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giovedì 3 settembre 2020

Roberto Marchesini: dialogare? Costruire ponti?

Dopo l’agghiacciante distruzione di un Crocifisso (a Lizzano – BO), fatta tra bestemmie, urla e alcool
è necessario riflettere sulla cristianofobia in Italia, sulle cause che la stanno accrescendo e sui possibili sui rimedi.
Una soluzione? Roma, appena fondata, nel VI sec. A.C., costruisce mura.
Luigi


Dialogare? Costruire ponti? di Roberto Marchesini
19 Agosto 2020 

San Giovanni Bosco disse: «L’unica vera lotta nella storia è quella pro o contro la Chiesa».
Mentre il papa santo chiarì: «Ci troviamo di fronte ad uno scontro immane e drammatico tra il male e il bene… non solo “di fronte”, ma necessariamente “in mezzo”… tutti siamo coinvolti… con l’ineludibile responsabilità di scegliere».
Per diversi anni ho riflettuto su un atteggiamento ecclesiastico che possiamo definire con due slogan: «Cercare ciò che unisce e non ciò che divide» e «costruire ponti e non muri».
Traduco: si può dialogare con la modernità; il Mondo non è pregiudizialmente ostile ai cattolici; gran parte della cultura contemporanea è neutrale, rispetto al Vangelo.
C’è quindi la possibilità, se non di evangelizzare il secolo, per lo meno di dialogarci.

Con il passare del tempo mi sono convinto che questo atteggiamento sia eccessivamente ottimista e, forse, un po’ ingenuo. E mi sono accorto che la soluzione del problema era già data in una lapidaria affermazione evangelica: «Chi non è con me è contro di me» (Mt 12, 30; Lc 11, 23).

Parlando con alcuni amici, scettici riguardo alla mia risoluzione, mi è stato fatto notare che nel Vangelo di Marco la frase era diversa: «Chi non è contro di noi è per noi» (Mc 9, 40).
C’è, dunque, chi non è contro di noi, la neutralità nei confronti del Vangelo è possibile. Non solo: San Paolo afferma che possiamo trovare qualcosa di buono dappertutto: «Vagliate tutto e tenete ciò che è buono» (1Ts 5, 21).

Purtroppo queste citazioni non permettono di sostenere la costruzione di ponti. Partiamo dalla prima. Essa è semplicemente una riproposizione della frase di Matteo e di Luca: non ammette una neutralità. Anche per Marco è necessario schierarsi: con Cristo o contro di Lui. Chi non è con Cristo non è neutro: è contro di lui; chi non è contro Cristo non è neutro, è con lui. Cristo divide, chiede di prendere posizione, non ammette neutralità.

La stessa cosa vale per san Paolo, il quale invita a vagliare tutto e a tenere ciò che è buono, integralmente buono; non ciò che ha una parte buona. Ricordiamo, infatti, che l’errore ha sempre una parte di verità; e che l’eresia non consiste nel rigetto totale della Verità, ma solo di una sua parte.

Ammettere una possibile neutralità nei confronti del Vangelo, inoltre, significa sminuirne l’importanza. L’incarnazione di Cristo ha diviso la storia in prima (a. C.) e un dopo (d. C.); allo stesso modo, ha diviso in due l’umanità e la cultura. È stato un avvenimento così importante che necessariamente richiede che si prenda posizione nei suoi confronti.

Sono confortato, nella mia posizione, da due importanti santi della Chiesa che hanno messo in evidenza il significato meta-storico dell’affermazione evangelica. In quella breve frase, infatti, è condensato un intero trattato di teologia della storia e la chiave di lettura per capire il rapporto tra Vangelo e modernità.
Partiamo da san Giovanni Bosco, che ha scritto: «L’unica vera lotta nella storia è quella pro o contro la Chiesa di Cristo». È questa lotta che permette di capire tutta la storia dell’umanità, perlomeno degli ultimi cinquecento anni; ed è la storia del conflitto tra la Chiesa di Cristo e il Mondo.

Anche Giovanni Paolo II, nell’Evangelium Vitae, ha dato una lettura meta-storica del conflitto tra la luce di Cristo e le tenebre.
Nei brani che seguono, il papa polacco sottolinea le implicazioni per la difesa della vita di questo scontro; ma non manca uno sguardo più profondo: «Questo orizzonte di luci ed ombre deve renderci tutti pienamente consapevoli che ci troviamo di fronte ad uno scontro immane e drammatico tra il male e il bene, la morte e la vita, la “cultura della morte” e la “cultura della vita”. Ci troviamo non solo “di fronte”, ma necessariamente “in mezzo” a tale conflitto: tutti siamo coinvolti e partecipi, con l’ineludibile responsabilità di scegliere incondizionatamente a favore della vita (§ 28). […] Nelle prime ore del pomeriggio del venerdì santo, “il sole si eclissò e si fece buio su tutta la terra… Il velo del tempio si squarciò nel mezzo” (Lc 23, 44.45). È il simbolo di un grande sconvolgimento cosmico e di una immane lotta tra le forze del bene e le forze del male, tra la vita e la morte. Noi pure, oggi, ci troviamo nel mezzo di una lotta drammatica tra la “cultura della morte” e la “cultura della vita”. Ma da questa oscurità lo splendore della Croce non viene sommerso; essa, anzi, si staglia ancora più nitida e luminosa e si rivela come il centro, il senso e il fine di tutta la storia e di ogni vita umana (§ 50). […] Maria aiuta così la Chiesa a prendere coscienza che la vita è sempre al centro di una grande lotta tra il bene e il male, tra la luce e le tenebre (§ 104)».

Giovanni Paolo II scrive di una immane lotta tra le forze del bene e le forze del male, tra la luce e le tenebre; e della «l’ineludibile responsabilità» di schierarsi dalla parte del bene e della luce.
Chi non prende posizione, semplicemente, permette che il male accada e si diffonda; quindi, nuovamente, chi non è per Cristo è inevitabilmente contro di Lui.

C’è poco da illudersi, siamo in guerra. È una guerra totale, senza quartiere, nella quale non ci sono neutrali o indifferenti. Abbandoniamo le ingenuità e le favole disneyane, accettiamo la realtà.

da: https://www.lanuovabq.it/it/il-vangelo-non-ammette-neutralita

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