Post in evidenza

Ancora la Cathédrale Notre-Dame di Parigi! Le riflessioni dei veglianti che da 169 settimane pregano davanti all’Arcivescovado

Vi proponiamo – in nostra traduzione – la lettera 1142 pubblicata da Paix Liturgique il 20 dicembre , in cui Christian Marquant, Presidente...

domenica 24 gennaio 2016

La lezione del "caso" di Onorio I

di don Alfredo M. Morselli



1. Lo status quaestionis

Recentemente si è tornato a discutere circa quella che in termine tecnico viene chiamata Honoriusfrage, "questione di Onorio" oppure Honoriusstreit, "disputa di Onorio".
I termini di detta questione/disputa (se non la soluzione) sono estremamente semplici: Onorio I cadde nell'eresia monotelita? Ci troviamo di fronte realmente a un caso di Papa eretico?
Dopo aver cercato di rispondere a questa domanda, cercherò anche di trarne indicazioni per alcuni problemi attuali della vita della Chiesa.

I Parte: Onorio I fu eretico?

Dico subito che concordo pienamente con la conclusione di Réné François Rohrbacher (1789-1856):

"…i più de' critici coscienziosi van d'accordo sui due seguenti punti. Avvisan essi, con papa Giovanni IV e col santo martire ed abate Massimo, non aver Onorio preso parte all'errore de' monoteliti né realmente insegnato nelle sue lettere; nondimeno essere lui stato condannato nel sesto concilio siccome favoreggiatore dell'eresia per la noncuranza e leggerezza usata in materia si grave, per la maniera non molto esatta onde ne discorre nelle sue lettere e per le lodi che incautamente impartisce agli autori stessi dell'eresia. In questo parere noi pur concorriamo". [1].

2. Che cosa fu il monotelismo [2]

Nella prima metà del VII secolo sorse l'eresia dei Monoteliti. Alcuni vescovi (tra cui Ciro di Fasi, passato poi ad Alessandria nel 631, Atanasio di Antiochia e Teodoro di Faran) avevano accettato a malincuore o solo apparentemente il concilio di Calcedonia: essi non riuscivano ad accettare due nature perfette (umana e divina) in Gesù Cristo; tuttavia fecero meno fatica a trovarsi concordi in una formula di compromesso, proposta da Sergio, patriarca di Costantinopoli (610-638) all'imperatore Eraclio (610-641).

Il Padre Julio Collantes S.J. descrive così il compromesso:

"consisteva nel riconoscere le due nature unite nell'unico Cristo, salvando così le definizioni di Efeso e di Calcedonia, ma ammettendo nello stesso tempo una sola energia, un'unica modo di agire, una sola operazione, che fu detta teandrica. […] Che cosa s'intendeva per energia e per operazione? Era lo stesso atto o il principio operativo? In ogni caso, l'unicità di un atto postula l'unicità della potenza che lo compie e pertanto la soluzione o eliminava la volontà umana o confondeva insieme le due volontà" [3].

Si comprende come tutto ciò ciò è sostanzialmente una forma di monofisismo, seppur moderato: se Gesù avesse avuto soltanto la volontà divina e non una vera e perfetta volontà umana, non sarebbe stato un vero uomo, cioè la sua natura umana non sarebbe stata completa. E quindi sarebbe saltato il principio fondamentale della soteriologia dei Padri: se il Verbo non avesse assunto una parte della natura umana, questa non sarebbe stata salvata [4]; ma siccome Gesù si è fatto in tutto simile a noi fuorché nel peccato, allora tutto l’uomo è salvo. Attorno a questo principio si era sviluppata la cristologia ortodossa.

