La redazione di Messa in Latino mi ha chiesto di commentare brevemente i dati relativi alla ripartizione annuale dell’otto per mille, che, com’è noto, sono stati resi pubblici nei giorni scorsi. Si tratta di un report ufficiale, aggiornato all’ultima dichiarazione utile: cioè a quella presentata nel 2019, e concernente i redditi del 2018. Ai nostri fini – cioè per verificare come si siano orientate le “preferenze” dei contribuenti – conta proprio l’anno di presentazione: quello in cui i cittadini hanno concretamente barrato la casella “Chiesa Cattolica” – o non l’hanno barrata...
Poiché la lettura dei dati ha un senso solo raffrontandoli con quelli degli anni precedenti, sono risalito – grazie ai potenti mezzi della redazione – a tutto il periodo decorrente dal 2005: cioè, è inutile sottolinearlo, dall’inizio del pontificato di Benedetto XVI, e ho poi considerato questi primi sette anni del pontificato di Francesco (si vedano le tabelle pubblicate in calce).
Ne è uscita la seguente tabella riassuntiva (cliccare sull'immagine per ingrandirla):
In essa trovate (da sinistra verso destra):
- nella prima colonna, l’anno in cui è stata presentata la dichiarazione, con indicazione, tra parentesi, del presidente della CEI allora in carica;
- nella seconda colonna, la percentuale di quanti hanno optato per la Chiesa Cattolica sul totale dei contribuenti (persone fisiche): nel 2005, ha scelto la Chiesa il 37,15% di tutti i contribuenti italiani; nel 2006, il 36,95%, e così via;
- nella terza colonna, la variazione percentuale, rispetto all’anno precedente, di quanti hanno optato per la Chiesa Cattolica sul totale dei contribuenti: nel 2006, quanti hanno scelto la Chiesa sono diminuiti dello 0,54%; nel 2007, dello 0,95%; nel 2008, sono aumentati dello 0,82%, e così via. Le caselle che indicano variazioni negative sono evidenziate in rosso;
- nella quarta colonna, la variazione percentuale, rispetto al primo anno del pontificato di riferimento, di quanti hanno optato per la Chiesa Cattolica sul totale dei contribuenti: nel 2006, secondo anno del pontificato di Benedetto XVI, quanti hanno scelto la Chiesa sono diminuiti dello 0,5383…% rispetto al 2005; nel 2007, dello 1,4804…% rispetto al 2005, eccetera. Nel 2014, secondo anno del pontificato di Francesco, quanti hanno scelto la Chiesa sono aumentati dello 0,7342…% rispetto al 2013; nel 2015, sono diminuiti del 3,5626…% rispetto al 2013, e così via. Le caselle che indicano variazioni negative sono evidenziate in rosso;
- nella quinta colonna, la percentuale di quanti hanno optato per la Chiesa Cattolica sul totale delle scelte espresse (si badi: non sul totale dei contribuenti, ma solo di quelli che hanno indicato a chi destinare l’otto per mille): nel 2005, ha scelto la Chiesa l’89,82% di quanti hanno espresso una scelta; nel 2006, l’86,05%, e così via;
- nella sesta colonna, la variazione percentuale, rispetto all’anno precedente, di quanti hanno optato per la Chiesa Cattolica sul totale delle scelte espresse: nel 2006, essi sono diminuiti del 4,20%; nel 2007, dell’1,22%; nel 2008, sono aumentati dello 0,02%, e così via. Le caselle che indicano variazioni negative sono evidenziate in rosso;
- nella settima colonna, la variazione percentuale, rispetto al primo anno del pontificato di riferimento, di quanti hanno optato per la Chiesa Cattolica sul totale delle scelte espresse: nel 2006, secondo anno del pontificato di Benedetto XVI, quanti hanno scelto la Chiesa sono diminuiti del 4,1972…% rispetto al 2005; nel 2007, del 5,3662…% rispetto al 2005, eccetera. Nel 2014, secondo anno del pontificato di Francesco, quanti hanno scelto la Chiesa sono aumentati dello 0,3955…% rispetto al 2013, nel 2015 dello 0,3707…%, per riprendere a scendere nel 2016 (-1,2853...%), e così via. Le caselle che indicano variazioni negative sono evidenziate in rosso;
- nell’ottava colonna, in numeri assoluti, i contribuenti che hanno optato per la Chiesa Cattolica: nel 2005, essa è stata scelta da 14.894.293 contribuenti (persone fisiche), nel 2006 da 14.934.247, e così via;
- nella nona colonna, sempre in numeri assoluti, i contribuenti che hanno optato per la Chiesa Cattolica “in più” o “in meno” rispetto all’anno precedente: nel 2006, la Chiesa è stata scelta da 39.954 contribuenti in più rispetto al 2005; nel 2007, da 93.939 contribuenti in meno rispetto al 2006, e così via. Le caselle che indicano variazioni negative sono evidenziate in rosso;
