QUI Magister fa una prima analisi del Rapporto (sulle critiche a Viganò vedere sotto la risposta del Nunzio).
QUI , QUI le prime reazioni di Mons. Viganò ("perchè non è stato chiamato a testimoniare?"), sotto un'intervista dettagliata dell'ex Nunzio (QUI il commento di Cascioli e QUI il video integrale dell'intervista trascritta sotto).
QUI un commento pubblicato da Stilum Curiae.
QUI un commento di Stefano Fontana sul surrettizio cambio dottrinale in tema di sodomia che sottende il Rapporto e l'elusione del gravissimo problema (QUI Edward Pentin, QUI Church Militant e QUI Cascioli).
Chiesa e post concilio QUI per l'amicizia tra Biden e McCarrick.
In fine QUI un riassunto di Rosso Porpora su citazioni del Rapporto
Luigi
La Nuova Bussola Quotidiana, Nico Spuntoni
11-11-2020
Il rapporto pubblicato ieri dalla Segreteria di Stato vaticana ricostruisce la straordinaria carriera ecclesiastica dell'ex cardinale McCarrick, ridotto nel 2019 allo stato laicale dopo una vita da predatore sessuale. La svolta nel 2000 con la promozione ad arcivescovo di Washington, decisa da Giovanni Paolo II malgrado il parere contrario di nunziatura e Congregazione per i Vescovi: il Papa fu forse ingannato ma il mistero su quella decisione resta. Accuse all'ex nunzio apostolico negli Stati Uniti monsignor Carlo Maria Viganò, dal cui dossier dell'agosto 2018 originò il caso McCarrick, con le accuse a papa Francesco di averlo coperto. E Viganò risponde sdegnato per «il tentativo di gettare discredito sulla mia persona».
- E LA LOBBY GAY SEGNA UN ALTRO PUNTO A SUO FAVORE, di Riccardo Cascioli
Un testo di 447 pagine che arriva come un pugno nello stomaco al lettore cattolico. Il rapporto su McCarrick, inizialmente atteso per la fine del 2019, è stato pubblicato ieri dalla Segreteria di Stato. In una dichiarazione di presentazione, il cardinale Pietro Parolin ha spiegato che "l'investigazione (...) ha richiesto due anni di lavoro e ora che il testo è reso di pubblico dominio si comprenderà il perché di questo tempo non breve", invitando "chiunque cerchi risposte" a "leggere interamente il documento e non illudersi di trovare la verità in una parte piuttosto che un’altra".
Il dossier, raccogliendo documenti e testimonianze, tratteggia una storia sbagliata lunga troppi anni, disseminata di sottovalutazioni, omertà e complicità che hanno contribuito a gettare discredito sulla Chiesa. L'indagine ripercorre l'ascesa e la caduta dell'ex potentissimo cardinale americano finito spretato nel febbraio del 2019 con l'accusa più infamante, quella di pedofilia, sebbene - come conferma il report - questa non fosse l'unica macchia sulla sua persona.
Le prime segnalazioni preoccupanti sul conto di McCarrick reperite nella documentazione conservata negli archivi risalgono agli anni 1992 e 1993. Una serie di lettere senza firma inviate alla Conferenza Nazionale dei Vescovi Cattolici e all'arcivescovo di New York O'Connor accusavano l'allora arcivescovo di Newark di condotte improprie con quelli che chiamava "nipoti", in realtà seminaristi o giovani conoscenti invitati a condividere "il letto in canoniche e motel". L'anonimo mittente, quasi profeticamente alla luce dei successivi sviluppi, lanciava l'allarme sul rischio che "la divulgazione pubblica di questo abominio così come la continua inattività e apatia della Chiesa nel trattare con il sacerdote pedofilo faranno infuriare un laicato già arrabbiato e distruggeranno completamente il morale dei nostri sacerdoti già sotto assedio".
In quei primi anni Novanta, dunque, le autorità ecclesiastiche del Paese vennero per la prima volta a conoscenza delle "voci" riguardanti la condotta di McCarrick e che da allora non avrebbero più smesso di circolare sugli inviti nella casa al mare di Sea Girt di proprietà della diocesi. Qui, come largamente riportato nei documenti e nelle testimonianze finite nel rapporto, McCarrick sarebbe stato solito invitare gruppi di cinque seminaristi a volta pur disponendo soltanto di cinque letti; l'ospite senza letto veniva esortato a dormire insieme all'allora vescovo. Un comportamento ammesso e giustificato dall'autore come semplicemente "imprudente" ma che successivamente si sarebbe arricchito di ulteriori accuse, comprese quelle di abusi sessuali, finché nel giugno del 2017 dall'Independent Reconciliation and Compensation Program sarebbe emersa anche quella di molestie su un minorenne identificato.
La condotta impropria di McCarrick finì per la prima volta sotto la lente di un'alta autorità ecclesiastica tra la fine del 1993 e l'inizio del 1994, in occasione della pianificazione di una visita apostolica di Giovanni Paolo II negli States. McCarrick, già all'epoca formidabile a costruirsi una rete di relazioni politiche, militari ed ecclesiali, premette per avere una tappa del pontefice nella 'sua' Newark. Per valutarne l'opportunità, il cardinale O'Connor iniziò una verifica sull'allora arcivescovo di Newark. Nonostante il via libera alla sosta papale che si sarebbe poi realizzata l'anno successivo, quella dell'allora arcivescovo di New York è una delle figure che esce meglio dal rapporto della Segreteria di Stato.
