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Il canto della Kalenda nella liturgia romana

Nella liturgia romana all’inizio della Messa di mezzanotte si può cantare la cosiddetta « Kalenda », ovvero la solenne proclamazione della n...

venerdì 5 giugno 2015

Fraternità S. Pio X: La Congregazione per la Dottrina della Fede nomina mons. Fellay "giudice di prima istanza" in caso di processo contro preti lefebvriani.

 

 Fellay incaricato dalla Santa Sede di processare un suo sacerdote
Il superiore della Fraternità San Pio X fondata da Lefebvre è stato nominato dalla Congregazione per la dottrina della fede giudice di prima istanza nel procedimento contro un prete lefebvriano macchiatosi di un grave delitto

di A. Tornielli, da Vatican Insider del 03.06.2015

 A rivelarlo è stato lui stesso, nel corso di un'omelia tenuta il 10 maggio in una chiesa di Arcadia, in California: il superiore generale della Fraternità San Pio X, il vescovo Bernard Fellay è stato incaricato dalla Congregazione per la dottrina della fede di fare da giudice di prima istanza per un caso riguardante un sacerdote lefebvriano. I «delicta graviora» che ricadono sotto la competenza dell'ex Sant'Uffizio sono diversi e tra questi il più frequente è quello di abuso sessuale di un minore. Fellay ha parlato di questo esempio presentandolo come un caso  delle «contraddizioni» della Santa Sede nei confronti della Fraternità.
«Siamo etichettati come irregolari, nella migliore delle ipotesi. "Irregolare" significa che non si può fare nulla, e così per esempio che ci hanno proibito di celebrare la messa nelle chiese di Roma, per le suore domenicane che hanno compiuto il loro pellegrinaggio nel mese di febbraio. Ci dicono: "No, non è possibile, perché siete irregolari". Le persone che ce lo dicono appartengono alla Pontificia commissione Ecclesia Dei».

«Ora - ha aggiunto il vescovo Fellay - a volte, purtroppo, anche i preti fanno cose stupide, e hanno bisogno di essere puniti. E quando il caso è molto, molto grave, dobbiamo fare ricorso a Roma. Quindi lo facciamo. E che cosa fa la Congregazione per la dottrina della fede? Beh, sono stato nominato giudice per questo caso. Così sono stato nominato da parte di Roma, dalla Congregazione per la dottrina della fede, per dare giudizi, giudizi canonici della Chiesa su alcuni dei nostri sacerdoti che appartengono ad una società per loro (per Roma, ndr) inesistente. E così, ancora una volta, una bella contraddizione davvero!».
Non è una novità per la Fraternità San Pio X far ricorso  alle autorità romane nei casi riguardanti i «delicta graviora» e le dispense sacerdotali. La novità è data dal fatto che questa volta l'ex Sant'Uffizio, presieduto dal cardinale Gerhard Ludwig Müller, ha deciso di affidare allo stesso monsignor Fellay il giudizio di prima istanza sul caso. Un segno di attenzione. Un segno del fatto che il percorso verso la piena comunione con i lefebvriani prosegue, come conferma a Vatican Insider l'arcivescovo Guido Pozzo, segretario della Pontificia commissione Ecclesia Dei: «La decisione della Congregazione per la dottrina della fede non implica che i problemi ancora esistenti sono stati risolti, ma è un segno di benevolenza e di magnanimità. Non ci vedo alcuna contraddizione, ma piuttosto un passo verso la riconciliazione».
Come si ricorderà, un altro segnale significativo era arrivato lo scorso aprile con il via libera dell'arcivescovo di Buenos Aires perché i lefebvriani venissero registrati dal governo dell'Argentina come «associazione diocesana». E non va dimenticato che a un grande pellegrinaggio della Fraternità San Pio X è stato permesso di celebrare l'eucaristia nella basilica di Lourdes.
Perché allora Fellay parla di contraddizione? Il riferimento è al pellegrinaggio a Roma dello scorso febbraio, al quale hanno partecipato 1500 fedeli, organizzato dalle suore domenicane che aderiscono alla San Pio X. Era stata fatta richiesta, attraverso la Pontificia commissione Ecclesia Dei, di celebrare una messa all'altare della Cattedra, nella basilica vaticana. Le autorità dell'Ecclesia Dei avevano ritenuto, in questo caso, che la messa in San Pietro celebrata da un sacerdote lefebvriano prima della soluzione dei problemi ancora esistenti in vista della regolarizzazione canonica e della piena comunione, potesse risultare un segnale sbagliato. Era stato però proposto, con l'accordo di Papa Francesco, che quella messa in San Pietro venisse celebrata in rito antico da un sacerdote dell'Ecclesia Dei. Ma le autorità della San Pio X avevano declinato l'offerta.
In ogni caso, la designazione di Fellay quale giudice di prima istanza da parte della Congregazione per la dottrina della fede attesta che il dialogo sta facendo passi avanti.

