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lunedì 10 aprile 2017

"L'azione", di Jean Ousset. Un manuale per i controrivoluzionari di oggi

Dagli amici di Campari e de Maistre un invito alla lettura di un grande autore della scuola controrivoluzionaria, il francese Jean Ousset.
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di Federico Catani 11-2-17

Chiunque abbia a cuore la restaurazione della Civiltà cristiana e si adoperi per ristabilire l’ordine cattolico nell’attuale società deve anzitutto formarsi. La preparazione culturale è fondamentale per rispondere adeguatamente alle sfide che pone il mondo moderno: senza studio il rischio – divenuto tante, troppe volte realtà – è di venire inesorabilmente schiacciati dalle menzogne imposte e diffuse dalla Rivoluzione. Senza formazione o con una formazione superficiale, inoltre, si diventa insipidi, come lo sono oggi tanti presunti “cattolici di parrocchia”, che di Cattolicesimo non hanno più nulla, avendolo sostituito con un vago filantropismo posto al servizio delle mode del momento.

Tuttavia, se la formazione è importante, è anche vero che agli ambienti controrivoluzionari è mancata e manca spesso la capacità tecnico-pratica di attuare quanto appreso intellettualmente. In effetti, nonostante sia più grande di quanto uno possa immaginare guardando la tv o leggendo i giornali, la resistenza alla Rivoluzione si trova comunque di fronte a grandi limiti strategici, dovuti a vari motivi, come ad esempio eccessive e inutili rivalità personali o un eccessivo intellettualismo.


Per queste ragioni va salutata con gioia la pubblicazione, per la prima volta in Italia, de “L’azione - Manuale per una riconquista cattolica politica e sociale” (Editoriale Il Giglio, Napoli 2016). Il libro, dell’intellettuale tradizionalista francese Jean Ousset (1914-1994), e tradotto da Guido Vignelli, più che un trattato teorico è un manuale d’azione, che ogni gruppo controrivoluzionario dovrebbe non solo leggere, ma studiare. Ousset, lo ricordiamo, nel 1954 fondò la Cité Catholique, organizzazione di coordinamento delle varie realtà tradizionaliste francesi, nota per i suoi convegni nazionali e internazionali e che ebbe grande seguito anche in altri Paesi d’Europa e dell’America Latina.

Come ricorda Vignelli nell’introduzione, durante gli anni del pontificato di Giovanni XXIII, anni di cambiamenti nel mondo e nella Chiesa, tre libri in particolare si proposero di impostare un programma di riconquista cristiana della società: “Pour qu’ll règne” di Jean Ousset, “Revolução e Contra- Revolução” del prof. Pinio Corrêa de Oliveira (1959) e “Cristianesimo e ordine civile” di don Gianni Baget Bozzo (1961). L’opera di Ousset però non è mai stata tradotta in Italia.

“Pour qu’ll règne” è un lavoro monumentale, volto a sistematizzare la teoria e l’azione per un ritorno alla Regalità sociale di Cristo, unico antidoto contro la Rivoluzione dilagante. Quella pubblicata dall’Editoriale Il Giglio è solo la parte finale del libro di Ousset, che dal 1968 divenne un testo autonomo: “L’Action”, per l’appunto.

Per Ousset il dramma del cattolicesimo del XX secolo è stato l’aver separato il pensiero dall’azione e la dottrina dal metodo. Troppe volte anche oggi si fa un gran parlare ma poi molti preferiscono non sporcarsi le mani, pensando che prima o poi la Provvidenza sistemerà tutto. Ora, se è vero che senza l’intervento divino l’uomo non può sconfiggere la Rivoluzione, è altrettanto indispensabile darsi da fare: “I soldati combatteranno in nome di Dio e Dio donerà loro la vittoria”, diceva Santa Giovanna d’Arco, citata opportunamente da Ousset, il quale ricorda pure come l’ortodossia cattolica abbia sempre insegnato che «bisogna pregare come se la nostra azione fosse inutile, ma agire come se la nostra preghiera fosse altrettanto inutile». Ci vuole dunque un sano equilibro che eviti sia il fideismo che si rifugia unicamente nella preghiera, sia l’attivismo senza alcuno sguardo soprannaturale. Ousset parla ai laici di azione, ma non smette di ricordare l’importanza decisiva dei ritiri, della Santa Messa e degli esercizi spirituali.

