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mercoledì 22 gennaio 2020

Risuona di nuovo la voce del Card. Müller

In questi ultimi giorni si fa ripetutamente e autorevolmente sentire la voce del Card. Gerhard Müller, che - dopo l'omelia pronunziata ieri, in occasione della festa di S. Agnese - interviene di nuovo sulle questioni alla ribalta in termini inusitatamente espliciti ed inequivocabili. Riprendiamo con piacere un suo breve saggio pubblicato oggi stesso da La nuova bussola quotidiana.


Il tentativo mediatico di creare confusione attorno alla collaborazione di Benedetto XVI al libro del Cardinale Sarah, “Dal profondo del nostro cuore” (Gennaio 2020), non è che un segno della paranoia dilagante tra il pubblico dal momento della presunta coesistenza di due papi. Presunta, poiché nella Chiesa cattolica può esservi solo un Papa, dal momento che “il romano Pontefice, quale successore di Pietro, è il perpetuo e visibile principio e fondamento dell'unità sia dei vescovi sia della moltitudine dei fedeli” (Vaticano II, Lumen Gentium 23).


Nel contributo di Benedetto XVI sul sacerdozio cattolico si è voluto trovare nuova conferma e linfa a questo disturbo della percezione di due principii d'unità opposti. Nondimeno è evidente che Papa Francesco ed il suo predecessore Benedetto XVI non siano gli autori di questa polarizzazione morbosa, quanto piuttosto le vittime di una proiezione ideologica.

Quest'ultima costituisce un pericolo per l'unità della Chiesa e allo stesso modo mina anche il primato della Chiesa romana. Tutti questi fatti dimostrano solo che il trauma psichico suscitato dalla rinuncia all'ufficio di Pontefice da parte di Papa Benedetto all'inizio del 2013 nel “senso della fede del popolo di Dio” (Lumen Gentium 12; 35) non si è ancora sanato. I fedeli hanno tuttavia diritto ad un chiaro giudizio teologico sulla coesistenza di un papa regnante e del suo predecessore ora emerito. Questo processo singolare, per cui il Papa, capo del collegio episcopale e della Chiesa visibile, il cui Capo invisibile è Cristo stesso, abbandona prima della morte la Cathedra Petri conferitagli a vita, non può mai e poi mai essere inteso secondo categorie mondane, come ad esempio il diritto al pensionamento per ragioni di età o il desiderio popolare di sostituire la persona del proprio capo. Se è pur vero che il diritto canonico prevede questa possibilità in astratto (Can. 332 §2 CIC), tuttavia mancano a tutt'oggi tanto disposizioni dettagliate quanto esperienze concrete per descrivere lo stato di questa figura ed ancor più come essa possa essere realizzata nella prassi per il bene della Chiesa.

Nel mondo della politica sono comuni gli antagonisti nella lotta per il potere. Una volta messo da parte l'avversario, il corso delle cose continua come se niente fosse. Non così però dovrebbe essere tra i discepoli di Cristo, poiché nella Chiesa di Dio tutti sono fratelli. Dio solo è nostro Padre. E solo Suo Figlio Gesù Cristo, il Verbo fatto carne (Gv 1,14-18) è Maestro di tutti gli uomini (Mt 23,10). Vescovi e sacerdoti sono, a motivo dell'ordinazione sacramentale, i servitori della Chiesa scelti nello Spirito Santo (At 20,28), che guidano la Chiesa di Dio in nome di e nell'autorità di Cristo. Egli parla attraverso la loro bocca in qualità di Maestro divino della predicazione (1Ts 2,13). Egli santifica i fedeli nei Sacramenti per tramite loro. E Cristo, infine, il “guardiano e pastore delle vostre anime” (1Pt 2,25), si cura della salvezza degli uomini, chiamando i sacerdoti (vescovi o presbiteri) nella Sua Chiesa perché ne siano i pastori (1Pt 5,2sg.; At 20,28). Il Vescovo di Roma esercita il ministero di San Pietro, il quale è stato chiamato da Gesù, il Signore della Chiesa, al compito di pastore universale (Gv 21,15-17). Ma anche i vescovi sono fratelli tra di loro, nonostante che essi, in quanto membri del collegio episcopale, siano uniti alla e sotto l'autorità del Papa (Vaticano II, Lumen Gentium 23).