Pur avendo dato il placet per la sua nomina a Newark negli anni Ottanta in qualità di membro della Congregazione per i Vescovi, dopo le lettere anonime e la confessione resa a due psicologi da un sacerdote - a sua volta colpevole di un abuso su due adolescenti - che accusava McCarrick di averlo aggredito sessualmente a New York City, O' Connor cominciò a maturare più di una perplessità e bocciò un candidato all'episcopato in quanto troppo vicino all'allora arcivescovo di Newark.
Sempre ad O'Connor si deve uno dei documenti più importanti del report pubblicato ieri e che contribuiscono a rendere più inquietante la carriera ecclesiastica dell'ex porporato. Nel 1999, infatti, il nuovo nunzio apostolico negli Usa, monsignor Montalvo, chiese un parere all'allora arcivescovo di New York, ormai molto malato, in merito all'eventualità di una successione targata McCarrick, sponsorizzata da altri vescovi. O'Connor, reduce da un'operazione chirurgica, non si tirò indietro e mise per iscritto, all'interno di una lunga lettera, sei eventi riferitigli da "autorità assolutamente impeccabili" che rimarcavano i comportamenti inappropriati del candidato e che gli rendevano un "grave obbligo raccomandare alle autorità superiori, incluso il nostro Santo Padre personalmente, di non procedere ad una simile nomina".
Due anni prima il parere negativo di O'Connor era stato decisivo per sbarrare a McCarrick la strada di Chicago con la Congregazione per i vescovi già consapevole nel 1997 che "nei suoi riguardi è affiorata una voce meno rassicurante". La lettera di O'Connor, così circostanziata e con i riferimenti di alcune fonti disponibili a parlare come i due psicologi consultati dal sacerdote accusatore, venne presa in seria considerazione dal nunzio apostolico che ne parlò alla Congregazione per i vescovi, condividendone il giudizio finale. Dal report, però, si apprende che l'allora l'allora Sostituto "su istruzione di Papa Giovanni Paolo II, richiese che l’Arcivescovo Cacciavillan fornisse il suo parere". Cacciavillan, che era stato fino a poco tempo prima nunzio apostolico negli States e stimava McCarrick, 'smontò' le argomentazioni della lettera dell'allora arcivescovo di New York, contraddicendo il parere del suo successore.
Montalvo, una volta nominato il successore di O'Connor e 'scampato il pericolo', proseguì la sua indagine che concluse sostenendo che sarebbe stato "imprudente considerare McCarrick per responsabilità più importanti nella Chiesa". Persa New York, infatti, il suo nome tornò in gioco per Washington, nonostante l'opposizione del nunzio apostolico e del Prefetto della Congregazione per i Vescovi, l'allora monsignor Re, convinto che quella promozione potesse risollevare accuse che all'epoca riteneva "dimenticate e ormai appartenenti al passato".
La nomina ad arcivescovo di Washington è uno degli aspetti più misteriosi della vicenda ricostruita dal rapporto perché nonostante l'ostilità della nunziatura e del dicastero, McCarrick riuscì a spuntarla, evitandosi persino l'onere della richiesta del nulla osta alla Congregazione per la Dottrina della Fede guidata dal cardinal Ratzinger e che forse sarebbe stata poco propensa a concederla se messa a conoscenza delle "voci" sul suo conto. Secondo un officiale consultato nel report, “era la prima volta" che avveniva una simile eccezione.
La chiave del mistero, sembrerebbe di capire dal rapporto, risiederebbe nella lettera personale che l'allora arcivescovo di Newark scrisse a monsignor Stanisław Dziwisz, segretario particolare di Papa Giovanni Paolo II. Una lettera in cui McCarrick ammise di aver "commesso errori" ma si difese, sostenendo che in "settanta anni della mia vita" non aveva mai avuto "rapporti sessuali con alcuna persona, maschio o femmina, giovane o vecchio, chierico o laico".
Nella lettera, McCarrick fece anche accenno al parere negativo espresso sulla sua eventuale nomina a New York dal cardinal O'Connor prima di morire. Un altro mistero: trattandosi di una missiva riservata inviata al nunzio Montalvo e che poi quest'ultimo inviò soltanto alla Congregazione per i vescovi, come faceva ad essere nota all'allora arcivescovo di Newark, diretto interessato dell'indagine? Dopo la lettera a Dziwisz, sebbene McCarrick non entri nel merito delle accuse e si limiti a dare la sua parola sulla condotta, sembra che in Curia caddero le perplessità, tant'è che l'allora monsignor Re, pur precedentemente contrario, scrisse - a proposito dell'inserimento del nome dell'americano nella terna di candidati da sottoporre al Papa - di avere "ora la certezza che le accuse sono false".
Nel 2008 lo stesso Re inviò al nunzio apostolico negli States, monsignor Sambi, la lettera di McCarrick a Dziwisz per "illuminare" quello che il diplomatico - all'oscuro di quanto avvenuto otto anni prima e perplesso sulla nomina - aveva appunto definito "mistero" in una precedente missiva. Il pontificato di Benedetto XVI segnò una battuta d'arresto nella carriera di McCarrick, costretto alle dimissioni nel 2006 dopo che, nell'ambito di un'istanza, alla Congregazione per la Dottrina della Fede pervennero le testimonianze e le relazioni psicologiche del sacerdote suo accusatore.
Dal report emerge come il pensionamento dell'ex porporato non fu affatto facile al punto, poi, da portare - mentre affioravano nuovi particolari sulle accuse - a quelle che nel documento vengono definite "indicazioni verbali" e che in un estenuante scambio epistolare con il prefetto Re e con il nunzio Sambi cercò in ogni modo di sabotare, rifiutandosi di condurre "una vita riservata e di preghiera" - secondo la linea approvata da Benedetto XVI - e ritardando il trasferimento dal Seminario neo-catecumenale in cui si era stabilito e in cui il responsabile aveva definito il suo comportamento verso i seminaristi "appiccicoso".
