Post in evidenza

Perché il primo annuncio del Natale fu dato a degli umili pastori?

"Il mistero dell’Incarnazione pone il Cristianesimo in un’originale posizione –unica rispetto alle altre religioni– di valorizzazione d...

mercoledì 20 novembre 2013

"Siamo ancora cattolici o che cosa siamo diventati?" (Gnocchi e Palmaro)


Alessandro Gnocchi e Mario Palmaro tornano sulle colonne de “il Foglio” di oggi con un nuovo articolo, un bellissimo articolo che fa nuovamente riflettere e fa esclamare al lettore: «È vero, è proprio così!». Non si tratta di dire tradizionalisti o non tradizionalisti, progressisti o non progressisti, conservatori o non conservatori; occorre andare al nocciolo della questione e chiedersi: siamo ancora cattolici o che cosa siamo diventati?
I sentimenti buoni non sono sinonimo di cattolicità. Essere cattolici significa avere una dottrina e seguirla, unire in un unico corpo lex credendi e lex orandi, significa pensare da cattolico, parlare da cattolico, agire da cattolico… altrimenti non si è cattolici, si è qualcos’altro. Nessuno è obbligato ad essere cattolico, ma nessuno può dire di essere cattolico se, concretamente, non lo è. Oggi anche un ateo o un agnostico può affermare tranquillamente, senza battere ciglio: «sono d’accordo con il Papa», un tempo una cosa simile non sarebbe mai accaduta.
Il pericolo per la Chiesa della nostra epoca è quello di essere troppo asservita ai parametri del mondo, ai parametri dei poteri governativi e statali. Siamo di fronte al pericolo di una Chiesa sguarnita, indifesa, soggetta ai venti esterni «senza disciplina, senza unità nella devozione e nel rito, senza educazione nei suoi chierici, senza vita sacerdotale tra i suoi Vescovi e i suoi preti, senza presa sulle coscienze popolari, incredula ai misteri, insensibile al mondo invisibile» (C. Lovera di Castiglione, Il Movimento di Oxford, Morcelliana, Brescia 1935, p. 191). Il Movimento di Oxford fu quel movimento di pensiero inglese diretto ed elaborato dal Cardinale Newman, attraverso il quale questo geniale professore smascherò, in maniera sublime, gli errori della chiesa anglicana, dalla quale si separò per abbracciare la Chiesa di Roma.  Fu studiando le eresie dei primi secoli, fu studiando i Padri della Chiesa che Newman comprese che ciò che era accaduto nel XVI secolo con il Protestantesimo non era altro che l’antico errore: ci si separava dalla dottrina e dal rito sacro di Roma e si inventavano cose nuove. «Lo scopersi quasi con terrore; c’era una somiglianza spaventosa – tanto più spaventosa in quanto così silente e priva di passione – fra le morte reliquie del passato e la cronaca febbrile del presente. L’ombra del quinto secolo gravava sul sedicesimo. Era come se uno spirito sorgesse dalle torbide acque del vecchio mondo con la figura e i lineamenti del mondo nuovo. La Chiesa, allora come ora, poteva apparire dura e perentoria, risoluta, autoritaria e implacabile; e gli eretici erano sfuggenti, mutevoli, riservati ed infidi; sempre pronti a adulare il potere civile in accordo fra loro soltanto con l’aiuto di esso, e il potere civile mirava sempre nuove annessioni, cercando di togliere di mezzo l’invisibile e sostituendo l’opportunità alla fede» (J.H. Newman,  Apologia pro vita sua, Jaca Book, Milano 19952, p. 144-145).
Dopo il Concilio Vaticano II i tradizionalisti sono stati considerati duri, perentori, risoluti, autoritari, implacabili… soltanto perché non volevano e non vogliono che all’amata Chiesa venga sottratta la sua reale e originaria identità, quella che la Tradizione ha trasmesso.
Molti pastori della Chiesa che sono senza misericordia contro coloro che vogliono vivere cattolicamente (pensiamo al caso emblema della Fraternità Sacerdotale San Pio X con i suoi Vescovi, i suoi sacerdoti, i suoi seminaristi, i suoi fedeli sparsi nel mondo), sono poi morbidissimi e tolleranti nei confronti dei peccati, anche quelli mortali: è indubbio che il primo problema, oggi, non è più quello di perseguire la vita soprannaturale e di avere come primo obiettivo quello della salvezza delle anime, ma di inseguire ciò che il mondo afferma, propone e talvolta, con le leggi, impone ai popoli (pensiamo, per esempio, a quella terribile battaglia contro l’aborto, che "C"attolici come Mario Palmaro conducono con determinazione e risolutezza).
Oggi è il tempo della grande tentazione per la Chiesa.
Divisione e confusione regnano nel mondo e i valori di Dio, di patria e di famiglia sono stati scalzati per dare spazio ad una pianificazione materialista e individualista, in una sfrenata rincorsa dell’uomo al piacere, che porterà l’uomo stesso a schiantarsi contro se stesso, autodistruggendosi. «La norma del diritto moderno», affermava il Terziario francescano Attilio Mordini (1923-1966), che ha affrontato coraggiosamente i problemi del nostro tempo nel solco vivo della tradizione cristiana «è l’uomo, ma l’uomo non è definibile; l’uomo non può essere oggetto, e solo come immagine di Dio può sostanziarsi quale presenza di eternità nel tempo e nel mondo» (Il Tempio del Cristianesimo. Per una retorica della storia, il Cerchio, Rimini 2006, p. 153).
A Treviri, secondo la Tradizione, si custodisce la veste inconsutile del Salvatore, quella che i soldati si giocarono a dadi al momento della crocifissione: «Ora la tunica era senza cuciture, tessuta tutta d’un pezzo da cima a fondo» (Gv 19, 23). Ecco, la Chiesa è chiamata a custodire fedelmente, «da cima a fondo», il tesoro consegnato da Cristo agli Apostoli e non può cedere alle lusinghe: aver tolto dal sito Internet vaticano l’intervista di Papa Francesco ad Eugenio Scalfari è la dimostrazione che questa Chiesa è fragile, vulnerabile, in balia proprio delle tentazioni.
Cristina Siccardi