3. Reazione ortodossa e imbroglio di Sergio

Il Signore, quando l’eresia imperversa, suscita sempre dei santi, che difendono la verità, anche a costo della loro vita. I campioni dell’anti-monotelismo furono due monaci egiziani, Massimo e Sofronio (quest’ultimo eletto patriarca di Gerusalemme nel 634). Essi pagheranno poi con la vita la
loro fedeltà all'ortodossia.
Sergio, vedendo nei due suddetti personaggi un ostacolo ai suoi piani, agì in modo ipocrita e scellerato: cercò innanzi tutto di temporeggiare con Sofronio, proponendogli di astenersi dal discutere circa una o due operazioni in Cristo.
Nel frattempo inviò a Papa Onorio una lettera [5] lunga e assai ingannevole "fondamentale per valutare l'incauta risposta del pontefice (634)" [6]: lettera astutissima che cerca di "diluire il problema dogmatico in una questione eminentemente pastorale: che in Cristo ci sia una sola energia o due, o una o due operazioni, è cavillo da lasciare ai grammatici. L'importante è che in lui non ci potevano essere due volontà contrarie" [7].
Cosa avrebbe potuto e dovuto fare Onorio di fronte a siffatta missiva? Col senno di poi e sapendo i retroscena è facile giudicare. Ma abbiamo il testo della risposta, ed è con questo che ci confronteremo.

4. La risposta di Onorio

La frase incautamente scritta da Onorio che storicamente ha favorito l'eresia monotelita così suona: 
"Crediamo perciò anche in un'unica volontà del nostro Signore Gesù Cristo (unam voluntatem fatemur Domini nostri Iesu Christi, - ὅθεν καί ἐν θέλημα ὁμολογοῦμεν τοῦ Κυρίου Ἰησοῦ Χριστοῦ), perché veramente dalla divinità fu assunta la nostra natura, senza la colpa […] La sacra Scrittura è colma di sicurissime prove che il Signore Gesù Cristo, Figlio e Verbo di Dio, per il quale sono state fatte tutte le cose (cf. Io, 1,3), è l'unico operatore del divino e dell'umano" [8].

Queste affermazioni, prese alla lettera e non tenendo conto che esse costituiscono una risposta ad hominem, potrebbero essere considerate formalmente eretiche. Ma si può evincere che Onorio non si rese conto del problema di fondo, abilmente dissimulato. Nella risposta afferma sì - ed è ciò che si aspettava Sergio - , "che non bisogna parlare di una o due volontà o operazioni in Cristo, perché ce n'è una sola" [9], ma non in senso assoluto, ma nel senso che le due volontà non si contrastano. Vedremo subito le prove di questa affermazione.
Un primo indizio ci è fornito dalle parole "perché veramente dalla divinità fu assunta la nostra natura, senza la colpa"; quel "senza la colpa" non c'entra per niente con il problema delle due volontà: invece l'espressione si comprende se ipotizziamo che Onorio avesse qui pensato a una sorta di concupiscenza in Cristo, che va contro la sua volontà di essere obbediente al Padre. Vediamo ora le prove a suffragio di questa ipotesi.

5. Giovanni IV

L'interprete autentico e autoritativo del Magistero, al di là di tante pur lecite opinioni, è il Magistero stesso.
Giovanni IV (640) è come se fosse stato il primo Papa dopo Onorio, in quanto il reale primo successore reale di quest'ultimo, Severino, salito al soglio pontificio il 27 maggio 640, regnò appena due mesi e quattro giorni; non poté certo fare in tempo ad affrontare tutta la questione.
Troviamo un primo argomento a favore dell'ortodossia di Onorio, in una lettera che Giovanni IV scrisse all'imperatore Costantino III per ribattere la tesi del patriarca Pirro, successore di Sergio; quegli, pure monotelita, si era appoggiato alla lettera di Onorio per suffragare l'eresia.
Ed ecco come Giovanni IV, nel 641, spiega all'imperatore Costantino III l'esatto significato delle parole di Onorio:

"... Uno e uno solo è senza peccato, il « mediatore fra Dio e gli uomini, l'uomo Cristo Gesù » (1 Tm 2, 5), che fu concepito e nacque «libero tra i morti» (Sal 87,6 Vlg), cosicché nel governo della sua santa umanità non ebbe mai due volontà contrarie, né il volere della sua carne contrastò quello della sua mente... Sapendo quindi che in lui non vi fu assolutamente nessun peccato nella nascita né nella vita, giustamente diciamo e secondo verità professiamo una sola volontà nella sua umanità, sottomessa al suo santo governo, e non ne predichiamo due contrarie, nella mente e nella carne, secondo quanto si sente blaterare da alcuni eretici, come se fosse puro uomo" [10].

