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sabato 9 novembre 2019

Don Morselli e Benedetto XVI: il celibato non è solo un diritto della Chiesa, ma è mistero della sponsalità del Cristo con Essa

Un approfondito scritto sul celibato ecclesiastico dell'amico don Alfredo Morselli, unito a due contributi di Benedetto XVI e del cardinale Mauro Piacenza.
Luigi

28 OTTOBRE 2019, Cooperatore Veritatis

Ricordando a tutti voi il nostro ricco dossier sulla questione del celibato, vedi qui, proponiamo ora alla vostra attenzione una breve ma intensa risposta di Don Alfredo Maria Morselli ad un
confratello…. seguirà poi una riflessione di mons. Piacenza che cita Benedetto XVI sull’argomento, a chiusura dell’Anno Sacerdotale 2009-2010.

Celibato sacerdotale: Mistero e diritto (di Don Alfredo Maria Morselli)

Ieri ho ricevuto la visita di un caro confratello, e inevitabilmente il tema della conversazione è caduto sul documento finale del Sinodo sull’Amazzonia. Detto sacerdote si è mostrato favorevole alla chiamata al sacerdozio ministeriale di uomini provati: “Non possiamo lasciare tante persone con la Messa una volta all’anno. Altrimenti smettiamo di dire che l’Eucarestia fa la Chiesa”
Questa mattina gli ho risposto, e, ritenendo che le sue e le mie argomentazioni abbiano una rilevanza che va oltre una chiacchierata tra amici, pubblico la mia risposta, tolti – naturalmente – tutti i riferimenti particolari.

Carissimo confratello,

Posto che “utinam”, volesse il cielo che in ogni angolo della terra a tutte le ore fosse celebrata una S. Messa, c’è da considerare che l’Eucarestia fa la Chiesa in modo misterioso, in quel modo per cui “l’uomo getta il seme sulla terra… dorma o vegli, di notte o di giorno, il seme germoglia e cresce; come, egli stesso non lo sa”. (Mc 4:27 CEI74).

Quante mogli di immigranti hanno quasi rinunciato a incontrare lo sposo e la famiglia è rimasta solida; hanno potuto gustare in rari incontri un amore esclusivo, fedele, totale, con sacrificio da entrambe le parti a suggellare detta fedeltà.

La comunità che incontra raramente il Sacerdote-Cristo-Sposo, non di meno gusta il sacerdote tutto e solo per lei e (in lei e per lei) per la Chiesa universale; ritrova concretamente la sponsalità di Gesù.

E detta comunità sa – per tante catechesi che possono fare tranquillamente i buoni laici – che in qualunque parte del mondo venga celebrata una S. Messa, i benefici raggi del sole di questo augustissimo Sacrificio riscaldano soprannaturalmente il più sperduto e dimenticato (dagli uomini ma non da Dio) angolino dell’Amazzonia.

Per questo e per tanti motivi, il celibato non è solo una questione di diritto; c’è un principio giuridico che dice: “da mihi factum dabo tibi ius” [dammi il fatto e ti darò il riconoscimento giuridico]; questo nel diritto civile, e anche nel diritto canonico, quando, ad esempio, vista un’esperienza religiosa che dà frutti, la Chiesa concede degli statuti o approva una regola; nel caso del celibato la legge positiva riveste un mistero; si potrebbe affermare il principio “da mihi mysterium et dabo tibi ius” [dammi il mistero e ti darò la legge]; la Chiesa, guidata dallo Spirito, Mistica Sposa, Mistico Corpo, Mistica Persona, ma nel contempo umanissima e visibilissima “come la Repubblica di Venezia”, ha rivestito, come un guanto riveste la mano, il mistero ineffabile della sponsalità sacerdotale con un tangibilissimo diritto; per questa unione ritengo che il celibato sacerdotale non sia una semplice legge umana su cui il legislatore abbia le stesse identiche facoltà come su tante altre leggi positive.

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Contribuiamo al tema, rammentando ai nostri lettori, il confronto A BRACCIO, BELLISSIMO, che Benedetto XVI fece nella Veglia di Chiusura per l’Anno Sacerdotale, ecco a voi la “diretta” di quell’incontro 

Lo slovacco don Darol Miklosko ha sollecitato poi Benedetto XVI a parlare del celibato anche di fronte alle critiche del mondo.

Il Pontefice ha ricordato che il celibato è un’anticipazione della vita nuova, resa possibile dalla grazia e dalla risurrezione di Cristo.
A questo proposito, il Papa ha detto che un grande problema della cristianità, del mondo di oggi, è che non si pensa più al futuro di Dio. Sembra sufficiente solo il presente di questo mondo.
L’uomo aspira ad avere solo questo mondo, a vivere solo in questo mondo. E così chiude le porte alla vera grandezza della sua esistenza.

