Pubblichiamo di seguito tre articoli che - ci pare - analizzino bene l'Esortazione sinodale sull'Amazzonia
Luigi
Pubblichiamo di seguito un’analisi dell’Esortazione Apostolica Querida Amazonia apparsa ieri sul blog del vaticanista Edward Pentin a firma di José Antonio Ureta, collaboratore dell’Istituto Plinio Corrêa de Oliveira.
L’Esortazione Apostolica appena pubblicata conferma che nel pontificato di papa Francesco la politica ha la priorità sulla religione. Ha accelerato sull’”ecologia integrale” ma ha frenato in modo netto sull’agenda religiosa del Sinodo.
I cardinali Burke, Müller e Sarah (e il loro coautore Benedetto XVI), così come quei pochi prelati che hanno difeso con fervore il celibato sacerdotale, hanno motivo di essere soddisfatti. E possono guardare dall’alto i promotori del sacerdozio low cost, in particolare i vescovi Fritz Löbinger, Erwin Kräutler e i loro compagni di strada sul
“cammino sinodale” tedesco. Schluss! Nessuna apertura né a viri probati né a “diaconesse”.
“cammino sinodale” tedesco. Schluss! Nessuna apertura né a viri probati né a “diaconesse”.
Papa Francesco riconosce che è necessario fare sforzi perché le comunità isolate in Amazzonia non vengano private dall’alimento dell’Eucaristia e dei sacramenti della Riconciliazione e dell’Unzione dei Malati (n° 86 e 89). Ammette pure che la vita e il ministero dei sacerdoti non sono monolitici (n° 87). Afferma tuttavia che la soluzione sta nel sacramento dell’Ordine Sacro, che configura il sacerdote a Cristo (n° 87), che è lo Sposo della comunità che celebra l’Eucaristia e che è rappresentata dal celebrante (n° 101). In questo modo, egli convalida i due argomenti principali di coloro che si oppongono al sacerdozio uxorato.
E propone come soluzione che si preghi per le vocazioni sacerdotali e perché vengano indirizzate verso l’Amazzonia le vocazioni missionarie (n°90). Di passaggio, si lamenta che sono più i missionari dei paesi amazzonici che si recano ad abitare negli Stati Uniti o in Europa di quelli che vanno alle missioni nei propri Paesi! (n° 132).
Come era stato annunciato negli ultimi giorni, non c’è neppure una menzione indiretta all’eventualità di ordinare uomini sposati che siano leader delle proprie comunità. Anzi, Francesco insiste che non si tratta semplicemente di facilitare una maggiore presenza di ministri ordinati che possano celebrare l’Eucaristia, ma di promuovere l’incontro con la Parola di Dio e la crescita nella santità attraverso i vari tipi di servizi pastorali svolti dai laici (n° 93), come aveva suggerito molto saggiamente mons. Athanasius Schneider ispirandosi alla sua propria esperienza della mancanza di sacerdoti nell’ Unione Sovietica.
Per lo stesso motivo della configurazione del sacerdote a Cristo, Sposo della comunità, e dell’ampio e generoso lavoro missionario già svolto dalle donne – nelle aree del battesimo, della catechesi e della preghiera – (n° 99), Papa Francesco chiude la discussione sull’ordinazione delle donne, asserendo che sarebbe una forma di riduzionismo “clericalizzarle”, il che sarebbe come insinuare che esse solo otterrebbero uno status superiore nella Chiesa se fossero ammesse agli Ordini Sacri (N° 100). Invece, le donne danno il loro contributo alla Chiesa alla loro maniera, facendo presente la tenera robustezza di Maria, la Madre (n° 100).
Un altro che può dirsi soddisfatto, almeno in parte, è il cardinale Walter Brandmüller. Egli denunciò l’Instrumentum Laboris del Sinodo amazzonico affermando che era un invito alla apostasia, in quanto intendeva l’“inculturazione” come una rinuncia alla predica del Vangelo e l’accettazione di religioni pagane come vie alternative alla salvezza. Il suo clamore ha raggiunto Santa Marta.