Le due volontà che secondo Onorio non ci sono, non sono quella umana e quella divina, ma due volontà umane contrarie; è una la volontà umana di Cristo, non la volontà di Gesù in assoluto. Ma ora vediamo la continuazione della lettera:

"In questo senso sappiamo quindi che il nostro predecessore [Onorio] scrisse al suddetto patriarca Sergio che lo aveva consultato: nel nostro Salvatore non vi furono per niente due volontà contrarie; vogliamo dire nelle sue membra, perché egli non contrasse nulla di decaduto dalla prevaricazione del primo uomo ... Suole infatti verificarsi questo: dove c'è una ferita, lì c'è bisogno di un rimedio medicinale, e si sa che anche il beato apostolo lo ha fatto spesso, adattandosi alla consuetudine dei suoi ascoltatori: sicché talvolta, parlando della natura superiore, non dice nulla di quella umana, tal altra invece, trattando del modo di essere dell'umanità, non tocca il mistero della sua divinità ...
... Il mio ricordato predecessore circa il mistero dell'incarnazione di Cristo diceva dunque che non c'erano in lui due volontà contrarie nella mente e nella carne, come in noi peccatori. Alcuni, interpretandolo alla lettera, hanno sospettato che egli abbia insegnato che in lui c'era una sola volontà per la divinità e per l'umanità, ma questo non risponde minimamente al vero ..."

6. S. Massimo il Confessore

Abbiamo la reportatio [11] di una disputa pubblica tra il patriarca Pirro e Massimo; questi cita una testimonianza di grande valore per interpretare il senso della lettera di Onorio: il segretario, di nome Giovanni, redattore del testo.

Pirro: Che ne dici di Onorio, che in una lettera mandata al mio predecessore insegnò apertamente che in nostro Signore Gesù Cristo c'è una sola volontà?
Massimo: Quale interprete della lettera è più degno di fede: quello che l'ha scritta a nome di Onorio, e che vive ancora e illustra tuttora l'Occidente con le sue virtù e con i suoi insegnamenti che stillano pietà, o quelli che a Costantinopoli l'intendono secondo le proprie tendenze?
Pirro: Chi scrisse la lettera.
Massimo: Ebbene, fu ancora lui a scrivere tutto ciò che si legge nella lettera che a nome del santo Giovanni compose per il santo Costantino che era stato eletto imperatore . Vi si dice che «abbiamo parlato di una sola volontà nel Signore, non alludendo alla divinità e all'umanità . Poiché Sergio ha scritto che alcuni predicano due volontà contrarie in Cristo, rispondiamo che in Cristo non vi furono due volontà contrarie, nella mente e nella carne, come in noi peccatori, ma una sola volontà, che caratterizza per natura la sua umanità» [12].

7. Le varie condanne subite da Onorio

Dopo aver visto quello che in realtà significano le parole di Onorio, vediamo ora se è stato condannato dalla Chiesa come eretico.
Onorio ha ricevuto quattro condanne: la prima da parte del Concilio Costantinopolitano III (680-681), la seconda da Papa Leone II (683), la terza dal Concilio di Nicea II (787), la quarta dal Concilio Costantinopolitano IV (869-870).
Le studieremo una per una, e vedremo che Onorio, benché scomunicato e redarguito, non è mai stato dichiarato eretico:

7.1 Il Concilio Costantinopolitano III (VI Ecum.; 680-681)

"Concordiamo nel dissociare dalla santa Chiesa di Dio, insieme a loro [insieme a Sergio, Ciro, Pirro, Paolo, Pietro, Teodoro] anche Onorio, che fu papa dell'antica Roma, perché esaminando gli scritti che egli diresse a Sergio abbiamo constatato che andò dietro in tutto al suo pensiero e confermò le sue empie dottrine (κατὰ πάντα τὰ τῇ ἐκείνου γνώμῃ ἐξακολουθήσαντα καὶ τὰ αὐτοῦ ἀσεβῆ κυρώσαντα δόγματα)" [13].

