riportiamo dal blod di Magister.
Natale amaro per il Forteto, la comunità agricola toscana
alla quale il tribunale dei minori di Firenze affidava giovani
"difficili" da restituire a una vita serena. Rodolfo Fiesoli, 76
anni, fondatore e "profeta" di questa comunità, è stato arrestato la
mattina del 23 dicembre, poche ore dopo che la corte di cassazione aveva
confermato in via definitiva la sua condanna a 14 anni di carcere.
L'agghiacciante cronistoria del Forteto è stata anticipata da Settimo Cielo fin dal 2013, quando ancora la fama della comunità era alle stelle presso l'intellighenzia progressista, cattolica e laica, che dava credito alle asserzioni di Fiesoli di voler riprodurre "meglio e più in grande" l'esperienza educativa di don Lorenzo Milani (1923-1967), il sacerdote fiorentino sulla cui tomba, a Barbiana, si è recato in visita lo stesso papa Francesco (vedi foto):
Fiesoli era membro della Fondazione Don Lorenzo Milani, e il nesso tra le due realtà era stato confermato ed esaltato anche dai sociologi Giuseppe Fornari e Nicola Casanova, nel saggio "La contraddizione virtuosa. Il problema educativo, don Milani e il Forteto", stampato nel 2008 dalla prestigiosa editrice "Il Mulino”, oltre che dalla costante prossimità a Fiesoli del presidente
del tribunale minorile di Firenze, Gian Paolo Meucci (1919-1986), grande amico di don
Milani e figura di spicco del cattolicesimo progressista fiorentino.L'agghiacciante cronistoria del Forteto è stata anticipata da Settimo Cielo fin dal 2013, quando ancora la fama della comunità era alle stelle presso l'intellighenzia progressista, cattolica e laica, che dava credito alle asserzioni di Fiesoli di voler riprodurre "meglio e più in grande" l'esperienza educativa di don Lorenzo Milani (1923-1967), il sacerdote fiorentino sulla cui tomba, a Barbiana, si è recato in visita lo stesso papa Francesco (vedi foto):
Fiesoli era membro della Fondazione Don Lorenzo Milani, e il nesso tra le due realtà era stato confermato ed esaltato anche dai sociologi Giuseppe Fornari e Nicola Casanova, nel saggio "La contraddizione virtuosa. Il problema educativo, don Milani e il Forteto", stampato nel 2008 dalla prestigiosa editrice "Il Mulino”, oltre che dalla costante prossimità a Fiesoli del presidente
Ma quello che davvero accadeva dentro il Forteto era da
brividi. E le più di mille pagine della sentenza del 17 giugno 2015, ora
confermata dalla cassazione, lo documentano in modo dettagliato, nelle
deposizioni degli imputati, dei testimoni, delle vittime.
Nel Forteto vigeva un regime di forzata separazione tra
maschi e femmine, anche se fidanzati o sposati, di divieto dei rapporti
eterosessuali, di pratiche omosessuali incentivate e spesso imposte, di rottura
con le famiglie d'origine, di pubblici processi e di punizioni umilianti dei
disobbedienti, di culto della personalità del fondatore, di abusi sessuali
sistematicamente compiuti da Fiesoli sui suoi sottoposti.
Ma l'attrattiva del Forteto si estendeva ben al di là dei
confini dell'azienda agricola e della Toscana. Tra i testimoni ascoltati dai
giudici c'è un sacerdote dell'arcidiocesi di Bologna, don Stefano Benuzzi, la
cui deposizione occupa sei pagine della sentenza e documenta in modo
impressionante la deriva ideologica dalla quale anche lui si era fatto
afferrare.
Don Benuzzi, 47 anni, laureato in ingegneria, all'epoca del
processo insegnava religione in un liceo di Bologna e celebrava messa in una
parrocchia di periferia. Aveva incontrato Fiesoli a una marcia in memoria di
don Milani, a Barbiana, nel 2001, e continuò a frequentarlo fino al 2008,
sempre più "affascinato". Creò anche lui attorno a sé una piccola
comune di giovani, per imitare e incrementare gli ospiti del Forteto. E nel
frattempo ebbe una relazione sentimentale con una donna, relazione di cui
Fiesoli e i suoi erano a conoscenza, irridendola pubblicamente.