 Denzinger, e il mondano dimezzato

È durata poco l’intervista volterriana. Francesco contro lo spirito
del mondo. Denzinger, pioniere del dogma. Rahner: buona coscienza
e libero esame. Si assolvono i peccatori, non i peccati, ecco il punto

di Alessandro Gnocchi e Mario Palmaro, il Foglio, 20.11.2013

Accolta “con gioia” come si usa nella Chiesa d’oggi, difesa senza “se” e senza “ma”, ermeneutizzata come si conviene e poi, alla fine, ritirata dal sito internet vaticano, dove era rimasta un mese e mezzo: da famosa che era, l’intervista di Papa Francesco a Eugenio Scalfari è stata archiviata con un semplice click. Attendibile nel suo complesso, ha spiegato il direttore della sala stampa padre Lombardi, non lo è in alcune singole parti, anche se il controverso passaggio sulla coscienza sarebbe “del tutto compatibile con il Catechismo della Chiesa cattolica”.
Pur deposta nei faldoni della semplice cronaca, tale vicenda rimane a indicare un tasso di confusione eccessivo persino per un ospedale da campo. E’ davvero strano che nessuno si sia chiesto, preventivamente e prudentemente, se l’intervistatore della stampa volterriana fosse un malato venuto a farsi curare o un untore neanche troppo mimetizzato. Riconoscere cosa vi sia nell’animo dell’interlocutore mondano è questione che lo stesso papa Francesco, nell’omelia di Santa Marta di lunedì scorso, ha indicato come essenziale. Commentando un passo del “Libro dei Maccabei” ha messo in guardia dal rischio di fare mercimonio della fedeltà al Signore, poiché lo spirito del mondo negozia tutto. Ma l’istantanea della Chiesa postmoderna ritrae da decenni un luogo di mediazione più che una cittadella decisa a resistere. Un posto dove molti agiscono con aria di sufficienza nell’adozione di criteri, metodi e strumenti necessari per comprendere tanto le lusinghe del mondo quanto i lamenti della Chiesa.
La tensione al ragionevole rigore di moda sotto Benedetto XVI, che insieme all’ascesi e alla preghiera mette al riparo dalle sirene del mondo, pare evaporata. Oggi, basta solo richiamare la precisione affilata e caritatevole con cui la Chiesa si è sempre espressa su fede, dottrina e morale per passare come ideologizzati specialisti del Logos. Guai a chi osi evocare l’opera di un benemerito pioniere della teologia dogmatica come Heinrich Denzinger: si viene tacciati di voler sostituire il Vangelo con il suo “Enchiridion Symbolorum”, quel cristallino compendio dei principali testi del magistero che dovrebbe fare da argine là dove il mondo interroga, provoca, negozia, corrompe. Aggiornato costantemente nel corso dei decenni, il “Denzinger”, che ha preso il nome del suo primo autore, è uno dei riferimenti più sicuri per chiunque voglia conoscere e praticare il perenne pensiero della Chiesa: ma non piace più, irrita, infastidisce. Per scoprire la ragione di tale avversità basterebbe andare su Wikipedia, dove, in un’impietosa, sinteticissima riga, si legge: “Il grande teologo fondamentale gesuita Karl Rahner ha tuttavia messo in guardia studenti e studiosi sul rischio riduzionistico di una ‘teologia del Denzinger’”. Se si considera che, nella Chiesa contemporanea, l’inventore della teoria dei “cristiani anonimi” ha sostituito San Tommaso come doctor communis, diviene comprensibile l’universale avversione per il “Denzinger”, severo giudice di chiunque ami abbandonarsi a un qualunque incontro personale con il Vangelo. In qualche modo, ritorna in superficie il tema della coscienza personale che Rahner, confratello di Papa Francesco, ha descritto nella “Fatica di credere” in termini che hanno indubbiamente fatto scuola, e che scuola: “Chiunque segue la propria coscienza, sia che ritenga di dover essere cristiano oppure non-cristiano, sia che ritenga di dover essere ateo oppure credente, un tale individuo è accetto e accettato da Dio e può conseguire quella vita eterna che nella nostra fede cristiana noi confessiamo come fine di tutti gli uomini. In altre parole: la grazia e la giustificazione, l’unione e la comunione con Dio, la possibilità di raggiungere la vita eterna, tutto ciò incontra un ostacolo solo nella cattiva coscienza di un uomo”.
