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domenica 24 giugno 2018

Mons. Fellay: “Crisi della Chiesa? Il rimedio è la Tradizione” Così al convegno a Roma



Mons. Bernard Fellay ha fatto giungere un suo messaggio al Convegno in corso a Roma su “Vecchi e nuovi modernismi. Le radici della crisi nella Chiesa”. Lo ha letto il prof. Roberto De Mattei. È un testo estremamente interessante; anche alla luce della situazione attuale della Chiesa, in particolare in Europa e nel mondo occidentale, con un calo costante delle vocazioni, e un abbandono altrettanto costante della pratica religiosa. Fenomeni che non risparmiano neanche continenti come l’America Latina, una volta considerati luoghi di una speranza futura, e adesso profondamente feriti dall’abbandono (pensiamo al Brasile) di milioni di fedeli, e dall’avanzata del secolarismo. Di fronte a tutto questo, il messaggio di mons. Fellay è tanto chiaro, quanto certamente fastidioso i vertici attuali della Chiesa. Perché si chiede se non sia opportuno, per cercare di invertire la rotta, risalire a quanto è stato, e si vuole sempre di più abbandonare: cioè la ricchezza della tradizione della Chiesa. Ecco il messaggio, nella sua integralità. (Tosatti, Stilum Curiae 23.6.18, http://www.marcotosatti.com/2018/06/23/mons-fellay-e-la-crisi-nella-chiesa-perche-non-tornare-alla-tradizione/)

La crisi nella Chiesa: quali radici, quali rimedi?
Messaggio di Mons. Bernard Fellay, Superiore Generale della Fraternità San Pio X, alla giornata di studi sulle «radici della crisi nella Chiesa», Roma, 23 giugno 2018.
Questa giornata di studi è molto utile, perché è assolutamente necessario oggi risalire alle radici della crisi nella Chiesa. Lo scorso settembre, al momento della pubblicazione della Correctio filialis, che ho firmato, mi auguravo che «il dibattito su queste questioni fondamentali si amplifichi, perché la verità sia ristabilita e l’errore condannato» (FSSPX.News 26/09/2017), e in questo senso aderisco pienamente all’obiettivo che vi siete prefissati: «il rifiuto di questi errori e il ritorno, con l’aiuto di Dio, alla Verità cattolica completa e vissuta, è la condizione necessaria della rinascita nella Chiesa» (presentazione del Congresso del 23 giugno 2018).


Corrispondenza tra il Card. Ottaviani e Mons. Lefebvre
La vostra iniziativa si iscrive nel solco di uno scambio di corrispondenza poco conosciuto tra il Cardinal Ottaviani e Mons. Lefebvre, che può fornirci un lume prezioso. Questo scambio ebbe luogo meno di un anno dopo il Concilio, nel 1966.
In effetti il 24 luglio 1966, il Card. Alfredo Ottaviani, allora Pro-Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, faceva giungere ai Vescovi una lettera che elencava i dieci errori che si erano manifestati dopo il Concilio Vaticano II. Vi si possono leggere le affermazioni seguenti, che dopo cinquant’anni mantengono tutta la loro attualità:
«Alcuni quasi non riconoscono una verità oggettiva assoluta, stabile ed immutabile, e tutto sottopongono ad un certo relativismo, col pretesto che ogni verità segue necessariamente il ritmo evolutivo della coscienza e della storia». (n. 4)
«Né minori sono gli errori che si vanno propagando nel campo della teologia morale. Non pochi, infatti, osano rigettare il criterio oggettivo di moralità; altri non ammettono la legge naturale, affermando invece la legittimità della cosiddetta etica della situazione. Opinioni deleterie vanno propagandosi circa la moralità e la responsabilità in materia sessuale e matrimoniale». (n. 9)
La contestazione della «verità oggettiva assoluta» e della «regola oggettiva della moralità», la promozione di un «relativismo» la legittimazione della «morale di situazione», tali sono le radici della crisi nella Chiesa.
Il 20 dicembre 1966 Mons. Marcel Lefebvre, all’epoca Superiore Generale dei Padri dello Spirito Santo, rispose al Card. Ottaviani con una lista di dubbi. Questi dubianon erano i suoi propri, ma quelli che vedeva introdursi nell’insegnamento ufficiale, in seguito al Concilio:
–     «Sulla trasmissione della giurisdizione dei vescovi,
  • le due fonti della Rivelazione,
  • l’ispirazione della Scrittura,
  • la necessità della grazia per la giustificazione,
  • la necessità del battesimo cattolico,
  • la vita della grazia tra gli eretici, gli scismatici e i pagani,
  • i fini del matrimonio,
  • la libertà religiosa,
  • i fini ultimi, ecc.
su tutti questi punti fondamentali la dottrina tradizionale era chiara ed era unanimemente insegnata nelle università cattoliche. Da ora in poi, numerosi testi del Concilio su queste verità, permetteranno di dubitare di esse».
Riguardo a questa chiarezza della dottrina tradizionale resa torbida a partire dal Concilio, la confessione – ventiquattro anni dopo – del Padre Henrici S.J., nel suo articolo «La maturation di Concile» (in Communion°92, nov.-dic. 1990, p. 85 e ss.), conferma il fondamento dell’inquietudine di Mons. Lefebvre. Il teologo svizzero non esita a vedere nel Concilio «l’affrontarsi di due tradizioni differenti della dottrina teologica, che non potevano, in fondo comprendersi a vicenda!».