1) Innanzi tutto osserviamo che Onorio è condannato a parte rispetto agli altri monoteliti; i Padri non lo considerano in tutto e per tutto alla stessa stregua..
2) Sicuramente è scomunicato
3) Non è dichiarato formalmente eretico

Quest'ultimo punto si evince dall'analisi del testo greco e da quanto poi affermerà Leone II spiegando il testo stesso

7.2 Leone II

Abbiamo tradotto il termine greco ἐξακολουθήσαντα (xakolouthē´santa) del testo del Costantinopolitano III con "andò dietro al suo [di Sergio] pensiero". La parola non ha necessariamente il significato di "condividere toto corde", "concordare", ma piuttosto quello di "accondiscendere a", "andare dietro a", "dare corda a", "dar seguito a" [14].

Se a posse ad esse non currit illatio, la prova decisiva a favore di questa interpretazione ci è data da Papa Leone II, il successore di Agatone, che concluse il Concilio: in una lettera all'imperatore Costantino (683), Leone II confermò tutto l'operato dell'assise (cf. PL 96, 399-412), puntualizzando però il senso della condanna di Onorio. Vediamo il testo della lettera che più ci riguarda:

"Anatemizziamo similmente i fautori del nuovo errore, cioè Teodoro vescovo di Faràn, Ciro di Alessandria, Sergio, Pirro, Paolo, Pietro, traditori più che prelati; ed anche Onorio, che non mantenne in questa Chiesa apostolica la pura fede della tradizione apostolica, ma con ignoranza e inganno lasciò cadere una macchia sulla fede immacolata"[15].

Lettere analoghe furono spedite da Leone II ai vescovi spagnoli: «Onorio non spense l'incipiente fiamma dell'eresia, come conveniva alla sua autorità apostolica, ma la fomentò con la sua negligenza» (PL 96, 414), e al re di Spagna Ervigio: «Insieme a loro Onorio di Roma, che permise che una macchia cadesse sulla regola immacolata della tradizione apostolica che aveva ricevuta dai suoi antecessori» (PL 96, 419) [16].

Leone II dunque non dice che Onorio professò l'eresia, ma che "non la spense", "la favorì", "la fomentò", "permise che…"; inoltre notiamo che la condanna di Onorio è distinta da quella degli eretici condannati: Leone II non fa di ogni erba un fascio.

7.3 Il Concilio Niceno II (VII Ecum.; 787)

Il Concilio Niceno II, impegnato a contrastare l'eresia iconoclasta, riprende brevemente ed in modo generico il Costantinopolitano III:

"Predichiamo, inoltre, in Cristo due volontà e due operazioni, secondo la proprietà delle nature, come solennemente dichiarò il sesto sinodo di Costantinopoli, sconfessando (lat. abiiciens - gr. ἀποκηρυξάσα - ảpokēruxása) Sergio, Onorio, Ciro, Pirro, Macario, negatori della pietà, e i loro seguaci" [17].

Si tratta di una condanna generica, e neppure qui Onorio viene dichiarato eretico.

7.3 Il Concilio Costantinopolitano IV (VIII Ecum.; 869-870)

"Inoltre, accettiamo il sesto, santo e universale sinodo, consonante e coerente con i sinodi precedentemente menzionati, che saggiamente dichiara che nelle due nature di Cristo uno, ci sono, per logica conseguenza, due principi di azione e altrettante volontà. Quindi, noi anatemizziamo Teodoro che era vescovo di Fara, Sergio, Pirro, Paolo e Pietro, i prelati empi della chiesa di Costantinopoli e con questi, Onorio di Roma, Ciro di Alessandria così come Macario di Antiochia ed il suo discepolo Stefano che seguirono gli insegnamenti falsi degli eresiarchi empi Apollinare, Eutiche e Severo e proclamarono che la carne di Dio, animata da un'anima razionale ed intellettuale, era senza un principio di operazione e senza volontà, loro stessi danneggiati nei loro sensi e veramente senza ragione" [18].

Anche in questo caso ci troviamo di fronte ad una condanna generica, dove vengono inclusi Apollinare ed Eutiche, che non hanno a che fare direttamente con Onorio. Questi viene scomunicato, ma neanche in questo caso dichiarato eretico.