35 commenti:

  1. Ma se, come dicono alcuni "gerarchi" tipo vescovo di Albano, la Fraternità S. Pio X è fuori della Chiesa cattolica, come mai le autorità romane sottopongono a processo canonico un prete di questa comunità "non cattolica"? E come mai addirittura demandano il giudizio canonico, sia pur in prima istanza, al vertice della S. Pio X? Chi giudica i casi di delicta graviora commessi da preti delle comunità ortodosse, eretiche e scismatiche? Qualche spiegazione chiara sarebbe opportuna.

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    1. Caro signor Pastorelli: le domande che Lei si fa anch'io mi faccio. Spiegazione e fatti devono venire subito. Se non si accresce la confusione.

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    2. Già... Sarebbe stato meglio se giudice di prima istanza fosse stato il card. Kasper, magari?
      Non è il caso di creare polemica ad hoc

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    3. Nessuna polemica. Semplicemente si vuol sottolineare che delle due l'una: o la Fraternità è "dentro", e allora va tutto bene, o è "fuori" e allora Roma non deve interferire in una congregazione "non cattolica", neppure se n'è richiesta dal Superiore di tale congregazione.
      Io ho sempre ritenuto che la Fraternità sia "dentro", molto più fuori che i terrazzi son coloro che la voglion frantumare. Certo, esistono problemi, ma carità e docilità se ben sentite e vissute avrebbero già dovuto risolverli. E non si può attender ancora molto vista la carenza di vocazioni "ufficiali".

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    4. Concordo anche in questo caso con Partorelli. O dentro o fuori!!

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  2. Non mi fido di nessuno. Ne in questa vicenda, ne in le ambigue parole del Cardinal Sarah o meglio dal Papa regnante. Desidero fatti. Perche la cosa va male nella Chiesa. Questa e' la realta' che io vedo nella mia Diocesi, nelle Chiese dove asisto alla Santa Messa. La Messa strapazzata e anche profanata. Il prete fa quello che volle e no osserva le norme liturgiche. E il Cardinale Arcivescovo guarda un altra parte. Credo che ha ragione Mons. Fellay: una bella contraddizione. Ma alla fine contraddizione.

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  3. Questo commento è stato eliminato da un amministratore del blog.

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  4. Attenzione: la Chiesa naviga senza bussola ! Guai da tutti noi !

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  5. Calma, calma, calma! Qui la contraddizione è partita dalla S. Pio X e non da Roma: non è la S. Sede a voler sottoporre a processo canonico un sacerdote della Fraternità; ma è la Fraternità ad aver fatto ricorso a Roma perché questa sottoponesse a processo il sacerdote.
    Inoltre, come emerge chiaramente dall'articolo di Tornielli, mons. Fellay ora grida "contraddizione!" perché gli torna comodo, ma tace sul riconoscimento della Fraternità in Argentina, tace sul rifiuto della Fraternità a partecipare ad una messa V. O. in S. Pietro celebrata non da un sacerdote della Fraternità ma da un sacerdote dell'Ecclesia Dei, tace anche sull'occupazione illegale da parte della Fraternità della chiesa cattolica (romana) di Saint Nicolas a Parigi...
    Le contraddizioni - è evidente - riguardano entrambe le parti .