Querida Amazonia si dissocia dal concetto di “inculturazione” promosso dalla Teologia India – che ha come principali corifei i presbiteri Paulo Suess ed Eleazar López – per assumere una versione light della costituzione conciliare Gaudium et Spes. Questa fa consistere l’inculturazione in un mero adattamento del Vangelo alla comprensione di tutti, esprimendo il messaggio di Cristo in termini adeguati ad ogni cultura (n° 84).
Si tratta dunque di un’inculturazione che sebbene non rigetta nulla di buono di quanto esiste nella cultura amazzonica, fa di essa un oggetto di redenzione (n° 67), e la porta a pienezza sotto la luce del Vangelo (n° 66) volendola arricchita dallo Spirito Santo mediante il potere del Vangelo (n° 68).
Questo obbliga la Chiesa ad adottare, in relazione alle culture, un atteggiamento fiducioso ma anche vigilante e critico (n° 67). Tuttavia, richiede innanzitutto di non avere vergogna di Gesù Cristo (n° 62), né di limitarsi a dare ai poveri soltanto un messaggio sociale al posto di un grande messaggio di salvezza (n° 63), avendo in vista che quei popoli hanno il diritto di ascoltare il Vangelo. Senza l’evangelizzazione, la Chiesa si trasforma in una volgare ONG che abbandonerebbe il comandamento di predicare a tutte le nazioni (n° 64). Santo Toribio d Mogrovejo e San Giuseppe di Anchieta – e non quei missionari della Consolata e altri che si vantano di non avere battezzato nessuno in 60 anni – vengono presentati come i modelli dei grandi evangelizzatori dell’America Latina (n° 65).
In contrasto con quanto detto sopra, e in un malriuscito tentativo di giustificare gli scandalosi culti idolatrici alla Pachamama nei giardini vaticani e nella Basilica di San Pietro, Papa Francesco dichiara che, nel contesto di una spiritualità inculturata, è possibile adoperare in certi modi alcuni simboli indigeni, taluni miti carichi di un significato spirituale o di festività religiose rivestite di valore sacro, senza necessariamente incorrere in idolatria (n° 79).
Oltre a questa infruttuosa difesa del culto alla Pachamama, il cardinale Brandmüller avrebbe un altro motivo per rimanere dispiaciuto. Papa Francesco – citando abbondantemente la sua enciclica Laudato Si’ – ribadisce la sua cosmovisione “teilhardiana” e New Age di un universo in cui “tutto è collegato” (n° 41) e tesse le lodi al misticismo indigeno che porta gli aborigeni non solo a contemplare la natura, ma a sentirvisi così intimamente legati da ritenerla una madre (n° 55). Del resto, la Madre Terra viene ben due volte citata nell’Esortazione (n° 42).
Un riferimento passeggero a Dio Padre come creatore di tutti gli esseri viventi è insufficiente per dissipare il sapore “panteista” di quei brani, visto che sono preceduti dalla citazione di un poema sulla “comunione con la foresta” de Sui Yun (a proposito, una poetessa peruviana nota per il carattere disinvolto ed erotico delle sue opere: “la mia poesia è genitale”, afferma) (n° 56).
Tuttavia, di gran lunga l’aspetto più claudicante del documento è la sua piena adesione ai postulati e all’agenda della Teologia della Liberazione, nella sua versione ecologica riciclata da Leonardo Boff e fatta propria dai documenti sinodali.
In una palese manifestazione di “clericalismo” – visto che il magistero non ha nessuna autorità in materia scientifica o economica – e, soprattutto, in opposizione all’anelito di sviluppo dell’immensa maggioranza della popolazione che abita l’Amazzonia, l’Esortazione post-sinodale assume, senza il necessario discernimento, la diagnosi catastrofista e bugiarda delle ONG ambientaliste e dei partititi di sinistra sulla supposta devastazione dell’Amazzonia: la foresta sarebbe stata rasa al suolo (n° 13); la costruzione di centrali idroelettriche e di vie marittime starebbe rovinando i fiumi (n° 11); la regione sarebbe davanti a un disastro ecologico (n° 8); le popolazioni sarebbero decimate, nel silenzio, dai nuovi colonizzatori (nota 13) o costrette ad emigrare nelle città dove troverebbero le peggiori forme di schiavitù (n° 10).