- nella decima colonna, la variazione percentuale rispetto all’anno precedente del numero di contribuenti che hanno optato per la Chiesa Cattolica: nel 2006, essi sono aumentati dello 0,2682...% rispetto al 2005; nel 2007, sono diminuiti dello 0,6290...% rispetto al 2006, e così via. Le caselle che indicano variazioni negative sono evidenziate in rosso;
- nell’undicesima colonna, di nuovo in numeri assoluti, i contribuenti che hanno optato per la Chiesa Cattolica “in più” o “in meno” rispetto al primo anno del pontificato di riferimento: nel 2006, secondo anno del pontificato di Benedetto XVI, la Chiesa è stata scelta da 39.954 contribuenti in più rispetto al 2005; nel 2007, da 53.985 contribuenti in meno rispetto al 2005, eccetera. Nel 2014, secondo anno del pontificato di Francesco, la Chiesa è stata scelta da 45.313 contribuenti in meno rispetto al 2013; nel 2015, da 788.597 contribuenti in meno, e così via. Le caselle che indicano variazioni negative sono evidenziate in rosso;
- nella dodicesima e ultima colonna, la variazione percentuale rispetto al primo anno del pontificato di riferimento del numero di contribuenti che hanno optato per la Chiesa Cattolica: nel 2006, secondo anno del pontificato di Benedetto XVI, essi sono aumentati dello 0,2682...% rispetto al 2005; nel 2007, sono diminuiti dello 0,3624...% rispetto al 2005, e così via. Nel 2014, secondo anno del pontificato di Francesco, il numero di contribuenti che hanno optato per la Chiesa Cattolica è diminuito dello 0,2975...% rispetto al 2013; nel 2015, del 5,1791...%, eccetera. Le caselle che indicano variazioni negative sono evidenziate in rosso.
Lascio al lettore la formulazione dei molteplici commenti che i dati suggeriscono. Da parte mia, noto solo che non è necessario essere un esperto di statistica per concludere che sia in corso un massiccio fenomeno di “abbandono” della Chiesa da parte di moltissimi contribuenti, e che la situazione vada peggiorando ormai almeno da un quindicennio.
In questo quadro complessivamente negativo, la performance migliore sembra ancora quella di Benedetto XVI; mentre il crollo più significativo si è indubbiamente verificato nel pontificato di Francesco, il quale – a differenza del predecessore – rispetto al primo anno di regno registra, in numeri assoluti, un calo dei contribuenti che hanno optato per la chiesa Cattolica di oltre due milioni (- 2.070.135; in percentuale, - 13,6%; Benedetto XVI, alla fine del pontificato, aveva segnato un + 331.998, pari al + 2,23%).
A fronte di ciò, peraltro, per effetto del meccanismo elaborato onde liquidare il contributo dovuto alla CEI, gli importi si sono mantenuti stabili, o addirittura sono cresciuti: come emerge dalla seguente tabella (cliccare sull'immagine per ingrandirla),
considerando che le erogazioni annuali si riferiscono ai redditi di quattro anni prima (così nel 2020 vengono erogati gli importi raccolti con la dichiarazione dei redditi del 2016, e liquidati in base alle scelte effettuate dai contribuenti in quell’anno) si passa dagli € 967.538.542 erogati nel 2009 con riferimento ai redditi dichiarati nel 2005, agli € 1.139.218.217 erogati nel 2020 con riferimento ai redditi dichiarati nel 2016. L’anno migliore va ascritto al regno di Benedetto XVI: nel 2012, quando sono stati erogati i contributi relativi ai redditi e alle scelte del 2008, l’importo rimesso alla CEI è stato € 1.148.076.594 (ci piace notare – anche se si tratta di una coincidenza probabilmente casuale – che quella del 2008 è stata la prima dichiarazione dei redditi successiva alla promulgazione, nel luglio 2007, ed all’entrata in vigore, nel settembre dello stesso anno, del Motu Proprio Summorum Pontificum!).
Tutti questi dati sono stati oggetto di autorevoli e condivisibili valutazioni apparse su molteplici testate ed in diversi blog. Mi paiono meritevoli di particolare menzione i commenti di Giuliano Guzzo, su Campari & deMaistre, e alcune considerazioni di Stefano Fontana, su La nuova bussola quotidiana; quest'ultime, pur non concernendo direttamente la questione dell’otto per mille, sono ugualmente illuminanti in proposito.
Pur avendo sottolineato in termini negativi la performance di Papa Francesco, condivido con Giuliano Guzzo l’idea che accostare tout-court «la contrazione dell’8×1000 al malcontento, tra i battezzati, rispetto al pontificato di papa Francesco, giudicato troppo sensibile a temi come l’immigrazione (...) sarebbe una spiegazione semplicistica: anche le congregazioni protestanti americane, rispetto agli anni passati, registrano cali nelle donazioni. In più c’è da considerare la secolarizzazione, con le chiese sempre più vuote. In effetti, sarebbe paradossale se, in un Paese dove le messe sono disertate, le donazioni alla Chiesa restassero costanti».
