messa di Mezzanotte?

R. Cominciamo col dire che una volta che viene alterato l’orario è quantomeno superfluo continuare a chiamarla così… Il punto è molto semplice: la Chiesa ha senz’altro il diritto nativo di “autoregolarsi”, e dunque gode della piena facoltà di poter modificare le leggi meramente ecclesiastiche, alle quali sono riconducibili i tempi e i modi delle celebrazioni liturgiche (la cui normativa è generale e si applica alle varie circostanze di luoghi). Dunque il punto non è quello di disporre la possibilità di anticipare o posticipare l’orario temporale di una data celebrazione, quanto piuttosto la presenza della “causa grave” per la quale ciò avviene. Data per assodata la regolazione degli afflussi e poste in essere tutte le cautele preventive all’interno dei luoghi di culto, in moltissime parti del mondo, il prossimo 24 notte, non vi saranno restrizioni di mobilità/circolazione imposte dalle autorità civili, per cui avrà luogo come consuetudine la celebrazione notturna della Prima delle tre Messe del giorno di Natale (la cosiddetta “Missa in nocte” o “ad galli cantus”). In Italia, come sappiamo, vige il c.d. “coprifuoco” alle ore 22,00. Per tale motivo, onde prevenire il sorgere di ipotetici contrasti con l’Autorità civile, la Conferenza Episcopale Italiana ha pensato bene di anticipare la celebrazione della “Messa di Mezzanotte” all’interno degli “orari consentiti”. Tale decisione, però, a molti è parsa azzardata – e come si vedrà anche frettolosa – in quanto si tratta effettivamente di una disposizione eccessivamente generalizzata e a cui sottende un atteggiamento che non sembra debba essere quello giusto laddove si abbia consapevolezza di essere titolari di una soggettività giuridica autonoma e libera, in quanto questa decisione “previene” sbrigativamente le disposizioni statuali, che pure per quei giorni si attendevano.

D. Cosa intende?

R. Intendo dire che nulla vieta ai Vescovi di poter regolare nel modo più opportuno la Sacra Liturgia, epperò essi non possono farlo in modo discrezionale, ma secondo le leggi della Chiesa universale; e una legge particolare – specie in un ordinamento che ha contenuti che vanno al di là del mero dato positivizzato – non può non tener conto del diritto universale e del regolatore principio di legalità che, nel sistema canonico, ha il suo fondamento nella verità e non nell’autorità, come insegna San Tommaso. Nel dicembre 1940 Pio XII emise un Motu Proprio (“Cum bellica conflictu”) col quale concedeva agli Ordinari la possibilità di anticipare la Messa di Mezzanotte “sub vesperam”, al fine di evitare, così, che nei luoghi ove vigeva il coprifuoco per timore dei bombardamenti, si mettesse a repentaglio la vita delle persone. Tuttavia nel preambolo di quello stesso documento si comprende bene lo spirito della disposizione, che era ordinata principalmente alla tutela della vita (che sarebbe stata esposta a pericolo grave) e comunque limitata solo a quei luoghi ove le condizioni non consentissero una celebrazione “in sicurezza”. Ora nel nostro caso non esiste una disposizione generale (e suprema) in conformità al can. 1244, §1 emessa dal Romano Pontefice che consenta agli Ordinari (così come fece Pio XII) di celebrare in altro orario la c.d. “Messa di Mezzanotte”, ma vi è solo una mera indicazione del Consiglio Episcopale Permanente della CEI del 1° dicembre scorso che però non fa riferimento alcuno all’autorizzazione della Sede Apostolica (espressamente previsto dal can. 1246, §2), nella quale addirittura si confonde, ad libitum, la possibilità di celebrare la Messa vespertina della Vigilia in vece di quella “in nocte”.L’omissione dell’autorizzazione della Santa Sede integra chiaramente un abuso, perché arbitrariamente si altera una rubrica (che è legge universale).

