Nonostante tutto e tutto noi continueremo a condividere e a pubblicare i suoi pensieri e i suoi insegnamenti.
Roberto
La Liturgia nel pensiero di Benedetto XVI
"La Chiesa ha nei suoi confronti un debito di gratitudine per la
chiarezza di pensiero, l'invito alla bellezza e la promozione della
liturgia"
di Giles D. Dimock da The Institute for Sacred Architecture, vol 23 - spring 2013
trad. it. di d. G. Rizzieri del(28/07/2013), da Sito della Diocesi di Porto Santa Rufina
trad. it. di d. G. Rizzieri del(28/07/2013), da Sito della Diocesi di Porto Santa Rufina
"La Chiesa nei suoi confronti
un debito di gratitudine per la chiarezza di pensiero, l'invito alla
bellezza e la promozione della liturgia"
di Giles D. Dimock
Benedetto XVI ama la
liturgia, intesa come la dimensione nella quale il nostro essere viene
assimilato al Mistero divino della salvezza, e ha promosso tale visione
durante il pontificato con i suoi scritti, con la predicazione e il suo
magistero. La sua spiritualità sembra avere non solo un'impronta
agostiniana, ma mostra anche un'influenza dell'originario movimento
liturgico tedesco, favorito in gran parte dai Benedettini verso i quali
egli ha sempre avuto una grande devozione. In questo articolo,
esamineremo il suo sviluppo liturgico da giovane in Germania fino al suo
operato sulla cattedra di Pietro, per il quale siamo tutti grati.
La giovinezza
Il pensiero liturgico di Benedetto XVI si può ritrovare in gran parte
nella sua autobiografia "La mia vita", che ne descrive la vita fino
alla sua venuta a Roma. Qui leggiamo il grande effetto che la liturgia
ebbe su di lui quando era ragazzo nella sua chiesa parrocchiale,
soprattutto la spogliazione della chiesa durante il sobrio tempo
quaresimale. Fu ancor più introdotto ai santi misteri quando i genitori
gli regalarono un messalino per i bambini simile al loro messale
tascabile.
Al suo ingresso in seminario, scoprì il nuovo personalismo di Martin
Buber insieme all'insegnamento di San Tommaso, la cui "logica
cristallina" era "troppo racchiusa in sé, almeno nella rigida
neo-scolastica" con cui veniva presentata. All'università, fu
influenzato da Michael Schmaus che aveva abbandonato la neo-scolastica
per il nuovo movimento liturgico che presentava la fede come un ritorno
alle Sacre Scritture e ai Padri della Chiesa. Mi piace inserire qui una
nota personale: mi sento in piena sintonia con lui, poiché anch'io
lasciai una formazione tomistica estremamente rigida per studiare la
liturgia, e più tardi riscoprii la grande sapienza del nostro fratello
maggiore, San Tommaso. Era ormai nell'aria la "nuova teologia". Un suo
professore era influenzato dalla "teologia del mistero" di Dom Odo
Casel, OSB, mentre un altro vedeva nella Messa il momento centrale di
ogni giorno, e lo studio della Sacra Scrittura era considerato l'anima
della teologia... tutti temi che sarebbero stati ripresi dal Vaticano
II.
Tuttavia agli inizi, il giovane Joseph Ratzinger aveva delle riserve:
un certo "razionalismo e storicismo unilaterali" del movimento
liturgico nel quale alcuni vedevano "valida soltanto una forma della
liturgia", cioè quella della Chiesa primitiva. Non così invece per De
Lubac, il cui insegnamento sull'unità della Chiesa sostenuta
dall'Eucaristia influì profondamente il suo pensiero.
Il Vaticano II
Il racconto di Ratzinger sulla considerazione della liturgia al
Vaticano II - al quale partecipò come 'peritus' - è interessante. Egli
afferma che lo schema liturgico al Concilio non avrebbe suscitato
controversie poiché nessuno si aspettava grandi cambiamenti. Ma avvenne
che dalla Francia e dalla Germania ci furono pressioni per riformare la
Messa secondo la forma più pura del Rito Romano in conformità alle
riforme di Pio XI e Pio XII. Una Messa secondo tali linee fu respinta da
un sinodo di Padri conciliari nel 1967, ma ciò nonostante divenne il
modello operativo per la nuova Messa. La Sacrosanctum Concilium decretò
di mantenere il latino e che i fedeli possano cantare l'Ordinario della
Messa in latino, e allo stesso modo i chierici possano pregare
l'Ufficio. Ben presto ciò divenne una questione controversa (Vittorio
Messori, "Rapporto sulla Chiesa", intervista con il Cardinale
Ratzinger).