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    1. le chiese in Francia sono patrimonio e proprieta' dello stato ....

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    2. Deo Gratias all' illegalita' di Saint Nicholas !! .... ancora si guarda alla pagliuca e non alla trave nell' occhio !!!

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    3. E' innegabilmente curioso (per non dire contraddittorio o persino ridicolo) che quei soggetti che (illegalmente) scacciano il parroco di Saint Nicholas e ne occupano la chiesa, poi si ritrovino a chiedere all'autorità romana di processare un proprio sacerdote.
      E questo a prescindere che le chiese francesi siano proprietà della Chiesa o dello Stato.

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    4. La Fraternità ha sempre affidato a Roma i casi di delicta graviora. e Roma li ha esaminati. Che senso ha allora giudicare la Fraternità fuori della Chiesa?

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  6. Non è un comportamento così contraddittorio. Il ragionamento è: avete voluto ordinare i vostri vescovi? I vostri vescovi hanno ordinato dei preti? Uno di questi ha fatto delle schifezze? Adesso vedetevela un po' voi!

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    1. E perché in precedenza casi del genere li ha esaminati Roma a cui la S. PIO X li ha sempre affidati?

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  7. dal momento in cui la Santa Sede investe Mons. Fellay del suo potere di giudicare si assume la responsabilità del giudizio, quindi Anonimo delle 17.01 è esattamente il contrario di quello che dici tu. Anzi si tratta di prima istanza, il che suppone che la seconda ovviamente sia della Congregazione stessa.

    Sul rifiuto di partecipare alla Messa VO in San Pietro di cui parla l'anonimo delle 16.16, i fatti sono leggermente più complessi: delle suore legate alla FSSPX da decenni chiedono di dire una Messa in una basilica per un loro pellegrinaggio di migliaia di persone. Si vedono rispondere sì ma non da un prete della FSSPX. Le suore, cui i preti della FSSPX offrono cappellania da 40 anni, non si sentono di commettere un'ingratitudine del genere e ricusano l'offerta. Contraddizione c'è anche qui, perché a Lourdes da anni la FSSPX è autorizzata a celebrare Messe solenni e Pontificali nel Santuario in occasione dell'annuale pellegrinaggio, mentre a Roma in circostanze del tutto analoghe no.

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    1. Mi sembra una soluzione un po' semplicistica.
      Come a dire che l'Eucaristia sia "più vera" o "più preferibile" a seconda che al nome di chi celebra segua la sigla FSSPX piuttosto che FSSP piuttosto che ICRSS, ecc. Come a dire che P. Tizio FSSPX è "più sacerdote" di don Caio FSSP. Ricordo che ogni sacerdote non agisce per nome o per conto suo, ma a nome e in persona Christi. I sacramenti agiscono ex opere operato, cioè in virtù dell'opera salvifica di Cristo.
      In sintesi: cos'è che conta? La salvezza dell'anima e la celebrazione del sacrificio eucaristico in una delle chiese più antiche, preziose e significative della cristianità, o che sull'altare sieda Padre Tizio o don Caio?
      Come dire che per "troppa gentilezza" delle suore un pellegrinaggio di migliaia di persone non ha potuto assistere alla S. Messa nella basilica di S. Pietro...
      Paradossale

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    2. In primo luogo ometto il problema della professione di fede legata alla Messa, per tenermi al livello umano del problema che in sé è sufficiente a spiegare l'accaduto; inoltre mi pare ovvio che le suore hanno avuto la Messa, anche se non in una basilica, e quindi non si sono certo private del sacrificio eucaristico. Mi pare la minima carità e correttezza non scaricare delle persone con cui combatti da quarant'anni solo per farsi il piacere di avere una Messa in una basilica invece che in una sala. Se ti dicono: vieni a questa Messa ma guarda che i tuoi amici qui non ci devono mettere piede, ammesso che tu possa comunque assistere alla Messa altrove, che fai?