Un "ex" Papa ancora in vita è fraternamente unito a tutti i vescovi e si trova sotto l'autorità magisteriale e giurisdizionale del Papa regnante. Ciò tuttavia non esclude affatto che la sua parola abbia ancora un grande peso nella Chiesa a motivo della sua competenza teologica e spirituale così come per la sua esperienza di governo, tanto in qualità di vescovo che come Papa.

La relazione di un qualsiasi vescovo emerito col proprio successore deve essere caratterizzata da uno spirito di fraternità. Un desiderio di prestigio mondano, giochi di potere politici sono un veleno nel corpo della Chiesa, il Corpo di Cristo. Ciò vale a fortiori per il rapporto ancora più delicato del Papa in carica col proprio predecessore, che ha rinunciato all'esercizio del ministero petrino e con esso a tutte le prerogative del primato papale e perciò stesso sicuramente non è più il Papa.

Ciò che qui sorprende è che quei nemici della Chiesa provenienti dalle fila del neoateismo vetero-liberale e marxista facciano fronte comune con il secolarismo interno alla Chiesa, il quale è mosso dal desiderio di trasformare la Chiesa di Dio in un'organizzazione umanitaria attiva su scala mondiale.

L'ateo militante Eugenio Scalfari si vanta di essere amico di Papa Francesco. Uniti dalla comune idea di una religione unica planetaria di origine umana (senza Trinità né Incarnazione), gli offre la propria collaborazione. L'idea di un fronte popolare costituito da credenti e non-credenti viene propagata contro quelli che Scalfari stesso identifica come nemici ed avversari tra le fila di cardinali e vescovi e dei cattolici “conservatori di destra”. In ciò trova spiriti affini provenienti dalla cerchia di quanti si autoproclamano parte di una “guardia bergogliana”. Questa rete di populisti di sinistra mossa da mero desiderio di potere perverte la potestas plena del Papa in una potestas illimitata et absoluta. Ciò riflette un evidente volontarismo: secondo la loro visione tutto è buono e vero poiché è il Papa a volerlo e non, per contro, quando il Papa fa o dice qualcosa, questo perché ciò è buono e vero. Costoro contraddicono il Concilio Vaticano II, che riconosce il Magistero nel servizio alla Rivelazione, dal momento che esso insegna “soltanto ciò che è stato trasmesso, in quanto, per divino mandato e con l'assistenza dello Spirito Santo, piamente ascolta, santamente custodisce e fedelmente espone quella parola (…)” (Dei Verbum 19). Essi si rivelano perciò come gli avversari demoniaci del papato, così come questo è definito dogmaticamente negli insegnamenti del Vaticano I e II. Se già tra Gesù ed i Suoi discepoli non era il principio della servitù, bensì la misura dell'amicizia a valere (Gv 15,15), come può allora il rapporto tra il Papa ed i suoi fratelli nell'ordine episcopale essere caratterizzato da un servile opportunismo e da una cieca ed irrazionale obbedienza, che si trova al di fuori dei confini dell'unità di fede e ragione propria della teologia cattolica? Secondo la visione liberal-marxista un Papa “al passo coi tempi” sarebbe legittimato nella misura in cui portasse a termine l'agenda sconsiderata dell'estrema sinistra e promuovesse uno spirito d'unità privo di trascendenza, senza Dio e la mediazione storica della salvezza tramite Cristo, unico Mediatore tra Dio e gli uomini (1Tm 2,5).