Secondo il Papa, è necessario sentire indignazione (n° 15), un salutare senso de indignazione (n° 17). In tale contesto non è senza significato che vengano citati, fra i poeti-profeti, il comunista cileno Pablo Neruda e il brasiliano Vinicius de Moraes, autore di un famoso poema intitolato “Signori baroni della terra”, in cui invita alla lotta armata1.
Peggio ancora, le soluzioni alternative che Papa Francesco propone corrispondono ai sogni collettivisti più avanguardisti degli antropologi neo-marxisti che vedono nella vita tribale delle foreste il modello del mondo futuro.
Secondo il documento, la vera qualità della vita si esprime nel “buon vivere” indigeno (n° 8, n° 26 e n° 71), che realizza quell’utopia di armonia personale, familiare, comunale e cosmica e che trova la sua espressione nella concezione comunitaria dell’esistenza e in uno stile di vita austero e semplice (n° 71): “Tutto è condiviso, gli spazi privati – tipici della modernità – sono minimi (…). Non c’è posto per l’idea di un individuo distaccato dalla comunità o dal suo territorio» (n°20)
In ciò gli indigeni avrebbero molto da insegnarci (n° 71) e i cittadini dovrebbero lasciarsi rieducare da loro, “ad accogliere la misteriosa sapienza che Dio vuole comunicarci attraverso di loro» (n° 72).
Dinnanzi a queste fantasie eco-tribaliste e collettiviste di Papa Francesco si comprende che egli sia il leader a cui si volgono le correnti di estrema sinistra in tutto il mondo!
Insomma, questa insolita Esortazione post-sinodale – che evita di citare il Documento Finale del Sinodo dei vescovi che l’ha motivata – rappresenta, allo stesso tempo, una accelerazione socioeconomica e un freno ecclesiologico che dispiacerà a greci e troiani.
Ma senz’altro i più dispiaciuti saranno i prelati ed esperti dell’area germanica che hanno investito lunghe ore di lavoro intellettuale e centinaia di milioni di euro in una assemblea sinodale che è finita per far nascere un uccello storpio, non in grado di spiccare il volo giacché amputato in una delle sue ali.
Sarà compito degli storici risolvere l’enigma dei motivi che hanno portato Papa Francesco a fermare la tanto propagandata apertura ai sacerdoti sposati. “Per evitare uno scisma o, peggio ancora, una destabilizzazione [del pontificato] che sarebbe stata letale”, come suggerisce Franca Giansoldati su Il Messagero? O fare ora un passo indietro nella speranza di farne in breve due avanti? (Il riferimento, nella nota 120, alla proposta del Sinodo di sviluppare un “rito amazzonico” obbliga a rimanere vigilanti. In specie, quando l’autore del documento è un noto furbo…).
Chi vivrà, vedrà.
Ma per quanti di noi si sono impegnati lungo un anno al fine di bloccare l’agenda rivoluzionaria dei mentori del Sinodo sulla Regione Panamazzonica (fra i quali il sito panamazonsynodwatch.org, qualificato da un analista nordamericano come l’“hub” della resistenza) ci sono alcuni motivi di soddisfazione.
Anche se Francesco ha ratificato Leonardo Boff, almeno ha buttato nel Tevere gli orientamenti dei diversi Löbinger, Hummes, Kräutler, Suess e compagnia bella…
Note
1. Signori baroni della terra / Preparate i vostri sudari / Perché sfruttate la terra / E la terra è di colui che la lavora (…) E’ giunto il tempo della guerra / Non ci sarà santo per proteggervi (…)- Granata contro granata! /- Mitra contro mitra / La nostra guerra è sacra /La nostra guerra non mancherà!