Conseguenze pratiche dei dubbi e degli errori
Ma Mons. Lefebvre non si accontentava di enumerare e di denunciare i dubbi recentemente apparsi, ma aggiungeva subito al Cardinal Ottaviani: «Le conseguenze di tutto questo sono state rapidamente elaborate e applicate nella vita della Chiesa». Seguono allora, sotto la penna di Mons. Lefebvre, le conseguenze pratiche, pastorali, di questi dubbi:
  • I dubbi sulla necessità della Chiesa e dei sacramenti, hanno portato alla scomparsa delle vocazioni sacerdotali;
  • I dubbi sulla necessità e la natura della “conversione” delle anime, hanno portato alla scomparsa delle vocazioni religiose, alla distruzione della spiritualità tradizionale nei noviziati e all’inutilità delle missioni;
  • I dubbi sulla legittimità dell’autorità e sulla necessità dell’obbedienza, hanno causato l’esaltazione della dignità umana, l’autonomia della coscienza e della libertà, che stanno sconvolgendo tutti gli ambiti fondati sulla Chiesa -congregazioni religiose, diocesi, società secolare, famiglia (…)
  • I dubbi sulla necessità della grazia per essere salvati, fanno sì che il battesimo scada alla più bassa considerazione, così che in futuro esso sarà rimandato a più tardi, occasionando la negligenza del Sacramento della Penitenza (…)
  • I dubbi sulla necessità della Chiesa come unica fonte di salvezza, sulla Chiesa cattolica come l’unica vera religione, che derivano dalle dichiarazioni sull’ecumenismo e sulla libertà religiosa, stanno distruggendo l’autorità del Magistero della Chiesa. Infatti, Roma non è più l’unica e necessaria “Magistra Veritatis”. [https://fsspx.news/fr/scambio-di-corrispondenza-tra-il-cardinal-ottaviani-e-monsignor-lefebvre-1966-38676]

Proposta di rimedi concreti
Di fronte a questi mali, Mons. Lefebvre propone rispettosamente al Sommo Pontefice dei rimedi concreti: «Il Santo Padre (…) proclami la verità con dei documenti dall’importanza straordinaria, scartando l’errore senza il timore di contraddizioni, senza il timore di scismi, senza il timore di mettere in discussione le disposizioni pastorali del Concilio».
Domanda al Papa di sostenere efficacemente i Vescovi fedeli: «Che il Santo Padre si degni:
–     di incoraggiare i vescovi a correggere la fede e la morale, ciascuno nella rispettiva diocesi come si conviene ad ogni buon pastore;
  • di sostenere i vescovi coraggiosi, esortandoli a riformare i loro seminari e a ripristinare lo studio di San Tommaso;
  • di incoraggiare i Superiori Generali a mantenere nei noviziati e nelle comunità i principi fondamentali dell’ascetismo cristiano e, soprattutto, l’obbedienza;
  • di incoraggiare lo sviluppo delle scuole cattoliche, di una stampa informata dalla sana dottrina, di associazioni di famiglie cristiane;
–     infine di redarguire gli istigatori di errori e ridurli al silenzio».
Al suo umile livello, nella Fraternità San Pio X, che fondò nel 1970, Mons. Lefebvre si è sforzato di mettere in atto questi rimedi: insegnamento tomista nei seminari, ascesi cristiana e obbedienza inculcata ai seminaristi; e intorno ai priorati scuole cattoliche, stampa cattolica, associazioni di famiglie cristiane.
Questa applicazione pratica era essenziale per il Fondatore della Fraternità: fare quello che era possibile al suo livello, con le grazie del suo stato, ma non dimenticando mai – come scrive al Cardinal Ottaviani –  che «è il Successore di Pietro, e solo lui, che può salvare la Chiesa».