Conclusione della I parte


Il canone 751 del Codice di diritto canonico definisce l'eresia come "l'ostinata negazione, dopo aver ricevuto il battesimo, di una qualche verità che si deve credere per fede divina e cattolica, o il dubbio ostinato su di essa"

In base a quanto detto, possiamo concludere che Onorio I non fu eretico, perché, anche se la sua lettera a Sergio fu redatta in modo improvvido, Onorio non negò ostinatamente alcuna verità di fede, né proclamò formalmente un'eresia.

Certamente sbagliò, come scrisse S. Alfonso M. de Liguori:

"… non neghiamo che Onorio errò nell'imporre silenzio a chi parlava di una o due volontà in Gesù Cristo; poiché dove si tratta di errore, l'imporre silenzio è favorire l'errore; ove si contiene un errore, bisogna farlo palese ed abbatterlo; e in ciò fu la mancanza di Onorio", ma – continua il santo "del resto è indubitabile che non mai Onorio abbracciò l'eresia de' Monoteliti"[19]

Inoltre frasi, isolate dal contesto, potevano favorire, e hanno favorito la diffusione dell'eresia.

Per quanto riguarda la scomunica, il Rohrbacher scrive:

"Quanto all'anatema poi pronunziato contro Onorio, pontefice d'altra parte irreprensibile e che, se fosse vissuto, avrebbe per avventura bramato, al par dell'apostolo, di cader sotto l'anatema pe' suoi fratelli e per la pace della chiesa, noi vi scorgiamo un'ammonizione celeste a tutti i suoi successori perché abbiano a ponderar attentamente checché scrivono, né mai a trattar con superficialità controversie dottrinali"[20].


Parte II: la lezione del caso di Onorio I per i nostri tempi

Credo che il caso di Onorio I offra ai nostri tempi insegnamenti estremamente importanti.

1. In primo luogo tutta la vicenda ci sconsiglia di separare il dogma dalla pastorale: Onorio incappo in quell'incauta risposta a Sergio proprio perché riteneva poter risolvere un problema pastorale (consolidare l'unione con i nostalgici cripto-monofisiti) senza chiarezza dogmatica.

2. In secondo luogo non si può mettere il magistero ordinario su un tavolo di montaggio e ritagliarne con le forbici le singole frasi, farne un collage e dichiararle eventualmente eretiche perché, fuori contesto, suonano in tal modo; è un approccio nominalista, che dimentica che la Tradizione (quello che la Chiesa ci propone a credere e, nel contempo, la trasmissione stessa nel suo svolgersi) è un totum analogicum, dove l'infallibilità di cui gode – per divina promessa – la fede della Chiesa, è partecipata nei vari luoghi teologici in diverso grado (analogia di proporzionalità) e con diversa evidenza.
Se ci fosse anche un solo errore nel magistero ordinario (ovviamente in espressioni il cui tenore sia di grado sufficientemente alto – altro problema oggi), tutta la fede della Chiesa, che crede/propone a credere verrebbe contaminata.

3. Il caso di Onorio non autorizza ad affermare che è infallibile solo il magistero ex cathedra. Non tratto qui il problema dell'infallibilità del magistero ordinario, ma qui è confutato il ragionamento secondo il quale, siccome la lettera di Onorio contiene un'eresia, allora il magistero ordinario è fallibile e il Papa può essere eretico: questo studio nega simpliciter le premesse di detta conclusione.

4. In questi tempi dove sono attaccate dai modernisti tante verità sulla famiglia e la morale matrimoniale, è pericoloso affermare che è infallibile solo il magistero ex-cathedra. Durante il recente Sinodo è stata attaccata anche l'Humanae Vitae; ebbene, la peccaminosità della contraccezione non è proposta ex-cathedra. Un modernista andrebbe a nozze con l'infallibilità garantita solo dalle definizioni solenni.

5. L'esempio di San Massimo Confessore ci mostra come un santo ha difeso colui che è stato la causa del suo martirio, perché, in quel caso e in quei termini, era giusto difenderlo.