Posto davanti al Vangelo, un pensiero simile non può che rifuggire il cogente rigore del “Denzinger”, che è il cogente rigore della Chiesa. Ma la fede cattolica non può risolversi nel semplice incontro personale con il Vangelo. Lo spiega il domenicano padre Roger-Thomas Calmel nella “Breve apologia della Chiesa di sempre”: “Che ci sia dunque un andirivieni frequente dalla lettera della Scrittura alle formule dei Concili e del Catechismo e viceversa. Passiamo dalla lettera dell’Antico o del Nuovo Testamento alle definizioni conciliari o pontificie per meglio coglierne il contenuto esatto, il vero significato del testo sacro. Poi ritorniamo dai Concili e dal catechismo al semplice testo scritturale per non perdere mai di vista il dato vivo, concreto, soprannaturale, inesauribile, del quale le formulazioni del magistero ecclesiastico esprimono, con tutta la precisione necessaria, la profondità e il mistero”.
La guerra al “Denzinger”, e quindi all’armonioso dipanarsi e manifestarsi della dottrina perenne della Chiesa, viene da lontano. Non a caso Rahner spiega che “gli enunciati della fede tradizionale sono inadeguati, in buona parte, per lo meno per quanto concerne ciò che è necessario prima di ogni altra cosa: l’annuncio della fede(…) Proposizioni come ‘vi sono tre persone in Dio’, ‘noi siamo salvati dal sangue di Gesù Cristo’ sono puramente e semplicemente incomprensibili per un uomo moderno (…) esse fanno la stessa impressione della pura mitologia di una religione del tempo passato”. Secondo il teologo gesuita, dunque, al palato dell’uomo contemporaneo, Gesù che resuscita Lazzaro ha lo stesso sapore di Ercole che sconfigge l’Idra o di Teseo che uccide il Minotauro. Quindi non rimane che riformare l’annuncio e sintonizzarsi sulla lunghezza d’onda della modernità, trarre le parole dai desideri del nuovo uditorio.
Giuseppe Siri, un cardinale che rischiò di diventare Papa, coglie lucidamente la questione, quando in “Getsemani” scrive: “Il grande principio di morte è il principio di secolarizzazione: il mondo contiene le forza della plenaria realizzazione degli uomini e ne è anche l’ambiente, in cui lo scopo della vita dell’uomo deve essere raggiunto; occorrerebbe dunque abolire ogni distinzione tra sacro e profano, tra Chiesa e mondo”. Diagnosi confermata da quanto Edward Schillebeeckx andava dicendo nel 1970: “In Cristo è ora possibile dire Amen alla realtà mondana e considerarla come culto poiché, dopo l’apparizione di Gesù, sulla terra abita la pienezza di Dio”.
Se l’oggetto del nuovo culto è il mondo, diventa impossibile entrarvi in conflitto. I vescovi americani che contestano Barak Obama, evidentemente, non seguono Rahner o Schillebeeckx. Ma centinaia di gesuiti con le loro università cattoliche e centinaia di suore in rivolta dicono Amen al presidente e rendono culto al mondo. Il vero problema dell’ospedale da campo è distinguere chi vi distribuisce la medicina buona e chi eutanizza il paziente.
Se è vero che lo spirito mondano induce a negoziare finanche la fedeltà a Dio, come ha detto il Papa nell’omelia, bisognerebbe avere anche il coraggio denunciare chi, nell’accampamento cattolico, si macchia di intelligenza col nemico. Non è possibile additare le lusinghe del mondo e tollerare un Rahner che dice: “Con il progredire della storia della grazia, il mondo diviene sempre più indipendente, maturo, profano, e deve pensare ad auto realizzarsi. Questa crescente mondanità storica (…) non è una sventura che si contrappone ostinatamente alla grazia e alla chiesa, ma è invece il modo nel quale la grazia si realizza a poco a poco nella creazione”.