Il senso del celibato come anticipazione del futuro, ha aggiunto, è proprio aprire queste porte, rendere più grande il mondo, mostrare la realtà del futuro che va vissuto da noi già come presente.
Si tratta quindi di vivere una testimonianza di fede: crediamo realmente che Dio c’è, che Dio c’entra nella nostra vita, che possiamo fondare la nostra vita su Cristo, sulla vita futura.

Riguardo alle critiche del mondo, il Pontefice ha detto che per chi non crede il celibato è un grande scandalo, perché mostra che il Signore va considerato come realtà e vissuto come realtà. Si tratta, ha affermato, di un grande segno della fede, della presenza di Dio nel mondo.
Il celibato è un sì definitivo, un lasciarsi prendere per mano da Dio, un darsi nelle mani del Signore. Si tratta perciò di un atto di fedeltà e di fiducia, così come il matrimonio, che rappresenta la forma naturale dell’essere uomo e donna, il fondamento della cultura cristiana e delle grandi culture del mondo: se esso scompare – ha ammonito il Pontefice – va distrutta la radice della nostra cultura. Perciò il celibato conferma il sì del matrimonio con il suo sì al mondo futuro.
Da qui l’appello di Benedetto XVI a superare gli scandali secondari, provocati da insufficienze e peccati dei sacerdoti, per mostrare al mondo il grande scandalo della fede.

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Da una conferenza tenuta ad Ars dal cardinale prefetto della Congregazione per il Clero, pubblichiamo la parte relativa a Papa Ratzinger: Benedetto XVIe la “Sacramentum caritatis”

di mons. MAURO PIACENZA – Prefetto della Congregazione per il Clero (2010-2013)

L’ultimo Pontefice, che prendiamo in esame, è quello felicemente regnante, Benedetto XVI, il cui iniziale magistero sul celibato sacerdotale non lascia dubbio alcuno, sia sulla validità perenne della norma disciplinare, sia, soprattutto e antecedentemente, sulla sua fondazione teologica e particolarmente cristologico-eucaristica.

In particolare, il Papa ha dedicato al tema del celibato un intero numero dell’esortazione apostolica postsinodale, Sacramentum caritatis, del 22 febbraio 2007. In esso leggiamo: “I padri sinodali hanno voluto sottolineare che il sacerdozio ministeriale richiede, attraverso l’ordinazione, la piena configurazione a Cristo. Pur nel rispetto della differente prassi e tradizione orientale, è necessario ribadire il senso profondo del celibato sacerdotale, ritenuto giustamente una ricchezza inestimabile, e confermato anche dalla prassi orientale di scegliere i vescovi solo tra coloro che vivono nel celibato e che tiene in grande onore la scelta del celibato operata da numerosi presbiteri. In tale scelta del sacerdote, infatti, trovano peculiare espressione la dedizione che lo conforma a Cristo e l’offerta esclusiva di se stesso per il Regno di Dio.

Il fatto che Cristo stesso, sacerdote in eterno, abbia vissuto la sua missione fino al sacrificio della croce nello stato di verginità costituisce il punto di riferimento sicuro per cogliere il senso della tradizione della Chiesa latina a questo proposito. Pertanto, non è sufficiente comprendere il celibato sacerdotale in termini meramente funzionali. In realtà, esso rappresenta una speciale conformazione allo stile di vita di Cristo stesso. Tale scelta è innanzitutto sponsale; è immedesimazione con il cuore di Cristo Sposo che dà la vita per la Sua Sposa. In unità con la grande tradizione ecclesiale, con il concilio Vaticano II e con i Sommi Pontefici miei predecessori, ribadisco la bellezza e l’importanza di una vita sacerdotale vissuta nel celibato come segno espressivo della dedizione totale ed esclusiva a Cristo, alla Chiesa e al Regno di Dio, e ne confermo quindi l’obbligatorietà per la Tradizione latina.

Il celibato sacerdotale vissuto con maturità, letizia e dedizione è una grandissima benedizione per la Chiesa e per la stessa società” (n. 24). Come è facile notare, l’esortazione apostolica Sacramentum caritatis moltiplica gli inviti affinché il sacerdote viva nell’offerta di se stesso, fino al sacrificio della croce, per una dedizione totale ed esclusiva a Cristo.