Forte della sua rete di relazioni internazionali creata negli anni precedenti e del credito conquistato in determinati ambienti politici (a proposito di un invito rivoltogli nel 2008 dall'allora team di transizione del presidente eletto Obama, l'ex porporato rivela di aver parlato al telefono con Joe Biden che definisce "amico"), McCarrick, pur promettendo obbedienza, continuò a fare viaggi all'estero nonostante la contrarietà manifestatagli in più lettere e anche incontri privati dal prefetto della Congregazione dei Vescovi, il cardinale Re. Nel 2008, lo stesso Benedetto XVI ebbe modo di lamentarsi per quest'atteggiamento - nei modi cordiali che gli sono consoni - rivolgendogli al termine di un'udienza generale un inequivocabile: "Stai ancora viaggiando molto!".
Nella parte finale, quella relativa agli ultimi anni del pontificato di Benedetto XVI e a quelli iniziali di Francesco, il rapporto sembra concentrarsi molto a smentire la ricostruzione fatta nel suo memoriale da monsignor Carlo Maria Viganò, nunzio apostolico negli Usa dal 2011 al 2016. Relativamente al periodo antecedente la sua nomina a nunzio, gli autori sottolineano nel report che "non risulta che l’Arcivescovo Viganò abbia ricevuto corrispondenza o sia stato coinvolto nel processo decisionale relativo a McCarrick".
Il 13 agosto 2012, Viganò scrisse al cardinale Ouellet, nuovo Prefetto della Congregazione per i Vescovi, allegando una lettera arrivatagli da un altro sacerdote che denunciava di essere stato aggredito sessualmente da McCarrick e chiedendo istruzioni sul da farsi dal momento che l'ammonizione inflittagli in precedenza e ripetutamente da Re sulle apparizioni pubbliche era rimasta "lettera morta". Il porporato canadese rispose esortandolo ad organizzare un colloquio con l'arcivescovo emerito di Washington "presentandogli questa nuova accusa contro di lui, ribadendo al Cardinale McCarrick, per il suo bene e per il bene della Chiesa, le precedenti indicazioni di questo Dicastero: condurre una vita più riservata di preghiera e non accettare impegni pubblici, né negli Stati Uniti, né all’estero, senza il previo ed esplicito permesso della Santa Sede".
Nel rapporto si sostiene che "nonostante le istruzioni", Viganò non contattò mai il prete accusatore né reiterò le "indicazioni" a McCarrick. Di fronte a questi rilievi non è tardata ad arrivare la risposta dell'ex nunzio apostolico negli States che in un comunicato diffuso ieri sera ha espresso il suo "sdegno nel vedere rivolte contro di me le medesime accuse di insabbiamento, quando ho più e più volte denunciato l’inazione della Santa Sede", sostenendo che "un commentatore scevro da pregiudizi potrebbe notare i tempi più che sospetti della pubblicazione, così come il tentativo di gettare discredito sulla mia persona, accusata di disobbedienza e di negligenza da coloro che hanno tutto l’interesse di delegittimare chi ha portato alla luce una rete di corruzione e immoralità senza pari".
VIGANÒ: PERCHÉ IL VATICANO NON MI HA CHIAMATO A TESTIMONIARE?
13 Novembre 2020 Pubblicato Stilum Curiae
Marco Tosatti
Cari amici e nemici di Stilum Curiae, pubblichiamo il testo dell’intervista che l’arcivescovo Carlo Maria Viganò ha rilasciato a Raymond Arroyo, di EWTN. Buona lettura.
[...]
Eccellenza, il rapporto afferma che «non si è fatto avanti» per presentare prove per questa inchiesta vaticana: Le è stato chiesto di fornire informazioni? Qualcuno L’ha contattata?
Scopro con sorpresa che un dossier nel quale vengo menzionato ben 306 volte mi accusa di non essermi presentato a testimoniare in questa inchiesta su Theodore McCarrick. Ma la convocazione dei testi, a norma del diritto, spetta a chi istruisce il processo, sulla base delle prove raccolte nella fase di indagine.
Il mio primo intervento su McCarrick, come Delegato per le Rappresentanze Pontificie in Segreteria di Stato, rimonta al 6 Dicembre 2006, a seguito di un rapporto dell’allora Nunzio negli Stati Uniti mons. Pietro Sambi. Successivamente, nel 2008, presentai un secondo Appunto che riportava fatti di tale gravità e talmente circostanziati da portarmi a raccomandare la deposizione da Cardinale di McCarrick e la sua riduzione allo stato laicale. È nota a tutti la mia Testimonianza dell’Agosto del 2018 e le mie successive dichiarazioni.
È del tutto incomprensibile ed anomalo che non si sia considerato opportuno convocarmi per testimoniare, ma ancor più sconcertante che questa deliberata omissione sia stata poi usata contro di me. E non mi si dica che mi ero reso irreperibile: la mia email personale è in possesso della Segreteria di Stato e tuttora attiva.
D’altra parte, come non sono stato interpellato per la redazione del Rapporto McCarrick, così nel 2012, i tre Cardinali designati da Benedetto XVI non mi convocarono per le indagini di Vatileaks 1, che pure mi vedevano coinvolto in prima persona. Solo a seguito di una mia esplicita richiesta, il card. Julian Herranz, che presiedeva la Commissione, mi consentì di deporre, con queste parole: «Se proprio vuoi…! ».
