Eretici sempre più senza limiti.
QUI sullo stesso argomento La Bussola.
Sopra la foto di Bianchi insegnante alla scuola PD con il pro gay Scalfarotto e QUI l'articolo di Totus Tuus a commento.
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Luigi
Settimo Cielo, 8-6-20
Niente sembra rallentare la corsa del “cammino sinodale” intrapreso dalla Chiesa cattolica di Germania. Non le critiche né le defezioni dei rari vescovi dissenzienti. Né le serie preoccupazioni di Roma:
Al cardinale Reinhard Marx è succeduto, alla testa della conferenza episcopale, il vescovo di Limburgo Georg Bätzing (nella foto). Ma senza alcuna correzione di rotta. Non meno loquace del suo predecessore, il neopresidente ha subito inanellato una serie di dichiarazioni spericolate sulle questioni più scottanti dell’agenda del sinodo, dal sacerdozio femminile alle coppie dello stesso sesso, con in più la pretesa di dettare alla Chiesa universale la linea di marcia:
Gli obiettivi dell’ala trainante della Chiesa tedesca sono sotto gli occhi di tutti, nei testi fin qui prodotti dal sinodo:
Ma alla base dell’impresa c’è l’evidente volontà di sovvertire la struttura originaria della Chiesa non solo tedesca ma universale, nel nome di una democratizzazione al passo con i tempi.
Contro questa deriva si è già espresso a metà maggio, su Settimo Cielo, il professor Pietro De Marco, filosofo e storico di formazione, già docente di sociologia della religione nell’Università di Firenze e nella Facoltà teologica dell’Italia centrale:
Ma le dichiarazioni del nuovo presidente della conferenza episcopale di Germania hanno indotto De Marco ad aggiungere nuovi elementi alla sua critica del “Synodale Weg”, in cui vede all’opera le avventate modalità rivoluzionarie tipiche di certa “intelligencija” cattolica non solo tedesca, come ad esempio, in Italia, la comunità di Bose e il suo fondatore Enzo Bianchi, punito nei giorni scorsi da papa Francesco con l’esilio dal monastero.
*
Sinodo tedesco. Sul nuovo presidente della conferenza episcopale e altre disavventure
di Pietro De Marco
Nelle avventure rivoluzionarie, le formulazioni della cultura “critica” vedono l’alternarsi – a seconda degli interlocutori e delle situazioni – di enunciati radicali con grandi obiettivi eversivi, e di enunciati circoscritti, con bersagli ridotti, a prima vista banali. Questo bilinguismo ideologico appartiene anche all’opinione pubblica critica cattolica, in quanto si inscrive anch’essa nella categoria delle “sociétés de pensée” rivoluzionarie analizzate da Augustin Cochin.
In Italia, i recenti provvedimenti disciplinari che hanno investito la comunità di Bose e la persona del suo fondatore Enzo Bianchi riguardano, appunto, un nodo importante di una rete di “sociétés de pensée”, cattoliche e riformate, nelle quali l’oscillazione comunicativa tra moderazione e radicalismo teologico è prassi diffusa. Difficile dire quanto ciò sia sincero, e quanto dissimulato. Bianchi era sensibile alle critiche di ortodossia; anni fa si dolse di un rilievo di Sandro Magister e mio. Ma molti critici, tra i quali il compianto Antonio Livi (cui dobbiamo un libro decisivo contro il collasso neomodernistico del linguaggio teologico, “Vera e falsa teologia”, Roma, 2012), avevano mostrato la lacunosità dell’impianto dogmatico del priore di Bose, lacunosità invisibile per i più e dunque fatta per essere assimilata e riprodotta senza cautele.
In tante subculture cattoliche vi sono da un lato il critico-distruttore, in genere un chierico o teologo, maschio o femmina, di recente generazione, con infarinatura di biblista e senza formazione dogmatica, insomma, un ideologo, e dall’altro una maggioranza, chierici e laici, che usa slogan radicali ma ambisce a risultati più a portata di mano. Anche molti vescovi partecipano di questa oscillazione pragmatica, piuttosto che del radicalismo delle leadership eversive. In Germania sembrano la quasi totalità.
Ebbene, come si colloca il nuovo presidente della conferenza episcopale tedesca, il vescovo di Limburgo Georg Bätzing?
Da poco entrato in carica, Bätzing ha subito confermato i progetti riformatori del “Synodale Weg”, il cammino sinodale in corso in Germania. Rispondendo alla domanda: “Qual è la sua visione del prossimo futuro della sua Chiesa?”, ha escluso di essere “tipo da visioni”; il messaggio essenziale del sinodo agli uomini sarà che la vita è più forte della morte, trasformando di conseguenza il significato di essere e dirsi cattolici, nel qual senso anche lui può accettare di essere annoverato tra i visionari. I modi espressivi appaiono cauti, ma la “konkrete Vision” non lo è.
Il “Synodale Weg” – ha detto Bätzing – continua a chiedere una “benedizione” per i divorziati risposati (materia difficile ma, forse, trattabile caso per caso canonisticamente, non svuotando teologicamente il sacramento) e l’intercomunione eucaristica tra cattolici e cristiani di altra confessione, che anche in passato veniva concessa da Roma, motivatamente ed eccezionalmente. Dunque niente di drammatico in sé. Senonché, come sempre nel “Synodale Weg”, sono le motivazioni erronee e supponenti che sgomentano. “C’è ora molto accordo sul significato di ciò in cui crediamo e celebriamo”, ha assicurato Bätzing. Ecco l’oscillazione sintomatica.
