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mercoledì 18 novembre 2015

Supplica a Papa Francesco da un non credente occidentale


Giuliano Ferrara
Qualche anno fa a Verona Benedetto XVI e Camillo Ruini parlarono ai vescovi italiani. Parlarono di fede e cultura, di Cristo e del Logos, la ragione che si allea con la Parola, senza identificazioni e senza conflitti irrimediabili. Ne parlarono da specialisti, l’uno teologo l’altro filosofo, e immagino anche da pastori della chiesa cattolica. In un passaggio del suo discorso Ratzinger diede il benvenuto a noi intellettuali laici che fervorosamente appoggiavamo la piattaforma di illuminismo cristiano e di umanesimo colto e filosoficamente implicato del pontificato. Ora Francesco fa di noi degli eretici impenitenti, anche a nome del mio intimo e caro amico Maurizio Crippa, che ne ha scritto su tono diverso dal mio nel Fogliuzzo di ieri. Voi direte: ma che notizia è? Vi siete montati la testa? I papi hanno altro da pensare e da fare.

 E’ vero. Ma c’è un problema oggettivo, che discende direttamente dalla predicazione gaudiosa, beata, umile ed entusiastica di questo gesuita argentino divenuto capo della chiesa di Roma. Intanto, e mi dispiace per i critici improvvisati di Ross Douthat, il Pontefice è a caccia, se non di eretici, di eresie. Pelagio era un monaco irlandese che tra il IV e V secolo dell’èra cristiana sostenne, attirandosi i fulmini tra gli altri di sant’Agostino, che l’uomo può salvarsi con le sue forze. Mi pare effettivamente un’eresia contro la dottrina della grazia che santifica, ma non ho titoli per dirlo, su questo valgono le parole dei teologi, dei dottori della chiesa e dei papi. Anche la Gnosi, la tendenza a credere che esista una ragione illuminante e illuminata, capace di distinguere il bene e il male, di sostituirsi in certo senso alla mano del Santissimo (semplifico ad abundantiam) è a quanto si è sempre detto un’eresia: la mela dell’albero della conoscenza del bene e del male è stata mangiata una volta con conseguenze letali per l’umanità, tra le quali la comparsa della morte e della concupiscenza, e per questa ragione niente abbuffate di mele. Va bene, Francesco se l’è presa anche con gli gnostici. E ha predicato con efficacia: siate pastori e basta, cari fratelli nell’episcopato, non perdete tempo con la normatività pelagiana, la fede nelle strutture umane e istituzionali, e con i ragionamenti esoterici su bene e male degli gnostici, altrimenti perderete la carne tenera della misericordia e la figura centrale della fede, che è Cristo Gesù, il messia, e meglio ancora l’uomo delle beatitudini. Fate come quel vescovo che in autobus non trovava appigli per la gran folla che vi era ristretta all’ora di punta, e così ha scoperto che il pastore si sostiene con i corpi dei passeggeri del bus, e può farne all’occasione il famoso ospedale da campo.

Tutto bene: la dottrina pastoralizzata esclude nonché l’ideologia, falsa coscienza, anche la cultura, lo sforzo di conoscenza razionale, la solitudine spirituale. Manca però il monaco, specie in quel bus, e qui a Parigi, a pochi passi dal Collegio dei Bernardins dove Benedetto fece un famoso discorso sui monaci e la cultura europea, il mio amico Gabriel Matzneff, maestro e complice come direbbe lui, mi ha ricordato che Francesco è un grande Papa di Roma eppure dimentica sistematicamente il monachesimo, che poi (Matzneff è ortodosso russo) sarebbe la condizione ideale a cui tendere del cristiano.

Manca anche l’università, e qui c’è la Sorbonne, se proprio non vogliamo ricordare Firenze accademica e Bologna la dotta. Manca la politica, non dico Richelieu e Mazzarino ma almeno i movimenti del Novecento, i carismi di massa, e magari perfino l’azione cattolica, quella grande del 18 aprile.
Voi direte. Non rompere, nelle parole di Francesco ci sono la fede e l’incontro con Cristo, che è l’unico teologo autorizzato. C’è il vangelo, che è l’unico libro importante (salvo magari quella impertinente pretesa del matrimonio indissolubile). C’è la tradizione viva, che supera in breccia ogni norma, che liquida i conservatori del santuario e porta nella piazza del moderno semantico e mediatico le questioni del nuovo umanesimo.