José Antonio Ureta – Istituto Plinio Correa de Oliveira
©Riproduzione autorizzata a condizione che venga citata la fonte.
Fonte: Edward Pentin, 12-02-20
José Antonio Ureta
Nato in Cile, è membro fondatore della "Fundación Roma", una delle più influenti organizzazioni cilene pro-vita e pro-famiglia. Ha lavorato sin da giovanissimo nelle file della TFP (Tradizione, Famiglia e Proprietà) del suo paese e in seguito si è dedicato a diffonderne gli ideali e a formare gruppi TFP in tutto il mondo. Oggi è ricercatore e membro della Società Francese per la difesa della Tradizione, Famiglia e Proprietà. Studioso e docente, è conosciuto a livello internazionale nel mondo cattolico conservatore. Collaboratore della rivista Catolicismo e dell'Istituto Plinio Corrêa de Oliveira di San Paolo, Brasile, è autore del libro Il "cambio di paradigma" di Papa Francesco: continuità o rottura nella missione della Chiesa? Bilancio quinquennale del suo pontificato.
Marco Tosatti
Come avrete visto è ampio il dibattito sui social e sui giornali intorno all’esortazione apostolica Querida Amazonia, su quanto e come e se abbia disatteso le aspettative riguardo a viri probati, celibato opzionale per i latini e diaconato femminile e più in generale di una qualche non meglio precisata riforma. Se Antonio Spadaro coraggiosamente – seguito da altri, a cui ha dato la linea – cerca di vedere aperture positive, nuovi orizzonti e nuovi cieli laddove altri tirano un sospiro di sollievo per lo scampato pericolo, è interessante riportare quello che afferma “Noi siamo Chiesa”, nella sua sezione italiana. Del comunicato vi riportiamo ciò che riguarda la parte sulla Chiesa (neretto nostro):
“Il quarto capitolo (“Un sogno ecclesiale”) contiene invece quanto riguarda più direttamente la Chiesa. Parla ampiamente dell’inculturazione, si sofferma sulla assoluta necessità ed opportunità che laici, e donne in particolare, continuino nel ruolo che già svolgono di dare continuità alla vita di tante piccole e disperse comunità. Forte è la sottolineatura dell’importanza dell’Eucaristia come momento indispensabile della vita del Popolo di Dio. Ma il passaggio fondamentale, ed il più atteso, che permetterebbe veramente di andare nella direzione dell’inculturazione, quello dell’accettazione della proposta dei viri probati viene ignorato , cioè bocciato. Si ricorre a una descrizione del ruolo del “sacerdote” (non del “presbitero”) che sembra scritta dall’ex S.Uffizio. Per quanto riguarda il diaconato femminile, dopo molti riconoscimenti ai ruoli femminili, identica posizione negativa. Dice il testo, “ in realtà questa visione limiterebbe le prospettive, ci orienterebbe a clericalizzare le donne, diminuirebbe il grande valore di quanto esse hanno già dato e sottilmente provocherebbe un impoverimento del loro indispensabile contributo”. Sorprendente davvero questa affermazione che boccia il diaconato femminile ben aldilà dei confini dell’Amazzonia. Ci appare evidente una contraddizione tra la proclamata volontà di accettare pienamente sensibilità e culture che vengono da lontano e che esigono riconoscimenti ed accoglienza con il dovere di riconoscere nuovi ministeri e, in particolare, di facilitare l’assemblea eucaristica comunitaria , il cui ruolo, peraltro, viene enfatizzato”.