Dall’esclusivo all’inclusivo… e ritorno
Conviene aggiungere qui che, agli occhi di Mons. Lefebvre, questa applicazione pratica è un rimedio efficace al relativismo. Vuole rispondere sul piano dottrinale ma anche su quello pastorale, perché ha coscienza della dimensione ideologicadelle novità postconciliari. Ora non si può rispondere in maniera puramente speculativa a un’ideologia, perché questa vedrà altrimenti davanti a sé solo un’ideologia contraria e non il contrario di un’ideologia. Tale è il modo di ragionare di questo relativismo soggettivista che diluisce «la verità oggettiva e assoluta» e «la regola oggettiva della moralità».
Infatti i «dubbi» denunciati sopra hanno per conseguenza la messa in discussione dell’essenziale, cioè della missione salvifica della Chiesa, con la promozione di quel «cristianesimo secondario» analizzato così bene da Romano Amerio. Questo perdere di vista l’essenziale annebbia l’insegnamento dottrinale e morale che fino ad allora era chiaro. Quando la missione salvifica della Chiesa non è più centrale, né prioritaria, niente più è gerarchico, né strutturato armoniosamente, e si ha tendenza a giustificare le contraddizioni, le incoerenze – che sono molto peggio dei «dubbi»!
Da qui, si fa in modo che ciò nella bocca di Nostro Signore era esclusivo: o uno o l’altro(«Nessuno può servire due padroni: o infatti odierà l’uno e amerà l’altro, o si affezionerà all’uno e disprezzerà l’altro» Mt 6, 24), divenga conciliabile o inclusivo, come si dice oggi. Si sostituirà o l’uno o l’altrocon la formula e l’uno e l’altro«che combina il cielo e la terra in un composto di cui la parte predominante che dà al composto il suo carattere è il mondo» (Romano Amerio, Iota unum, Studio delle variazioni della Chiesa cattolica nel secolo XX, edizioni Riccardo Ricciardi 1985, pag. 427). – Questo in nome di una misericordia pastorale che ingloba immigrazione, diritti dell’uomo ed ecologia…
Ecco perché Mons. Lefebvre ha insistito tanto affinché fosse lasciata alla Fraternità San Pio X un’intera libertà per «fare l’esperienza della Tradizione». Di fronte all’ideologia relativista e alle sue conseguenze che rendono sterile la Chiesa (vocazioni in declino, pratica religiosa in discesa costante…) sapeva che era necessario contrapporre in modo sperimentalei frutti della Tradizione bimillenaria. Si augurava che questo ritorno alla Tradizione permettesse un giorno alla Chiesa di riappropriarsi della medesima. Risalire alle radici della crisi è, al tempo stesso, risalire alla Tradizione: dagli effetti alle cause, dai frutti all’albero, come ci dice Nostro Signore. E in tal caso le ideologie non resistono, perché i fatti e le cifre non sono “tradizionalisti”, e ancor meno “lefebvriani”, ma sono buoni o cattivi, come l’albero che li produce.
Possa la Chiesa, a partire da questa esperienza modesta ma inconfutabile, riappropriarsi della sua Tradizione: tale era lo scopo di Mons. Lefebvre e della sua opera. E noi possiamo solo far nostra la conclusione della lettera al Cardinal Ottaviani: «Senza dubbio è temerario che io mi esprima in questo modo! Ma è con amore ardente che redigo queste righe, l’amore per la gloria di Dio, l’amore per Gesù, l’amore per Maria, per la Chiesa, per il Successore di Pietro, Vescovo di Roma, Vicario di Gesù Cristo».

38 commenti:

  1. E' sicuro che la Chiesa è stata fortemente danneggiata dal rifiuto della tradizione e con la svolta antropologica del CVII che ha stravolto il corretto rapporto tra Creatore e creatura. Ma della tradizione non bisogna farne un mito ideologico e quindi non confonderla con la transeunte opera dell'uomo, altrimenti la si danneggia come spesso avviene con grande soddisfazione dei novatori.

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  2. La FSSPX esamini anche se stessa e i suoi errori ( per definizione evento statistico) e si chieda se non abbia mancato di fronte alla Chiesa per non aver accettato l' autorizzazione di papa Benedetto a criticare ( intelligenti pauca !) il CVII che avrebbe aperto un vasto e non sotterraneo movimento di revisione con un largo seguito perché rovesciava l'ordine di non criticarlo d'ufficio. Invece tutto è rimasto come prima e servono a poco reiterati e scontati messaggi.

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    1. L'Istituto del Buon Pastore (IBP) fu fondato da Benedetto XVI dai fuoriusciti della FSSPX che non accettò l'accordo dottrinale dell'epoca.
      Nel suo statuto (dopo aver accettato il CVII) si legge che hanno la facoltà di "criticare su basi positive e costruttive il CVII per migliorarlo e apportare alla Chiesa"?

      Dopo essere stati commissariati e processati varie volte e ridotti al silenzio che fine hanno fatto?
      Si leggono articoli entusiastici sull'Amoris Laetitia da parte dei loro sacerdoti che poi trovi su facebook a criticare Bergoglio!

      http://www.unavox.it/ArtDiversi/DIV1486_Don-de-Tanouarn_AL_Un_manuale_di_misericordia.html

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  3. Monsignor Lefebvre: un Grande nel pieno significato della parola.

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  4. Sono d'accordo con quanto scritto dall'anonimo del 25 giugno 10:25,tendete a fare della tradizione una sorta di divinità.Non si capisce bene cosa intendiate per tradizione?Cosa è la tradizione?Il Concilio di Trento?La Messa di Pio V?Ma a dire il vero,sia l'uno che l'altro,sono moderni non antichi.Cosa significa allora tradizione?La Chiesa è in continua evoluzione,non è qualcosa di fermo,statico.Cosa ha di grande Mons.Lefebrve?Me lo spiegate?

    Cesare

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    1. Caro Cesare, la paroletta "evoluzione" la dice lunga sulla sua mentalità progressista e molto probabilmente cattocomunista, quindi spiegarle cos'è la Tradizione sarebbe tempo perso.