6. Se non è possibile un Papa eretico, invece è possibile che un Papa tenga una condotta improvvida, che un Papa cerchi di separare la pastorale dal dogma, che un Papa usi espressioni infelici, che un Papa  non somministri alla Chiesa sufficienti anticorpi contro gli errori. Sant'Alfonso e Rohrbacher riassumono così questa eventualità, che è già avvenuta e quindi può ripetersi: "dove si tratta di errore, l'imporre silenzio è favorire l'errore; ove si contiene un errore, bisogna farlo palese ed abbatterlo; e in ciò fu la mancanza di Onorio…" per cui in tutta questa vicenda "scorgiamo un'ammonizione celeste a tutti i suoi successori perché abbiano a ponderar attentamente checché scrivono, né mai a trattar con superficialità controversie dottrinali"[21].

7. Non è dunque disobbedienza, qualora si ravvedesse quanto detto sopra nel comportamento di un Pontefice, se dei fedeli, mantenendo l'assenso a tutto il Magistero ordinario, aiutassero il Papa a rendersi conto della situazione pericolosa per la fede venutasi a creare a causa di imprudenti dichiarazioni, e/o di improvvide formulazioni in qualche documento dello stesso Magistero.




[1] Réné François Rohrbacher, Storia universale della Chiesa Cattolica, vol. V, Torino 1860, p. 708, grassetto redazionale.
[2] Gli eventi storici sono sintetizzati e accorpati, tanto quanto è necessario per inquadrare il problema dogmatico.
[3] Cf. Justo Collantes S. J., La fede della Chiesa Cattolica, C.d.V. 1993, p. 249-50.
[4] Gregorio Nazianzeno Ep. I ad Cledonium, PG 37, 181: gr.: "τὸ γὰρ ἀπρόσληπτον ἀθεράπευτον, ὅ δὲ ἥνωται τῷ Θεῷ, τούτο καί σώζεται"; lat.: "Nam quod assumptum non est, curationis est expers; quod autem Deo unitum est, hoc quoque salutem consequitur".
[5] J. D. Mansi, Sacrorum Conciliorum nova et amplissima collectio, Parisiis 1759-1798, X 530-538, cit. in La fede della Chiesa Cattolica, p. 248.
[6] La fede della Chiesa Cattolica, p. 248.
[7] La fede della Chiesa Cattolica, p. 249.
[8] Testo lat. e trad. it. da La fede della Chiesa Cattolica, C.d.V. 1993, p. 249-50: "[…] Unde et unam voluntatem fatemur Domini nostri Iesu Christi, quia profecto a divinitate assumpta est nostra natura, non culpa; illa profecto, quae ante peccatum creata est, non quae post praevaricationem vitiata […] quia Dominus Iesus Christus, Filius ac Verbum Dei, per quem facta sunt omnia, ipse sit unus operator divinitatis atque humanitatis, plenae sunt sacrae Litterae luculentius demonstrantes". Testo gr. da Mansi XI, 540.
[9] La fede della Chiesa Cattolica, p. 249.
[10] Lettera Dominus qui dixit di Giovanni IV (641), testo tratto da La fede della Chiesa Cattolica, pp. 250-51, grassetto redazionale.
[11] Testimonianza di Massimo il Confessore (luglio 645); testo cit. da La fede della Chiesa Cattolica, p. 252 (PG 91, 328-329; Mansi X, 740-741.
[12] Εν θελημα εφημεν επι του Κυριου, ου της θεοτητος αυτου και της ανθρωποτητος αλλα μονης της ανθρωποτητος. Σεργιου γαρ γραψαντος, ως τινες δυο θεληματα λεγουσι επι Χριστου εναντια, αντεγραψαμεν, οτι Ο Χριστος δυο θεληματα εναντια ουκ ειχε· σαρκος φημι, και πνευματος, ως ημεις εχομεν μετα την παραβασιν· αλλ᾿ εν μονον, το φυσικως χαρακτηριζον την αυτου ανθρωποτητα. Fonte.
[13] DS/40, 552, traduzione redazionale del testo greco.
[14] È possibile verificare tutto questo consultando il Thesaurus Linguae Graecae, che restituisce 54 occorrenze del lemma ἐξακολουθέω. Riporto alcuni esempi: San Giovanni Crisostomo: "τοῖς τῆς σαρκὸς βουλήμασιν ἐξακολουθεῖν" = "andar dietro ai desideri della carne": Un altro esempio dal NT: 2 Pt 1, 16: Οὐ γὰρ σεσοφισμένοις μύθοις ἐξακολουθήσαντες ἐγνωρίσαμεν ὑμῖν τὴν τοῦ κυρίου ἡμῶν Ἰησοῦ Χριστοῦ δύναμιν καὶ παρουσίαν, ἀλλ’ ἐπόπται γενηθέντες τῆς ἐκείνου μεγαλειότητος… = "Infatti, non per essere andati dietro (xakolouthē´santes) a favole artificiosamente inventate vi abbiamo fatto conoscere la potenza e la venuta del Signore nostro Gesù Cristo.
[15] Lettera Piissimo di Leone II (683); testo cit. da La fede della Chiesa Cattolica, p. 266 (PL 96, 410).
[16] Cf. La fede della Chiesa Cattolica, p. 265-66.
[17] G. Alberigo - A. Dossetti - P.-P. Joannou - C. Leonardi - P. Prodi (a c. di), H. Jedin (in consult.), Conciliorum Oecumenicorum Decreta, testo bilingue, Bologna 1991, p. 135. Ho preferito "negatori della pietà" più conforme al testo originale (lat. "sine voluntate sunt pietatis" - gr. "τοὺς ἀθελήτους τῆς εὐσεβείας") che "avversari della retta fede", come proposto dalla fonte citata.
[18] "Et cum praedictis synodis consonantem et eadem sentientem sanctam et universalem sextam synodum suscipientes, quae in unius Christi duabus naturis consequenter etiam duas operationes ac totidem voluntates sapienter asseveravit; anathematizamus autem Theodorum qui fuit episcopus Pharan, et Sergium et Pyrrhum et Paulum et Petrum impios praesules Constantinopolitanorum ecclesiae, atque cum eis Honorium Romae, una cum Cyro Alexandriae, necnon et Macarium Antiochiae ac discipulum eius Stephanum, qui malae opinionis Apollinarii et Eutychetis ac Severi impiorum haeresiarcharum dogmata sectantes, sine operatione ac sine voluntate animatam anima rationabili et intellectuali Dei carnem, sensibus laesis et revera sine ratione praedicaverunt". Testo latino cit. da: Conciliorum Oecumenicorum Decreta, p161. Trad. it. redazionale; il testo greco è andato perduto.
[19] S. Alfonso M. De Liguori, Istoria delle eresie colle loro confutazioni, Bassano 1773, t. I, cap. VII, 8, p. 242.
[20] Storia universale della Chiesa Cattolica, vol. V, Torino 1860, p. 708, grassetto redazionale.
[21] Vedi nota 19 e 20.