Sulla scia dell’ambiguo e ossessivo “primato della Parola” e del “sola fide” di matrice luterana, la Chiesa ha finito per specchiarsi nell’orizzonte ribaltato di un pelagianesimo che nega il senso del peccato e osanna il mondo. L’esito è comunque il depotenziamento della tradizione e della funzione di mater et magistra. Il libero esame, il soggettivismo, la “sola scriptura” prendono la scena svuotando di significato il ruolo dei vescovi e del Papa. Ma l’orizzonte logico di tale operazione è debolissimo poiché è la tradizione a precedere e definire la parola: è la Chiesa a stabilire quali siano i testi sacri e come vadano interpretati. Fatto che determina l’impossibilità di parlare di “religione del libro”, posto che i testi sacri sono oggettivamente diversi nella lettera e nella loro interpretazione. La Chiesa precede storicamente e logicamente la scrittura e per questo, spiega il cardinale Siri, “colui che relativizza la tradizione relativizza la scrittura”.
La bellezza perenne e unica del cattolicesimo sta nella capacità di comporre e armonizzare tutti questi elementi. Sta nella continua tensione tra ragione e mistero, tra anelito terreno e risposta celeste che, pazientemente, crea un calco nel quale la creatura si adagia, magmatica e informe, per risorgerne solida e levigata, come la farfalla da una crisalide. Perché conoscere la dottrina significa amarla e pregarla assecondandone forme e definizioni. E’ come un dire le preghiere secondo formule dettate da altri con precisione ispirata e insondabile. Allora, lontano dai sentimenti, dalle divagazioni, dagli inutili discorsi, senza uno iota di troppo, sgorga quel che della beatitudine è concesso su questa terra, che è un dire sottovoce, un fare e un vivere invece che un discorrere: “I molti discorsi non appagarono l’anima” insegna l’”Imitazione di Cristo” “ma la vita buona dà ristoro alla mente”.
L’annuncio a Maria narrato da San Luca non produrrebbe nelle anime oranti la stessa tensione verso il “partorire Dio” predicato da Sant’Ambrogio se il Concilio di Efeso, nel 431, non avesse affilato la lama della dottrina definendo la Vergine Theotokos, Madre di Dio: “Se qualcuno non Confessa che l’Emmanuele è Dio nel vero senso della parola, e che perciò la Santa Vergine è madre di Dio perché ha generato secondo la carne il Verbo che è da Dio, sia anatema”. Non vi è nulla di più amato dalla gente cristiana aliena al mondo che un tale rigore. “Tutto il popolo della città rimase in attesa dal mattino alla sera, aspettando i giudizio del santo sinodo” racconta San Cirillo d’Alessandria, che fu l’artefice di quella decisione. “(…) Alla nostra uscita dalla chiesa, fummo ricondotti fino alle nostre dimore. Era la sera, tutta la città si illuminò, donne camminavano innanzi a noi con incensieri. A coloro che bestemmiavano il suo Nome, il Signore ha dimostrato la sua onnipotenza”.
A saperlo leggere, a studiarlo in amorevole andirivieni con la Scrittura, il “Denzinger” racconta queste storie e alimenta la vita buona che, a sua volta, nutre la mente. E’ la vita della Chiesa che corre lungo i secoli dandovi forma, è la tradizione che bussa imperiosamente alle anime chiamandole a scegliere. Non vi è alternativa nella guerra allo spirito mondano: alla tentazione di negoziare persino sulla fede si può opporre solo l’immutabilità e l’irreformabilità del magistero. Per tutta la sua vita, la Chiesa lo ha fatto, contendendo al mondo il tempo e lo spazio, le due dimensioni in cui si espande la tradizione. Le definizioni raccolte dal “Denzinger” si sono tramandate senza mutare nel corso dei secoli e, senza mutare, hanno raggiunto gli avamposti più remoti della fede. Quelle stesse pagine che ora si trovano facilmente a stampa in libreria, hanno corso il mondo in itinerari avventurosi che Arold Innis ha raccontato nel suo epico “Impero e comunicazioni”. Hanno viaggiato su pergamena, “supporto pesante” adatto al permanere della verità religiosa irreformabile e perenne, a differenza di ciò che viaggiava su papiro e su carta, “supporti leggeri” che alimentavano la burocrazia civile caduca e fallace.