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    2. Basta studiare! La Tradizione è quello che hanno trasmesso gli Apostoli e che la Chiesa, Corpo Mistico di Cristo ha ampliato nei secoli senza mai contraddirsi.
      Il CVII ha introdotto nuove discipline e nuove eresie che contraddicono quello che è stato detto nel Passato e persino condannato infallibilmente (libertà religiosa, collegialità, ecumenismo). Senza dimenticare nel Messale di San Pio V è scritto che chi si sarebbe permesseo di modificarlo o abrogarlo sarebbe incorso nella scomunica e nell'Anatema dei Santi Pietro e Paolo!

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    3. Moms. Lefebvre ha di grande di essersi opposto al rinnegamento da parte del CVII di una millenaria tradizione dottrinale, liturgica e quindi morale ( oggi ne vediamo i misericordiosi risultati ), ma ha commesso l'errore di isolarsi dalla Chiesa arrivando a consacrare vescovi ( contro la tradizione che vuole sia opera dei papi!). La Messa di S, Pio V non è certo 'moderna' ma è quella già dei primi secoli ( legga i Sacramentari antichi), con qualche unificatore aggiustamento non sostanziale, perciò non è certo rifiuto della tradizione, come la intendevano Bugnini e Paolo VI per giustificarsi.

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    4. Non confondiamo la mitizzazione ( e deformazione ) strumentale di una tradizione con la riaffermazione di un'autentica verità dottrinale e liturgica !

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    5. Monsignor Lefebvre si sarebbe "isolato dalla chiesa"? Prima di certe affermazioni, bisognerebbe sapere cos'è la Chiesa.

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    6. Se non avesse consacrato i 4 vescovi la Fraternità sarebbe stata chiusa da un pezzo e la FSSP non sarebbe mai nata con relativa scomparsa della Messa di San Pio v e della Tradizione, visto che aveva un tumore e doveva affrettarsi a lasciare un successore, con il Vaticano che prendeva tempo rimandando mesi e mesi per toglierselo dalle scatole!

      SE NON SAPETE I FATTI ALMENO FATE MIGLIOR FIGURA A TACERE!!

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  5. Ma in quale modo si studierebbe la tradizione?La tradizione è forse più grande della Chiesa stessa?Mi sembra che parliate di una sorta di mito,senza nemmeno avere le idee ben chiare.Cosa avrebbero trasmesso gli apostoli che non è stato riconosciuto o semmai rinnegato dal Vaticano II?Quanto lei cita della bolla Quo primum non significa certo che la liturgia dovesse rimanere immutabile per sempre,ma è comprensibile nel contesto di quell'epoca nella quale imperversava la riforma protestante.In quella fase storica era necessario impedire che nella Messa si introducessero elementi protestanti,ma non è pensabile che Pio V pensasse che il Messale rimanesse immutabile.Del resto anche lui ha apporttato delle modifiche seppure minime.In ogni caso come era Papa Pio V era Papa anche Paolo VI,pertanto aveva tutta l'autorità di riformare la liturgia.

    Cesare

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    1. La Chiesa è veramente tale perché fondata su una tradizione di santità e non su transitorie mode, che, more solito, si tenta di giustificare con forzature e non definitive ricostruzioni storiche. La liturgia dei primi secoli è oggetto di studi abbastanza controversi e quindi hanno il valore solo di ipotesi di lavoro. Lo hanno sempre detto gli storici seri, veri ricercatori e non ideologi.

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  6. Caro anonimo delle 9,59 a dire il vero,forse non lo sai,ma Mons.Lefebrve,partecipò ai lavori del Concilio Vaticano II,firmò anche,favorevolmente nelle commisioni conciliari a cui prese parte.Se firmò significa che le condivideva altrimenti non si spiega.Poteva esprimere il proprio dissenso durante i lavori del Vaticano II,ma non risulta lo abbi fatto.Secondo te perchè?Su questa supposta tradizione che il Vaticano II,ti prego di leggere quanto detto da Papa Paolo VI nel Concistoro segreto del 1974.Spetta al Papa fare discernimento sulla tradizione e sulle tradizioni.La Messa di Pio V è moderna se hai la bontà di leggere la bolla Quo Primum di Pio V,vi leggerai che i teologi incaricati di rivedere la liturgia,consultarono i manoscritti più antichi di cui erano in possesso in quella epoca,sedicesimo secolo,e riportando il Messale,cito testualmentente,allo splendore dei padri.Questo splendore dei padri corrisponde al sesto settimo secolo,cioè al sacramentario di S.Gregorio Magno.Il problema è che prima di S.Gregorio Magno ci sono stati ben sette secoli di storia della Chiesa e della liturgia.Una descrizione della Messa veramente antica,cioè quella dei primi due secoli della Chiesa,in una età molto vicina a quella degli apostoli,la trova nella prima apologia di S.Giustino Martire che è del secondo secolo.Provi a leggerla e si accorgerà che la descrizione risulta più vicina alla Messa di Paolo VI che a quella di Pio V.Noterà invece quanto diversa è la Messa Tridentina dalla Messa del secondo secolo.Pertanto sostenere che la Messa Tridentina sarebbe quella celebrata dagli Apostoli è pura fantasia.Si informi.Mons.Bugnini non ha affatto fatto quello che lei sostiene,ma hanno solo cercato di riportare la liturgia allo splendore apostolico,compito che non riuscì ai riformatori post Concilio di Trento.