Piuttosto chiaro, no? Ma ancora più chiare le reazioni che vengono dal Reno, che evidentemente senza che ce ne accorgessimo ha cominciato a confluire nel Rio delle Amazzoni. Secondo il reportage di LifeSiteNews
“Il cardinale Reinhard Marx ha sottolineato che l’Esortazione apostolica post-sinodale “Querida Amazonia” non intende sostituire il documento finale del sinodo amazzonico pubblicato lo scorso ottobre. Il documento finale aveva chiesto l’ordinazione sacerdotale degli uomini sposati che vivono nella regione amazzonica. Durante la presentazione della “Querida Amazonia” ai media tedeschi a Bonn, il presidente uscente della Conferenza episcopale tedesca ha sottolineato che l’Esortazione apostolica pubblicata oggi “non vuole sostituire né ripetere” il documento finale del Sinodo”.
Dunque la questione del celibato “Non è assolutamente fuori discussione con la pubblicazione dell’esortazione! Piuttosto, Papa Francesco parla del suo desiderio di “presentare ufficialmente il documento finale” insieme alla Lettera Apostolica, e ci invita “a leggerlo per intero”, ha detto Marx.
Invece il Comitato Centrale dei Laici tedeschi – l’ala marciante della super progressista conferenza episcopale, ha espresso il suo disappunto: “Il Papa non trova il coraggio di attuare vere riforme. Ci dispiace moltissimo che abbia rafforzato le posizioni esistenti della Chiesa romana in termini di accesso al sacerdozio e di partecipazione delle donne ai ministeri”.
Ma il quadro, anche se necessariamente tutt’altro che esaustivo, non sarebbe completo senza l’opinione del principale protagonista dell’operazione Viri Probati, il cardinale Claudio Hummes, che ha riversato nell ‘operazione sforzi incredibili, andando dalla sua bella residenza di San Paolo praticamente in tutte le diocesi dell’Amazzonia, per incitare i vescovi a scrivere a Roma spingendo per chiedere l’ordinazione di viri probati. Intervistato da Vatican News, Hummes ha detto:
“Sarà difficile dire se frustrerà o meno. Non posso dirlo. Le persone che diranno di essere frustrate dovrebbero dire che non c’è nulla che possa frustrare le persone. Lo ripeto perché il Papa ha chiarito che l’intero documento, non alcuni numeri, sì e altri no, ma l’intero documento sia messo in pratica.
Il Papa ha anche chiarito che si tratta di un processo. E quindi, torniamo anche con tutta questa documentazione – sia che si tratti del Documento finale o dell’Esortazione del Papa, torneremo alle basi lì, ancora una volta, per iniziare insieme alla gente, per iniziare a costruire questi percorsi. Come, quindi, costruire questi percorsi ora, a questo punto del processo – un processo che aveva un punto alto, sì, al Sinodo, ma non si è concluso qui. È un percorso che dobbiamo ancora percorrere, continuare a percorrere, come la Chiesa deve sempre fare nella storia ”.
Dalle parole del porporato traspare la delusione per un qualche cosa che non è avvenuto. Ma che non si tratti di una partita totalmente chiusa, ce lo spiega don Nicola Bux in questa intervista. Secondo don Nicola Bux l’esortazione apostolica Querida Amazonia presenta delle fessure, a dispetto della riaffermazione dell’unicità del ruolo del sacerdote nella gestione dei sacramenti. Ma è interessante la risposta alla domanda:
Il libro di Benedetto XVI e Sarah ha esercitato il suo peso?
Sebbene sia stato detto dalle fonti ufficiali che il documento era pronto prima, da dicembre, mi consta che non è così: anzi, che proprio il libro in oggetto ha spinto a rivedere drasticamente la quarta parte dell’Esortazione, la quale comunque presenta fessure nelle quali infilare quanto è rimasto fuori.
Cosa possiamo ricavare dalla vicenda?
Benedetto XVI e il card. Sarah hanno testimoniato l’importanza del pensiero cattolico. Far pensare è il compito della filosofia, diceva Paul Ricoeur. L’attivismo oggi prevalente nella Chiesa e oltre, non aiuta anzi allontana tanti. Chi è cattolico deve, con determinazione, affermare la verità, e attendere con pazienza il tempo della grazia che la Provvidenza prepara. La Chiesa nella sua totalità non può incorrere nell’eresia. Se siamo membra di un corpo: non vi sono leggi sociologiche e politiche ma prevale la realtà della grazia, realtà ontologica e soprannaturale che rende l’uomo santo e gradito a Dio.
