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mercoledì 15 gennaio 2014

"I morti, doppiamente morti al freddo di queste liturgie" ( e di certe musiche …)

Dopo aver ascoltato mercoledì 15 gennaio 2014 alle ore 7,30 su Radio Maria “l’animazione liturgica” a cura delle sorelle francescane di Betania al modo di un qualsiasi e scialbo " piano bar " , in diretta dal Santuario di Santa Maria delle Vertighe di Monte San Savino (Arezzo)  , ci è venuto in mente  questo Articolo ( da Il Giornale di Vicenza) scritto dal   grande Maestro Bepi de Marzi, una delle glorie musicali italiche , Organista, Pianista, Clavicembalista, Compositore e Direttore di Coro.
Benedetto XVI, da grande liturgista, si adoperò tantissimo per ripristinare lo splendore religioso-artistico della Liturgia di cui la Musica Sacra è "diletta sposa" ( Servo di Dio Paolo VI ). 
Come ben sappiamo anche in questo pio proposito Egli non fu assecondato con l’amarissima conseguenza che tutto questo malcostume purtroppo domina ancora. 
L'emittente radiofonica non è responsabile in proprio dell'impostazione liturgica e musicale delle chiese dove vengono trasmesse le liturgie quotidiane però è dato a tutti di constatare che  lo staff dirigenziale di Radio Maria promuove dei disorientanti ritmi rockettari carismatici  a scapito dei bei canti popolari e devozionali che costituivano uno dei vanti della nostra ( già) cristiana società. 
I dirigenti di quell'emittente cattolica non sanno che la maggior parte degli ascoltatori è costituita da  anziani e malati desiderosi di attingere da Radio Maria un po' di serena spiritualità anche attraverso le semplici e toccanti melodie devozionali dei nostri padri   ?
A.C.

"La messa sarà animata dal Gruppo Cantasuona". 

Ecco l'immagine dello sfacelo liturgico. Animare la messa significa delegare qualcuno che in chiesa suoni e canti, con testi quasi sempre casuali, "da animazione", che vuol dire anche "da intrattenimento", mentre nella navata tutti tacciono e, per lo più, nemmeno pregano. 
E questo degrado lo si può notare, ufficializzato per l'Italia intera, ogni domenica nelle due messe televisive, alle 10 su Rete Quattro e alle 11 su Rai Uno: meste processioni con chierichetti o chiericoni impacciati, spaesati nella recita, nonni-diaconi con stola a bandoliera, gruppi corali improvvisati, quasi sempre formati da voci senili che divagano sussiegose tra le canzoni da campeggio o da devozioni turistiche: le donne con l'immancabile sciarpetta colorata. 
Testi e musiche provenienti dai repertori mistico-rock dei complessi giovanili, ma generalmente "confezionate alla bisogna", come denunciava desolatamente l'illuminatissimo, ispiratissimo e inascoltato musicista toscano monsignor Domenico Bartolucci, già direttore della Cappella Sistina, poi messo da parte dalle misteriose trame vaticane e fatto cardinale per consolazione, investitura interpretata dagli estimatori e dagli allievi come ulteriore umiliazione. 
È scomparso proprio in questi giorni. 
Era nato nel Mugello, a Borgo San Lorenzo, nel 1917. 
Il suo fecondo comporre percorreva l'infallibile e insuperabile tematica gregoriana. 
E dopo di lui "il diluvio" con quella che è stata chiamata "la carica post-conciliare dei trecentocinquantamila": tanti sono stati, e ancora si moltiplicano impuniti, i compositori improvvisati, i versificatori con le più grottesche metafore bibliche, i chitarristi, gli zufolatori, i tamburisti da messa.
Mentre gli organi a canne restano chiusi a chiave e nei Seminari diocesani, come nei conventi, non si affrontano più nemmeno i primi elementi del solfeggio.
«In chiesa imperversano musiche banalissime con testi risibili, infantili», ripete amaramente Riccardo Muti. 
Ma i musicisti e i poeti sono ormai dei solitari che intonano lamentazioni portate via dal vento della banalità. 
A Natale godremo con: "Gesù, Gesù, Gesù, disceso fin quaggiù, hai fatto tanta strada, riposati anche tu". 
E appare sempre più lontana, ormai impossibile, l'esortazione del vescovo di Vicenza monsignor Ferdinando Rodolfi che ottant'anni fa, ispirato dalla competenza, dall'entusiasmo e dalla donazione di don Ernesto Dalla Libera, diceva "Che il popolo canti!". 
Quale popolo, ora, con le chiese sempre più vuote? 
"I morti, doppiamente morti al freddo di queste liturgie" ( difatti la Liturgia "riformata" non è mai riuscita a "scaldare" il cuore dei fedeli con le conseguenze pratiche che si lamentano da 45 anni N.d.R.), cantava un altro inascoltato, padre David Maria Turoldo ( tutt'altro che tradizionalista anzi ... N.d.R) . 
"Risuscitò, ohò-ohò", ci è dato di sopportare anche da queste parti. 
Abbiamo visto il disagio del Papa ad Assisi. 
Davanti aveva decine di migliaia di "curiosi muti da messa turistica" mentre i fraticelli e i fratoni scottolavano beati, quasi svolanti, senza mai un canto collettivo o una preghiera diffusa. 
"Animava" la messa papale un gruppo invisibile, con una voce femminile che sovrastava tutto e tutti. 
Le musiche? 
Alla bisogna. 

Bepi De Marzi ”

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