Una magistrale intervista del card. Caffarra - riportata da Magister - che mette in ordine su alcuni improvidi interventi apparsi su Vatican Insider (QUI e QUI) dell'ormai ultraprogressista Andrea Tornielli e sul Corriere della sera (QUI). Per il testo integrale dell'intervista (in inglese) vedere QUI.
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Settimo Cielo 11-7-16
Così inizia la folgorante intervista sulla "Amoris laetitia" del cardinale Carlo Caffarra alla studiosa tedesco-americana Maike Hickson, pubblicata l'11 luglio sul blog OnePeter5:
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D. – Lei ha già parlato, in una recente intervista, dell'esortazione papale "Amoris laetitia" e ha detto che specialmente il capitolo 8 non è chiaro e ha già causato confusione anche tra i vescovi. Se lei avesse la possibilità di parlare di questo con papa Francesco, che cosa gli direbbe? Quale sarebbe il suo suggerimento su ciò che papa Francesco potrebbe e dovrebbe ora fare, visto che c'è tanta confusione?
R. – In "Amoris laetitia" 308 il Santo Padre scrive: "Comprendo coloro che preferiscono una pastorale più rigida che non dia luogo ad alcuna confusione". Da queste parole ricavo che Sua Santità si rende conto che l'insegnamento dell'esortazione può produrre confusione nella Chiesa. Personalmente voglio – ed è ciò che pensano molti dei miei fratelli in Cristo, cardinali, vescovi e fedeli laici – che la confusione debba essere rimossa, ma non perché io preferisca una cura pastorale più rigida, ma perché, piuttosto, semplicemente preferisco una cura pastorale più chiara e meno ambigua.
Detto questo – con tutto il doveroso rispetto, affetto, devozione che sento il bisogno di nutrire per il Santo Padre –, io vorrei dirgli: Santità, la prego, faccia chiarezza su questi punti:
a) Quanto di ciò che lei ha detto nella nota 351 ["In certi casi… anche l'aiuto dei sacramenti] del paragrafo 305 è applicabile anche alle coppie divorziate e risposate che vogliono tuttavia continuare a vivere come marito e moglie? E quindi quanto di ciò che è stato insegnato da "Familiaris consortio" n.. 84, da "Reconciliatio et poenitentia" n. 34, da "Sacramenttum unitatis" n. 29, dal Catechismo della Chiesa cattolica n. 1650 e dalla comune dottrina teologica, deve essere considerato oggi abrogato?
b) Il costante insegnamento della Chiesa – così come è stato di recente ribadito da "Veritatis splendor" n. 79 – è che vi sono norme morali negative che non ammettono eccezione alcuna, poiché proibiscono atti che sono intrinsecamente cattivi e disonesti, come ad esempio l'adulterio. Questo insegnamento tradizionale è ancora da ritenere vero, anche dopo "Amoris laetitia"?
Questo è ciò che vorrei dire al Santo Padre. Se il Santo Padre, nel suo supremo giudizio, avesse intenzione di intervenire pubblicamente al fine di rimuovere questa confusione, avrebbe a disposizione molti differenti maniere per farlo.
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Ma naturalmente anche il seguito dell'intervista è tutto da leggere.
Ad esempio dove il cardinale Caffarra dice che si rivolgerebbe così a un fedele cattolico confuso sulla dottrina del matrimonio:
"Io semplicemente gli direi: Leggi e rifletti sul Catechismo della dottrina cattolica, ai numeri 1601-1666. E quando senti dei discorsi sul matrimonio – anche da parte di preti, vescovi, cardinali – e tu verifichi che non sono in conformità con il Catechismo, non dare ascolto ad essi. Sono dei ciechi che guidano dei ciechi".
Oppure dove definisce l'esercizio dell'omosessualità "intrinsecamente irrazionale e quindi disonesto", argomentando poi con cura questo giudizio tagliente, specie alla luce della "profetica" enciclica di Paolo VI "Humanae vitae".
Ma di grande interesse è anche la confutazione che Caffarra fa di un passaggio chiave della recente intervista a "La Civiltà Cattolica" del cardinale Christoph Schönborn, l'esegeta della "Amoris laetitia" prediletto da papa Francesco:
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D.– Come commenterebbe la recente asserzione del cardinale Christoph Schönborn secondo cui la "Amoris laetitia" è una dottrina obbligante e tutti i precedenti documenti del magistero su matrimonio e famiglia devono ora essere letti alla luce di "Amoris laetitia"?
R. – Rispondo con due semplici osservazioni. La prima. Non si deve solo leggere il precedente magistero sul matrimonio alla luce di "Amoris laetitia", ma si deve leggere anche "Amoris laetitia" alla luce del magistero precedente. La logica della vivente tradizione della Chiesa è bipolare. Ha due direzioni, non una. La seconda è più importante. Il mio caro amico cardinale Schönborn nell’intervista a "La Civiltà Cattolica" non tiene conto di un fatto che sta accadendo nella Chiesa dopo la pubblicazione di "Amoris laetitia". Vescovi e molti teologi fedeli alla Chiesa e al magistero sostengono che su un punto specifico ma molto importante non esiste continuità, ma contrarietà tra "Amoris laetitia" e il precedente magistero. Questi teologi e filosofi non dicono questo con spirito di contestazione al Santo Padre. Ed il punto è questo: "Amoris laetitia" dice che, date alcune circostanze, il rapporto sessuale fra divorziati-risposati è lecito. Anzi applica a questi, a riguardo delle intimità sessuali, ciò che il Concilio Vaticano II dice degli sposi [cfr. nota 329]. Pertanto o è lecito un rapporto sessuale fuori del matrimonio: affermazione contraria alla dottrina della Chiesa sulla sessualità; o l’adulterio non è un atto intrinsecamente disonesto, e quindi possono darsi delle circostanze a causa delle quali esso non è disonesto: affermazione contraria alla tradizione e dottrina della Chiesa. E quindi in una situazione come questa il Santo Padre, come già scrissi, deve secondo me chiarire. Se dico “S è P” e poi dico “S non è P”, la seconda proposizione non è uno sviluppo della prima, ma la sua negazione. Nè si risponda: la dottrina resta, si tratta di prendersi cura di alcuni casi. Rispondo: la norma morale “non commettere adulterio” è una norma negativa assoluta, che non ammette eccezioni. Ci sono molti modi fare il bene, ma c’è un solo modo di non fare il male: non fare il male.
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