ww.rossoporpora.org – 2 dicembre 2015
L’Avvenire di oggi, mercoledì 2 dicembre 2015, offre un ottimo esempio di Chiesa incidentata: da Padova a Senigallia, da Sassari alle pagine del quotidiano galantiniano è tutto un rincorrersi di sbandate. Come il magistero di Francesco viene recepito da certi cattolici, ansiosi di sventolare bandiera bianca davanti alle sfide anche identitarie del nostro tempo
Di Giuseppe Rusconi
Prendiamo a prestito il titolo di incisivo pamphlet del 1976
(Edizioni dello Scorpione) scritto da Federico Orlando (morto l’anno scorso, fu
compagno d’avventura di Indro Montanelli nella fondazione de “il Giornale”) per
connotare nella sostanza quello che sta emergendo in questi giorni in certa
parte del mondo cattolico a proposito di Natale, scuole, presepi e canti. Ce ne
dà l’occasione il quotidiano della Cei ‘L’Avvenire’, di cui peraltro
non finiremo mai di lodare certe battaglie come quelle contro il gioco d’azzardo
o sulla ‘terra dei fuochi’. Purtroppo in tema di identità e di valori non
negoziabili ‘L’Avvenire’ - ormai pienamente galantinizzato e di una
papolatria inferiore solo a quella della nota Tv 2000 (sempre della Cei) –
sconcerta e anche indigna ogni giorno di più. Vedi ad esempio quanto appare in
materia identitaria nel numero di oggi, mercoledì 2 dicembre.
In prima pagina ecco il titolo di apertura: “Natale ‘in ostaggio’ “. In
ostaggio di chi? Di “chi lo nega”, si legge nel sommario, ma anche di “chi ne fa
uso”. A che si riferisce il quotidiano galantiniano? Al preside (‘reggente’)
dell’istituto di Rozzano, che ha negato i canti natalizi in classe e ha
cancellato il concerto di Natale (sostituendolo con il ‘Concerto d’inverno’ nel
mese di gennaio). Fin qui l’Avvenire’ mantiene la rotta. Poi però,
ansioso di apparire ‘equilibrato’ evitando la terribile accusa di
‘fondamentalismo cattolico’, attacca con forza chi ha sollevato politicamente la
questione, chi (come si legge nell’editoriale del direttore) “con lo spadone
alzato prova invece a trasformare persino il presepe in arena di gladiatori”.
Insomma l’ Avvenire mette sullo stesso piano chi vuole cacciare Gesù
dalle scuole pubbliche e chi invece pubblicamente riafferma la valenza anche
identitaria del Natale. E’ la politica, quella di ‘Avvenire’ di chi, a
imitazione del segretario generale della Cei, strilla a voce alta che “no, di
qui non si passa!” e poi, venendo al dunque, trova sempre la scusa buona perché
“non si devono alimentare divisioni”. Proprio come vuole papa Francesco (salvo
naturalmente che in tema di ambiente e di povertà: lì sì che si deve ‘spingere’
sull’acceleratore, a costo di andare fuori strada!).
L’AVVENIRE SALUTA UNO STRANO ‘CORO DI NATALE’ A SENIGALLIA,
CON UNA DOCENTE DI RELIGIONE CATTOLICA IN PRIMA FILA
A pagina 2 ecco , su due colonne, le lettere dei lettori. Il titolo è già di
per sé significativo: “Il Natale è festa piena: Gesù, noi e ogni altro”. “Ogni
altro” chi? La risposta è nella prima lettera pubblicata, cui non segue nessuna
messa a punto del direttore ormai galantinizzato. Il che lascia pensare che non
abbia obiezioni particolari da rivolgere alla scrivente, una docente che insegna
religione cattolica in una scuola primaria di Senigallia e si firma come Delfina
Barbara Serpi. Nella lettera della Serpi, pubblicata in prima posizione (anche
questo non è irrilevante), si tocca con mano come il magistero di papa Francesco
sia recepito intensamente da certi cattolici. La Serpi nota che nella sua scuola
ogni anno (l’anno scorso, no… era un’avvisaglia?) si tiene una manifestazione
chiamata ‘Coro di Natale’ con 260 bambini. Quest’anno il ‘coro di Natale’ ci
sarà e avrà come tema: “La diversità”, come si sa un tipico tema natalizio.