Così, la Chiesa di Roma ha propagato il regno di Cristo e ha conquistato, anima per anima, le intelligenze più semplici e quelle più laboriose, tutte bisognose dello stesso nutrimento. Se John Henry Newman non si fosse trovato al cospetto di verità e pronunciamenti immutabili nello spazio e nel tempo, non avrebbe mai avuto la forza e l’esigenza di lasciare la comunione anglicana per entrare nella Chiesa di Roma. Nell’”Apologia pro vita sua”, il cardinale spiega che compì il gran passo verso casa solo quando si rese conto che gli argomenti degli anglicani contro i padri del Concilio di Trento erano gli stessi di quelli contro i padri del Concilio di Calcedonia, che condannare i Papi del Sedicesimo secolo voleva dire condannare anche quelli del Quinto: “Il dramma della religione, il combattimento della verità e dell’errore erano sempre gli stessi. I principi e i procedimenti della Chiesa d’oggi erano identici a quelli della Chiesa d’allora; i principi e i procedimenti degli eretici di oggi erano quelli dei protestanti di oggi. Lo scopersi quasi con terrore”.
Ma la Chiesa non lascia da sola anima alcuna davanti a una verità che possa atterrire. A ciascuno porge la carezza rigorosa e soave del rito. La tradizione si presenta sempre all’uomo attraverso un poema sacro che nel cattolicesimo, come scrive Domenico Giuliotti, ha la sua espressione celeste nella celebrazione eucaristica: “La Messa, e non già la Divina Commedia, è il ‘poema’ veramente ‘sacro al quale hanno posto mano e cielo e terra’. (…) Dio, la Trinità e tutti gli Angeli ne formano l’argomento. La Consacrazione, che rinnova l’Incarnazione, è il punto culminante di questo immenso mistero. E il Prete n’è, al tempo stesso, il taumaturgo e il poeta”.
Emanazione del Cielo in terra, tradizione e liturgia sono quasi consustanziali persino nel metodo con cui gli uomini hanno contribuito alla loro formazione. Mentre una è il repertorio di pensieri da cui è decaduto tutto, tranne ciò che dice definitivamente il divino, l’altra è la composizione di gesti e di parole immutabili depurati da ciò che è solo umano. Sono due ingressi allo stesso mondo, dove ciascuno riceve perennemente ciò che gli spetta, in qualunque luogo si trovi e in qualunque tempo viva. Sulla terra non vi è nulla di più equo. Lo racconta con soave precisione Newman nel romanzo “Perdita e guadagno”, là dove descrive i pensieri e le sensazioni del giovane protagonista che, per la prima volta, assiste a una celebrazione cattolica: “Quello che lo colpì più di tutto fu che, mentre nella chiesa d’Inghilterra l’ecclesiastico oppure l’organo erano tutto e la gente non era niente, salvo che veniva rappresentata al funzionario laico, qui era esattamente il contrario. Il prete diceva poco o niente, almeno in modo da farsi sentire, invece l’assemblea era come un solo vasto strumento un panharmonicum che suonava insieme; cosa ancora più mirabile, pareva che suonasse da solo. (…) Le parole erano in latino, ma tutti le capivano benissimo, e offrivano le loro preghiere alla Santissima Trinità, e al Salvatore incarnato, e alla grande Madre di Dio, e ai santi nella gloria del Paradiso, con nel cuore un’energia pari a quella con cui davano voce al suono. Vicino a lui c’era un ragazzino, e una povera donna, che cantavano a squarciagola. No, qui non ci si poteva sbagliare, Reding disse fra sé e sé: ‘Questa sì che è una religione popolare’”.
A quei tempi, nella Chiesa, la stessa dottrina e la stessa liturgia erano buone per tutti, per i santi e per i peccatori, per i vivi e per i morti, per i romani e per i barbari. Per questo la religione cattolica era equanime e misericordiosa: era popolare. Ancora non risuonava il lamento che più tardi avrebbe vergato Nicolas Gomez Davila: “La Chiesa un tempo assolveva i peccatori, oggi ha deciso di assolvere i peccati”.