Particolarmente rilevante è il legame, che l’esortazione apostolica ribadisce, tra celibato ed Eucaristia; se tale teologia del magistero sarà recepita in modo autentico e realmente applicata nella Chiesa, il futuro del celibato sarà luminoso e fecondo, perché sarà un futuro di libertà e di santità sacerdotale. Potremmo così parlare non solo di “natura sponsale” del celibato, ma della sua “natura eucaristica”, derivante dall’offerta che Cristo fa di se stesso perennemente alla Chiesa, e che si riflette in modo evidente nella vita dei sacerdoti.

Essi sono chiamati a riprodurre, nella loro esistenza, il sacrificio di Cristo, al quale sono stati assimilati in forza dell’ordinazione sacerdotale.
Dalla natura eucaristica del celibato ne derivano tutti i possibili sviluppi teologici, che pongono il sacerdote di fronte al proprio ufficio fondamentale: la celebrazione della santa messa, nella quale le parole: “Questo è il mio Corpo” e “Questo è il mio Sangue” non determinano soltanto l’effetto sacramentale loro proprio, ma, progressivamente e realmente, devono modellare l’oblazione della stessa vita sacerdotale. Il sacerdote celibe è così associato personalmente e pubblicamente a Gesù Cristo. Lo rende realmente presente, divenendo egli stesso vittima, in quella che Benedetto XVI chiama: “La logica eucaristica dell’esistenza cristiana”.

Quanto più si recupererà, nella vita della Chiesa, la centralità dell’Eucaristia, degnamente celebrata e costantemente adorata, tanto più grande sarà la fedeltà al celibato, la comprensione del suo inestimabile valore e, mi si consenta, la fioritura di sante vocazioni al ministero ordinato.

Nel discorso in occasione dell’udienza alla Curia Romana per la presentazione degli auguri natalizi, il 22 dicembre 2006, Benedetto XVI affermava ancora: “Il vero fondamento del celibato può essere racchiuso solo nella frase: “Dominus pars mea – Tu, Signore, sei la mia terra”. Può essere solo teocentrico. Non può significare rimanere privi di amore, ma deve significare il lasciarsi prendere dalla passione per Dio, e imparare poi, grazie ad un più intimo stare con Lui, a servire pure gli uomini. Il celibato deve essere una testimonianza di fede: la fede in Dio diventa concreta in quella forma di vita, che solo a partire da Dio ha un senso. Poggiare la vita su di Lui, rinunciando al matrimonio e alla famiglia, significa che io accolgo e sperimento Dio come realtà e perciò posso portarLo agli uomini”.

Solo l’esperienza dell'”eredità”, che il Signore è per ciascuna esistenza sacerdotale, rende efficace quella testimonianza di fede che è il celibato. Come lo stesso Benedetto XVI ha ribadito nel discorso ai partecipanti alla plenaria della Congregazione per il Clero, il 16 marzo 2009, esso è: “Apostolica vivendi forma (…) partecipazione ad una “vita nuova” spiritualmente intesa, a quel nuovo “stile di vita” che è stato inaugurato dal Signore Gesù ed è stato fatto proprio dagli Apostoli”.

L’Anno sacerdotale recentemente concluso ha visto vari interventi del Santo Padre sul tema del sacerdozio, in particolare nelle catechesi del mercoledì, dedicate ai tria munera, e in quelle in occasione dell’inaugurazione e della chiusura dell’Anno sacerdotale e delle ricorrenze legate a san Giovanni Maria Vianney. Particolarmente rilevante è stato il dialogo del Papa con i sacerdoti, durante la grande veglia di chiusura dell’Anno sacerdotale, quando, interrogato sul significato del celibato e sulle fatiche, che si incontrano per viverlo nella cultura contemporanea, egli ha risposto, partendo dalla centralità della celebrazione eucaristica quotidiana nella vita del sacerdote, che, agendo in Persona Christi, parla nell'”Io” di Cristo, divenendo realizzazione della permanenza nel tempo dell’unicità del Suo sacerdozio, aggiungendo: “Questa unificazione del Suo “Io” con il nostro implica che siamo tirati anche nella Sua realtà di Risorto, andiamo avanti verso la vita piena della risurrezione (…)
In questo senso il celibato è una anticipazione. Trascendiamo questo tempo e andiamo avanti, e così tiriamo noi stessi e il nostro tempo verso il mondo della risurrezione, verso la novità di Cristo, verso la nuova e vera vita”.

È così sancita, dal magistero di Benedetto XVI, la relazione intima tra dimensione eucaristica-fontale e dimensione escatologica anticipata e realizzata del celibato sacerdotale. Superando d’un sol colpo ogni riduzione funzionalistica del ministero, il Papa lo ricolloca nella sua ampia e alta cornice teologica, lo illumina ponendone in evidenza la costitutiva relazione, dunque, con la Chiesa e ne valorizza potentemente tutta la forza missionaria derivante proprio da quel “di più” verso il Regno che il celibato realizza. In quella medesima circostanza, con profetica audacia, Benedetto XVI ha affermato: “Per il mondo agnostico, il mondo in cui Dio non c’entra, il celibato è un grande scandalo, perché mostra proprio che Dio è considerato e vissuto come realtà. Con la vita escatologica del celibato, il mondo futuro di Dio entra nelle realtà del nostro tempo”.