Il Messale di Paolo VI
La reazione di Ratzinger all'introduzione del Messale di Paolo VI fu
in qualche modo negativa, ma non del tutto. La proibizione del Messale
di Pio V lo rattristò (in realtà solo un rifacimento del Messale del
Rito Romano usato fin dal tempo di San Gregorio Magno). Ritenne che
questa fosse una breccia nella prassi, per cui vediamo qui già
un'anticipazione del Motu Proprio che avrebbe emanato da Papa. Sosteneva
che molto di quanto doveva essere mantenuto fosse stato cancellato e
che molti tesori fossero scomparsi nella nuova liturgia creata da una
commissione, e spesso celebrata in modo trascurato e priva di qualità
artistiche. Per cui chi critica l'attuale liturgia come banale in una
comunità autocelebrativa, non necessariamente è integralista. La sua
critica riguarda il fatto che "la liturgia non è celebrata in modo che
il dato del grande mistero di Dio in mezzo a noi mediante l'azione della
Chiesa risplenda". La Chiesa ci dona il rituale, ma non può generare la
potenza, l'energia operante in tali riti, è infatti il totalmente Altro
che agisce. Noi possiamo partecipare di fatto e realmente e
personalmente spesso in profondo silenzio. Partecipiamo al Mistero che
rimane incomprensibile.
Nel suo libro "La festa della fede", Joseph Ratzinger afferma di
essere riconoscente per il nuovo Messale di Paolo VI in quanto contiene
nuove preghiere e prefazi, molti dei quali provenienti da altri riti
occidentali: il gallicano, il mozarabico e l'ambrosiano. Considera
fuorvianti le preghiere all'offertorio della vecchia Messa, in quanto
tendevano a identificare l'offerta del Sacrificio di Cristo con questa
parte della Messa, invece che alla consacrazione stessa. Ratzinger
criticava soprattutto il modo non tradizionale di interpretare la nuova
liturgia, con una ermeneutica di discontinuità piuttosto che di
continuità. Si rallegrò perciò dell'indulto di Papa Giovanni Paolo II
che egli forse volle proseguire con il suo Motu Proprio.
Il sacrificio
Un grande tema teologico caro a Ratzinger concerne la convinzione che
"l'Eucaristia è più di un convito fraterno". Primariamente è il
sacrificio della Chiesa in cui il Signore prega con noi e si dona a noi.
In "Feast of Faith", il futuro Papa chiarisce che se l'Eucaristia ha
"il contesto di una cena", la "Eucharistia è la preghiera di anamnesi o
sacrificio verbale nel quale il sacrificio di Cristo si rende presente".
Pertanto, non è mai inutile parteciparvi, anche chi non può ricevere la
comunione, come i divorziati e i cattolici risposati. Tale sacrificio è
una festa in cui trascendiamo noi stessi in qualcosa di più grande...
entriamo nella gioia cosmica della Risurrezione, il Mysterium Paschale.
Nel suo libro "God is near Us", egli vede l'Eucaristia come la fonte di
vita dal fianco aperto di Cristo in sacrificio, pienamente presente a
tutti noi sparsi nel mondo e ai santi in cielo.