D. Dunque i Vescovi hanno fatto di testa loro…

R. E non sarebbe la prima volta nella storia. Tuttavia si farebbe torto al realismo sopra richiamato se ci nascondessimo nel formalismo. Al di là della presenza di una Bolla di S. Pio V che revoca ogni indulto e privilegio di poter celebrare la Messa prima della mezzanotte (Bolla Sanctissimus in Christo), al di là che nelle Collezioni si ritrova una infinità di Decreti autentici che proibiscono tassativamente l’alterazione della fascia oraria delle Messe di Natale prevista tassativamente post mediam noctem [Rubr. Gen. Miss., tit. XV, n. 4] (che anticamente era senza distribuzione, per quegli stessi ovvi motivi connessi all’orario che fecero aggiungere la Messa dell’aurora), non si vuol qui sostenere ottusamente che bisognasse celebrare alla mezzanotte ad ogni costo. Il punto è un altro, e cioè quello di non venir meno al dovere di ribadire che luoghi e tempi della Sacra Liturgia non sono “accidenti”, non sono frutto di casualità fortuita o di prassi mutabili con disinvolta leggerezza. Ciò che preoccupa, infatti, non è tanto che per un anno la Messa della Notte possa essere anticipata ad un orario diverso per motivi gravi e strettamente contingenti (anche se appunto l’orario coincide, di fatto, con la celebrazione della Messa vespertina della Vigilia), ma che si consideri quella celebrazione come un qualcosa di mutabile in modo discrezionale. In linea di principio nulla vieterà, il prossimo anno, di addurre motivazioni per anticipare la Messa di Mezzanotte ad orari “più comodi”, fino a far scomparire un diritto/dovere. E ciò ritengo sia gravissimo. Sarebbe stato almeno auspicabile che si fosse, infatti, ribadito che nelle case religiose, nei monasteri e nei luoghi ove risiede stabilmente una comunità (visto che non vi sono messe private), la celebrazione della Missa in nocte avvenisse comunque all’orario previsto, cioè dopo la mezzanotte del 25 dicembre. Oppure che si invitassero i sacerdoti a celebrare comunque la Messa all’orario stabilito alla presenza di pochi fedeli nelle condizioni di partecipare, anche laddove non vi fosse grande concorso di popolo…

D. Come ha fatto la Fraternità San Pio X?

R. In un certo modo sì. Ma la Fraternità non è formalmente soggetta alle disposizioni ufficiali della Chiesa (sebbene ne fruisca agi, come altre volte abbiamo visto), e dunque è nel suo diritto interno autoregolare le celebrazioni dei suoi sacerdoti. Il punto è che se si è fatto a Pasqua, perché non si può fare a Natale? Così facendo ritengo si disperda l’essenziale aspetto mistagogico della liturgia notturna, che così diventa un optional…:“La Luce venne nelle tenebre, ma le tenebre non l’hanno accolta…” dice la Sacra Pagina.

D. E dunque quale sarebbe stata la soluzione ottimale per l’Italia?

R. Inizialmente avrei auspicato – oltre a un permesso speciale per uscire di casa, possibilissimo applicando semplicemente le norme concordatarie – almeno un Motu Proprio del Papa o un Decreto del Culto Divino de mandatu Summi Pontificis, ma la realtà mi ha smentito, perché stante l’attuale condizione di “zona rossa generalizzata” sull’intero territorio nazionale disposta dall’ultimo decreto-legge del Governo la questione dell’anticipazione della Messa di Mezzanotte è risultato l’ennesimo flop della linea morbida.