Interrogato dai giudici, don Benuzzi non chiarì perché a un
certo punto cessò di frequentare Fiesoli. Nel raccontare l'ultimo incontro che
ebbe con il fondatore della comunità disse:
"Stetti in camera sua per un po' e ci furono delle
effusioni. Rodolfo mi ha abbracciato e baciato. Sulle mani, sì, e poi anche in
bocca, ma non c'era niente di violento né di voluttuoso da parte sua. Quel
bacio era di una purezza incredibile, da parte di una persona che voleva
dedicarsi a rapporti con gli altri sinceri, trasparenti".
Nel Forteto "viene seguito il modello greco",
disse ancora don Benuzzi ai giudici. Lì vigeva "un'amicizia profonda,
coinvolgente", perché "nel rapporto uomo con uomo, donna con donna,
si possono raggiungere picchi di intesa e di coinvolgimento superiori a quelli
propri della relazione eterosessuale".
Dei poteri assoluti esercitati da Fiesoli sulla comunità,
don Benuzzi disse:
"Quando c'è qualcuno che mette in discussione le sue
scelte, lo taglia fuori. Rodolfo non ha alcun interlocutore sopra di lui. Dopo
di lui c'è Dio".
Da Fiesoli ammise di sentirsi ancora
"affascinato", nonostante – scrivono i giudici riferendosi al capo
del Forteto – "il suo linguaggio scurrile, le bestemmie contro la Madonna,
la sessualizzazione di ogni situazione".
E scrivono ancora i giudici al termine dell'interrogatorio
del sacerdote:
"È una deposizione sulla quale ogni commento appare
superfluo. Pur connotata nelle parti maggiormente 'sensibili' da una evidente
reticenza, ha tuttavia confermato cosa realmente fosse il Forteto e come
Rodolfo Fiesoli riuscisse a fare presa su soggetti con profili psicologici
particolari, con difficoltà interiori, conflitti e paure, privi di una solida
capacità di critica e discernimento".
Oggi don Benuzzi è parroco a Badi, nell'alta valle del Reno,
sull'Appennino bolognese.
Sono passati i tempi gloriosi in cui il suo nome compariva,
in qualità di "docente del Liceo scientifico Copernico di Bologna",
come relatore in un dotto convegno all'Università di Firenze dal titolo:
"Crisi dell'educazione o educazione della crisi?".
Era il 2005 e a promuovere e coordinare quel convegno era
Luigi Goffredi, numero due e ideologo del Forteto, oggi scampato al carcere per
prescrizione dei fatti a lui addebitati. Tra i relatori c'era anche Massimo
Toschi, assessore alla cooperazione internazionale e alla pace della regione
Toscana, anche lui tifoso del Forteto e membro della Fondazione per le Scienze
Religiose Giovanni XXIII di Bologna diretta da Alberto Melloni.
Non solo. Il relatore principe del convegno era nientemeno
che René Girard (1923-2015), venuto dalla Stanford University, l'antropologo di
fama mondiale che Fiesoli e Goffredi acclamavano assieme a don Milani come
sommo maestro del loro metodo educativo. "Travisando completamente il suo
insegnamento", scrivono i giudici nella sentenza, dopo aver riportato le
dichiarazioni di don Benuzzi, anche lui entusiasta di Girard, che aveva
"incontrato a Parigi in occasione di una visita fatta assieme ad alcuni
membri del Forteto", gli immancabili Fiesoli e Goffredi.
"All'evidenza – scrivono ancora i giudici – Benuzzi
aveva trovato nel Forteto e nella sua guida, Fiesoli, la figura forte di cui
aveva bisogno per essere sorretto e incoraggiato a fronte di problemi
interiori, di conflitti, insicurezze, paure, e di una consistente confusione
che lo affliggevano, attesa anche la scelta di vita sacerdotale attuata, in
quegli anni, in forma alquanto 'originale'".