9 commenti:

  1. Le dichiarazioni comuni di Papa Paolo VI e Giovanni Paolo II con le Chiese Cristiani Copti, Siri, Etiopi, Assiri, Armeni, (dopo il Concilio di Calcedonia, venivano chiamate Chiese monofisite o non-calcedonesi) hanno chiarito tutti professiamo la stessa ed identica fede pur utilizzando terminologie diverse che, nei secoli passati, furono male intesi.

    http://www.gliscritti.it/dchiesa/armeni.htm



    Quindi si trattò solo di una incomprensione linguistica. E’ la stessa fede espressa con diverse terminologie. Queste dichiarazioni comuni dei nostri tempi dimostrano che, paradossalmente, nel V-VI secolo avevano ragione proprio quei Papi come Anastasio II o Onorio I, la cui posizione era più conciliativa e disposta al dialogo.

    RispondiElimina
  2. I post dimostra quanto sia complessa e dfficile la questione di Papa Onorio. Per lo piu', sono d'accordo sostantanziamente con la tesi difesa da Morselli. Con la dovuta attenzione al prof. Di Mattei, questa di Morselli mi pare piu' concorde con la Tradizione della Chiesa. Come dice mons. Agostino Saba Papa Onorio I solo fu negligente, non eretico, cosa ribadita gia' dal Vaticano Primo. Papa Onorio fu inoltre come afferma il Saba uomo pio e devoto. L'illustrazione del Post lo dimostra: Papa Onorio nell mosaico della basilica di Sant'Agnese nella Via Nomentana, dallo stesso Papa abellita per la sua devozione verso la Santa. Sono gradito anche a don Alfredo Morselli per la menzione dell prof. Justo Collantes S.J. a cui tanto sono debitore per la sua sapienza, bonta' e fede. Voglio aggiungere un libro suo che a me ha fatto molto bene : La cara oculta del Vaticano I. Actualidad de un Concilio olvidado. Madrid BAC.