Riferisce la Serpi: “La scaletta prevede Amazing Grace e
Feliz Navidad (perché è Natale), Good Guys di
Mika, testo sull’omosessualità, un paio di canzoni di Pierangelo Bertoli
(inquinamento e povertà), Adriano Celentano e la ‘cementificazione’, canzoni di
amicizia e girotondo dei più piccoli”. Un vero programma natalizio
imposto a 260 bambini delle elementari di Senigallia, con il pieno
appoggio di un insegnante di religione cattolica. C’è bisogno di
commentare ulteriormente tale episodio grossolano di ‘Chiesa incidentata’?
QUANT’E’ BUONISTA IL NUOVO VESCOVO DI PADOVA, DALLA BANDIERA BIANCA
INCORPORATA…
Però, dice la saggezza popolare, l’esempio vien dall’alto. E allora, a pagina
7 di ‘Avvenire’ (‘Primo piano’), ecco la vicenda penosa del vescovo
Claudio Cipolla, che – nominato da papa Francesco – ha fatto il suo ingresso in
diocesi di Padova lo scorso 18 ottobre. Ebbene, il titolo di ‘Avvenire’
su quanto accaduto così suona: “Non alziamo steccati ma costruiamo ponti”. Con
il sottotitolo: “Il vescovo di Padova: no a passi indietro. I simboli natalizi?
Alla luce del Vangelo”. Nell’occhiello: “Chiamato in causa pretestuosamente dopo
un intervento a una tv locale veneta, il presule precisa il senso delle sue
parole”. (notare il ‘pretestuosamente’).
Che cos’era successo? Il vescovo Cipolla il 30 novembre aveva dichiarato ai
microfoni di Rete Veneta, a margine di una messa celebrata in Duomo e a
proposito delle polemiche su presepi e canti natalizi nelle scuole pubbliche:
“Non dobbiamo presentarci (NdR: noi cristiani, noi cattolici)
pretendendo qualsiasi cosa che magari anche la nostra tradizione e la nostra
cultura vedrebbe come ovvio. Se fosse necessario per mantenere la tranquillità e
le relazioni fraterne tra di noi (NdR: con i musulmani e con gli altri)
io non avrei paura a fare marcia indietro su tante nostre tradizioni”. Hoc
dixit il vescovo cattolico di Padova. Indignate ( pretestuose, proclama
l’Avvenire) reazioni a non finire, tra cui quelle – con una lettera
circostanziata e di buon senso - del ‘governatore’ del Veneto Luca Zaia. Hoc
dixit e, considerato il contesto, non può esserci dubbio sul significato di
‘resa’ della sua dichiarazione. Mons. Cipolla però ha tentato di giustificarsi e
ha tra l’altro rilasciato un’intervista ad ‘Avvenire’ , che appare
sempre a pagina 5 dell’edizione odierna. Come interpreta il vescovo il suo
riferirsi alla “marcia indietro su tante nostre tradizioni”? “Pensavo
genericamente a chi non la pensa come noi”. Ma che risposta è? Il vescovo di
Padova crede che possiamo bere tutto quanto propina? E poi: “Ovviamente io non
sono contro la presenza della religione nello spazio pubblico, né tantomeno
contro le tradizioni religiose. Ma né l’una né l’altra possono essere strumenti
di separazione, conflittualità, divisioni”. Abbiamo capito bene? Per il vescovo
di Padova un presepe e un canto di Natale possono essere “strumenti di
separazione, conflittualità, divisioni”. O, come rileva il compiacente
‘Avvenire’ in una bacchettata di due colonne a Zaia e al sindaco di
Padova Bitonci, trasformarsi in “trincea”.
E A SASSARI? UNA TAVOLA ROTONDA SULLA ‘MULTICULTURALITA’ INVECE DELLA
VISITA DELL’ARCIVESCOVO. L’AVVENIRE: VINCE IL BUON SENSO
Ma ‘Avvenire’ sforna nella stessa pagina, un’altra perla, che
riguarda il caso di ua scuola di Sassari, il cui Consiglio di Istituto ha deciso
di rifiutare all’arcivescovo della città, mons. Paolo Atzei, la visita natalizia
suscitando aspre polemiche. Si compiace il quotidiano galantiniano: “Svolta a
Sassari. Il caso è chiuso”. L’articolo così incomincia: “Pace fatta a Sassari.
Alla fine ha prevalso il buon senso”. Vediamo che tipo di buon senso:
l’organizzazione di una tavola rotonda sul tema della multiculturalità, cui
parteciperà anche l’arcivescovo, immaginiamo insieme con rappresentanti di altre
religioni. Una tavola sul tema della multiculturalità, in cui è facilmente
prevedibile uno straripamento di melassa buonista a esaltare la Nuova
Fratellanza Universale. La cultura della resa la trionferà… evviva il
multiculturalismo, abbasso l’identità.
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