Fonte: "il Foglio", 20-XI-2013

34 commenti:

  1. "Confessatevi. Anche il Papa si confessa" http://www.lanuovabq.it/it/articoli-confessatevi-anche-il-papa-si-confessa-7778.htm

    RispondiElimina
  2. La vicenda dell'articolo scalfariano è una triste cartina di tornasole di come l'abc della dottrina cattolica (senza neanche scomodare il Denzinger) sia diventato prescindibile. Probabilmente se l'articolo avesse detto che le persone della Trinità sono due o cinque pochi si sarebbero scomposti e avrebbero osato dire che qualcosa non quadrava.

    RispondiElimina
  3. Scusate la mia probabile ignoranza, ma leggere "Dio, patria, famiglia" mi fa venire in mente solo il fascismo e la sua statolatria.

    RispondiElimina
  4. La rigidità mentale e il dogmatismo non lasciano scampo. Gnocchi, Palmaro & co. saranno giudicati secondo la Legge.

    RispondiElimina
  5. Tutti saremo giudicati con Misericordia, ma secondo Giustizia.
    La Legge è ordine, il dogma non è una gabbia, orienta.
    Chi si pone fuori dalla legge o dal dogma cade nell'arbitrio o nella confusione dell'anomia (assenza di legge)

    RispondiElimina
  6. Gesù non è venuto ad abolire la legge, ma a darle compimento e a scriverla nel cuore dei redenti che lo accolgono.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Certo, e tanto va la gatta al lardo che ci lascia lo zampino. Nella confusione e dell'anomia ci sei tu, mic, che tutta nel compiacimento delle tue sciocche lezioncine senz'anima vai perdendoti ogni giorno, ogni ora, ogni minuto sempre di più.

      Elimina
    2. Invece di bighellonare tra il tuo antro paralefebvriano e gli altri blog, prega e lavora, donna, prega e lavora!

      Elimina
    3. Soprattutto LAVORA!

      Elimina
  7. "La rigidezza mentale e il dogmatismo non lasciano scampo. Gnocchi, Palmaro & co. saranno giudicati secondo la Legge".
    La Chiesa, anche se con sfumature diverse anche non accettabili dal buon gusto, sulle questioni primarie è inflessibile e non cede alle lusinghe del tempo.
    A forza di stare fuori dalla porta della chiesa quei signori si sono costruiti l'immagine di una falsa chiesa che dicono di combattere.
    Ma è una loro immagine di falsa chiesa !!!
    E' l'immagine virtuale di una chiesa che in realtà non esiste !
    Si accomodino quei signori e chi li sponsorizza un giorno si e uno pure su questo sito a vedere quello che la chiesa reale e vera fa nel nome di Cristo in ogni parte del pianeta !
    Che il Signore illumini i loro occhi e faccia cadere dal loro petto la cappa plumbea che li rende impermeabili alla luce di Cristo che scalda i cuori !

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Brancoli nelle tenebre anche tu, come mic. Ravvediti, finché sei in tempo!

      Elimina
    2. questo troll di turno non si è nemmeno accorto che anonimo 11:49 non dà ragione ai due 'perseguitati' autori e credenti.

      Elimina
    3. Perchè qualcuno sui blog legge i commenti altrui ???

      Elimina
    4. Se ne è accorto, ma se ne infischia alla grande.

      Elimina
  8. Ma questi troll perché sono tanto attratti dai siti della Tradizione? Se vi danno tanto fastidio basta non andarci e vivete felici. O non è che per caso una vocina nascosta ogni tanto vi dice: "E se questi avessero ragione..."?

    RispondiElimina
  9. Voi tradizionalisti non vedete che l'uomo e il mondo cambiano; pensate ancora che siamo in una civiltà agricola, che la donna è ancora nella condizione dell'800, che non sono scoppiate le guerre mondiali (scoppiate anche fra nazioni cattoliche preconciliari), ecc. Attribuire la crisi odierna alla Liturgia postconciliare è a dire poco stupido. Voi pensate seriamente che senza il CVII non ci sarebbero i mali odierni? In quale fiaba vivete? Anzi, l'attuale vitalità della Chiesa non si è mai vista; segno che ha compreso il bisogno dell'annunzio del Vangelo. La Chiesa arroccata preconciliare non aveva capito questo e, se siamo arrivati a questo punto, la colpa non è da attribuire al Concilio ma a coloro che hanno formato la generazione che ha dato vita alla contestazione. La Chiesa che ha formato i giovani 'figli dei fiori' non era conciliare. .....