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    1. Ma infatti Lefebvre contesto solamente il rito protestante del 1969 essendo favorevole anche al messale del 1965. Inutile che si arrampichi sugli specchi con San Giustino, la riforma di Bignonia era ed è ad oggi protestantizzante senza alcun dubbio ed è stata la prima causa dello sfacelo attuale con messe in spiaggia e tavolate in chiesa. Magari tornare alla messa di Giustino quella di molto simile alla vera messa che anche gli ortodossi continuano a celebrare.

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    2. "Riportare la liturgia allo splendore apostolico": visto lo squallore liturgico che impazza da sessantanni, ci vuole un bel coraggio per lasciarsi andare a certe affermazioni. Altro è lo splendore e altro è lo squallore.

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    3. Strano che il preteso " splendore apostolico " sia servito solo a svuotare le chiese, al crollo delle vocazioni e, in generale alla perdita della fede, mali che si diceva voler prevenire e combattere con la riforma. Ma non vi illudete; molti giovani sacerdoti vogliono celebrare secondo il VO, se non ne fossero impediti, ormai da decenni, con ogni sorta di misericordiose vessazioni e punizioni.

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  7. Ricominciamo a giustificare la riforma liturgica con pretesi e fasulli archeologismi. Quanto a Bugnini, sostenuto da Paolo VI, tentava di riportare " la liturgia allo splendore apostolico" ( !???!) organizzando Messe rock e yee yee nelle chiese di Roma. Le sconcezze cui assistiamo oggi sono figlie subdolamente desiderate della riforma e i Padri conciliari non sospettavano certo, quasi tutti in buona fede, dove " la esigua minoranza che ha vinto perché il papa era con noi" sarebbe arrivata. Prova ne sia che non vengono minimamente impedite, anzi benedette.

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  8. Ennesimo tentativo di giustificare con un ipotetico archeologismo, una riforma definita da uno dei componenti La Commissione 'Ad exequandam', "rapida e radicale" ( chiaro ?). La storia, ben poco edificante, della riforma compiuta con subdoli espedienti quali l'allontanamento di tanti liturgisti e soprattutto dei teologi, in grande maggioranza contrari. Il libro di N. Giampiero edito dall'Ateneo S. Anselmo, noto covo di novatori, quindi insospettabili, ( !!!) e quello del p. Papinutti ( solo per citare due pubblicazioni tra le tante ), la illustrano in modo chiaro. A proposito di storia della liturgia un benedettino, su Studia Anselmiana ha scritto: " La storia della liturgia, all'epoca del CVII e prima è stata condotta più per giustificare i cambiamenti ( su basi storiche!)che per ricerca oggettiva". Altro che splendore !

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  9. Non giustifichiamo proprio nulla!E' storia,basta leggere la prima Apologia di San Giustino Martire, per rendersi conto di come la Messa,lungo i secoli fino al Concilio di Trento,era cambiata e di molto e come la riforma post Vaticano II abbia riscoperto e riportate in auge prassi antiche.Leggete:

    "La celebrazione dell’Eucaristia

    A nessun altro è lecito partecipare all’Eucaristia, se non a colui che crede essere vere le cose che insegniamo, e che sia stato purificato da quel lavacro istituito per la remissione dei peccati e la rigenerazione, e poi viva così come Cristo ha insegnato.Noi infatti crediamo che Gesù Cristo, nostro Salvatore, si è fatto uomo per l’intervento del Verbo di Dio. Si è fatto uomo di carne e sangue per la nostra salvezza. Così crediamo pure che quel cibo sul quale sono state rese grazie con le stesse parole pronunciate da lui, quel cibo che, trasformato, alimenta i nostri corpi e il nostro sangue, è la carne e il sangue di Gesù fatto uomo.Gli apostoli nelle memorie da loro lasciate e chiamate vangeli, ci hanno tramandato che Gesù ha comandato così: Preso il pane e rese grazie, egli disse: «Fate questo in memoria di me. Questo è il mio corpo». E allo stesso modo, preso il calice e rese grazie, disse: «Questo è il mio sangue» e lo diede solamente a loro.
    Da allora noi facciamo sempre memoria di questo fatto nelle nostre assemblee e chi di noi ha qualcosa, soccorre tutti quelli che sono nel bisogno, e stiamo sempre insieme. Per tutto ciò di cui ci nutriamo benediciamo il creatore dell’universo per mezzo del suo Figlio Gesù e dello Spirito Santo.E nel giorno, detto del Sole(DOMENICA ndr),si fa l’adunanza. Tutti coloro che abitano in città o in campagna convengono nello stesso luogo, e si leggono le memorie degli apostoli o gli scritti dei profeti per quanto il tempo lo permette(LITURGIA DELLA PAROLA tre o quattro letture non solo il Vangelo e una epistola ndr).Poi, quando il lettore ha finito, colui che presiede rivolge parole di ammonimento e di esortazione che incitano a imitare gesta così belle(OMELIA ndr).Quindi tutti insieme ci alziamo ed eleviamo preghiere(PREGHIERA DEI FEDELI SOPPRESSA NEL MESSALE DI PIO V ndr) e, finito di pregare, viene recato pane, vino e acqua. Allora colui che presiede formula la preghiera di lode e di ringraziamento(PREFAZIO ndr) con tutto il fervore e il popolo acclama: Amen! Infine a ciascuno dei presenti si distribuiscono e si partecipano gli elementi sui quali furono rese grazie(COMUNIONE SOTTO LE DUE SPECIE non solo il Corpo ma anche il Sangue ndr), mentre i medesimi sono mandati agli assenti per mano dei diaconi.Alla fine coloro che hanno in abbondanza e lo vogliono, danno a loro piacimento quanto credono(QUESTUA ndr). Ciò che viene raccolto, è deposto presso colui che presiede ed egli soccorre gli orfani e le vedove e coloro che per malattia o per altra ragione sono nel bisogno, quindi anche coloro che sono in carcere e i pellegrini che arrivano da fuori. In una parola, si prende cura di tutti i bisognosi.Ci raduniamo tutti insieme nel giorno del Sole, sia perché questo è il primo giorno in cui Dio, volgendo in fuga le tenebre e il caos, creò il mondo, sia perché Gesù Cristo nostro Salvatore risuscitò dai morti nel medesimo giorno. Lo crocifissero infatti nel giorno precedente quello di Saturno e l’indomani di quel medesimo giorno, cioè nel giorno del Sole, essendo apparso ai suoi apostoli e ai discepoli, insegnò quelle cose che vi abbiamo trasmesso perché le prendiate in seria considerazione".