D’altra parte, mi pare significativo che anche James Grein, unica vittima delle molestie sessuali di McCarrick che abbia avuto il coraggio di denunciarlo pubblicamente, non compaia nel dossier e che non vi sia traccia della sua testimonianza, nella quale egli dovrebbe aver riferito anche del viaggio compiuto con McCarrick a San Gallo, alla fine degli anni Cinquanta.
Dalle dichiarazioni pubbliche di James Grein si evince che l’inizio dell’ascesa di McCarrick – allora novello sacerdote – coincise con quella visita in Svizzera, in un monastero che poi fu sede degli incontri dei congiurati della cosiddetta «mafia di San Gallo». Secondo le dichiarazioni del defunto card. Godfried Danneels, quel gruppo di Prelati avrebbe deciso di favorire l’elezione di Bergoglio sia dopo la morte di Giovanni Paolo II sia durante il Conclave che seguì la controversa rinuncia di Benedetto XVI.
Ricordo che durante una conferenza alla Villanova University, l’11 Ottobre 2013, l’allora card. McCarrick ammise d’aver favorito l’elezione del card. Bergoglio all’inizio delle Congregazioni Generali del Conclave tenutesi pochi mesi prima.
Mi chiedo quale attendibilità possa avere un organo giudicante in palese conflitto di interessi per i suoi passati rapporti con l’imputato. Come possono Bergoglio e la Segreteria di Stato che da lui dipende, pretendere di apparire imparziali, quando McCarrick si recava con un’anomala frequenza in Vaticano; quando nel giugno 2013 veniva incaricato di un viaggio diplomatico in Cina? E come possono pensare che i loro reiterati tentativi di insabbiamento e di negazione delle loro responsabilità non sia la causa del sistematico tentativo di screditarmi come testimone, per non portare alla luce le complicità e le connivenze tra loro e lo stesso McCarrick?
Il Papa, secondo il rapporto, sostiene di non essere stato informato da Lei delle attività o delle restrizioni di McCarrick nel Giugno 2013. La sua risposta?
Questa affermazione è assolutamente falsa. Anzitutto, fu proprio Bergoglio, il 23 Giugno 2013, a chiedermi espressamente la mia opinione su McCarrick. Come testimoniai nel mio memoriale del 2018,
«gli risposi a con tutta franchezza…: “Santo Padre, non so se lei conosce il cardinale McCarrick, ma se chiede alla Congregazione per i vescovi c’è un dossier grande così su di lui. Ha corrotto generazioni di seminaristi e di sacerdoti, e papa Benedetto gli ha imposto di ritirarsi a una vita di preghiera e di penitenza.” Il papa non fece il minimo commento a quelle mie parole tanto gravi e non mostrò sul suo volto alcuna espressione di sorpresa, come se la cosa gli fosse già nota da tempo, e cambiò subito argomento. Ma allora, con quale finalità il papa mi aveva posto quella domanda: “Il cardinale McCarrick com’è?”. Evidentemente voleva accertarsi se ero alleato di McCarrick o no».
Si noti che dallo stesso McCarrick appresi che Bergoglio lo aveva ricevuto quattro giorni prima della mia udienza, e che lo aveva autorizzato ad andare in Cina. A che scopo chiedermi un parere, quando Bergoglio dimostrava di nutrire la massima stima per McCarrick?
McCarrick intanto veniva tranquillamente a Roma, riceveva incarichi dal Vaticano, anche ufficiali, e portava avanti le sue attività come se niente fosse. Nel Maggio 2014, appresi dal Washington Times di un viaggio di McCarrick nella Repubblica Centrafricana per conto del Dipartimento di Stato (il Segretario di Stato era allora John Kerry); se ne fa menzione anche nel Rapporto. Stiamo parlando del 2014; eppure Benedetto XVI, fin dal 2008, aveva ordinato al Cardinale americano di ritirarsi a vita privata, non celebrare o intervenire ad eventi pubblici, non fare viaggi.
Per questo motivo, visto il modo in cui era trattato McCarrick, chiesi al card. Parolin se le sanzioni contro di lui fossero ancora da ritenersi valide. Ma non ottenni risposta. A quel punto, avendo riferito di persona al Papa, non avendo ricevuto risposta dal Segretario di Stato, cosa potevo ancora fare? A chi appellarmi?
Dal Rapporto apprendo che i continui incarichi e viaggi di McCarrick all’estero erano considerati, dall’Arcivescovo Wuerl e persino dal Nunzio Sambi (deceduto nel 2011) come una «forma sufficiente di allontanamento» (cfr. nota 1013 del Rapporto). E rimango sinceramente allibito nell’apprendere che «le indicazioni non erano “sanzioni”; non sono state imposte da Papa Benedetto XVI; a McCarrick non fu mai proibito di celebrare la Messa in pubblico; a McCarrick non era proibito tenere conferenze. Il Card. Re non ha imposto a McCarrick l’“obbligo” di dedicarsi a una vita di preghiera e penitenza; e McCarrick rimase libero di condurre attività, compresi i viaggi, con il permesso della Santa Sede, compreso il Nunzio» (cfr. nota 1006, ibidem). Se così è, significa che nonostante la condotta riprovevole del Cardinale, la Santa Sede non ha ritenuto opportuno prendere provvedimenti disciplinari contro McCarrick, il che conferma la mia denuncia sulla corruzione della Curia.
Il rapporto fa di tutto per tentare di dipingerLa come inadempiente nell’indagare sulle affermazioni del Prete 3. (Accenna appena al fatto che sia stato Lei a portare queste preoccupazioni alla Santa Sede in primo luogo). Ha evitato di mettersi «nella posizione di accertare la credibilità del Prete 3»?