È infatti tesi diffusa, in Germania, che la concezione della Santa Cena sia ormai la stessa tra protestanti e cattolici. Questo consenso non può che essere maturato con una protestantizzazione vera e propria della teologia cattolica dei sacramenti. Mentre non si ha notizia che i protestanti tedeschi abbiano recuperato significativamente la comune teologia eucaristica della Chiesa universale, da cui essi si escludono. Che quindi, come ha detto Bätzing, su questo sfondo oggettivo i cristiani possano “decidere con buoni argomenti e secondo la loro coscienza” di questioni come l’intercomunione, è un enunciato improvvido, tanto più condannabile sulla bocca di un vescovo chiamato a essere maestro, non istigatore di opinioni di comodo. È qui in gioco, in realtà, la concezione stessa della pratica eucaristica, nel senso del classico “sapere e pensare cosa si va a ricevere”; e il significato cattolico del sacramento va gelosamente protetto anche col discernimento delle differenze con le altre confessioni.
Sostiene ancora Bätzing che le decisioni del sinodo troveranno soggetti, anzi, “alleanze” (Koalitionen) capaci di implementarle; assunto in sé banale ma minaccioso, perché invece non è banale, salvo che nella mente della conferenza episcopale tedesca, il genere dei soggetti che curerebbero la “realizzazione” di istanze tutte teologicamente sul filo del rasoio. Così come è arrogante, anche se senza futuro, l’idea di esigere dal papa un sinodo universale con sede a Roma per l’esame allargato a tutta la Chiesa dei risultati del “Synodale Weg” di Germania. Non basta la congregazione per la dottrina della fede?
Quando poi Bätzing definisce “non più accettati” gli “argomenti a sfavore” del sacerdozio femminile (che in realtà sono degli enunciati di portata dottrinale vincolante) mostra che il ‘magistero’ episcopale e la media cultura teologica hanno formato in Germania non un popolo cristiano ma una opinione pubblica ormai tanto stravolta da perseguire un nonsenso: quello di rifare babelicamente la Chiesa. Si è generato di fatto un secolarismo cattolico, per poi esibire questa mentalità recente, e voluta, come argomento contro la tradizione della “lex credendi”, del canone del credere (Glaubensregeln).
Credo che si debbano invitare i cattolici tedeschi, i più, che stanno subendo l’iniziativa dei loro vescovi e di pretesi rappresentanti del laicato quali il “Zentralkomitee der deutschen Katholiken”, un vero blocco di potere presente in forze nell’assise, ad opporsi alla incontrollata corsa del “Synodale Weg”.
Reagiscano come clero e come laicato ove essi vivono, parrocchie, ordini religiosi, stampa. Riprendano forza gli intellettuali cattolici. Si agisca anche per via canonica. La corruzione della dottrina e una prassi di “riforma” assolutamente abnorme sono sotto gli occhi di tutti. Non si lasci piegare la cattolicità tedesca da una sorta di ossequio, del tutto mal riposto e certamente oggi non dovuto, a una gerarchia in autoliquidazione.
Nell'ultimo articolo Blondet parla della demenza speciale nutrita di utopia irrealista con cui cominciano le rivoluzioni per finire nelle dissoluzioni, simbolo e manifesto IMAGINE di John Lennon. Blondet scrive di politica, ma trasferite il discorso agli "ecclesiastici" tedeschi, e avete assolutamente lo stesso processo.
RispondiEliminaVorrei capire perché l'ammissione delle donne al sacerdozio stravolgerebbe la fede cattolica. Grazie
RispondiEliminaL'ha stabilito Cristo. Nell'Ultima Cena, in cui fu istituita l'Eucarestia, e quindi il sacramento dell'Ordine, non c'erano donne. La prego di non farsi adescare dalle stupidaggine danbrowniana della Maddalena vicina Gesù nella Cena di Leonardo. Vicino a Gesù c'è san Giovanni. Punto e basta.
Eliminamah, le donne possono fare i figli, gli uomini no. gli uomini possono pascolare il gregge le donne no.
RispondiEliminaLa seconda risposta è risibile perché comporta un indebito passaggio da funzioni biologiche a funzioni in cui la biologia non c'entra nulla e le donne hanno avuto risultati quanto meno pari a quelli degli uomini (cfr. le donne manager).
RispondiEliminaLa prima risposta è più seria. Bisognerebbe però domandarsi se l'atteggiamento di Gesù rispetto alle donne, per certi versi rivoluzionario, non fosse comunque pesantemente condizionato dalla cultura del tempo. Nel momento in cui la parità fra uomo e donna è un dato acclarato, le pregiudiziali contro il sacerdozio femminile vengono meno.
RispondiEliminaNel mondo antico vi erano molti 'sacerdozi femminili' e nemmeno l'ebraismo templare era così escludente (esistevano dei gruppi di donne che svolgevano servizi per e nel tempio)
EliminaPoi la Chiesa non ha ricevuto da Gesù il potere di ordinare le donne
nel mondo antico le donne contavano ben poco. a parte le sacerdotesse della prostituzione sacra. le donne capo o manager sono donne che hanno preso il peggio dei maschi e della società fallocentrica, insomma l'invidia penis sublimata.
RispondiEliminaConcordo. C'è stata una degradazione: dal solare al demetrico-lunare. Del resto sappiamo che viviamo i tempi ultimi, oscuri.
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