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giovedì 22 ottobre 2020

L'ultima idiozia dell'ONU: «La malattia è colpa del patriarcato»

La madre degli stupidi è sempre incinta.
Luigi

L'Onu allunga la lista delle idiozie. «La malattia è colpa del patriarcato»

La frase riassume, sul profilo Twitter dell'Organizzazione, un discorso del segretario Guterres. Che sproloquia anche di discriminazioni di genere acuite dal Covid. Panzane ideologiche che però rafforzano il pensiero unico.

di Francesco Borgonovo

II tweet è sta­to pubblicato dal profilo uffi­ciale delle Na­zioni Unite il 6 settembre. Vale la pena di riportarlo integral­mente: «La pandemia di Co-vid-19», si legge nel messag­gio, «sta dimostrando ciò che tutti sappiamo: millenni di patriarcato hanno portato a un mondo dominato dagli uomini con una cultura dominata dagli uomini che danneggia tutti: donne, uomini, ragazze e ragazzi».

Sulle prime, viene da pensa­re che si tratti di uno scherzo di un dipendente dell'Onu ar­rabbiato che ha voluto giocare un brutto tiro ai suoi capi o piuttosto di un hacker burlo­ne che si è divertito a diffon­dere assurdità. Purtroppo però, è tutto vero. Nel tweet sono riportate le esatte parole che Antonio Guterres, segre­tario generale delle Nazioni Unite, ha pronunciato a New York il 31 agosto scorso.

Sarebbe proprio interes­sante ascoltare il parere di qualche ‘sacerdote’ de «La Scienza» a proposito dell'e­sternazione del simpatico se­gretario. Qualche luminare ci dovrebbe spiegare perché, ad esempio, in questo caso l'interpretazione politica della malattia sia concessa e in altre circostanze sia proibita. Se parli di «dittatura sanitaria» vieni trattato come un «irre­sponsabile negazionista». Se invece stabilisci un'assurda connessione fra patriarcato e malattia va tutto bene, perché l'affermazione -per quanto falsa- rientra nei canoni del politicamente corretto. Tra l'altro, leggendo il di­scorso integrale del segreta­rio Onu, si scopre che di ca­stronerie ne ha dette a bizzef­fe. Il suo intervento riguarda­va un argomento oggi molto in voga, cioè le diseguaglianze di genere. Secondo Guterres, le donne sarebbero state mag­giormente danneggiate dall'epidemia. Suggestivo punto di vista che però, mal si conci­lia con un'altra affermazione del nostro: quella secondo cui il Covid avrebbe colpito più i maschi delle femmine. Se la malattia si è accanita sugli uo­mini, significa che i più dan­neggiati sono loro, no? Oppu­re per l'Onu la morte di un maschio non è un problema? Certo, tra una baggianata e l'altra il segretario riesce ad in­filare anche qualche argo­mento significativo. Ad esem­pio, si preoccupa del fatto che i salari di molte operatrici sa­nitarie siano bassi. Vero, ma non vale forse anche per i ma­schi? E non sarebbe meglio battersi per alzare gli stipendi di tutti invece che limitarsi a lottare per «i diritti femminili»?

Non è finita. Guterres se la prende anche con le «mascherine sessiste». A suo dire «i dispositivi di protezione individuale sono spesso realiz­zati per adattarsi a un uomo, il che significa che le lavoratrici possono essere maggiormen­te a rischio di infezione e me­no del 30% dei ruoli decisiona­li nel settore sanitario sono occupati da donne». Beh, secondo lo stesso ragionamento, potremmo dire che anche le persone con il naso lungo so­no in effetti discriminate. Ma al segretario Onu non impor­ta: lui ha a cuore più di tutto il futuro del genere femminile. Infatti, arriva a una strabilian­te conclusione: «Meno dell'8% dei capi di Stato, meno del 25% dei parlamentari e meno del 30% dei dirigenti sanitari sono donne», afferma. E aggiunge: «Le discrimina­zioni di genere stanno danneggiando tutti noi. Questa è essenzialmente una questio­ne di potere». Il pensiero è piuttosto contorto ma sem­bra di capire che, a parere di Guterres, se ci fossero state più donne al potere, il Covid avrebbe fatto meno danni. At­tendiamo che l’Onu fornisca ampia documentazione a so­stegno di questa nobilissima tesi. Nell'attesa (immaginia­mo piuttosto lunga) che arri­vino i dati, ci limitiamo a fare una considerazione: è davvero stupefacente l'immutabili­tà del pensiero unico. Ci viene ripetuto quasi ogni giorno che dobbiamo adattarci al nuovo mondo, che il Covid ha cam­biato tutto. Eppure le ricette che ci vengono proposte dalla politica e dagli organismi sovranazionali sono sempre le stesse.

Le istanze femministe, per dire, ci venivano sommini­strate con insistenza anche prima della pandemia. Identi­co discorso per i temi cosid­detti «green». Il solito Guter­res, sempre su Twitter, ha in­dicato 6 azioni che i governi dovrebbero compiere per ri­prendersi meglio dopo l'epi­demia. Eccole qui: «Investire in lavori verdi; non aiutare le industrie inquinanti; porre fi­ne ai sussidi per i combustibi­li fossili; prendere in conside­razione i rischi climatici in tutte le decisioni finanziarie e politiche; lavorare insieme; non lasciare indietro nessu­no». Al netto della banalità, che diamine c'entrano le emissioni con il Corona? Si può dire che il consumo di suolo e il disboscamento con­tribuiscano ad alimentare la diffusione di alcuni virus, ma i combustibili fossili, con il Co­vid, non hanno nulla a che fa­re.

Il sospetto, allora, si fa cer­tezza. Il Coronavirus è diven­tato una scusa per intensifica­re la retorica su cui si basa la globalizzazione. Lo scenario globale è mutato, ma l'agenda rimasta la medesima: più Europa, più smart working, più femminismo, più immi­grazione, più aziende green ... Con l'unica differenza che -per imporre tutte queste mi­sure- ci si nasconde dietro la malattia. La crisi deve servire a consolidare l'ordine sovranazionale costituito; il siste­ma che ha prodotto la pande­mia, invece di essere ripensa­to, deve uscirne rafforzato. In pratica, pretendono di curarci con altre dosi di male, appli­cando una versione perversa del principio omeopatico per cui «i simili si curano con i simili».

Ora che lo sappiamo, non dobbiamo far altro che adat­tarci: basta investimenti sui vaccini, subito più donne al governo e più auto elettriche in strada. E, come per magia, tutti i malanni spariranno.



Tratto da La Verità - martedi 8 settembre 2020.

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