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venerdì 13 settembre 2019

Onu, l’impegno pro vita (senza precedenti) di Trump


Qualche buona notizia dalla politica nel mondo.
Ma a S. Marta parlano di Greta e dello scioglimento dei ghiacciai in Islanda (QUI e QUI)
Luigi

La Nuova Bussola Quotidiana, Ermes Dovico, 27-08-2019

Con una lettera firmata da Pompeo e Azar, gli Stati Uniti esortano gli altri Paesi membri dell’Onu a unire gli sforzi «per proteggere i nascituri e difendere la famiglia come cellula fondamentale della società». Un passo storico, in contrasto con il grosso dell’Ue, e che conferma gli sforzi pro life dell’amministrazione Trump. Sforzi purtroppo non colti dal Vaticano.
«Noi chiediamo rispettosamente che il vostro governo si unisca agli Stati Uniti nel garantire che ogni Stato sovrano abbia la capacità di determinare il modo migliore per proteggere i nascituri e difendere la famiglia come cellula fondamentale della società…». Constatare che in questa epoca di attacco pressoché globale alla vita umana e alla famiglia l’amministrazione del più influente Paese del mondo decida di prendere una posizione così chiara, scrivendo una lettera ufficiale ai rappresentanti degli altri Stati membri dell’Onu, è un fatto che rincuora.

La lettera porta la firma del segretario di Stato, Mike Pompeo, e del segretario della Salute, Alex Azar, dunque due pezzi da novanta (particolarmente il primo) dell’amministrazione Trump. E i suoi contenuti, come si può intuire dal passaggio sopra riportato, sono ben lungi dall’essere espressi in politichese e vanno dritti al punto. Non per nulla Stefano Gennarini del Center for Family (C-Fam), istituto specializzato in questioni riguardanti le Nazioni Unite, commenta: «Uno sforzo pro vita di così alto livello da parte di un’amministrazione statunitense è senza precedenti».

La missiva denuncia «gli sforzi aggressivi» fatti da alcuni Paesi per reinterpretare documenti approvati in sede Onu e creare così «un nuovo diritto internazionale all’aborto e promuovere politiche internazionali che indeboliscono la famiglia». Prove di questi tentativi, sottolinea ancora la lettera, si possono vedere nella spinta in campo multilaterale verso l’uso di espressioni come «educazione sessuale onnicomprensiva» e «diritti di salute sessuale e riproduttiva», espressioni sempre ricoperte da un carico di ambiguità e adoperate per «sminuire il ruolo dei genitori nelle più sensibili e personali questioni di ambito familiare» e «per significare la promozione dell’aborto, anche pressando i Paesi ad abbandonare i principi religiosi e le norme culturali presenti nelle leggi che proteggono la vita nascente».

Pompeo e Azar chiamano questi tentativi «inquietanti», spiegando che «essi tolgono il focus dalle reali questioni di salute e comportano dibattiti su politiche che dovrebbero essere trattate a livello nazionale, sub-nazionale o di comunità». La lettera, inviata già a luglio, si conclude con l’invito esplicito agli altri Paesi a partecipare alla scrittura di una dichiarazione congiunta che in sostanza rappresenti i valori comuni in difesa di vita e famiglia, in vista di un summit sulla salute che vedrà impegnata l’Assemblea Generale a settembre.

Come prima riflessione si può notare che la lettera firmata dai due esponenti del governo statunitense non rappresenta certo un fatto isolato nella politica messa in atto in meno di tre anni di amministrazione Trump, che pur nel mezzo ai nuovi eccessi del Partito Democratico a stelle e strisce (vedi le leggi sull’aborto fino alla nascita) ha dato nuova linfa, e speranza, al fronte pro life.

Basti ricordare che Trump ha reintrodotto ed esteso la Mexico City Policy di reaganiana memoria, per vietare il finanziamento dei gruppi che praticano e promuovono l’aborto all’estero come metodo di pianificazione familiare; è stato il primo presidente a intervenire (con un messaggio via video) all’annuale Marcia per la Vita di Washington; ha più volte tenuto discorsi di appassionata difesa del nascituro dicendo tra l’altro che «ogni bambino è un dono sacro di Dio»; ha riformatoi criteri per l’accesso ai fondi del Titolo X, di fatto tagliando una discreta fetta di finanziamenti pubblici alla Planned Parenthood (una sessantina di milioni di dollari su circa 500 totali, ricevuti attraverso altri canali pubblici), la multinazionale abortista che si è rifiutata di adeguarsi alle nuove norme. Sebbene alcune sue idee personali sul tema aborto rimangano da rigettare (vedi le eccezioni che ammette in caso di pericolo per la vita della madre, stupro e incesto), è indubbio che Trump si sia dimostrato fin qui un grande alleato del movimento pro life.

E adesso, appunto, arriva questa lettera del suo governo in ambito Onu, senza precedenti. Anzi, un precedente significativo c’è, ma di segno opposto. Correva l’anno 1994, alla Casa Bianca c’era il democratico Bill Clinton e, a livello globale, fervevano i preparativi per la Conferenza internazionale dell’Onu su Popolazione e Sviluppo, poi tenutasi al Cairo (5-14 settembre ’94). La posta in gioco era altissima: il fronte antinatalista spingeva per far passare l’aborto nel documento finale come metodo di pianificazione familiare e il presidente Clinton aveva preparato il terreno scrivendo una lettera a tutti gli altri capi di governo e indicando il controllo delle nascite come una priorità della politica estera statunitense. Solo la strenua opposizione di san Giovanni Paolo II, che scrisse a sua volta ai vari governanti e riuscì a riunire attorno alla Santa Sede la gran parte dei Paesi del Sud del mondo, evitò il peggio, sventando i piani più radicali del campo pro-morte (clicca qui).

Anche allora, come oggi, l’Unione Europea era schierata in maggioranza contro il diritto alla vita dei nascituri. Quel che cambia in modo rilevante è ora, appunto, la posizione degli Stati Uniti. Ma purtroppo, spiace dirlo, manca al momento un’adeguata e incisiva “sponda” con la Santa Sede che, grazie all’autorità morale di quest’ultima, avrebbe reso molto più efficace un’azione del genere in sede Onu a difesa della vita fin dal concepimento. Nel corso dell’attuale pontificato è mutato l’ordine delle priorità, facendo passare in secondo piano la difesa dei principi non negoziabili, sacrificati a favore di questioni sociali e sposando acriticamente politiche globaliste, prima tra tutte l’(ideologica) agenda ecologista. Che ha alla sua origine una concezione negativa dell’uomo e un pensiero fondamentalmente ateo. Speriamo che vi sia un ravvedimento.