    Dalla «Prima Apologia a favore dei cristiani» di san Giustino, martire
    (Cap. 66-67; PG 6, 427-431)

    Anzitutto notate la preghiera dei fedeli,soppressa nel Messale di Pio V,ma reintrodotta con la riforma post Vaticano II.La comunione sotto le due specie,soppressa lungo i secoli,più o meno verso l'anno mille, poi reintrodotta con il Messale di Papa Paolo VI.Già queste due differenze,la dicono lunga.

    Cesare

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  10. Vi propongo di seguoto uno stralcio ricavato da un resoconto storico di un Sacerdote teologo.Qui mi limito a riportare il modo nel quale si faceva la comunione.Ditemi se è lo stesso del Messale di Pio V?Questa descrizione tratta di come si celebrava la Messa nei primi cinque secoli.Comunione sotto le due specie,sul palmo delle mani.Nell'antichità si celebrava così.La Messa antica è questa,mentre nella modernità,si celebrava secondo il Messale di Pio V.La cosa è evidente,non capisco come si possa negarlo:

    "Il luogo e l’atteggiamento della Comunione

    Nella Chiesa di Roma, il celebrante (il vescovo) ed i sacerdoti si comunicavano allo stesso altare, gli altri chierici nel presbiterio, i fedeli fuori del presbitero, salvo i sovrani, che erano ammessi a comunicarsi, come anche a fare l’offerta, nello stesso presbitero. Ma nella Chiesa di Roma si seguiva pure un’altra usanza: i fedeli rimanevano al loro posto e il sacerdote e il diacono si recavano presso di loro per amministrare la comunione. Altrove, in Africa per esempio, si accostavano alla balaustra, che separava il presbitero dal resto della chiesa. In Francia si era meno riservati: i laici, uomini e donne, penetravano nel presbitero per comunicarsi.
    La comunione si riceveva IN PIEDI , come hanno continuato a fare i Greci, più fedeli, su questo punto, come in molti altri, all’antica disciplina. Questa posizione era considerata come quella del RISPETTO ED ANCHE DELLA GIOIA, posizione che si manteneva durante le preghiere alla domenica e nel tempo pasquale.Gli uomini ricevevano l’ostia NELLA PALMA DELLA MANO DESTRA,SOSTENUTA DALLA SINISTRA , POSTAVI SOTTO e se la recavano essi stessi alla bocca. Così pure facevano le donne, ma esse avevano la mano coperta d’un pannolino detto dominicale, che esse portavano con sé a questo scopo. Così si fece tanto in Oriente che in Occidente durante i primi sei o sette secoli.

    La comunione sotto le due specie

    Applicando alla lettera il precetto di Nostro Signore, che aveva detto di mangiare la sua carne e di bere il suo sangue, i fedeli dei primi secoli si comunicavano sotto le due specie...





    PER CORTESIA DITEMI SE QUESTA DESCRIZIONE E'UGUALE ALLA MESSA TRIDENTINA?A me non sembra proprio

    Cesare

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    Risposte
    1. Solita pappardella trovata non si sa dove su internet già abbondantemente condannata da Pio XII nella MEDIATOR DEI....non serve aggiungere altro contro chi tenta con questi escamotages di giustificare la desolazione attuale che imperversa nelle celebrazioni.

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    2. Come si può comparare la messa tridentina con quella novus ordo? La prima istintivamente avvicina a Dio, una persona avverte subito il senso del sacro. La seconda è confusionaria, abbassa anziché elevare. Come si può comparare il bello con il brutto? La Chiesa Cattolica è anche questo: è il "bello" nella sua accezione più stretta, si oppone alla bruttezza e a tutto ciò che tende al basso. L'unico dato positivo della messa novus ordo è che rappresenta fedelmente il degrado della società (purtroppo Chiesa compresa). Risulta utile soltanto in questo senso.