Come potrebbe la Chiesa vivere senza lo scandalo del celibato? Senza uomini disposti ad affermare nel presente, anche e soprattutto attraverso la propria carne, la realtà di Dio? Tali affermazioni hanno avuto compimento e, in certo modo, coronamento nella straordinaria omelia pronunciata a chiusura dell’Anno sacerdotale nella quale il Papa ha pregato perché, come Chiesa, siamo liberati dagli scandali minori, perché appaia il vero scandalo della storia, che è Cristo Signore.

(L’Osservatore Romano – 14-15 febbraio 2011)

4 commenti:

  1. Papa Benedetto, ben consapevole di quanto si stava tramando nell'ombra contro la tradizione, ha più volte riaffermato l'esigenza del celibato sacerdotale. Durante una visita a Milano nel giugno 2012 disse ai sacerdoti e seminaristi: " Segno luminoso di questa carità pastorale e di un cuore indiviso sono il celibato sacerdotale e la verginità consacrata....L'amore per Gesù vale per tutti i cristiani ma acquista un significato singolare per il sacerdote celibe ". Ora con il subdolo pretesto di cosiddette esigenze pastorali che tanto danno hanno portato alla Chiesa dal CVII in poi, si tenta di abolire il celibato sacerdotale, dimenticando che la Chiesa, devastata dalla corruzione, all'inizio del II° millennio si risollevò facendolo osservare per opera del movimento riformatore guidato da Gregorio VII.

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    1. Anglicanorum coetibus (in italiano Gruppi anglicani) è una costituzione apostolica di papa Benedetto XVI del 4 novembre 2009.

      Tra le principali novità introdotte dalla costituzione apostolica, vi è inoltre la facoltà per i seminari degli ordinariati di «presentare al Santo Padre la richiesta di ammissione di uomini sposati all'ordinazione presbiterale» (ovvero la possibilità, in particolar casi e con l'approvazione del papa, di ordinare al sacerdozio uomini sposati, come deroga al celibato ecclesiastico) e la creazione di una tradizione liturgica anglicana in senso alla Chiesa Cattolica.[2][3]

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    2. La costituzione di papa Benedetto prevede l'ordinazione, ad esaurimento, per i soli preti sposati purché vivano in castità, mentre ribadisce l'obbligo del celibato per tutti i nuovi ordinati. Ben diverso il subdolo programma di Bergoglio che vuole abolire il celibato senza condizioni, partendo da 'casi particolari', manovra truffaldina di tutte le riforme post CVII.

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  2. Una specie di giuramento antimodernista questa professione di fede di un’ottimo cattolico, professore di matematica (scienza e fede: nessuna contraddizione) :

    CREDO
    Che Gesù Cristo è la Seconda Persona della Santissima Trinità, vero Uomo e vero Dio, in ogni istante della sua vita terrena, fin dal concepimento e anche nell’istante della Sua morte in croce !

    CREDO
    Che Maria Vergine è Santa fin dal suo concepimento e sia rimasta santa e Immacolata durante tutta la sua vita, che è stata assunta in cielo in anima e corpo, ed è madre di Dio e della Chiesa.

    CREDO
    Che Satana non è un simbolo, un’astrazione ma un essere spirituale, trascendente, pervertito e pervertitore, padre della menzogna e omicida fin dal principio.

    CREDO
    Che Dio non vuole la pluralità delle religioni ma che ogni uomo giunga alla conoscenza della Verità rivelata nell’unico Nome nel quale è stabilito che possiamo essere salvati : Gesù Cristo.

    CREDO
    Che Gesù è presente realmente nella Santissima Eucarestia in Corpo, Anima, Sangue e Divinità e che sia doveroso piegare le ginocchia solo dinanzi a Lui e Mai dinanzi a qualsiasi altra figura, simbolo o idolo.

    CREDO
    Che il peccato offende Dio e per ricevere il perdono e la Sua Misericordia è necessaria la confessione sacramentale, il pentimento sincero e il proposito di non peccare più.
    MIO DIO IO CREDO; ADORO; SPERO E TI AMO. TI CHIEDO PERDONO PER QUELLI CHE NON CREDONO NON ADORANO NON SPERANO E NON TI AMANO.
    https://gloria.tv/post/7EVsZ2JuKQQYCjmoeWzGJhUg9 .

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