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Infine, un ultima notazione: i commentatori di sinistra, a cominciare da Luigi Accattoli e a finire al Manifesto, parlano senza esitazione di uno stop, di un rinvio a tempi indefiniti, a risposte non date a domande e proposte precise contenute nel documento finale, che non entra però a far parte dell’Esortazione, e resta là, domanda inevasa. Vedremo se dal Sinodo della Germania – che certamente si trova privo di una stampella importante, e sulla quale forse contava – verranno altre provocazioni.
Marco Tosatti
Carissimi Stilumcuriali, mi sono balzate agli occhi alcune notizie che trovo estremamente interessanti, dopo la pubblicazione dell’Esortazione Apostolica “Querida Amazonia”. Ve le do come mi vengono alla mente. Il Pontefice si è lamentato, parlando a dei vescovi american, del fatto che il Sinodo e l’Esortazione sui mass media si sia ridotti a una riga di titolo, sul fatto che non ci fossero modifiche al celibato, mentre il Sinodo e l’Esortazione non avevano – sottolineava papa Bergoglio – come oggetto il celibato.
La seconda osservazione: i più alti gemiti e lai perché a differenza delle attese nell’esortazione non si aprivano porte e portoni a viri probati e donne diacono sono venuti dall’area germanofona. Abbiamo visto battagliere prese di posizione dalla Germania in cui si riaffermava che il Sinodo tedesco avrebbe comunque parlato di questi temi; a Linz in Austria il vescovo Scheuer ha detto di aver passato “una notte insonne”, a causa di questa “grossa disillusione”. Ma non era un Sinodo amazzonico? Ma allora era vero – come dicevano in molti – che il motore di quello che accadeva era tedesco, tedesco-tedesco e tedesco naturalizzato brasiliano? E che il Sinodo avrebbe dovuto costituire la punta del cuneo per tutta la Chiesa? E che il documento del Pontefice – magisteriale, a differenza del documento finale, come ha rilevato il Direttore della Sala Stampa – ha fatto esplodere come palloncini le speranze degli ultra?
Ma dibattiti interecclesiali a parte, altre due notizie mi sono parse interessanti. Perché riguardano le Chiese della Germania e del Brasile.
Brasile: un sondaggio afferma che il 50 per cento dei brasiliani sono cattolici, il 31 per cento evangelici. I cattolici nel 2000 erano il 73,6 per cento della popolazione. Gli evangelici il 15,4 per cento. Nel 2010 i cattolici erano il 64,6. Gli evangelici il 22,2 per cento. Dobbiamo dire qualcosa su questo disastro pastorale? Che forse i vescovi dovrebbero chiedersi se il modello di Chiesa che stanno portando avanti, così presente nel politico e nel sociale non dà alla gente quello di cui ha bisogno, e che trova presso gli evangelici? E che, comunque, quali siano le cause dell’emorragia, una o due domande dovrebbero porsele?
Poi abbiamo visto che nello Stato tedesco del Reno-Nord Westfalia nel 2019 oltre cento ventimila persone hanno abbandonato le Chiese cattolica e protestante. Nel 2018 erano stati più di 88 mila. Anche qui siamo, è evidente, di fronte a un disastro pastorale di proporzioni epiche. La Chiesa cattolica, la seconda fonte di occupazione in Germania dopo lo Stato, ricchissima, si sta svuotando dall’interno mentre diventa sempre più aggressiva da un punto di vista teologico verso l’esterno, tanto da far parlare a più di un commentatore di protestantizzazione e di possibile scisma.
Ma non trovate un po’ singolare che siano due Chiese così in buona sostanza disastrate che si permettano, come si diceva negli anni della mia folle gioventù, di “prendere la testa” del corteo? Per condurlo dove? ci si può legittimamente domandare, visti i risultati brillanti che riscuotono in casa…E a che titolo?
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