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    3. Strano che tu dica questo,perchè il Messale di Paolo VI,non Novus Ordo,perchè sul Messale c'è scritto solo Messale Romano punto,non Novus Ordo, è frutto di un enorme lavoro,da parte degli studiosi.Secondo le vostre tesi l’approvazione del "nuovo" Messale avrebbe spezzato la tradizione liturgica della Chiesa.Il Messale di Pio V sarebbe l' anello di continuità con la tradizione precedente,mentre il Messale di Paolo VI sarebbe qualcosa di "nuovo", quasi di rottura,una invenzione fatta a tavolino.Ma la reltà dei fatti è diversa,è accaduto il contrario.La riforma post Vaticano II,pur accogliendo le nuove acquisizioni teologico-ecclesiali e le nuove esigenze pastorali per la comprensione e la partecipazione dei fedeli,si è preoccupata di affondare le radici nella tradizione dei Padri e vi è riuscito in modo egregio, ben superiore alla riforma di Pio V la cui commissione di esperti non disponeva degli antichi testi dei Padri e non andò oltre l’VIII secolo,come dice la Bolla Qua Primum,anche perché si era in uno stato di emergenza dovuto alla riforma protestante.Non c'erano né gli strumenti,npè il tempo per fare una riforma approfondita del Messale.E' infatti la boll Qua Primum parla di aver riportato il Messale allo splendore dei padri,cioè all'alto medioevo.Il Messale di Pio V, pur non volendo, rappresentò una "cesura" perché adottò un "Messale plenario",quello delle celebrazioni del Papa,il segno della massima "clericalizzazione", confezionato ad uso del solo sacerdote e con esclusione della partecipazione del popolo (e degli stessi ministri salvo per la Messa cantata), rimasto al margine della celebrazione che per secoli ha dovuto alimentare la sua pietà ad altre sorgenti,tipo il rosario,le novene,fatte durante la celebrazione della Messa.Tra i due riti comunque c'è sostanziale somiglianza.Pio V abolì tutti i Messali che non datavano di 200 anni, Paolo VI ha dovuto proibire,giustamente, l’uso del Messale di Pio V, sia perché del tutto inadeguato alle nuove finalità pastorali, sia perché la struttura della celebrazione è confluita nel nuovo Messale.Il Messale di Pio V era ridotto ad un rigagnolo, ad un albero quasi arido, incapace di abbeverare e nutrire la fede e la pietà del popolo cristiano. Il gesto di Papa Paolo VI fu saggio, provvidenziale. Non poteva e non doveva ammettere l’uso del Messale di Pio V, senza tradire il Concilio e senza venir meno al suo compito di pastore della Chiesa.Mi dispiace dirlo ma pur stimando molto Papa Benedetto XVI,la sua decisione di liberalizzare il Messale di Pio V non fu felice.E i risultati sono evidentissimi.

      Cesare

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    4. Cesare il neocatecumenale....

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    5. Sì infatti oggi le chiese sono piene ed i seminari pure! Mamma mia come ha abbeverato la messa protestante di Paolo VI!!!

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    6. Fotocopia della fotocopia di oltre mezzo secolo fa. I bei risultati sono evidenti !??! E' contento del degrado della liturgia e delle chiese sempre più vuote! Ma bisogna mettere gli occhiali giusti e non colorati per vedere solo ciò che si ha in mente e non quello che ha deciso Bugnini e Paolo VI, il quale si fece il piantarello di coccodrillo per la pianeta di Pentecoste..

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    7. Il cosiddetto Messale di Pio V non rappresenta affatto una cesura poiché è lo stesso di molti secoli prima ! Ma che storici informati e oggettivi!

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  11. Hierro 1973 dice che sarebbe la solita pappardella condannata da Pio XII?Poteva il Papa condannare la storia?Cioè stai dicendo che quanto ha fatto la Chiesa per un millennio sarebbe sbagliato?La Chiesa è iniziata con il Concilio di Trento quindi?Prima del Concilio di Trento e del Messale di Pio V era tutto sbagliato?Non voglio credere che crediate questo.Papa Pio XII nelle Medator Dei condanna l'uso della Chiesa delle origini?Forse ho letto qualche altra cosa?

    Cesare

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    1. Legga "Archeologismo", "altare come Mensa, Tavolo"...il rito di San Pio V non è inventato, ma antichissimo e migliorato con i secoli di storia della Chiesa.

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  12. Non c'è nulla di sicuro, storicamente, per quanto riguarda i primi secoli. Niente. E ogni cosa viene contraddetta da (pseudo?) ritrovamenti successivi. In ogni caso mi fido di più degli archeologi atei che di quelli "religiosi", questi ultimi spesso non sono neutrali.

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  13. Leggere, senza coprire di insulti, come è accaduto per primo a papa Benedetto, non solo le stiracchiate e prolisse disquisizioni degli ' storici' bugniniani, ma come si è arrivati alla riforma liturgica, di cui esiste abbondanza di bibliografia e di testimonianze, che si cerca di ignorare, e dove si dimostra che imporre il NO è "costato un enorme lavoro" di subdole manovre ed eliminazione fisica dei contrari. Suor Maria Francesca delle Francescane dell'Immacolata, per questo perseguitate e accusate senza palesi prove, come il ramo maschile e tanti altri, ha scritto un saggio esemplare per il rigoroso esame delle fonti: "Le origini apostolico-patristiche della Messa 'cosiddetta' tridentina".

