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giovedì 13 marzo 2014

L'atteggiamento dei Pontefici nei confronti dei Barbari

La responsabilità petrina nell’età del gender
di Cristina Siccardi, da Corrispondenza Romana

Due Pontefici che sentirono in modo considerevole il senso della responsabilità petrina furono san Gregorio Magno (540 ca.-604) e sant’Innocenzo I (?-417), la memoria liturgica dei quali cade per entrambi il 12 marzo: il primo nel calendario del Vetus Ordo e il secondo in quello del Novus Ordo.
Che cosa intendiamo per senso della responsabilità petrina? «Tutta l’Europa è nelle mani dei Barbari… e, malgrado tutto, i preti … cercano ancora per sé stessi e fanno sfoggio di nuovi e profani titoli di superbia!», questo diceva Papa Gregorio, uno dei Pontefici più grandi della Storia, che si è caricato di tutta la responsabilità a cui è tenuto un Vicario di Cristo. Anche oggi, come ieri, tutta l’Europa è nelle mani dei Barbari, che distruggono le radici cristiane, che uccidono i bambini non ancora nati, che uccidono quelli sofferenti (non concependo più né la vita di croce, né la possibilità del miracolo), che divulgano proprio fra gli innocenti la demoniaca teoria del Gender con devastanti programmi scolastici. E il Papa dei nostri tragici giorni come potrebbe contrastare questi carnefici? Non certo con la «libertà di coscienza».
Disse Gesù: «Figlie di Gerusalemme, non piangete su di me, ma piangete su voi stesse e sui vostri figli. Ecco, verranno giorni nei quali si dirà: “Beate le sterili, i grembi che non hanno generato e i seni che non hanno allattato”. Allora cominceranno a dire ai monti: ‘‘Cadete su di noi!’’, e alle colline: ‘‘Copriteci!’’. Perché, se si tratta così il legno verde, che avverrà del legno secco?» (Lc. 23, 27-31). Di fronte ai Barbari di allora san Gregorio Magno agì responsabilmente: i Longobardi devastavano l’Italia, facendo fuggire il clero e facendo prigionieri. «Con i miei stessi occhi», scrisse, «ho visto i romani legati come cani da una corda al collo che venivano condotti via per essere venduti come schiavi».
I tentativi del Papa per ottenere una pace subirono la disapprovazione dell’Imperatore Maurizio, che lo accusò di infedeltà all’Impero e di insensatezza per i suoi tentativi di negoziazione. Il Pontefice replicò con una lettera nella quale sosteneva che l’Imperatore si doveva guardare dai cattivi consiglieri che lo circondavano: «L’Italia ogni giorno viene condotta prigioniera sotto il giogo dei Longobardi e, mentre non si crede affatto alle mie argomentazioni, le forze dei nemici crescono oltre misura». Le trattative con i Longobardi continuarono e portarono buoni frutti.
Gregorio Magno fu attivo su più fronti: cercò di dissuadere le popolazioni dall’idolatria e dal paganesimo; in meno di due anni diecimila Angli, compreso il re del Kent, Edelberto, si convertirono e portò alla conversione gli stessi Longobardi che dall’eresia ariana approdarono al Cattolicesimo, grazie anche all’influente sostegno della Regina Teodolinda.
L’epistolario e le omelie di San Gregorio documentano la sua vasta preparazione e le sue molteplici attività, fra cui la riorganizzazione della liturgia romana e la promozione del canto gregoriano. L’iconografia lo riproduce spesso con una colomba sulla spalla perché la Tradizione (tramandata da un intellettuale longobardo della corte di Carlo Magno, Paul Warnefried, detto Paolo Diacono) racconta che il Papa avrebbe dettato i suoi canti ad un monaco, alternando tale dettatura a lunghe pause; il monaco, incuriosito, scostò un lembo del paravento che lo separava dal Pontefice per vedere cosa facesse durante i lunghi silenzi e assistette al miracolo: una colomba (lo Spirito Santo) gli dettava i canti all’orecchio.
Anche sant’Innocenzo difese il Papato e la cristianità. La sua sollecitudine è testimoniata dalle numerose epistole inviate ai diversi vescovi, che sono diventate parte integrante del magistero dei pontefici successivi. L’assedio e la presa di Roma da parte dei Visigoti di Alarico avvenne durante il suo pontificato. Tuttavia la caduta di Roma, narrata sia da sant’Agostino che da san Girolamo, non segnò il declino dell’autorità pontificia perché il Papa riuscì, con la sua determinazione e con la grazia di Dio, a prendere degli accordi con Alarico, il quale diede ai suoi uomini piena libertà di saccheggio, ma ordinò di risparmiare la vita della popolazione e di rispettare le chiese.
Il primo pensiero sia di san Gregorio Magno che di sant’Innocenzo, consapevoli della responsabilità del loro mandato divino, fu sempre e solo la difesa della Fede e della Sposa di Cristo e a nessuno, neppure ai Barbari, permisero di calpestarle.

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