I signori, quanti manovrano l'opinione pubblica e gli ideologi di questo mondo (la civitas terrena) abusano veramente del proprio potere, nel momento in cui non tengono conto della legge morale naturale e dei comandamenti divini. Essi usurpano di frequente il posto di Dio e si tramutano in demoni sotto spoglie umane. Laddove però Dio è riconosciuto come unico Signore, là regnano grazia e vita, libertà e carità. Nel Regno di Dio le parole di Gesù costituiscono un principio guida: “Fra voi però non è così; ma chi vuol essere grande tra voi si farà vostro servitore. (…) Il Figlio dell'uomo infatti non è venuto per essere servito, ma per servire e dare la propria vita in riscatto per molti” (Mc 10,43-45).

L'ordinazione sacramentale (di vescovo, presbitero e diacono) rimane valida ed efficace, e con essa anche la responsabilità per l'insegnamento della Chiesa e la sua missione pastorale. Gli oppositori di vecchia data di Joseph Ratzinger (sia quando era Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede che come Papa) non hanno alcun diritto di infliggergli una damnatio memoriae, tanto più che la maggior parte di essi si distingue dalle sue qualità di dottore della Chiesa per uno sconvolgente dilettantismo teologico e filosofico. Il contributo di Benedetto XVI al libro del Cardinale Sarah può essere messo in discredito come un atto di opposizione a Papa Francesco soltanto da quanti scambiano la Chiesa di Dio per una organizzazione ideologico-politica. Costoro non vogliono comprendere che i misteri della Fede possono essere intesi solo con lo “Spirito di Dio” e non con lo “spirito del mondo”. “L'uomo naturale però non comprende le cose dello Spirito di Dio” (1Cor 2,14).

Inizialmente neanche gli Apostoli volevano intendere che vi sono uomini pronti a rinunciare volontariamente all'unione coniugale per il Regno di Dio; ad essi così si rivolse Gesù stesso: “Chi può capire, capisca” (Mt 19,12) – spiegando poi: “Non c'è nessuno che abbia lasciato casa o moglie o fratelli o genitori o figli per il regno di Dio, che non riceva molto di più nel tempo presente e la vita eterna nel mondo che verrà” (Lc 18,29-30; cf. Mt 19,29).

L'asserzione che Benedetto sia l'avversario segreto del Papa regnante e che la difesa del sacerdozio sacramentale e del celibato nasca da una politica di ostruzione all'attesa esortazione al termine del Sinodo sull'Amazzonia, può fiorire solo nel terreno fertile dell'ignoranza teologica. Nessuno confuta questo pensiero fisso tanto brillantemente quanto Papa Francesco stesso.

Nella prefazione alla raccolta di testi sull'ordinazione sacramentale in occasione del 65° anniversario di sacerdozio di Joseph Ratzinger nel 2016, così scrive Papa Francesco: “Ogni volta che leggo le opere di Joseph Ratzinger/Benedetto XVI mi diviene sempre più chiaro che egli ha fatto e fa “teologia in ginocchio”: in ginocchio perché, prima ancora che essere un grandissimo teologo e maestro della fede, si vede che è un uomo che veramente crede, che veramente prega; si vede che è un uomo che impersona la santità, un uomo di pace, un uomo di Dio”.

Dopo aver poi rigettato la caricatura del sacerdote cattolico come funzionario esperto di una Chiesa che assomiglia ad una ONG, Papa Francesco sottolinea nuovamente l'eccezionale stato di Joseph Ratzinger come teologo sulla Cathedra Petri con le seguenti parole: “Il cardinale Gerhard Ludwig Müller ha autorevolmente affermato che l’opera teologica di Joseph Ratzinger prima, e di Benedetto XVI poi, lo mette tra la schiera dei grandissimi teologi sul soglio di Pietro; come, ad esempio, papa Leone Magno, santo e dottore della Chiesa. (…) Da questo punto di vista, alla giusta considerazione del Prefetto della Dottrina della Fede, vorrei aggiungere che forse è proprio oggi, da Papa emerito, che egli ci impartisce nel modo più evidente una tra le sue più grandi lezioni di “teologia in ginocchio””.