D. In che senso?

R. Nel senso che è stato inutile anticiparla alla sera del 24 “entro le ore 22”. L’attuale normativa – che ha istallato una “zona rossa generalizzata” a partire dal 24 dicembre – contingenta gli spostamenti ma prevede – com’è giusto, peraltro! E come avrebbe dovuto essere anche a Pasqua! – che i cittadini cattolici possano comunque spostarsi per recarsi in chiesa: ciò dunque vale tanto la mattina quanto il pomeriggio del 25, per partecipare alla Santa Messa in die, ma anche nel tardo pomeriggio del 24; laddove fermati potranno giustificare il loro spostamento all’ufficiale di polizia che gliene chiederà conto fornendo un’autocertificazione nella quale si esprimerà la liceità di quell’uscita, conformemente alla legge. Ora, mi chiedo, la stessa cosa non avrebbe potuto applicarsi anche alla celebrazione notturna? Cosa cambia tra le 19.00 o la mezzanotte del 24 dicembre e le 10 o le 17 del giorno seguente? Nulla. Non c’è differenza, di fatto, tra il coprifuoco e la zona rossa. Se si fosse atteso, si sarebbe potuto portare a casa almeno questo risultato, ma ancora una volta la Chiesa italiana – probabilmente per evitare contrasti col Governo – ha abdicato alle sue tradizioni liturgiche in nome di una necessità che non è né attuale né concreta né grave: ragionevolmente, infatti, non vi è alcuna differenza tra uscire di casa alle 23.30, partecipare alla Messa con tutti i doverosi accorgimenti, e rientrare all’1.00, e uscire di casa l’indomani mattina o nel pomeriggio del 25. Oltretutto, se proprio vogliamo dirla tutta, dov’è questa fiumana di gente che riempie le chiese la notte di Natale? Magari fosse! L’ennesimo eccesso di zelo che ha prodotto l’ennesima forma di supino immobilismo, giungendovi peraltro con un interventismo ben lontano dalla necessaria prudenza.

D. E dunque come dobbiamo leggere il Decreto della Congregazione del Culto Divino che autorizza i sacerdoti a dire quattro messe?

R. Il Decreto non c’entra con la Messa di mezzanotte, perché quella è una sola celebrazione non duplicabile. Va da sé che ormai tutti sanno che è prassi che i sacerdoti, data l’esiguità di clero, celebrino già più messe al giorno… è un abuso talmente diffuso da esser stato quasi superato. Infatti devo dire che la disposizione mi ha sorpreso… ma anche in questo senso ritengo sia stato un bene ribadire che celebrare più messe al giorno sia una cosa eccezionale e non ordinaria…
Va da sé, comunque, che al di là del numero di messe celebrabili il giorno di Natale, il problema della Messa di mezzanotte resta. Ma ad oggi, però, in mancanza di un atto ufficiale – possibilmente una interlocuzione tra CEI e Ministero degli Interni (che verosimilmente non ci sarà) – i cittadini cattolici risultano essere privati di un diritto (perché da tempo immemorabile la Messa di Mezzanotte è una messa “pubblica”, da non potersi dire privatamente) e saranno costretti, senza alcun motivo ragionevole, a partecipare ad una celebrazione vespertina nel giorno precedente con la messa del giorno successivo, e poi invece potranno uscire di casa l’indomani per recarsi alla 2a o 3a Messa del giorno di Natale. Ci vedo ben poco di quella ragionevolezza che ispirò San Tommaso a definire la legge quaedam rationis ordinatio ad bonum commune, perché non è spostando la lancetta dell’orologio (indietro peraltro!) né dando spazio a ridicoli siparietti di improvvisati teologi e tronfi liturgisti che pontificano sulla “vera” nascita di Gesù Cristo che si compie un servizio alla Verità.

D. Cosa la preoccupa?

R. Mi preoccupa la crescente e generalizzata relativizzazione di ogni cosa, anche delle più solide, delle più sacre. Credo davvero che questa emergenza, al di là dei dati clinici (a cui va il massimo rispetto) e delle curve epidemiologiche, sia una emergenza antropologica, culturale, e dunque spirituale. Siamo un po’ tutti sotto scacco di una dittatura della paura, per la quale perdiamo di vista la ragione, la lucidità, la concretezza, il realismo. Siamo irretiti dal terrore di ammalarci, e dimentichiamo di essere mortali. La frenesia di trovare soluzioni sta continuamente portando gli uomini a non considerare i problemi come sono realmente; ma si ottiene esattamente l’opposto, cioè il sorgere di altri problemi, spesso ancora più gravi e dannosi. È un vortice molto pericoloso.

