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giovedì 12 aprile 2018

Sul convegno del 7 aprile e sull'inevitabile fuoco amico

Il nostro Enrico Roccagiachini ha pubblicato qualche giorno fa su Campari & de Maistre alcune riflessioni sul convegno dello scorso 7 aprile - convegno di cui Messa in Latino Vi ha dato ampio conto. Ve le proponiamo qui di seguito.




Come sapete, si è svolto sabato a Roma l’atteso Convegno “Chiesa Cattolica dove vai?”, nel corso del quale è stata diffusa una Declaratio che in molti riteniamo di grande importanza. Mentre scrivo, non sono passate nemmeno ventiquattr’ore dall’evento, non sono state ancora pubblicate per esteso tutte le relazioni, non è possibile formulare alcuna approfondita riflessione sui temi trattati e sulle idee sviluppate: ma, puntuale come un orologio svizzero, si è già scatenata nel salotto della rete la consueta dose di fuoco amico.

Come sempre, è stato scritto di tutto. I più si sono detti delusi rispetto alle attese; qualcuno, più sofisticato, ha avanzato obiezioni di merito (ma costoro erano presenti? Hanno letto il testo integrale di quanto è stato detto?). I punti cruciali, comunque, i bersagli principali del fuoco amico, mi paiono due: il popolo non può correggere i pastori (dunque, a che pro la Declaratio?), e, soprattutto, non ci sarebbe stata nessuna novità, nessun passo avanti. Il convegno sarebbe stato l’ennesima espressione di un inconcludente bla bla bla, una risibile ricottura di minestre già bollite e ripetutamente riscaldate, senza alcuna concreta conseguenza, senza alcun progresso, senza alcuna utilità...

Mi spiace davvero per chi sta fraintendendo così grossolanamente l’entità e la portata, perlomeno potenziale, di quanto è accaduto sabato a Roma. Io c’ero, per cui mi arrogo il diritto di opporre al fuoco amico lo scudo della testimonianza oculare.


E come testimone oculare – meglio: auricolare, dato che si trattava di ascoltare e, si spera, di capire – mi sento di affermare che tutto il convegno è stato orientato a dimostrare: a) che il potere del Papa è limitato (ha limiti interni, direbbero i giuristi), ed è un poterecostituito e non costituente; b) che laddove il Papa oltrepassi questi limiti i fedeli hanno non solo il diritto di resistere, ma anche la capacità di correggerlo, e che il sensus fidei del popolo di Dio costituisce un argine contro l’esercizio abusivo dei poteri petrini e della falsa plenitudo potestatis.

Al termine di tutto ciò, e come conseguenza ed espressione di tutto ciò, è stata presentata una dichiarazione (la Declaratio), formata e proposta come espressione del sensus fidei del popolo di Dio, che “ribalta” Amoris Laetitia proprio sulle questioni oggetto dei ben noti dubia. Al di là delle forme assunte, il valore sostanziale di correzione del Convegno e della Declaratio a me (e, credo, non solo a me) è parso evidente.

In questo quadro, anche ammettendo che, quanto a contenuti, non si sia aggiunto nulla a ciò che è già stato detto negli ultimi mesi, il grande e sostanziale passo avanti è che quei contenuti sono stati proclamati come atto ecclesiale, come espressione della fede del popolo di Dio, e non più come “contributi al dibattito”. Hanno assunto, dunque, un valore “politico” (si comprenda bene in che accezione uso questa pericolosa parola!) che li diversifica sul piano qualitativo rispetto al loro portato teologico e canonistico. Tutti, infatti, assenti e presenti, amici e nemici, hanno percepito il convegno di sabato non come convegno scientifico (pur essendo stato espresso il più elevato rigore teologico e canonistico), ma come “congresso politico”: il primo vero congresso della “opposizione”. Lo hanno percepito con la massima chiarezza soprattutto gli stranieri.

Sia chiaro: la metafora politica è, appunto, solo una metafora! Non saremo proprio noi, che ci lamentiamo della deriva politica del corrente pontificato (al Convegno ne ha parlato il prof. Pera), a macchiarci della stessa colpa. Ma non si può negare che eventi come quello romano si collochino sul versante dell’azione concreta piuttosto che su quello della disputa teorica e, così, assumano un senso nobilmente politico, in quanto tale categoria possa e debba applicarsi anche alla realtà ecclesiale.

“Opposizione”, dunque: un’opposizione consapevole, seria, rispettosa e responsabile, vorremmo dire istituzionale, alla “opposizione di Sua Maestà”; non eversiva, non insurrezionale, non piazzaiola. Un’opposizione che, di fronte alle manovre rivoluzionarie in corso, ha pienamente metabolizzato il principio che la controrivoluzione non è una rivoluzione al contrario, ma il contrario della rivoluzione. Non a caso, un velleitario tentativo di indirizzare il convegno in senso irrazionalmente, istericamente sedevacantista e millenarista è stato prontamente stroncato proprio dai partecipanti.

Di tutto ciò, mi pare, c’è pure la controprova: l’immediata reazione (in luogo del sinora prevalente “far finta di niente”) di Avvenire, che ha attaccato il convegno proprio negando che esso abbia espresso il sensus fidei del popolo di Dio, cioè smontando (rectius: tentando di smontarne) il portato e gli effetti “politici” di cui dicevo sopra.

Che poi, ciononostante, ci sia chi scatena il fuoco amico che vorrei qui deprecare, è tanto incomprensibile quanto inevitabile: nella corrente confusione “che solo un cieco può negare”, ci sarà sempre qualcuno che, se non avrai dichiarato abusivamente occupata o vacante la Sede, ti considererà un superficiale, un inetto, un inconcludente, uno che si limita a blaterare, ecc. ecc...

Detto questo, non cadiamo nell’eccesso opposto di considerare la giornata di sabato come la giornata risolutiva, quella dopo la quale nulla sarà più come prima... si è comunque trattato solo di una tappa, ancorché importante, e probabilmente importantissima. Trattandosi di evento “politico” (nel senso che ho indicato sopra: non lo ripeto più), la sua importanza si misurerà dagli effetti. Per questo ne sarà rilevante il riscontro mediatico. Sarà interessante vedere se indurrà un numero sempre maggiore di laici e di ecclesiastici a vincere la paura e ad uscire allo scoperto; se potrà ritenersi il punto di partenza di una sostanziale “marcia dei quarantamila” dei buoni cattolici. Tenendo sempre presente che nulla di ciò potrà accadere se non ci affideremo confidenti, nella preghiera, alla Provvidenza.

ER