È evidente quale sia stato il mio ruolo nel portare alla luce gli scandali di McCarrick, e che ho sempre provveduto a riferire alla Santa Sede ogni informazione venuta in mio possesso. Ricordo che stiamo parlando del 2012, quando ero stato nominato da poco Nunzio negli Stati Uniti.
Nel Rapporto mi si accusa di non avere dato seguito alla richiesta di informazione a proposito delle accuse mosse dal «Prete 3» contro McCarrick. Cosa assolutamente falsa! Sono gli stessi estensori del Rapporto a fornire le prove dell’inganno che hanno ordito per colpirmi e discreditarmi. Infatti, in un altro punto del Rapporto si afferma che il 13 giugno 2013 io scrissi al card. Ouellet, trasmettendogli sia la lettera che il vescovo Bootkoski mi aveva indirizzato, sia quella indirizzata al «Prete 3». Lo informai che la denuncia civile del «Prete 3» era stata archiviata senza possibilità di appello. Il vescovo Bootkoski qualificava le accuse del «Prete 3» come false e calunniose.
Vorrei enfatizzare un aspetto in particolare. Chi mi accusa di non avere provveduto a inviare una comunicazione scritta a mons. Bootkoski, Ordinario del «Prete 3» e Vescovo di Metuchen, sa bene che questo dipende dalle indicazioni precise della Segreteria di Stato. E sa altrettanto bene – come conferma il Rapporto – che vi era stata una comunicazione telefonica tra me e il vescovo Bootkoski, di cui a mia volta avevo informato il Cardinale Ouellet.
Non si dimentichi che in quegli anni vi erano avvocati che non si accontentavano di chiamare in giudizio le Diocesi per crimini compiuti dai sacerdoti, ma volevano dimostrare che la stessa Santa Sede – come l’headquarter di una multinazionale – aveva la responsabilità ultima nei risarcimenti per molestie. Ne sa qualche cosa l’Avvocato Lena, che riuscì, in due distinti processi, ad evitare che la responsabilità della copertura degli abusi ricadesse su Papa Benedetto XVI.
E che cosa pensa del fatto che il Rapporto attribuisca a Giovanni Paolo II e Benedetto XVI la maggior parte della colpa di aver promosso e confermato McCarrick nella Chiesa?
Gli intenti di chi ha redatto il Rapporto sono evidenti: scaricare le responsabilità delle promozioni di McCarrick sui Predecessori, uno defunto e canonizzato (Giovanni Paolo II), l’altro anziano e debole (Benedetto XVI). Il primo non può difendersi dalla tomba, il secondo è troppo mite per sconfessare platealmente il suo successore, dandogli del mentitore e screditando con lui anche la funzione che costui ricopre. La cosa sconcertante è che all’interno dello stesso Rapporto – evidentemente messo insieme a più mani – vi siano numerose contraddizioni, tali da rendere poco credibili le argomentazioni addotte.
Mi chiedo allora: chi ha convinto Giovanni Paolo II e Benedetto XVI a non tener conto delle gravi accuse su McCarrick? Chi aveva interesse a far sì che McCarrick venisse promosso, in modo da trarne un vantaggio in termini di potere e di denaro?
Probabilmente qualcuno ha fatto credere a Giovanni Paolo II che le accuse contro McCarrick fossero state montate ad arte, sul modello delle operazioni di discredito che la Polonia comunista aveva già compiuto contro buoni Vescovi o sacerdoti che si opponevano al regime.
Nel caso di Giovanni Paolo II, il principale interessato alla promozione di McCarrick era certamente il cardinale Sodano. Egli è stato Segretario di Stato fino al settembre 2006: ogni informazione perveniva a lui. Nel novembre 2000 il nunzio Montalvo inviò a lui il suo rapporto e le denunce di gravi abusi commessi da McCarrick.
Non dimentichiamo che in quel periodo scoppiò lo scandalo di padre Maciel, che Sodano cercò di insabbiare giungendo a falsificare un comunicato di Benedetto XVI nel quale si diceva che il Papa considerava chiuso il caso. Benedetto XVI convocò una plenaria della Congregazione per la Dottrina della Fede e il Card. Arinze riuscì a far condannare Maciel nonostante le opposizioni del Segretario di Stato.
Il nome del card. Sodano apparve coinvolto anche in una scandalosa speculazione immobiliare. Nel 2003, il nipote del Porporato, l’ingegnere Andrea Sodano, con lettere di raccomandazione dello zio Segretario di Stato e nella sua veste di consulente dell’immobiliare Follieri (in alcuni atti ufficiali è indicato anche come Vicepresidente del gruppo), acquistò a prezzi stracciati beni delle Diocesi americane condannate a risarcire i danni delle cause civili per molestie sessuali, ricavandone per sé un vantaggio economico enorme ai danni della Chiesa. Raffaello Follieri, patron della holding, fu condannato per frode e riciclaggio di denaro, proprio per operazioni spericolate nella compravendita di questi immobili. Inutile dire che Follieri era in stretti rapporti con la Clinton Global Initiative e con la famiglia Clinton, nonché con i Dem: «L’ex presidente e la senatrice Hillary sono nostri amici», si è vantato Follieri.
Si ripresentano gli stessi legami, le stesse complicità, le stesse frequentazioni. McCarrick, Clinton, Biden, i Democratici, i Modernisti. Con un corteo di omosessuali e molestatori seriali non indifferente.