L'adorazione
Se Cristo è presente in modo reale nell'Eucaristia con il suo corpo
risorto, noi rispondiamo non solo ricevendolo, ma pure adorandolo con
gesti e posture, con la genuflessione e con il silenzio. La riscoperta
dell'aspetto di convito non elimina la necessità dell'adorazione. Si è
dimenticato, egli dice, che adorare è intensificare la comunione, tanto è
vero che la processione del Corpus Christi è una intensificazione della
processione di comunione, un camminare con il Signore. In "Feast of
Faith", racconta la storia di questa processione: il Signore come capo
di Stato, visita le strade di ogni villaggio, una processione trionfale
di Cristo Vincitore nella sua lotta contro la morte. E' una bella
pratica anche se non è di origine patristica ma medievale, la Chiesa
infatti è sempre viva e sia la Chiesa del Medio Evo che quella dell'era
barocca svilupparono una profondità liturgica che deve essere bene
esaminata prima di abbandonarla. Nel libro "Spirit of the Liturgy", il
nostro autore sottolinea che il dibattito medievale sulla
transustanziazione ha dato origine ai tabernacoli di ogni sorta,
esposizione, ostensori, processioni: "tutti errori medievali" secondo
alcuni, Ratzinger però non è affatto d'accordo. Egli fa risalire la
custodia eucaristica alla Chiesa primitiva che la riservava per i
malati, e attribuisce all'evangelizzazione francescana e domenicana
l'enfasi sull'Eucaristia mediante le colombe eucaristiche, le nicchie
per i vasi sacri, e le torri sacramentarie costruite per custodire
l'Eucaristia. Afferma che questa devozione medievale fu "un meraviglioso
risveglio spirituale" e che "una chiesa senza la presenza eucaristica è
morta", il che mi ritrova perfettamente d'accordo. Concludiamo questo
paragrafo con la sua osservazione sul fatto che se l'Eucaristia è il
centro della vita della Chiesa, ciò presuppone gli altri sacramenti a
cui si riferiscono. Presuppone anche preghiera personale, familiare,
extra liturgica come la Via Crucis, il Rosario e in particolare la
devozione alla Madonna.
L'architettura
Il nostro autore ha una prospettiva ben definita sull'architettura
sacra. Nel suo "Introduzione allo spirito della Liturgia", cita Bouyer
per il concetto che come la sinagoga rifletteva la presenza di Dio a
Gerusalemme, così le prime chiese erano volte verso oriente dove sorge
il sole, segno di Cristo Sole di giustizia che esce "come sposo dalla
stanza nuziale" (Salmo 19). Camminiamo verso Cieli nuovi e terra nuova e
verso Cristo luce del mondo. L'immagine di Cristo in questo modo si
fonde presto con l'immagine della croce sull'abside orientale della
chiesa, secondo Ratzinger. L'altare sotto la croce nell'abside è "il
luogo dove si apre il cielo" e dove noi siamo condotti alla gloria
eterna. Seguendo Bouyer, sottolinea come nelle prime chiese siriane i
fedeli si riunivano dapprima attorno al presbiterio per la Liturgia
della Parola, e poi si accostavano all'altare e all'oriente per
l'Eucaristia, volti insieme al celebrante nella stessa direzione,
"conversi ad Dominum", guardando ad oriente. A Roma, la basilica di San
Pietro a causa della topografia della collina vaticana, era volta non a
oriente ma ad occidente, e l'altare al centro della navata si volgeva a
oriente attraverso le porte principali. Quando San Gregorio Magno fece
portare avanti l'altare sulla tomba di San Pietro, pose le basi per il
successivo sviluppo della Messa 'versus populum'. Altre chiese a Roma
copiarono San Pietro per la sua direzione verso il popolo (ma non si
hanno riscontri fuori Roma), e ciò divenne l'ideale del rinnovamento
liturgico anche se non fu esplicitamente menzionato nella Sacrosanctum
Concilium del Vaticano II. Ratzinger mantiene la forte convinzione che
sia più importante il mandato che tutti si volgano ad Dominum, piuttosto
che sacerdote e fedeli si pongano l'uno di fronte agli altri.
Riorientare tante chiese sarebbe un compito improbo e costoso, per cui
egli propone di appendere una croce sospesa sull'altare o di collocarla
sull'altare stesso, in modo che tutti sarebbero orientati ad Dominum
invece che l'uno verso gli altri. Coloro che hanno partecipato a Messe
papali in San Pietro o hanno assistito a quelle celebrate dal Papa nella
sua visita in altri Paesi, ricordano che la croce (crocifisso) era
sempre sull'altare davanti al Papa, e spesso anche le candele.