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    3. A me più che carità, correttezza o gentilezza, pare un'occasione come tante altre per strumentalizzare la tradizione.
      A prescindere dal fatto che il sacrificio eucaristico ha lo stesso valore sia che venga celebrato a S. Pietro sia nella cappellina di montagna, essersi recati apposta in pellegrinaggio a Roma e poi rifiutare la messa a S. Pietro per una questione di sigla, è abbastanza funzionale a scopi poco caritatevoli.
      Stiamo parlando della chiesa cuore della cristianità, della sede del papato, della tomba di Pietro, della Cattedra del Vicario di Cristo in Terra. Caro anonimo delle 18,21: sì, avrebbe avuto un certo valore celebrare messa lì piuttosto che altrove (tanto più che in quel posto ci si è recati apposta in pellegrinaggio!!!), e questo a prescindere da quello che fanno gli amici.

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  8. Il Vaticano ha fatto bene a non consentire celebrazioni ufficiali e solenni in San Pietro a sacerdoti FSSPX, dal momento che questi ultimi si rifiutano di farsi regolarizzare da Roma. cosa avrebbe dovuto fare la S. Sede? Dare un segnale sbagliato al mondo intero facendo falsamente credere che la FSSPX sia riconosciuta da Roma? E poi sappiamo benissimo che la Fraternità rifiuta di assistere a Messe VO celebrate da sacerdoti fedeli a Roma, poichè ne mette in dubbio la validità dell'ordinazione. Infatti, sacerdoti diocesani passati alla FSSPX, come il veneto don Massimo Sbicego, hanno dovuto ripetere l'ordinazione presbiterale, neanche provenissero dall'anglicanesimo! E' una vergogna! Chi è causa del suo mal pianga se stesso. Evviva Socci!

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    1. E nello stesso tempo investe il superiore di questa Fraternità di poteri giurisdizionali !!! La Fraternità afferma di esser "dentro" con posiziioni critiche", Roma dice che è fuori ma concede giurisdizione. Via!

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  9. Io concordo con lei sig. Pastorelli. O la Fraternità è "dentro", e tutto va bene, o è "fuori" e allora Roma non deve interferire in una congregazione "non cattolica", neppure se n'è richiesta dal Superiore di tale congregazione.
    Tuttavia il ragionamento è "circolare" e va completato anche dal punto di vista della Fraternità: o la Chiesa di Roma (chiamiamola così per intenderci) è cattolica (e dunque non ha tradito la Rivelazione nella Sacra Tradizione) o non è cattolica (e dunque, avendo stravolto la Rivelazione, è eretica)! Dunque... Che rispondiamo?
    Ora, se la Fraternità si considera "cattolica ma con posizioni critiche" e la Chiesa di Roma considera la Fraternità "cattolica irregolare", è chiaro che le contraddizioni sono da ambo i lati.
    Ma nel caso di specie è stata la Fraternità a commettere il passo falso. Che senso ha rivolgersi ad un'autorità che si considera pressappoco eretica perché definisca il giudice ecclesiastico di prima istanza?
    Il solo fatto che, come altri han fatto notare, i sacerdoti romani che entrano nella Fraternità devono ricevere nuovamente l'ordinazione è espressione che per la Fraternità la Chiesa di Roma è eretica, come se avesse interrotto la Successione Apostolica e dunque la S. Tradizione.
    Ora, io non sto prendendo parte al dibattito sull’ermeneutica del Vaticano II. Il mio è un semplice e banale ragionamento logico. O si serve Dio o Mammona, il mezzo non esiste. Questo vale tanto per la Chiesa di Roma quanto per la Fraternità, e le contraddizioni vengono da entrambe. Nel caso di specie dalla Fraternità.
    Insomma: perché affidare i delicta graviora ad un’autorità che non è nemmeno considerata tale? Perché disconoscere l’autorità di Roma in materia di mandato pontificio per le ordinazioni episcopali e invece riconoscerla per i delicta graviora? Questo è solo uno tra i tanti esempi che si possono fare. Che senso ha questo atteggiamento ambiguo da parte di entrambe? In particolare però dalla Fraternità, perché Roma è pronta ad accogliere la Fraternità. E’ la Fraternità che non vuole farsi accogliere da Roma. E allora ripeto: perché la FSSPX riconoscere l’autorità di Roma a intermittenza?