    RispondiElimina
  3. Alcune cose non mi convincono.
    Non sta a me giudicare se l'affermazione di Onorio sia eretica, ma al contrario di ciò che dice don Alfredo sembra che Onorio I in effetti sia stato dichiarato eretico dal Concilio Costantinopolitano III, se è vero che durante una sua sessione, come dice Roberto de Mattei, si comminò l'anatema Honorio hæretico. Io non ho trovato la fonte diretta, mi rifaccio a questo articolo:

    http://www.corrispondenzaromana.it/onorio-i-il-caso-controverso-di-un-papa-eretico/

    Non so se questo documento si possa considerare infallibile, ammesso che esista davvero con questo tenore; ma trovo nel Bellarmino (De Romano Pontifice, lib. II, c. 30) che "in VIII Synodo … recitantur acta Concilii Romani sub Hadriano, et in iis continebatur, Honorium Papam jure videri anathematizatum, quia de hæresi fuerat convictus" ("nell'VIII Concilio [= Costantinopolitano IV] … si citano gli atti del sinodo romano sotto Adriano [II], ed in essi si diceva che Papa Onorio [I] pareva essere stato anatemizzato a buon diritto, perché era stato dimostrato colpevole di eresia").

    http://documentacatholicaomnia.eu/20vs/229_Bellarminus,_Robertus/1542-1621,_Bellarminus_Robertus,_Opera_Omnia_(Vol_01_1856),_LT.pdf

    Il testo che qui interessa è a p. 421 del pdf. Del resto non c'è dubbio che Papa Onorio I fu anatemizzato dai suoi successori: davvero solo per avere una volta usato una formulazione perfettamente ortodossa ma che fu fraintesa?
    Ammesso dunque che sia vero che due concilii in comunione col Papa hanno dichiarato eretico un Papa, mi pare che convenga concordare col De Mattei dell'articolo richiamato sopra, e con É. Amann da lui citato: chi nega l'errore di Onorio per salvare l'infallibilità del magistero ordinario dei Papi solleva un problema più grande di quello che cerca di risolvere, perché di fatto nega l'infallibilità degli atti di un Concilio presieduto da un Papa. Del resto la possibilità di un Papa eretico è stata contemplata tanto dal diritto canonico (Decretum Gratiani, dist. XL, c. 6) quanto dalla teologia, e non c'è certo accordo sull'ipotesi teologica che la esclude. A mio modestissimo parere, quindi, ammetterla è sia più conforme alla verità, sia più conveniente per comprendere la dottrina dell'infallibilità papale, le cui interpretazioni "larghe" spesso mi paiono degli azzardi.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. La questione e', come ho detto, complessa e difficile. Don Alfredo Morselli pare simplificarla. In questo caso non sono d'accordo con don Morselli. Ma, a mio umile parere, non e' questa la via seguita dal Vaticano Primo ? Certo e' che la possibilita' di un Papa eretico e' contemplata dalla Teologia e dell Diritto Canonico. Per questo ho detto prima "con la dovuta attenzione al prof. Di Mattei"

      Elimina
  4. E' interessante leggere la Relatio del Vescovo Gasser al Vaticano Primo (Concilium Oecumenicorum Decreta. Bologna, citato da don Morselli). Gasser lascio' chiaro che Papa Onorio I non fu eretico.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Corretto: Sacrorum Conciliorum nova et amplissima collectio. Mansi. Graz 1960. E' la piu' completa. Contiene i Discorsi, Informi ecc. La Conciliun Oecumenicorum Decreta no.

      Elimina
    2. Conciliorum. Corretto

      Elimina
  5. Una esposizione chiara e sintetica e' la di Mons. Agostino Saba. Cito dalla edizione spagnola.
    Agostino Saba-Carlo Castiglioni HISTORIA DE LOS PAPAS. Volumen primero. Barcelona, Labor, 1948.

    RispondiElimina
  6. Chissà con quale Messale celebrava Messa Onorio I...

    RispondiElimina