Qualche vescovo che la pensa bene.
C'è per tutto un limite, anche per la blasfemia.
Luigi
Tempi, Leone Grotti 2 novembre 2020
Dopo l’attentato di Nizza, tre vescovi cattolici alzano la voce e osano opporsi al verbo laicista sollevando un polverone: «Il diritto alla blasfemia non esiste»
«Io non sono Charlie». Lo ha detto il vescovo di Nizza, monsignor André Marceau, in un’intervista a Nice Matin a due giorni dall’attentato terroristico che ha portato alla morte di tre fedeli dentro la basilica di Notre-Dame. Il prelato condanna senza mezze misure la violenza di matrice islamica, ma si rifiuta di riconoscersi nel famoso slogan (“Je suis Charlie”), diventato lo stendardo in Francia di chi rivendica un presunto diritto alla blasfemia. La libertà di espressione «è sacra in Francia», ha aggiunto il vescovo, ma non per questo bisogna appoggiare la diffusione di vignette volgari e offensive, come quelle realizzate sull’islam e sulla Chiesa cattolica da Charlie Hebdo.
«LA LIBERTÀ DI ESPRESSIONE HA DEI LIMITI»
Anche l’arciscovo di Albi, monsignor Jean Legrez, è tornato sul medesimo concetto: «Come può la quintessenza dello spirito francese risiedere nella volgarità e nella malevolenza? Ridendo in modo sarcastico di ciò che più conta per un altro cittadino ci mettiamo forse su un piano di uguaglianza? La libertà di espressione non dovrebbe mai prendersi gioco del rispetto dovuto alle convinzioni altrui» .
Questo, come dichiarato con coraggio dall’arcivescovo di Tolosa, monsignor Robert Le Gall, non significa che sia vietato criticare le religioni. Vuol dire soltanto che «la libertà di espressione ha dei limiti come tutte le libertà umane: con questa storia delle caricature a volte si getta l’olio sul fuoco. Io non penso che ci sia un diritto alla blasfemia. Ci si prende gioco delle religione impunemente oggi e ne vediamo i risultati».
IL DIRITTO ALLA BLASFEMIA NON ESISTE
Per queste parole monsignor Le Gall è stato subito preso di mira dalla sinistra progressista. Jean-Luc Melenchon, a capo del partito France insoumise, ha scritto su Twitter: «Le dighe saltano. Un vescovo scusa i crimini e rimette in questione la libertà di blasfemia». La presidentessa socialista della Occitania, Carole Delga, ha aggiunto: «La laicità, la libertà di espressione e il diritto di criticare ogni istituzione religiosa sono indissociabili dal nostro patto democratico e repubblicano».
Confondere libertà di espressione e diritto alla blasfemia è un errore sempre più frequente tra i sostenitori del laicismo aggressivo francese. Anche se il reato di blasfemia è stato abolito nel 1881 Oltralpe, non è mai stato istituito un diritto alla blasfemia. Anzi, la stessa legge francese punisce le offese su base religiosa quando esse sfociano nell’incitamento all’odio o alla violenza contro un gruppo religioso. Se da un lato può essere comprensibile che i francesi si identifichino con le vignette su Maometto di Charlie Hebdo, elevate a simbolo della resistenza al terrorismo islamico, soprattutto in un momento in cui il paese è sotto attacco, dall’altro svilire il valore e il senso del sacro non può che danneggiare la società.
ATTENTATO CONTRO UN SACERDOTE
Mentre il dibattito si scalda, sabato un sacerdote ortodosso, Nicolas K., è stato vittima di un nuovo attentato terroristico: un uomo l’ha infatti raggiunto mentre stava chiudendo la chiesa greco-ortodossa dell’Annunciazione, a Lione, sparandogli per due volte e colpendolo all’addome. L’attentatore è fuggito ed è ora ricercato, mentre il sacerdote è ricoverato in gravi condizioni.