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Amico, hai le idee abbastanza confuse. Il nesso fra la tradizione cattolica e la civiltà agricola o le guerre non capisco quale sia, e quanto alla condizione della donna la dottrina cattolica non ha mai affermato che non possa studiare, lavorare, avere parità giuridica con l'uomo ecc. Se poi mi parli della vitalità della Chiesa attuale che non si è mai vista mi chiedo da che pianeta vieni. Dal nostro no di sicuro, altrimenti avresti visto che le chiese sono vuote, le vocazioni in picchiata libera, i non credenti in aumento e anche i credenti non sanno spesso più in che cosa credono. Non so cosa ci sarebbe oggi senza il CVII e a scuola mi hanno insegnato che la storia non si fa con i se, quello che vedo è che a partire dal concilio c'è stato il crollo di cui sopra della pratica religiosa, delle vocazioni, della fede. Non dico che la colpa sia del concilio, magari non lo è, mi limito a constatare i fatti. Quanto alla liturgia, la richiesta di chi ama la tradizione - eccettuando qualche estremista che c'è dappertutto - non è imporre a tutti militarmente la Messa Antica, ma che sia data liberamente la possibilità a chi la vuole (preti e fedeli) di celebrarla. Oggi questa possibilità, ti informo, è solo teorica ed è ostacolata con ogni mezzo, e questo non fa onore a una Chiesa viva e vitale che abbraccia e accoglie tutti secondo lo spirito del CVII.

      Elimina
    2. L'attuale vitalità della Chiesa? Mi faccia ridere.

      La fede e la dottrina non cambiano.

      "Solo la Chiesa Cattolica può salvare l'uomo della schiavitù distruttiva e umiliante di essere un figlio del suo tempo".(Chesterton)

      La Chiesa postconciliare davvero fa il contrario: rende l'uomo schiavo del suo tempo. Lei è un esempio.

      Elimina
  10. Ma Mic ha il dono dell'obiquita' ancor più di P. Pio.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Certamente ha il dono della saccenteria da maestrina di provincia. E anche quello del frigore.

      Elimina
  11. A mic dovremmo tutti noi fare un monumento, altro che insultarla! E' una colonna della Chiesa di sempre, che la difende senza se e senza ma, a tempo pieno. E sicuramente sacrificando molto della sua vita. Che cosa si vorrebbe di più? Evidentemente invidie e gelosie, mescolate ad altre miserie, talvolta fanno brutti scherzi.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. difende la Chiesa ? ah sì certo, d'accordo, ma diciamo ora (qui perchè LI' non è permesso) anche una cosa importante, un fenomeno davvero INCRESCIOSO, che quella redazione evidentemente non tiene in nessun conto: non si sa quale sia il rispetto minimo usato verso le varie opinioni che vengono esposte.
      Accade infatti su quel blog che moltissimi commenti civili e non offensivi, anche CONCORDI E IN RISPOSTA ad altri, e che vorrebbero approfondire il dibattito, vengono censurati ipso facto senza che il / i redattori degnino i censurati della minima spiegazione. E guai a chi chiede spiegazioni sulla censura ! o non gli si risponde o viene aspramente biasimato, per il solo fatto che chiede spiegazioni; vi pare bello codesto procedere ? Non si è ancora capito se quel blog sia destinato ad una elite e qualli siano i requisiti per veder pubblicati i commenti, assodata la basilare buona educazione degli stessi. alcuni bloggers inseriscono 5-10 commenti al giorno o più, altri si vedono censurati già il primo inviato. Come mai ? a quale criterio di equità e rispetto per l'altrui pensiero corrisponde questa censura ingiustificata ?
      chi sa se il blogger una
      solafede è in grado di spiegare l'inspiegabile criterio di "diverso rispetto" e accoglienza tributata a diversi blogger, dove pare che vi siano quelli di serie A (sempre pubblicati), quelli B e anche C etc., sempre censurati, qualunque cosa dicano!

      Elimina
    2. Se confondi ancora un tubo di stufa della sacrestia con una colonna della Chiesa, sei messo male figliuolo! Quanto all'invidia, se c'è qualcuno che non la deve temere è senz'altro mic, che di invidiabile non ha niente di niente.

      Elimina
    3. Sono orgogliosa di essere un tubo della stufa della sacrestia, se questo significa appartenere al Signore e alla Sua Chiesa.
      Chi approfitta di questo spazio per lamentare la mua presunta censura, faccio notare vome la moderazione sia indispensabile per evitare ignobili attacci ad personam come questi e ricordo a tutti che censuro solo gli interventi millenaristi, sedevacantisti, le citazioni di rivelazioni private per non parlare degli insulti e delle provocazioni.
      Chi non approva, non ha che da passare oltre.