Il contributo di Benedetto al libro di Sarah offre un'approfondita ermeneutica cristologico-pneumatologica dell'unità di Antico e Nuovo Testamento, unità fondata sulla rivelazione di Sé da parte di Dio all'interno della storia; con ciò un aiuto per superare la crisi teologica e spirituale dello stato sacerdotale, il quale ha “un compito sempre più importante (…) nell'ambito del rinnovamento della Chiesa di Cristo” (Presbyterorum Ordinis 1). Il sacerdote non è un funzionario d'azienda che offre servizi di carattere religioso-sociale. Egli neppure è esponente di una comunità autonoma che possa far valere i propri diritti in presenza di Dio, invece di ricevere “ogni buon regalo e ogni dono perfetto (…) dall'alto, (…) dal Padre della luce” (Giac 1,17). Attraverso l'ordinazione sacra egli viene piuttosto uniformato a Gesù Cristo, il Sommo Sacerdote e Mediatore della Nuova Alleanza, il Maestro divino e buon Pastore che offre la propria vita per le pecore del gregge di Dio (LG 29; PO 2).

A partire da questa conformitas cum Christo deriva anche il fatto che la forma di vita celibe di Cristo sia intimamente conforme al sacerdozio sacramentale. Gesù stesso ha parlato di quei discepoli che, per testimoniare il Regno venturo e lavorando per la salvezza degli uomini, vivono in continenza e rinunciano per libera scelta al matrimonio e ad una famiglia propria (Mt 19,12; 1Cor 7,32). Il celibato invero non è richiesto categoricamente dalla natura del sacerdozio. Esso tuttavia discende in maniera intimamente conforme dall'essenza di questo Sacramento, in quanto rappresentazione di Cristo, Capo della Chiesa, con l'autorità derivante dalla missione e da una forma di vita consacrata totalmente a Dio (vd. PO 16). Per questa ragione le dispense alla legge del celibato, sviluppatesi in maniere differenti nella Chiesa orientale ed in quella occidentale, devono essere motivate in quanto eccezioni, e non la regola del celibato sacerdotale. La Chiesa deve, fondamentalmente, mirare ad un sacerdozio celibe. A partire dalle origini bibliche ed in seguito all'obbligo alla continenza nel matrimonio per i chierici sposati prese forma la prassi di consacrare vescovi, sacerdoti e diaconi solo tra quei candidati che fanno voto sin dal principio di vivere da celibi.

Nella Chiesa orientale, con uno strappo alla tradizione della Chiesa delle origini e certo non nella sua scia, venne concesso nel secondo concilio trullano (691/92) – che, in modo significativo, si tenne nel palazzo imperiale e non in una chiesa – a sacerdoti e diaconi di mantenere la vita coniugale. Nella Chiesa latina, per contro, vennero successivamente consacrati solo uomini celibi che già in precedenza avevano promesso una vita celibe.

Nelle Chiese orientali venne concesso ai chierici sposati, non però ai vescovi, di persistere nello stato coniugale – posto che si serbi la continenza per un certo periodo prima della celebrazione della Liturgia Divina e che non ci si risposi in caso di morte della consorte. Questa disposizione è in vigore anche per quei chierici cattolici che hanno ottenuto una dispensa dall'obbligo del celibato (Lumen Gentium 29). La Chiesa cattolica accetta questa pratica nelle Chiese orientali uniate in nome del bene superiore dell'unità e concede, a partire da Papa Pio XII e, per quanto riguarda gli anglicani, da Papa Benedetto XVI, che quei religiosi sposati provenienti da altre confessioni che vogliono tornare ad una piena unità con la Chiesa, siano dispensati dall'obbligo del celibato nel caso in cui si presenti la questione di una consacrazione sacerdotale.