Come sintetizza efficacemente Vignelli, l’intellettuale francese aveva ben presente la necessità di «formare nuove élites e classi dirigenti, influenzare le istituzioni, controllare il potere, gareggiare con i mass-media». Questa è la missione specifica dei laici cattolici, che devono essere sempre più consapevoli del loro ruolo e della necessità di una legittima autonomia dalle gerarchie ecclesiastiche, oggi sempre più schierate a favore della modernità (e se questo era vero negli anni Sessanta-Settanta, attualmente lo è all’ennesima potenza).

Per Ousset «si trattava innanzitutto di formare militanti cristiani convinti, coerenti e credibili, uniti da legami di amicizia, da un’identica dottrina e da un comune metodo di azione, allenati al senso critico e al rigore morale, abituati a osservare, analizzare, progettare, ma anche a decidere e ad agire. Essi dovevano diventare una élite seria, diffusa e influente, capace di trattare con le persone e con gli ambienti sociali più diversi, capace di agire nella vita civile usando i più efficaci strumenti d’informazione, propaganda e persuasione, caratterizzati da un contatto personale, azione in gruppi ristretti, massima libertà di iniziativa».
Per raggiungere l’obiettivo Ousset raccomandava di dar vita ad un’associazione di associazioni, di «formare una rete di cellule, circoli e gruppi, capace di penetrare negli ambienti più influenti della società civile per informarli, risanarli e coordinarli in una globale azione contro-rivoluzionaria».

In pratica, «bisognava influenzare dall’interno gli ambienti sociali e i “corpi intermedi” superstiti, per propagarvi le verità e confutarvi gli errori, per rafforzarvi le virtù e indebolirne i vizi, per favorirvi le tendenze sane e combattervi quelle malate, per rafforzarvi le dirigenze in crisi d’identità e di responsabilità».

Come scrisse Lenin, “se a San Pietroburgo, nel 1917, ci fossero state solo poche migliaia di uomini ben certi di quello che volevano, non avremmo mai potuto prendere il potere in Russia”. Sacrosanta verità, perché la storia la fanno le élites. E per vincere c’è bisogno di unità di intenti e di comunione fraterna. Per questo Ousset, tra le tante indicazioni, mette in guardia da invidie e gelosie, dalla tiepidezza e dal mero volontariato. A sinistra c’è sempre chi si dedica a tempo pieno alla lotta. Perché non dovrebbe essere così anche in campo cattolico controrivoluzionario?

Purtroppo questi consigli non sono stati molto seguiti e i risultati sono sotto gli occhi di tutti. Nonostante incoraggianti segnali di speranza, la Rivoluzione avanza. 

Da quanto è possibile notare, però, forse è arrivato il momento propizio per un vero cambio di direzione. Di fronte alla crisi dilagante nella società e a quella - eclatante - nella Chiesa, molti giovani stanno aprendo gli occhi e decidono di opporsi al sistema dominante. Ed è su loro che bisogna puntare, perché solo loro potranno essere le élites del prossimo futuro. Giovani ai quali pertanto sembra particolarmente rivolto questo libro, uscito oltre cinquanta anni fa, che infatti vivamente raccomandiamo di leggere e studiare, perché validissimo anche per i nostri tempi travagliati

1 commento:

  1. La forte riduzione della preparazione dottrinale dei sacerdoti e quindi dei laici, dal CVII in poi ha prodotto un indebolimento dell'evangelizzazione, sostituita da un sincretismo e un ecumenismo confusi e da una prassi sociologica, giustificata ,non sempre in buona fede, con i precetti evangelici. Cristo stesso aveva avvertito il pericolo di confusione quando ammonì: "Querite primum regnum Dei..." e i primi cristiani sostituirono l'immagine dell' Ermes crioforo con la pecora sulle spalle, simboleggiante la generica filantropia, con quella di Cristo vero Buon pastore.

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