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    1. Lo scambio di opinioni è lecito, la disinformazione non dovrebbe esserlo. La FSSPX non mette in dubbio la validità dell'Ordine NO, e Francesco (il blogger sopra, non il Papa) farebbe meglio ad informarsi su quello che dice prima di scrivere, come sul caso di don Massimo Sbicego. Sacerdoti tutt'ora incardinati nelle loro parrocchie e "biritualisti" celebrano abitualmente in priorati e seminari FSSPX, cosa che non potrebbero fare se la Fraternità non li ritenesse preti.
      Quanto al chiedere l'intervento dell'autorità papale per atti che solo questa può compiere, come la riduzione allo stato laicale, mi sembra assurdo meravigliarsi o scandalizzarsi. Prima ci si lamenta del "sedevacantismo pratico della FSSPX, e quando questa ricorre (come ha sempre fatto) alla Santa Sede per ciò che solo il Papa può fare ci si lamenta lo stesso. La novità non sta nel fatto che in casi di assoluzione da censure o processi del genere la FSSPX si rivolga, come è logico, a Roma (che da sempre procede in queste situazioni sui membri della FSSPX stessa), ma che Roma deleghi per la prima istanza il Superiore della FSSPX stessa

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    2. Quanto alla pretesa "intermittenza", il ragionamento della FSSPX è semplice. Se per conservare la fede cattolica non posso accettare concilio e NOM, dal momento in cui per rispettare certe richieste del diritto mi sarà richiesto di accettarli, posso ricorrere a princìpi più alti e procedere secondo il diritto che mi viene dallo stato di necessità. Quando invece è possibile ricorrere alle vie ordinarie, specialmente per atti riservati dal diritto divino alla potestà papale, non si vede motivo di non farlo. Tra l'altro, secondo l'ecclesiologia preconciliare, proprio del solo Pontefice è conferire la giurisdizione episcopale, distinta dal potere d'ordine, che quando necessario per una grave necessità generale può essere trasmesso lecitamente e non solo validamente senza il consenso del Papa. Del tutto impossibile per il diritto divino e scismatico in senso stretto sarebbe pretendere di conferire giurisdizione. Mons. Lefebvre ribadì più volte questa capitale distinzione, per spiegare che con le consacrazioni dell'88 non aveva voluto negare in nessun modo l'autorità del Papa