Per quanto riguarda Benedetto XVI, chi aveva un accesso quotidiano e diretto al Papa, erano il Segretario di Stato Bertone e il Sostituto Sandri, i quali erano in grado di controllare e di filtrare le informazioni su McCarrick, e di esercitare pressioni su di lui.
Anche in questo caso, il Rapporto parla da sé. A presentare la questione direttamente a Papa Benedetto XVI fu il card. Bertone, il quale contrariamente a quanto io avevo ripetutamente proposto – che cioè le accuse gravissime e circostanziate contro McCarrick esigevano un procedimento canonico esemplare fino alla sua rimozione dal Collegio Cardinalizio e alla sua riduzione allo stato laicale – indusse Papa Benedetto a decidere che non venisse istruito un processo né prescritte sanzioni canoniche, ma che si facesse semplicemente appello «alla coscienza e allo spirito ecclesiale» di McCarrick.
E qui appare evidente un’ulteriore flagrante contraddizione: come si concilia un semplice appello alla coscienza con le istruzioni formali che furono date al Nunzio Sambi e a me, secondo le quali McCarrick non poteva risiedere nel Seminario in cui alloggiava, non poteva partecipare ad attività pubbliche, non poteva viaggiare, e doveva condurre una vita ritirata di preghiera e di penitenza?
La corruzione dei vertici del Vaticano è talmente evidente da consentire di considerare questo Rapporto come un indegno tentativo di far apparire Bergoglio assolutamente estraneo ai maneggi della Curia, anzi come una sorta di implacabile persecutore dei corrotti, mentre l’evidenza dei fatti dimostra il contrario. Direi che Bergoglio sta alla deep church come Biden sta al deep state…
Mi permetto di notare che il fatto di addossare a Giovanni Paolo II la colpa della nomina di McCarrick nonostante il parere negativo della Congregazione dei Vescovi e del suo Prefetto Card. Re potrebbe applicarsi anche allo stesso Jorge Mario Bergoglio, sul quale il Generale dei Gesuiti aveva espresso forti riserve. Se ha sbagliato Wojtyla con McCarrick e per questo lo si considera implicitamente responsabile degli scandali verificatisi, cosa impedisce di estendere questo giudizio anche alla promozione di Bergoglio come Arcivescovo di Buenos Aires e poi come Cardinale? Ricordo che in quel Concistoro del 2001 oltre a McCarrick e a Bergoglio, ricevettero la berretta esponenti di spicco della Mafia di San Gallo…
C’è qualcos’altro che dovremmo coprire?
In conclusione vorrei citare un recente articolo di Riccardo Cascioli, facendo mio il suo lucido giudizio: «Malgrado dal Rapporto emerga la figura di un McCarrick predatore seriale, la grande reazione scatta soltanto quando nel 2017 arriva la prima denuncia di abusi su un minorenne. […] In pratica ci viene detto che i «comportamenti immorali con adulti» non sono certamente cosa buona, però alla fin fine si tollerano. L’allarme vero, quello che prevede sanzioni anche pesanti scatta solo con la minore età dell’abusato. Come se le decine e decine di futuri preti che hanno condiviso il letto con McCarrick, e perciò in gran parte condannati a una vita sacerdotale come minimo squilibrata, non contassero granché. Come se la devastazione morale e di fede provocata da un vescovo predatore – vocazioni perdute, sacerdoti che a loro volta ripeteranno gli abusi, nomine episcopali falsate da legami morbosi – fossero un problema minore.
[…] Si è volutamente ignorato che ciò che ha permesso l’irresistibile ascesa di McCarrick è un sistema di potere altrimenti denominato lobby gay, che favorisce la nomina e la carriera di vescovi con determinate caratteristiche. […]
No, non c’è davvero un segnale che dalla vicenda McCarrick la Chiesa abbia imparato, c’è piuttosto la sensazione che si faccia pagare uno per poter continuare tranquillamente con gli altri. E nel frattempo fare avanzare l’idea che per un prete avere tendenze omosessuali non sia un problema».
In questa grottesca farsa, oggi ammantata di una posticcia apparenza di legalismo, non si esita a trascinare nel fango l’intera Chiesa, il suo prestigio dinanzi al mondo, la sua autorità nei confronti dei fedeli, pur di salvare l’immagine ormai compromessa di Prelati corrotti, indegni e viziosi. Mi limito ad osservare che tuttora, in Vaticano, Bergoglio si circonda di omosessuali notori e di personaggi dalla reputazione gravemente compromessa. Questa è la più palese sconfessione della presunta opera moralizzatrice di Bergoglio.
Mc Carrick, la rete Democrat e quell'amicizia con Biden
Nico Spuntoni. La Nuova Bussola Quotidiana
13-11-2020
Dalle 400 pagine del report sull'ex cardinale Mc Carrick emerge la fitta rete di complicità e di rapporti per accreditarsi ancora con la Santa Sede come interlocuotre affidabile per i Democrat. E l'elezione di Obama alla Casa Bianca gli offrì il destro giusto. Sempre dalla parte dei politici abortisti, considerava Biden un «mio amico». E nei rapporti Cuba-Usa, agiva per conto dell'amministrazione Obama.
Il Rapporto McCarrick è destinato a far parlare ancora a lungo, considerata la mole di documenti e testimonianze che sembrano inchiodare alle loro responsabilità alcune delle figure preminenti della Chiesa americana e della Curia romana dell'ultimo quarto di secolo. Nelle oltre 400 pagine del dossier non si può fare a meno di notare come, in più occasioni, l'ex cardinale si sia fatto scudo della potente rete di relazioni politiche costruite nel tempo per giustificare con i superiori il suo protagonismo invasivo e la successiva sfacciata disobbedienza.