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Lo scorso aprile, poco prima della visita di papa Francesco
a Barbiana, ha fatto rumore un passaggio di una lettera scritta da don Lorenzo
Milani all'amico giornalista Giorgio Pecorini, raccolta nell'opera omnia del
sacerdote, pubblicata da Mondadori a cura di Alberto Melloni:
"Quei due preti mi domandavano se il mio scopo finale
nel fare scuola fosse portarli alla Chiesa o no e cosa altro mi potesse
interessare al mondo nel fare scuola se non questo. E io come potevo spiegare a
loro così pii e così puliti che io i miei figli li amo, che ho perso la testa
per loro, che non vivo che per farli crescere, per farli aprire, per farli
sbocciare, per farli fruttare? Come facevo a spiegare che amo i miei
parrocchiani più che la Chiesa e il papa? E so che se un rischio corro per
l’anima mia non è certo di aver poco amato, piuttosto di amare troppo (cioè di
portarmeli anche a letto!)".
E poco più avanti:
"E chi potrà amare i ragazzi fino all’osso senza finire
di metterglielo anche in culo, se non un maestro che insieme a loro ami anche
Dio e tema l’inferno e desideri il paradiso?".
Don Milani subì anche in vita l'accusa di pratiche
omosessuali. Ma a rimetterla in circolo è stata la dedica proprio a lui, don
Milani, dell'ultimo romanzo di un affermato scrittore italiano, Walter Siti,
con protagonista un prete pedofilo, e le successive giustificazioni date da
Siti a questa dedica.
Da parte dei seguaci di don Milani sono venute repliche
sdegnate.
Ma riguardo a un'eventuale beatificazione del sacerdote,
l'arcivescovo di Firenze, cardinale Giuseppe Betori, da cui dipende l'avvio del
processo canonico, l'ha esclusa con decisione: "Assolutamente no, almeno
fino a quando ci sarò io. Io non credo alla santità di don Lorenzo".
Nella mia vita, ho sentito spesso appellarsi al modello don Milani i "professori" che leggevano la gazzetta dello sport in classe invece che spiegare, regalando poi indiscriminatamente il sei ( o il dieci...) politico a fine anno.
RispondiEliminamammamia.....rabbrividisco
RispondiEliminaGrazie a Betori che ha detto coraggiosamente a Bergoglio, in occasione della sua visita ,di non credere affatto alla santità di don Milani, che, ormai, rientra nella psicopatia del 'santo subito' della quale la Chiesa sta dando una poco credibile prova. E' una vergogna per la latitante gerarchia che un tribunale laico faccia chiarezza su brutti reati, che lo sono anche contro la fede, mentre si sono creati, da parte di sette ereticali, mai smentite, anzi ben viste, dei miti di personaggi, con le prove in mano, piuttosto discutibili, sotto il profilo morale oltre che religioso. Ennesima figuraccia di un Vaticano, sempre meno credibile.
RispondiEliminaMilani: un poveraccio.
RispondiEliminaMa Francesco che è andato sulla tomba di Lorenzo, è al corrente di tutta la super squallida faccenda?
RispondiEliminaDal sito libertàepersona.org: "Papa Francesco a Barbiana: pregate perché io segua l'esempio di questo bravo prete". Oddio no!!!!!
RispondiElimina"Stetti in camera sua per un po' e ci furono delle effusioni. Rodolfo mi ha abbracciato e baciato. Sulle mani, sì, e poi anche in bocca, ma non c'era niente di violento né di voluttuoso da parte sua. Quel bacio era di una purezza incredibile, da parte di una persona che voleva dedicarsi a rapporti con gli altri sinceri, trasparenti". Certo che la faccia tosta di Benuzzi è davvero ripugnante. La diabolicità (sottolineo diabolicità) di queste sue affermazioni si taglia con il coltello. Milani ha fatto scuola di perversione e c'è chi lo vorrebbe sugli altari! Ormai la follia ecclesiale è al culmine.
RispondiEliminaQuesti sono i risultati della vicenda don Milani.
RispondiEliminaNon ci resta che piangere...
RispondiEliminaL'ideologia bergogliana del ' chi sono io per giudicare' giustifica ( ed esalta!) ogni sorta di arbitri dottrinali e, quindi, morali. Non fa certo meraviglia la visita come ad un Santuario, di chi dovrebbe essere informato sul personaggio. Quando sarà compilata la storia di questo ' pontificato' ci vorrà uno scaffale di volumi per descrivere le sue deviazioni dottrinali e morali, le apostasie, gli arbitri e...le figuracce, che stanno danneggiando la Chiesa.
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