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  14. Mi dispiace contraddirvi,non è vero che non c'è nulla di dimostrato o sicuro storicamente.Ci sono prove storiche incontestabili.La prima e incontestabile prova è costituita dalla apologia di S.Giustino Martire,un documento incontestabile del secndo secolo,che ai tempi di Pio V non si conosceva.Che la Messa di Pio V sia una Messa della modernità, non della antichità,non è una affermazione mia ma è una affermazione storicamente provata.Per modernità intendiamo l'epoca prossima o successiva all'anno mille,quindi l'alto medioevo.Non potete negare l'evidenza storica e risolvere tutto con slogan.La realtà storica è quella che vi ho detto.Del resto è sufficiente leggere la bolla di Pio V Quo Primum Tempore per rendersene conto.Pio V scrive:"Per la qual cosa abbiamo giudicato di dover affidare questa difficile incombenza a uomini di eletta dottrina. E questi, infatti, dopo aver diligentemente collazionato tutti i codici raccomandabili per la loro castigatezza ed integrità - quelli vetusti della Nostra Biblioteca Vaticana e altri ricercati da ogni luogo - e avendo inoltre consultato gli scritti di antichi e provati autori, che ci hanno lasciato memorie sul sacro ordinamento dei medesimi riti, hanno infine restituito il Messale stesso nella sua antica forma secondo la norma e il RITO DEI SANTI PADRI".Se la commissione avesse riportato il Messale di Pio V alle origini del cristianesimo,come voi dite, allora o Pio V si sarebbe sbagliato,avrebbe dovuto scrivere che la commissione aveva riportato il Messale allo SPLENDORE APOSTOLICO.Ma non scrisse così.Chi sono questi SANTI PADRI a cui allude Pio V?Pio V alludeva certamente al sacramentario di San Gregorio Magno che risale all'ottavo secolo,quindi quasi all'anno mille.Pertanto il Messale di Pio V non è affatto lo stesso che si usava nell'età apostolica.Già tra il Sacramentario di San Gregorio Magno e la descrizione fatta da San Giustino Martire,ci sono già notevoli differenze e ci sono quattro cinque secoli di distanza.La liturgia è cambiata radicalmente con Gregorio Magno.La commissione incaricata da Pio V non riuscì,per mancanza di tempo e di conoscenza,a risalire alle fonti più antiche,alla sorgente che era l'Eucarestia dei primi secoli della Chiesa, la quale,come ho detto, è raccontata dalla prima Apologia di S.Giustino Martire. Pertanto il Messale di Pio V non è la Messa di sempre,nè la Messa che viene direttamente dall'età apostolica,queste sono tutte fandonie e infatti quando sostenete queste cose non portate la minima prova,sono tutte affermazioni propagandistiche,le quali non hanno alcuna prova storica.La Messa di Pio V è la rielaborazione,del Sacramentario di Gregorio Magno,il quale fu il vero creatore della Messa moderna,la liturgia cambiò veramente,rispetto all'età apostolica e ai primi secoli,grazie a San Gregorio Magno.Poi anche gli inginocchiatoi,sono una creazione post concilio di Trento,nell'antichità non esistevano dato che non ci si inginocchiava affatto,dato che era proibito dal Canone 20 del Concilio di Nicea.Quindi inutile arrampicarsi sugli specchi,la Messa di Pio quinto è moderna,perchè il Messale di Pio V è stato formulato attingendo a fonti moderne dell'alto medioevo.La Messa di Paolo VI invece è più simile quella antica dato che chi l'ha prodotto ha studiato le fonti più antiche risalenti all'età apostolica.Non cercate di giustificarvi con argomenti fasulli.

    Cesare

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  15. Anche le parole di Pio V sono strumetalizzate,Pio V è stato il promotore della riforma liturgica. Sotto il suo Pontificato si riformarono i riti della settimana santa,riportandoli all'origine.I documenti della Chiesa vanno letti con intelligenza,non con faziosità.Dove è questa trattazione che dimostrerebbe che il Rito di Pio V risalirebbe all'età apostolica?Per cortesia citate le fonti.

    Cesare

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    1. Guarda che se torni veramente "all'origine" non credi neanche all'immortalità dell'anima (i primi cristiani credevano alla resurrezione del corpo). I primi cristiani del resto non avevano neanche il concetto di Dio, gli stessi concetti di onnipotenza e di eternità non erano stati ancora elaborati.

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  16. Eddai con l'archeologismo liturgico! Come la mettiamo allora con la celebrazione Ortodossa? E' forse quella ripresa da Paolo VI? No perché le celebrazioni apostoliche alle origini non facevano differenze tra rito cattolico romano e rito ortodosso orientale. Su questo non risponde? anche i cattolici orientali celebravano secondo "Giustino"? Ma ci faccia il piacere!!! E' mai stato ad una celebrazione ortodossa???

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  17. Perdon volevo dire Pio XII non Pio V ho sbagliaro e mi scuso.

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