Bene, una sola osservazione: Francesco restituisce e dà molto, ma qualcosa toglie. A me non credente, infarinato di cultura occidentale, finirà per togliere quasi tutto, compreso il battesimo voluto da mia nonna. Non offro lezioni di alcun genere a un Papa, sono mica matto. Ma gli rivolgo una supplica né gnostica né pelagiana: faccia della sua misericordia e del suo pauperismo evangelico una glossa a duemila anni di storia cristiana, un’aggiunta significativa e non imprevedibile e alquanto giustificata dalla renuntiatio del predecessore, non un’insignificante pretesa di esclusività pastorale. Non ci sono nel mondo che Francesco ama troppo, e a cui Francesco piace troppo, soltanto i lestofanti dello spirito e i profittatori della buona morale comune, cioè i giornalisti-teologi progressisti, ci siamo anche noi, smarriti di fronte alla complessità della situazione. Comunque, sulla questione del telefonino a tavola, lo amo e lo seguo incondizionatamente.

5 commenti:

  1. Eh sì....la pretesa di indissolubilità del matrimonio è proprio "impertinente".....quella pagina del Vangelo mi sa che è stata saltata da molti alti prelati...

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  2. Un plauso per questo bellissimo articolo! Dopo avere studiato per 6 anni teologia ed essere iscritto ora a filosofia, e dopo aver assimilato la solidissima ossatura teoretica del tomismo e dello scotismo,attraverso la quale mi sono sempre più innamorato del mistero di Dio fattosi uomo in Cristo, strumenti per altro,quelli teologici e filosofici,utilissimi per un vero apostolato sulla falsa riga della carità spirituale di Rosmini, non capisco come si faccia rinunciare toutcourt a conciliare sempre di più fede e ragione, per aprirci a un buonismo smielato ea un irenismo
    Senza fondamento. A parte qualche imprecisione sulla definizione che il papa ha dato di gnosi durante il discorso di Firenze, il sottoscritto non si sente nè gnostico nè pelagiano per il semplice fatto di amare profondamente la Chiesa e di essere radicato con il cuore nella sua tradizione bimillenaria, sia in materia di teologia sia in materia di liturgia. Rinunciare al legame che unisce il Logos alla nostra fede, vuol dire rinunciare alla bellezza e alla sua percezione,la dimensione dal greco chiamata estetica, di qui l'apostolo Giovanni sviluppa una profonda teologia nella sua prima lettera, in cui si evince come ogni uomo possa fare esperienza di Cristo virgola attraverso le mani che hanno toccato, gli orecchi che hanno udito, gli occhi che hanno visto il verbo della vita o sia il Logos

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    1. Citando la satira numero 8 del celebre poeta latino Persio, il medico pietoso lascia morire il paziente di cancrena. Quello che un malato chiede al medico, non è la simpatia ma è la competenza. Questo è quello che da fedele anche io chiedo ai miei pastori. Quando non c'è una forte ossatura di pensiero anziché i contenuti si annunciano i contenitori il messaggio del Vangelo diventa un messaggio pacifista immerso in una dottrina squallidamente populista. Personalmente amo di più la categoria teologica del corpo mistico rispetto a quella del popolo di Dio che risente molto dell'Antico Testamento, ciononostante anche io, come espressione del popolo di Dio che rappresenta in virtù del mio battesimo del quale faccio parte, citando quel Salmo che dice che i leoncelli ruggiscono chiedendo a Dio il loro cibo, anche io chiedo ai pastori di essere fedeli alla grazia del sacramento dell'ordine il quale è composto di tre doni,i tria munera,regendi docendi e santificandi! E di due potestates, una sopra il corpo di Cristo vero che è l'Eucarestia, dalla quale dipende la seconda che la potestà sopra il corpo di Cristo mistico, che si fonda sulla prima cioè sull'Eucaristia. Soprattutto chiedo di smetterla di trattare il popolo di Dio come una massa di deficienti, attraverso l'uso di parole del senso collettivo o astratto virgola attraverso categorie cat progressiste che non hanno nulla a che spartire con il vero cristianesimo, attraverso parole come discernimento, comunità eclesia le, e chi più ne ha più ne metta, che sono tutti concerti collettivi e astratti e che quindi non colgono la differenza specifica delle cose. Abbiamo bisogno di pastori che tornino all'Evangelico Est Est non non !!!

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    2. Mi scuso per qualche errore di ortografia e di sintassi frutto del cellulare

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    3. Bravo Sebastiano, finalmente un bel post per ribadire che del Vangelo devono essere annunciati i contenuti, di contenitori oggi ne abbiamo sin troppi.

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