Appare evidente nel momento in cui, dopo le dimissioni da arcivescovo di Washington rassegnate su richiesta di Benedetto XVI a fine 2005, la scoperta di un report con nuovi particolari sulla grave condotta di McCarrick sottoposto all'Arcidiocesi di Newark e della Diocesi di Metuchen dagli avvocati di un sacerdote suo accusatore portò l'allora prefetto della Congregazione per i vescovi, cardinal Re, a stabilire delle indicazioni a cui attenersi circa la residenza da scegliere - ritenendo inopportuna quella nel Seminario neo-catecumenale - e il tipo di vita - "riservata e di preghiera - da adottare per il futuro.
«PUNITO DA BENEDETTO XVI»
Le indicazioni del prefetto Re - che secondo quanto emerso nel Rapporto pubblicato dalla Segreteria di Stato non si tradussero in sanzioni formali - vennero date prima oralmente tramite il nunzio Sambi nel 2006 e poi reiterate per via scritta nell'estate del 2008. All'epoca McCarrick, pur consapevole che sia la richiesta di dimissioni che quella di rinunciare alle apparizioni pubbliche fossero legate alle accuse contro di lui per la sua condotta con i seminaristi - compresa quella di abuso di potere dal momento che, come sottolineato in un memorandum del 2006 di un officiale della nunziatura a proposito del report presentato dagli avvocati alle diocesi di Newark e Metuchen, "c’era un rapporto ‘superiore-subordinato’" - manifestò con i suoi conoscenti la convinzione di essere stato punito da Benedetto XVI "per la questione della comunione", non esitando a far passare in cattiva luce - dal suo punto di vista - il pontefice allora regnante pur di nascondere le ombre che gravavano sulla sua persona.
LA SPERANZA OBAMA
In quella fase discendente della sua carriera fino ad allora sfavillante, McCarrick sembrò intravedere nella vittoria di Barack Obama alle elezioni presidenziali del novembre 2008 un'opportunità per tornare in pista agli occhi di Roma, cercando di “vendere” la propria figura come indispensabile per aprire un dialogo con l'amministrazione entrante. L'allora arcivescovo emerito di Washington, non senza aver maturato un certo senso di onnipotenza dal momento che - pur consapevole della loro vera causa - si mostrava persuaso che le indicazioni arrivategli da Roma fossero frutto di una questione personale con quello che in un'email al suo successore Wuerl, usando un'antifrasi, chiama "nostro amico" in riferimento probabilmente o a Re o a Sambi (se non addirittura allo stesso Benedetto XVI), tentò di bypassare i suoi interlocutori diretti andando a scrivere ai vertici della Segreteria di Stato circa i suoi "contatti con la nuova Amministrazione" divenuti "più frequenti e complicati" e chiedendo di essere istruito "in merito a quale eventuale ruolo" avrebbe dovuto continuare a svolgere.
Sentendosi vittima di un complotto, nelle lettere indirizzate in Terza Loggia, McCarrick provò a rendere appetibili le sue entrature con il team di transizione di Obama, con la volontà implicita di far cadere 'dall'alto' le menzionate "preoccupazioni che altri nella Santa Sede hanno riguardo al mio coinvolgimento in queste questioni.” Un modus operandi che, come abbiamo analizzato nei giorni scorsi, contraddistinse l'ex cardinale anche in altre occasioni importanti, come quella della nomina alla guida dell'arcidiocesi di Washington per la quale aveva già incassato il parere negativo delle parti competenti: la Congregazione per i vescovi e la nunziatura apostolica negli Usa. Le lettere inviate in Segreteria di Stato nel dicembre del 2008 per accreditarsi come pontiere con il team di transizione, inoltre, mettono in evidenza l'ambiguità della figura di McCarrick sul piano delle relazioni internazionali, visto che - come precisato nel Rapporto pubblicato martedì - egli "non fu mai un diplomatico della Santa Sede", eppure sembrò comportarsi come tale al punto da trincerarsi dietro a questa spasmodica attività di viaggi ed incontri per giustificare il mancato adempimento totale delle indicazioni rivoltegli dal cardinale Re a partire dal 2006.
UTILE ALLA CHIESA?
Un'ambiguità che, d'altra parte, non sfuggì ad altri vescovi americani come si evince sempre dall'indagine nelle interviste dei cardinali Di Nardo e Dolan che, negando di essere stati a conoscenza di provvedimenti punitivi collegati alla sua "inappropriatezza sessuale", ammettono di aver attribuito l'"emarginazione" dell'arcivescovo emerito di Washington dal 2008 in poi all'"eccessiva intrusione (...) in delicati affari esteri" e al timore che la sua "attività internazionale (...) avrebbe potuto interferire con le relazioni diplomatiche della Santa Sede".
«PERICOLOSO ATTIVISMO»
Monsignor Sambi, che dal Rapporto sembra emergere come uno dei prelati che seppe inquadrare meglio il profilo dell'ex cardinale, ricevute le lettere inviate in Segreteria di Stato da McCarrick evidenziò come quest'ultimo intendesse "far credere che i suoi contatti politici con la nuova Amministrazione americana siano estremamente utili, se non indispensabili alla Chiesa" sebbene questi "contatti che (...) più che a lui richiesti, sono da lui ricercati". Parole che il nunzio scrisse in un resoconto al prefetto Re e in cui manifestò anche la sua preoccupazione per l' "assai pericoloso attivismo e la sete di presenzialismo del Card. McCarrick (che non è un campione di chiarezza di idee e di coerenza di comportamenti in relazione alla dottrina della Chiesa) all’inizio di questa nuova Amministrazione che, nella fase elettorale, ha sostenuto posizioni inconciliabili con l’insegnamento della Chiesa".