      Elimina
  12. I figli dei fiori non sono stati formati nella Chiesa preconciliare, semmai fuori d'essa e se in essa da qualche teologo che Pio XII aveva condannato o professore che soto Pio XII era stato allontanato dalla cattedra su cui poi ha ripreso a sdottoreggiare a partire da Giovanni XXIII.

    Sottolineo la volgarità e la stupidità degli attacchi a MIC. Se avete argomenti criticatene le argomentazioni.
    La Chiesa preconciliare non aveva capito e attuato l'evangelizzazione? Mah, forse studiare un po' di storia della Chiesa e delle realizzazioni missionarie male non farebbe. Tuttavia l'affermazione esplicita una realtà: la nuova Chiesa è in rottura con la precedente. Dunque ci sono due Chiese in contrasto. Con il Vat. II è nata una nuova Chiesa. Alla faccia della sbandierata, e tanto, ermeneutica della continuità.

    RispondiElimina
  13. Avevo postato un commento che non vedo. Notavo quanta rozzezza e volgarità si rivolgono a MIC i soliti anonimi, che chiamano anche in causa Luisa. Se avete argomenti contestate in modo serio le affermazioni di MIC. Il maschilismo da taverna, poi, pone domande e dubbi sull'identità sessuale di alcuni troll.

    RispondiElimina
  14. '' Nulla veritas sine traditione'' e '' Nulla salus extra ecclesiam'' ne deriva che l'esclusione della tradizione nasconde la verita' e l'allontanamento dalla Chiesa non permette la salvezza dell'anima.

    RispondiElimina
  15. L'importanza dell'ascolto dell'Ultimo Vangelo alla fine della santa messa di sempre si avverte specialmente in questi ultimi anni di deriva modernista di una parte del clero, che predica l'incontro personale con Dio nella coscienza, come se la venuta di Gesù
    non fosse oggettivamente la rivelazione di Dio all'umanità (Verbo caro factum est) e soprattutto come se l'incarnazione passione morte e resurrezione non fossero rinnovate in modo incruento ogni volta che si celebra la messa, alla quale attribuiscono solo il significato di Pasqua di resurrezione trascurando il resto.

    RispondiElimina
  16. Sono d'accordo con una sola fede, Perchè questi insulti ad una persona come mic (qualisiasi personale alla fine) non sono vietato in un un blog cattolico come MIL?

    Non capisco...

    Brava mic! Leggo sempre il suo ottimo blog!

    Matt


    RispondiElimina
  17. @anonimo delle 22.31 di ieri che scrive "se il blogger una sola fede è in grado di spiegare l'inspiegabile criterio..."

    Faccio notare che quando c’è stato da NON pubblicare un mio commento, mic o la redazione lo hanno fatto tranquillamente, e non una volta sola. E anche se non fa mai piacere del tutto (specie ad uno come me che lotta sempre contro il proprio orgoglio e tenderebbe all’indisciplina) bisogna anche sapere che ci sono delle regole cui attenersi (anche se non sempre tutte devono essere sempre ricordate come rafrain dal curatore di un blog) e che comunque quando si entra nel blog stesso si entra anche contemporaneamente anche in una "casa". Ciò che viene pubblicato, bene; ciò che non è ritenuto tale da esserlo, va bene ugualmente, almeno per me, altrimenti farei subito le valige e me ne andrei altrove: ce ne sono tanti, in fondo, e la libertà di scegliere ancora esiste, mi pare! Ma io ho scelto di rimanere lì per molte buone ragioni (e queste superano ampiamente le ragioni che me ne farebbero star fuori) e quindi ne rispetto i parametri e le decisioni. Anche se non le comprendo tutte, anche quando non le comprendo tutte. E questo anche perchè particolarmente convinto della assoluta buona fede di chi gestisce il blog.

    Infine fratelli carissimi (e non lo dico tanto per dire)vi lascio un bel paio di citazioni dei due Apostoli per eccellenza: è possibile che non vi dicano proprio niente?

    Scompaia da voi ogni asprezza, sdegno, ira, clamore e maldicenza con ogni sorta di malignità.
    (Ef 4, 31)

    Deposta dunque ogni malizia e ogni frode e ipocrisia, le gelosie e ogni maldicenza
    (1 Pt 2,1)

    RispondiElimina
  18. Leggi sempre il suo inutile blog, che per di più ti sembra anche ottimo: per questo non capisci.

    RispondiElimina