Una netta abolizione del celibato sacerdotale secondo il modello delle comunità protestanti ed anglicane del 16° secolo costituirebbe insomma un'offesa contro la natura del sacerdozio ed un atto di spregio all'intera Tradizione cattolica. Chi vuole assumersi la responsabilità dinanzi a Dio ed alla Sua santa Chiesa delle conseguenze disastrose per la spiritualità e teologia concernenti il sacerdozio cattolico? Milioni di sacerdoti, poi, sin dalla fondazione della Chiesa, si sentirebbero intimamente feriti dinanzi alla spiegazione che il loro sacrificio esistenziale per il Regno di Dio e la Chiesa fosse basato unicamente su di una disciplina giuridica esteriore che non avrebbe niente a che fare con il sacerdozio ed il modello di vita del celibato per il Regno dei Cieli. La penuria di sacerdoti (in numeri come nella qualità) in paesi occidentali un tempo cristiani non è dovuta ad una penuria di chiamate da parte di Dio, quanto invece da una mancanza delle nostre vite nei confronti del Vangelo di Gesù Cristo, Figlio di Dio e Salvatore del mondo intero.

Non stiamo sperimentando solo una discussione sul celibato, ma anche una battaglia accanita contro di esso e perciò stesso contro il sacerdozio sacramentale. I riformatori protestanti del 16° secolo ritenevano l'ufficio ecclesiastico essere una semplice funzione religiosa all'interno della comunità cristiana, e con ciò lo hanno derubato del carattere sacramentale. Se la consacrazione sacerdotale non equivale più ad una uniformazione interiore a Cristo, il Maestro divino, il buon Pastore e Sommo Sacerdote della Nuova Alleanza, allora viene anche meno la comprensione per l'intima connessione con il celibato radicato nel Vangelo per il Regno di Dio (Mt 19,12; 1Cor 7,32).  

A seguito della polemica della riforma protestante ed a motivo della visione immanentista dell'uomo che ne è propria, gli illuministi francesi videro nel celibato sacerdotale e nei voti religiosi semplicemente una forma di repressione dell'istinto sessuale, che porterebbe a neurosi e perversioni – in modo simile alla successiva tesi, portata avanti dalla psicologia del profondo, che interpreta la sessualità come una meccanica soddisfazione di istinti che, se “repressi”, causerebbero neurosi e perversioni.

Nella presente dittatura del relativismo l'enfasi su di un'autorità sacramentale derivante da una superiore autorità divina viene percepita come una sete clericale di potere ed il modello di vita celibe come un'accusa pubblica alla visione che riduce la sessualità ad un'egoistica acquisizione di piacere. Il celibato sacerdotale appare come l'ultimo bastione di un orientamento radicalmente trascendente dell'uomo e della speranza in un mondo futuro nell'aldilà, che però sarebbe, secondo i principii ateistici, una pericolosa illusione. La Chiesa cattolica viene perciò avversata in modo accanito in quanto alternativa ideologica all'immanentismo radicale da parte di un'élite di potere ed economica che aspira ad un controllo assoluto su spirito e corpo della massa languente dell'umanità.

Ci si traveste, in un gesto terapeutico, da filantropi, che non farebbero altro che rendere un piacere ai poveri sacerdoti e religiosi, liberandoli dalla gabbia di una sessualità repressa. Questi benefattori dell'umanità, tuttavia, non s'accorgono affatto nella propria tronfia ignoranza di come offendano la dignità di tutti quei cristiani che nella propria coscienza rivolta a Dio prendono sul serio l'indissolubilità del matrimonio o che mantengono fedelmente la promessa del celibato tramite l'aiuto della grazia. Proprio laddove quei cristiani credenti prendono le decisioni più importanti, nel fondo più intimo della propria coscienza presente a Dio, coloro che negano la vocazione soprannaturale dell'uomo vogliono convincerli ad entrare nell'orizzonte limitato di un'esistenza condannata alla morte, come se il Dio vivente non esistesse (Vaticano II, Gaudium et Spes 21). “Infatti, dalla creazione del mondo in poi, le sue perfezioni invisibili possono essere contemplate con l'intelletto nelle opere da lui compiute, come la sua eterna potenza e divinità; essi sono dunque inescusabili, perché, pur conoscendo Dio, non gli hanno dato gloria né gli hanno reso grazie come a Dio (…). Mentre si dichiaravano sapienti, sono diventati stolti e hanno cambiato la gloria dell'incorruttibile Dio con l'immagine e la figura dell'uomo corruttibile, di uccelli, di quadrupedi e di rettili” (Rom 1,20-23).