E Stefano Fontana ha rilevato che esiste, nella Chiesa, una tendenza culturale e teologica in base alla quale «la Chiesa deve uscire dal “paradigma della necessità” ossia dalla pretesa di essere necessaria per il mondo; e deve accogliere la sua “non immunità alle vicende umane”, ossia non ritenersi al di sopra della storia, perché “è ormai da secoli che essa non è più necessaria all’uomo, che ha imparato a fare e a vivere senza di lei”». Secondo questa linea di pensiero, quindi, «la religione deve trasformarsi accettando di essere “prossimità religiosa dell’umano”, ossia ad essere umanamente a fianco dell’uomo senza più parlargli della salvezza di Cristo; e deve “stringere un patto con altre fedi in nome della fraternità tra i popoli e le culture, che ha tratteggiato l’immaginario di una possibile religione che verrà”. La Chiesa non deve più “costruire mondi paralleli” (c’è un unico mondo, quello della storia profana) né far valere “propri diritti esclusivi alla salvezza” (la salvezza è ovunque nel mondo)».
Dunque la contrazione dell’otto per mille non sarebbe – non è – nient’altro che un sintomo e un effetto, nemmeno circoscritto all’Italia, del crollo del senso religioso, tipico della nostra epoca e sempre più diffuso, nonché dell’uscita della Chiesa dal «paradigma della necessità», ciò che la renderebbe in qualche modo superflua e, così, di fatto immeritevole del sostegno economico pubblico. Effettivamente, se si trasmette e se viene recepita l’idea – per dirla con le efficaci parole di Fontana – di «un Dio inutile» e di «una Chiesa autoesiliata», perché mai i contribuenti dovrebbero barrare in suo favore la casella dell’otto per mille?
Tuttavia, non si può escludere, come rileva Guzzo, che «forse c’è una nostalgia di soprannaturale non corrisposta»; e che «la picchiata dell’8×1000 sembra suggerire, nella Chiesa, una difficoltà ad interpretare tale bisogno». E che questa difficoltà sia reale, lo si è potuto percepire chiaramente negli ultimi mesi, quelli del lockdown e dell’assordante silenzio liturgico che la Chiesa italiana si è autoimposta ed al quale ci ha condannato. Da questo punto di vista, abbiamo tutti toccato con mano il senso di abbandono sofferto dai fedeli, lo sconcerto provato nei confronti dei pastori, la disarmante constatazione della riduzione della liturgia e dell’amministrazione dei sacramenti, a iniziare dalla stessa Eucarestia, a questioncelle tecnico-sanitarie da risolversi a furia di mascherine e guanti di lattice.
Ebbene, se è vero che il crollo dell’otto per mille dipende da un fenomeno ampio che trascende la mera questione del finanziamento della Chiesa italiana; se è vero che esso non può nemmeno spiegarsi invocando, troppo semplicisticamente, il malcontento dei fedeli per l’eccessiva attenzione di Papa Francesco all’immigrazione o all’ambiente; se tutto ciò è vero, è anche vero che, nell’attuale clima ecclesiale davvero sconfortante, è emersa e sta emergendo una particolare forma di rifiuto dell’otto per mille: un rifiuto che non matura tra chi si sia progressivamente allontanato dalla fede o dalla pratica religiosa, ma proprio tra i cattolici più consapevoli e più preoccupati del bene della Chiesa. Cattolici che, smettendo di indirizzare alla Chiesa la loro scelta, cercano di elevare una forte protesta nei confronti dei pastori, e di indurli a correggere la rotta per uscire dall’autoesilio e per riaffermare l’utilità, anzi l’indispensabilità, di Dio. Da questo punto di vista, sarà interessante verificare quali saranno i numeri dell’otto per mille nelle dichiarazioni dei redditi presentate quest’anno, quando sulla scelta dei fedeli non può non aver pesato la valutazione del comportamento della Chiesa italiana durante la pandemia.
Questa protesta, tutta interna alla Chiesa, è però condannata a risultare ben poco efficace, se – a fronte della sostanziale stabilità, anzi dell’incremento, degli importi liquidati alla CEI – non riuscirà a tradursi in un’effettiva contrazione di quanto le viene annualmente erogato: i Vescovi, purtroppo, sembrano talora più attenti al benessere economico delle diocesi ed al mantenimento di buoni rapporti con le autorità governative (è sempre irrisolto il problema dell’ICI...), che all’ascolto del disagio dei fedeli. I quali, se davvero intenderanno avvalersi dello “sciopero dell’otto per mille” per far sentire la loro voce, saranno forse costretti a porsi il problema di esplicitare la protesta e di organizzarne lo svolgimento (anche per assicurare comunque ad ogni sacerdote il giusto sostentamento), affinché essa risulti concretamente percepibile da tutti i singoli Vescovi e, passando per il portafoglio, ne possa scuotere utilmente le coscienze.
Enrico Roccagiachini