D. Si riferisce a qualcosa in particolare?

R. Nel nostro ambito, si pensi ai Vescovi veneti che hanno concesso la facoltà delle assoluzioni generali. A nulla varranno le sottolineature circa l’eccezionalità dell’evento. Alla gente interessa il risultato. E il gregge è privo – anche perché spesso lo sono per primi i Pastori – di categorie critiche e analitiche per cui essere in grado di distinguere. È già avvenuto con la benedizione delle palme nella Settimana Santa: qualcuno disse che bastava posizionare una “pianta verde” davanti la TV e sarebbe stata “infusa” la benedizione virtuale. L’anno prossimo – a Dio piacendo – che senso avrà insistere per far benedire le palme e gli ulivi? Nessuno. Una concessione come quella dell’assoluzione generale è ancora più grave perché riguarda un sacramento (che raccoglie in sé la potestà di ordine e la potestà di giurisdizione), e costituisce un pesante precedente, perché oggettivamente non vi è ragione di applicare un istituto – peraltro canonicamente assai controverso – che è e resta eccezionalissimo e che inevitabilmente genererà confusione tra i fedeli. Vi sono, al contrario, mezzi più che idonei e perfettamente coerenti con le leggi della Chiesa, per attendere al Sacramento della Penitenza nella sua forma ordinaria: ci si può prenotare, ci sono i confessionali con le grate espressamente previsti dal Codice e tutti i presidi sanitari che proteggono confessore e penitente. Non ritengo vi sia nessun motivo ragionevole per instaurare una prassi simile, senza contare che anche il tempo massimo concesso per confessarsi personalmente (un anno) rasenta il ridicolo.

D. Uno scenario poco consolante…

R. Ahimè… ma tra poco è Natale. E come insegna San Leone Magno nel suo celebre Sermone: Agnosce, christiane, dignitatem tuam”. È opportuno dismettere l’uomo vecchio, e riconoscere che la nostra natura umana, caduta nel peccato, proprio grazie all’Incarnazione è stata elevata a dignità di persona, e a questa dobbiamo rispondere. La riscoperta della retta antropologia cristiana deve guidare l’uomo-creatura verso un nuovo vero umanesimo: solo facendo così, non conformandosi alla mentalità di questo mondo, il cristiano potrà essere lievito che fermenta la massa, applicando una costante azione di animazione delle realtà temporali ordinandole secondo Dio. E lo possiamo fare tutti, anche se siamo in minoranza, non importa. Il Natale ci ri-porta, con semplicità e tenerezza, a mettere Dio al centro della nostra vita, come fossimo tutti personaggi di un grande, universale presepe. Nel mistero del Natale, che è sublime manifestazione della Divinità e della regalità di Cristo nella storia e sulle genti, ma anche tangibile esempio della concretezza della nostra Fede, che non è platonismo disincarnato né un filosofeggiante o moraleggiante stile di vita, ciascuno di noi possa riscoprire la sua missione di portare a tutti quella Luce che disperde le tenebre, “perché conoscendo Dio visibilmente siamo rapiti all’amore delle cose invisibili”.

D. Grazie avvocato, e Le auguriamo un Santo Natale.

R. Ricambio di cuore a Lei e a tutta la Redazione di MiL e ai lettori. 

4 commenti:

  1. La bolla di san Pio V che revoca ogni indulto di celebrare prima di mezzanotte? Ahahah! Ci vorrebbe un motu proprio del Papa? Ahahah! Ma se al mio paese è da vent'anni che la messa della notte è alle 22. Ma dove vive questo? Coi preti che hanno 4-5 parrocchie, è già tanto se c'è una Messa la sera della vigilia, altro che bolla papale ahahah

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  2. si torna ai tempi di Pio IX quando c'era un Governo che aveva anche nel On. Miglietti il "Ministero di grazia giustizia e... CULTI"! però a quel tempo i vescovi avevano detto un bel "no!" a pretese governative sul culto ..e sono finiti a decine in prigione o deposti, e mancavano circa 100 vescovi in Italia! stavano col papa, uniti nella Verità. e oggi ? non serve dire altro. perchè parlano anche le pietre ormai

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    1. Anche oggi stanno col papa...uniti nella pachamama!

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  3. "Ma se al mio paese..."

    AHAHAHAHAHAHAAHHAHAHAHAHAHAHAHAAHAHAHAHAHAH
    AHAHAHAHAAHHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAAHAHAHAA
    AHAHAHAAHAHHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAAAHAHAHAHA

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