L'infame accusa afferma che quei reazionari tenebrosi interni alla Chiesa che difendono il sacerdozio sacramentale e una morale sessuale lontana dal mondo – così essa appare agli occhi degli accusatori – ed un celibato nemico dell'uomo, con ciò rinviino o addirittura ostacolino la necessaria modernizzazione della Chiesa cattolica e l'adattamento di questa al mondo moderno. Essi ancora tollerano tutt'al più una Chiesa senza Dio, senza la Croce di Cristo e senza la speranza nella vita eterna. Questa “Chiesa dell'indifferentismo dogmatico e del relativismo morale”, che potrebbe includere anche atei e non-credenti, ha il diritto di parlare di clima, di sovrappopolazione, di migranti; essa deve però tacere riguardo all'aborto, all'auto-amputazione che va sotto il nome di cambio di sesso, all'eutanasia ed al carattere moralmente riprovevole di un'unione sessuale al di fuori del matrimonio tra uomo e donna. Essa dovrebbe assolutamente accettare la rivoluzione sessuale in quanto atto di liberazione dal rifiuto del corpo della morale sessuale cattolica. In questo modo essa manderebbe un segnale di pentimento contro il tradizionale rifiuto del corpo proveniente dall'eredità manichea di Sant'Agostino.

A dispetto di tutte queste ruffianerie, i cattolici credenti mantengono la ben ponderata posizione secondo cui, invece dell'ateista Scalfari – che né crede in Dio né è in grado di comprendere il “mistero della santa Chiesa” (Lumen Gentium, 5), Benedetto (Joseph Ratzinger) sarebbe un consigliere infinitamente più competente per il Vicario di Cristo, Successore di Pietro e Pastore della Chiesa universale. Ciò riguarda sia le sue qualità teologiche ed intuizioni spirituali nel mistero dell'Amore di Dio come anche con l'esperienza della responsabilità di Papa, solo dinanzi a Dio, per la Chiesa universale, responsabilità che Benedetto, unico tra gli uomini ancora vivi su questa terra, condivide con Papa Francesco.

Quanto Papa Francesco scrive nella prefazione al libro sul sacerdozio del proprio predecessore dovrebbe essere letto da tutti i “sapienti e dominatori di questo mondo” (1Cor 2,6) prima che questi proclamino ai quattro venti le proprie fantasie paranoiche riguardo ad avversari papali, cardinali in guerra tra di loro e scismi imminenti: “[Joseph Ratzinger/Benedetto XVI] incarna quel costante rapporto con il Signore Gesù senza il quale non è più vero niente, tutto diventa routine, i sacerdoti quasi stipendiati, i vescovi burocrati e la Chiesa non Chiesa di Cristo, ma un prodotto nostro, una ONG in fin dei conti superflua”.

Egli continua poi quando si rivolge ai cardinali, vescovi e sacerdoti riuniti nella Sala Clementina il 28 Giugno 2016 per la presentazione del libro, non come a sottoposti cui comandare, ma come si parla a degli amici: “Cari confratelli! Io mi permetto di dire che se qualcuno di voi dovesse mai avere dei dubbi sul centro del proprio ministero, sul suo senso, sulla sua utilità, se dovesse mai avere dei dubbi su cosa veramente gli uomini si attendono da noi, mediti profondamente le pagine che ci vengono offerte: perché essi si attendono da noi soprattutto quello che in questo libro troverete descritto e testimoniato: che portiamo loro Gesù Cristo e che li conduciamo a lui, all’acqua fresca e viva, della quale hanno sete più di ogni altra cosa, che solo Lui può donare e che nessun surrogato mai potrà rimpiazzare; che li conduciamo alla felicità piena e vera quando più nulla li soddisfa, che li conduciamo a realizzare quel loro più intimo sogno che nessun potere potrà mai promettergli ed esaudire!”