LA SFIDA DELLA COMUNIONE
D'altronde, sebbene durante la sua carriera non abbia disdegnato di coltivare rapporti con governi ed amministrazioni di colori diversi, McCarrick si conquistò un particolare credito nella classe dirigente dem del Paese nel 2004, quando esplose la polemica sulla Comunione ai politici pro-aborto dopo che l'allora monsignor Burke dichiarò che l'avrebbe negata al candidato presidente John Kerry, divenendo - come si legge nel Rapporto pubblicato martedì - "una voce contrapposta" a quella dell'allora arcivescovo di St Louis, affermando che lui l'avrebbe, invece, somministrata.
Una posizione che comportò l'intervento della Congregazione per la dottrina della fede con un memorandum a lui diretto dall'allora prefetto Ratzinger che gli diede torto. Come abbiamo visto, McCarrick - pur a conoscenza della verità - in alcune occasioni pubbliche attribuì proprio a quella vicenda il suo declino durante il pontificato di Benedetto XVI. La sua accondiscendenza pubblica verso le ragioni del candidato presidente Kerry in quella polemica, al contrario, contribuì a rafforzare il buon rapporto con l'establishment del Partito Democratico costruito durante il mandato di Clinton - che in una cerimonia pubblica involontariamente confermò l'ambiguità su cui si muoveva l'ex porporato nell'ambito delle relazioni internazionali, dicendo che "l'elenco dei paesi che ha visitato sembra più adatto a un diplomatico che a un arcivescovo" - e che fu decisivo anche per la sua discussa nomina episcopale a Washington come ricordato dal cardinale Dziwisz secondo cui Giovanni Paolo II la ritenne "utile" perché McCarrick aveva "un buon rapporto con la Casa Bianca".
«BIDEN AMICO MIO». FIRMATO Mc CARRICK
Alla luce di questa rivelazione dell'ex segretario personale di Wojtyla, sembrerebbe ulteriormente comprensibile il tentativo fatto con Roma puntando sulle buone entrature con la nuova amministrazione Obama per uscire dall'"emarginazione" causata dalle accuse. All'inizio del 2009, secondo quanto raccontato dall'ex cardinale in una lettera al prefetto Re con quella "furbizia" addebitatagli da Sambi per evitare ripetutamente di rispettare le indicazioni di condurre una vita riservata, l'ufficio del presidente eletto avrebbe chiesto proprio a lui - in pensione da tre anni - di svolgere un ruolo nel National Prayer Service ed il suo rifiuto sarebbe stato causa di "disappunto" per "l'indisponibilità".
Un disappunto espressogli da colui che definì nella lettera " un amico per la Chiesa e per me stesso", ovvero l'allora vicepresidente eletto Joe Biden. L'amicizia con l'ex vice di Obama non dovrebbe essere una millanteria dell'ex cardinale, che nel 2015 officiò l'encomio finale al funerale di suo figlio Beau nella chiesa di Sant'Antonio a Wilmington (uno di quegli eventi rimarcati nel Rapporto in cui presenziò, in qualità di nunzio apostolico, anche monsignor Viganò).
"AMBASCIATORE" A CUBA. MA PER GLI USA
Proprio durante l'amministrazione Obama, ma dopo la fine del pontificato di Benedetto XVI, l'ex porporato globe-trotter - che nel frattempo non aveva mai smesso di infrangere le indicazioni non formali ricevute dal prefetto della Congregazione per i vescovi - si riprese la scena internazionale tanto agognata nei giorni bui tra il 2006 ed il 2009 svolgendo un ruolo nell'instaurazione della politica di distensione tra Washington ed il regime castrista.
Per farsi un'idea del peso politico di McCarrick è sufficiente sapere che, come riportato nel Rapporto pubblicato martedì, "agì su richiesta dell’amministrazione Obama per aiutare a promuovere relazioni migliori fra Cuba e Stati Uniti".
E addirittura, dall'indagine della Segreteria di Stato si scopre che nell'agosto del 2014, McCarrick si recò a Cuba "in base a consultazioni con ufficiali della Casa Bianca" portando con sé una lettera di Obama per il cardinale Ortega e chiedendo a quest'ultimo di consegnargli una lettera affidatagli in precedenza da Papa Francesco per il presidente americano. "Tuttavia - si legge ancora nel Rapporto - il Card. Ortega, agendo secondo le rigorose istruzioni del Pontefice di consegnare personalmente a mano la lettera ad Obama, si rifiutò di darla a McCarrick, che lasciò Cuba a mani vuote”.
Da questi particolari, dunque, si apprende che sulla questione cubana l'ex cardinale agì per conto dell'amministrazione democratica degli States e diede prova di quell'invadenza nelle relazioni diplomatiche della Santa Sede evocata nel Rapporto dai cardinali Dolan e Di Nardo, beccandosi il giusto rifiuto del cardinale Ortega. Al grande credito riservato dalla classe dirigente dem dell'epoca ad un arcivescovo in pensione provò a dare una spiegazione l'allora nunzio Sambi che, come abbiamo visto, giudicò "assai pericoloso" l'incontro tra il protagonismo di un cardinale definito "non campione" di coerenza nei "comportamenti in relazione alla dottrina della Chiesa" ed un'amministrazione che "ha sostenuto posizioni inconciliabili con l’insegnamento della Chiesa". Un incontro che, nonostante il timore del diplomatico vaticano, alla fine si realizzò a Cuba.