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lunedì 17 novembre 2014

Mons. Pozzo: "L'Autorità può proibire la celebrazione agli ordini religiosi e a determinate condizioni in rito antico".

Traiamo da Chiesaa e Post Concilio questo articolo che riguarda la seria vicenda dell'Istituto del Buon Pastore, e segnatamente un'affermazione di Mons. Pozzo, secondo il quale l'Autorità avrebbe facoltà di proibire agli ordini religiosi,  a particolari condizioni, le celebrazioni secondo il rito antico. Le motivazioni addotte dal Segretario dell'Ecclesia Dei non convincono affatto. 
Già tempo fa mons. Pozzo, aveva avuto di che trattare sull'IBP (si veda qui)
Avevamo salutato con cauto ottimismo il ritorno di Mons. Pozzo alla Pontificia Commissione per il rito antico: non vorremmo, a seguito di questi spiacevoli e inspiegabili episodi, doverci ricredere.
Roberto


 Cosa resta dell’ “exclusive”?Da Chiesa e post Concilio del 17.11.2014


 Premessa: nel 2006, un anno prima del Summorum Pontificum, la Santa Sede accordava all'Istituto del Buon Pastore (IBP) uno Statuto che garantiva il diritto di celebrare esclusivamente la liturgia tradizionale in latino e il diritto ad una critica «seria e costruttiva» del Concilio Vaticano II.

Come prevedibile, è da tempo cominciata la normalizzazione dell'IBP: gli eventi di questi ultimi anni di cui abbiamo riportato diverse volte anche su questo blog [qui] lo mostrano [e sul blog di MiL qui; e qui; n.d.r.]

L'ultima deludente novità [qui] viene da mons. Pozzo della pontificia commissione Ecclesia Dei, che ha recentemente fatto capire all'IBP che la liturgia tradizionale può essere proibita dall’autorità1 e che il diritto di critica «seria e costruttiva» al Vaticano II deve cedere il posto all'ermeneutica della continuità (che è quella cosa obbligatoria per i tradizionalisti, facoltativa per i progressisti).

Evidentemente all'IBP non è bastato affiggere in fretta e furia ritratti di Bergoglio in tutte le stanze a cominciare dal refettorio.
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1. La motivazione addotta da mons. Pozzo, oltre ad essere capziosa, estrae da un improvvido cilindro una strana e inquietante spiegazione “ermeneutica” arricchita dalle osservazioni della nostra fonte:

...il Vetus Ordo non è mai stato abolito in sé ... perché la Chiesa «non abolisce una forma in quanto tale», però «l’autorità della Chiesa limita o restringe l’uso dei testi liturgici»; è ciò che di fatto «si è verificato negli anni del dopo-Concilio» e tutti devono obbedienza a questo genere di misure restrittive, che di fatto possono non permettere, in certi tempi o ad alcuni soggetti, la celebrazione della Messa tradizionale, sebbene questa, in sé, resti “mai abolita”.

A prescindere dai trattati che si potrebbero scrivere a proposito della 'forma' e da quanto abbiamo già detto e ripetuto su discorsi che sanno di affabulazione e pressappochismo (il problema è sempre quello: la mutazione del linguaggio e il magistero liquido) e non di insegnamento o direttiva che lo supporti, cito sempre dalla fonte:

""Si tratta, plausibilmente, di una ermeneutica della continuità così esasperata (non è anche questa «ideologizzazione»?) da voler vedere continuità anche tra il motu proprio Summorum Pontificum (col suo “mai abolita”), e la notoria recente proibizione di tale celebrazione a qualche Ordine, sebbene biritualista ed anche cultore dell’obbedienza cieca. Ma - di fatto - un tale discorso ha pure il tono di un avvertimento: nella realtà concreta, la Messa tradizionale può essere tolta.""

Sottolineo la gravità di quanto accade e continuo a chiedermi dove trovare appigli umanamente esperibili nell'attuale contesto - pur sempre necessari insieme agli strumenti spirituali - per non rassegnarci a rinunciare definitivamente alla resistenza a simili decisioni prese con autoritarismo anziché con Autorità fondata sul diritto, senz'alcuna motivazione esplicitata in termini teologici e canonici, completamente assenti dalla nuova 'pastorale', ormai fine a se stessa e autolegittimantesi senza confini.
E la cosa senza dubbio ci riguarda, perché questa tendenza che si cerca di imporre arbitrariamente anche contro la mens della Legge per la Chiesa universale costituita dal motu proprio di Benedetto XVI, oltre a coinvolgere - per ora - due Ordini vessati (tenendo conto che ai FI non è bastato neppure essere biritualisti), coinvolge sia in atto che in prospettiva i fedeli che amano e vivono la Tradizione e i loro sacerdoti. Ed ora continuo a chiedermi in maniera sempre più cogente anche 'come' resistere, se non andando avanti nei nostri rispettivi gruppi, ma con la difficoltà di promuovere iniziative pastorali alla luce del sole senza chi ci rappresenti autorevolmente, avuto anche riguardo alle recenti purghe di conio spietatamente tirannico...

Rilevo anche, circa le possibilità un tempo adombrate di “critica costruttiva” di certi punti del Concilio Vaticano II (e a maggior ragione dei successivi sviluppi), l'affermazione di Mons. Pozzo che l’ultimo Concilio sarebbe « in perfetta continuità e fedeltà con la Tradizione». Giustamente viene osservato dal commentatore che, se la continuità è addirittura «perfetta», allora non si tratta neppure della risoluzione di un problema, ma dell’affermazione - tautologica - dell’inesistenza del problema.

Ma come possiamo continuare a portare avanti questo discorso - sentito, sofferto, approfondito spiritualmente e teologicamente sulla base del Magistero considerato obsoleto su principi per i quali NON PUÒ esserlo ma rischia di essere ormai oltrepassato - da semplici fedeli su un blog che, sì, coinvolge spiriti e coscienze, fornisce ragioni, ribadisce principi, dissotterra tesori e crea consapevolezza, ma non può andare oltre questo? E la storia - e la vita - non si fa con le idee e con le parole, per quanto illuminate possano essere. Ma esse  fondano e motivano l'azione, perché la storia - e la vita - si fa anche e soprattutto con i fatti!

Quanto qui riportato è l'ennesimo segnale che la situazione è molto grave e molto seria. Per noi decisamente soffocante, esattamente nei termini indicati da Mons. Gherardini [qui], il quale, dopo aver passato in rassegna le radici di storture e devianze come quelle che ogni giorno segnaliamo, dichiara che esse non hanno diritto di cittadinanza nella “città di Dio”, essendo antitetiche alla sua costituzione e alla sua vita.

Di tutte queste storture e devianze e ribellioni s'intesse, sì, la passio Ecclesiae, ma è una passione che non s'identifica mistericamente con quella di Cristo, non arricchisce e non dilata la Chiesa come il sangue dei martiri. La mortifica, anzi la strozza, le rifila l'aria che dovrebbe respirare, la riduce al rantolo. Contro questa passio, pertanto, occorre prender posizione, essa va neutralizzata, e l'unica maniera per farlo è quella d'una fedeltà a tutta prova: la fedeltà dei santi.

Sì, noi continuiamo a pregare, ad affidarci e a custodire la fedeltà. Ma dov'è il nostro Atanasio? 
(M.G.)