La prima "vittima" del Sinodo
di Gianfranco Amato, da La NuovaBussola Quotidiana, del 14.10.2014
Gabriella è una brava ragazza di parrocchia, che ha vissuto, fino a
pochi giorni fa, un tormentato dilemma. Doveva decidere se aderire alla
richiesta del suo ragazzo Guido di andare a convivere con lui.
La vicenda è divenuta un piccolo dramma familiare
quando è stata esternata ai genitori, entrambi cattolici praticanti e
membri di riferimento della loro comunità ecclesiale. Da qualche giorno
Gabriella ha potuto finalmente tirare un sospiro di sollievo. A
rimuovere gli ultimi scrupoli morali per quella sua sofferta decisione
ci ha pensato la Sala Stampa Vaticana. Non poteva credere alle proprie
orecchie quando ha saputo che la Seconda Congregazione del Sinodo per la
famiglia ha dichiarato che «le unioni di fatto in cui si conviva con
fedeltà ed amore, presentano elementi di santificazione e di verità». È
corsa dalla madre e, dopo averle precisato che lei e Guido si vogliono
bene e sono fedeli, le ha spiegato che con la nuova Chiesa di Papa
Francesco anche nella forma di convivenza che loro vogliono vivere ci
sono «elementi di santificazione e verità». Niente più remore di sorta.
Gabriella ha quindi raccolto le sue cose e ha lasciato la casa paterna
per andare a sperimentare questa nuova modalità di «santificazione e
verità». Inimmaginabile il cruccio dei genitori, che non sono affatto
degli anziani bigotti. Anzi, sono relativamente giovani e appartengono
alla generazione cresciuta con gli insegnamenti di San Giovanni Paolo
II, il Papa della Familiaris Consortio. La loro dottrina è quella del
Catechismo della Chiesa Cattolica – che, peraltro, non pare essere stato
ancora abrogato – il quale sulla questione della “libera unione” ha
posizioni di magistero assai chiare. I genitori di Gabriella sono ancora
convinti che valga, per esempio, l’art. 2390 del Catechismo, quello che
recita così: «Si ha una libera unione quando l'uomo e la donna
rifiutano di dare una forma giuridica e pubblica a un legame che implica
l'intimità sessuale. L'espressione è fallace: che senso può avere una
unione in cui le persone non si impegnano l'una nei confronti
dell'altra, e manifestano in tal modo una mancanza di fiducia
nell'altro, in se stessi o nell'avvenire? L’espressione abbraccia
situazioni diverse: concubinato, rifiuto del matrimonio come tale,
incapacità di legarsi con impegni a lungo termine (Cf Giovanni Paolo II,
Esort. ap. Familiaris consortio, 81). Tutte queste situazioni
costituiscono un'offesa alla dignità del matrimonio; distruggono l'idea
stessa della famiglia; indeboliscono il senso della fedeltà. Sono
contrarie alla legge morale: l'atto sessuale deve avere posto
esclusivamente nel matrimonio; al di fuori di esso costituisce sempre un
peccato grave ed esclude dalla comunione sacramentale».
Al corso prematrimoniale frequentato dai genitori di Gabriella
era stato loro spiegata l’inconsistenza dei motivi invocati a
giustificazione della convivenza prima delle nozze. Era stato letto
loro, infatti, l’art. 2391 del Catechismo: «Molti attualmente reclamano
una specie di “diritto alla prova” quando c'è intenzione di sposarsi.
Qualunque sia la fermezza del proposito di coloro che si impegnano in
rapporti sessuali prematuri, tali rapporti “non consentono di
assicurare, nella sua sincerità e fedeltà, la relazione interpersonale
di un uomo e di una donna, e specialmente di proteggerla dalle fantasie e
dai capricci” (Sacra Congregazione per la Dottrina della Fede, Dich.
Persona humana, 7). L'unione carnale è moralmente legittima solo quando
tra l'uomo e la donna si sia instaurata una comunità di vita definitiva.
L'amore umano non ammette la “prova”. Esige un dono totale e definitivo
delle persone tra loro (Cf Giovanni Paolo II, Esort. ap. Familiaris
consortio, 80)».
Sia detto con tutto il rispetto, ma la vicenda di Gabriella dimostra
come non sembri essere davvero un ottimo metodo quello di dare in pasto
alla stampa le riflessioni “franche” dei padri sinodali prima che si
giunga ad una posizione finale e definitiva. Si rischiano di
sottovalutare gli effetti negativi, sotto il profilo pedagogico, che
semplici affermazioni estemporanee, fuori contesto, non circostanziate e
non approfondite, possono avere sull’opinione pubblica, soprattutto
fra coloro che non hanno un’adeguata maturità o solidità dottrinale. A
meno che – ma Dio non voglia – l’obiettivo sia proprio quello di
demolire il depositum fidei, un colpo alla volta, grazie al piccone di
Padre Lombardi. Sempre ai genitori di Gabriella, quando erano fidanzati,
il parroco aveva spiegato anche che secondo l’art. 2400 del Catechismo,
«l’adulterio e il divorzio, la poligamia e la libera unione
costituiscono gravi offese alla dignità del matrimonio». Un cattolico
fortemente preoccupato potrebbe chiedersi se dopo lo sdoganamento della
libera unione, toccherà alla poligamia, al divorzio e all’adulterio. In
tal caso occorrerebbe modificare l’art. 2400 del Catechismo. Anzi,
abrogarlo.