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    3. Ma è proprio questa la contraddizione della FSSPX! Non ha senso rivolgersi a Roma se non se ne riconosce l'autorità! E non ha senso riconoscerla ad intermittenza! Perché lei mi distingue potestà d'ordine e potestà di giurisdizione, il che è vero ma solo a livello concettuale. Perché poi sono in un rapporto sostanziale di causa-effetto, e la distinzione sfuma nel concreto.
      Quindi - premesso che l'autorizzazione a Lefebvre da parte del Pontefice era arrivata per agosto e per un vescovo (e qui mi domando dove sia la grave necessità di non poter aspettare 60 giorni e ordinarne ben tre anziché uno) - conferendo la potestà di ordine, volente o nolente, si è conferito anche la potestà di giurisdizione!
      Se poi la FSSPX ritiene che la Chiesa di Roma abbia tradito la S. Tradizione (e dunque la Rivelazione), non ha assolutamente alcun senso - nemmeno sotto un profilo di giurisdizione - rivolgersi ad essa per i delicta graviora.
      E non trovo scandaloso che Roma abbia affidato al Superiore della FSSPX il ruolo di giudice di prima istanza. Il primo passo lo ha fatto la Fraternità, trovo coerente che Roma risponda nel modo più dialogante possibile. Come altri han hanno notare: sarebbe forse stato meglio che giudice di prima istanza fosse stato il card. Kasper?

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    4. La Fraternità riconosce l'autorità di Roma, ma non tace sugli equivoci dottrinali o addirittura sugli errori teologici propalati da una parte della gerarchia, proprio perché si riconosce "dentro".
      Si rilegga il discorso di Lefebvre il giorno della consacrazione dei 4 vescovi. Non conferisce loro giurisdizione.

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    5. Scusi se insisto, ma la invito a prendere atto dei cann.. 129§1 e 130. La potestà di giurisdizione, che riguarda sia il foro esterno che quello interno, spetta a coloro insigniti dell'ordine sacro.
      A prescindere dalle intenzioni e dal discorso di mons. Lefebvre nel giorno della consacrazione, l'idoneità ad esercitare potere di giurisdizione è stata conferita.

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    6. Riguardo la Fraternità che riconosce (almeno all'apparenza) l'autorità di Roma io ho dei serissimi dubbi, perché anche in questo caso c'è contraddizione, in quanto la cosiddetta FSSPX è scismatica e non riconosce la validità della Messa N. O. e nemmeno la validità del sacerdozio e dell'episcopato postconciliare e addirittura il loro fondatore aveva parlato di Messa e Sacramenti "bastardi", quindi, più chiaro di così ...

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  10. Strano che si trovino preti pedofili, quindi da processare, anche nella Fraternità San Pio X... pensavo che l'indossare sempre la talare li salvaguardasse da questi impulsi

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    1. figurati poi se nemmeno provi a portarla che succede...

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    2. Molti anni fa, anni '80 del secolo scorso, ebbi occasione per una volta di parlare con il vescovo (?) Munari dell'Istituto Mater Boni Consilii, - poi sparito di circolazione con donna e figli - in casa della defunta prof.ssa Balotta a Firenze, in presenza di amici, tra cui Chiara Asselle, Anna Coppi ed il marito generale di cui ora mi sfugge il nome. Questo vescovo parlò di circa 80 membri della Fraternità cacciati da Lefebvre per motivi morali. Dunque - sempre che non ci fosse acrimonia e menzogna nelle parole dell'ex-lefebvriano - mi sembra che la selezione sia molto attenta.
      Tutti i giorni leggiamo di preti e diaconi diocesani implicati in tristi vicende sessuali. Perché non ci dovrebbero esser mele marce negli istituti tradizionali? L'importante è che si faccia pulizia.

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    3. altro che talare ! con la tonsura , in discoteca vestito D&G NON CI VAI !!!!!!

      e tante grasssssssssssssie a S.Paolo VI !

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  11. Preghiamo, fratelli!! Celebriamo e facciamo celebrare SS. Messe e affidiamo tutto al Signore!

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  12. Se un prete ha commesso pedofilia è da processare penalmente dallo Stato. Fino alla fine del processo c'è la presunzione di innocenza. Si è già sicuri che detto prete sia colpevole?

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    1. E chi lo sa? Qui il problema principale è l'atteggiamento di Roma causato da una vicenda comunque dolorosa. Certo non credo che Fellay si sia mosso senza qualche solido fondamento. Speriamo che abbia errato e che il prete possa dimostrare la sua innocenza.

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