La bellezza
Ratzinger è assai attratto dalla bellezza come irradiazione della
verità e dichiara in "Feast of Faith" che i cristiani devono fare della
chiesa edificio un luogo in cui la bellezza sia di casa, e con
drammaticità afferma che senza bellezza il mondo diventa l'ultimo
cerchio dell'inferno. I teologi che non "amano l'arte, la poesia, la
musica e la natura possono essere pericolosi (perché) la cecità e la
sordità verso il bello non sono incidentali, ma si riflettono
necessariamente nella teologia". Le immagini sacre sono necessarie e
tutte le forme storiche di arte dalla cristianità primitiva al barocco
pongono i principi dell'arte sacra nel futuro. Non si deve buttare via
tutta l'arte che si è formata da San Gregorio Magno in poi. La solennità
e la bellezza sono ricchezze di tutti (compresi i poveri) che le
desiderano ardentemente e che sanno perfino privarsi del necessario pur
di tributare onore a Dio.
La musica
Musicista egli stesso, Benedetto XVI si è molto impegnato ad
incoraggiare la buona musica sacra, dedicando perfino un libro
all'argomento "A new song for the Lord". Suo fratello Georg sacerdote
era direttore della corale della grande cattedrale di Regensburg, il cui
nome è sinonimo della grande tradizione del bel canto e della
eccellente polifonia. Benedetto pensa che in nome della partecipazione
popolare, abbiamo dato alla gente "musica di servizio", vale a dire
banale e monotona, al suo minimo denominatore comune. La liturgia
semplice non deve essere banale, perché la vera semplicità viene solo da
una ricchezza spirituale, culturale e storica. La Chiesa deve suscitare
la voce del cosmo, magnificarne la gloria facendo sì che esso diventi
anche glorioso, bello, abitabile e amato. Egli cita San Tommaso d'Aquino
nella II-IIae della Summa q 91, a I, resp. 1 poiché il gaudio nel
Signore, la gioia condivisa per essere alla Sua presenza, è l'effetto
della nostra lode che ci fa ascendere a Dio per essere condotti a un
senso di riverenza, essendo "l'orazione vocale necessaria non per Dio,
ma per l'orante". L'uomo vuole cantare, afferma Sant'Agostino, perché
"amare è cantare", ma anche l'ascolto è una forma di partecipazione:
"ascoltare la grande musica è partecipazione interiore così come
ascoltare il coro che canta grandi brani di musica corale rallegra il
cuore ed eleva lo spirito", e l'assemblea può unirsi alla bella e
semplice musica.
L'esortazione apostolica Sacramentum Caritatis
Nell'Esortazione Apostolica sull'Eucaristia 'Sacramentum Caritatis'
(pubblicata dopo il Sinodo dei Vescovi sull'Eucaristia dell'ottobre
2005), Benedetto XVI, nel suo primo magistero pontificio sulla liturgia,
articola - secondo il suo modo originale - la classica fede cattolica
sulla Eucaristia come mistero e sacrificio. Viene trattata la relazione
della SS.ma Trinità con questo mistero e in particolare lo Spirito
Santo, la relazione della Chiesa con l'Eucaristia, e il rapporto con gli
altri sacramenti. Infine si rapporta l'Eucaristia alla escatologia e
alla Beata Vergine Maria.
E' da sottolineare la sua interpretazione dell'ars celebrandi
dell'Eucaristia e l'enfasi che pone al rito stesso, ricordando che
questo è il modo migliore per garantire una actuosa participatio (SC
38). Ci sollecita inoltre al rispetto dei libri liturgici, ai colori
liturgici dei paramenti, all'arredo e al luogo sacro per l'arte, le
parole, i movimenti del corpo e i silenzi che nella liturgia "hanno una
varietà di registri di comunicazione che consentono di mirare al
coinvolgimento di tutto l'essere umano" (SC 40). Pone in luce
l'architettura della chiesa e la sua disposizione per la celebrazione
dei sacri misteri, e proponendo la collocazione del tabernacolo, che
deve essere segnalato da una lampada e facilmente visibile da tutti
nella chiesa. Si possono usare vecchi altari maggiori oppure un altare
centrale nel presbiterio, purché non vi stia davanti la cattedra del
celebrante. Si possono usare cappelle per la custodia eucaristica,
secondo il giudizio dell'Ordinario (SC 69). La musica liturgica deve
essere bella nel rispetto del grande patrimonio ecclesiale. Tratta anche
la struttura della Messa, la liturgia della Parola e l'omelia.
Sottolinea l'esigenza di una buona predicazione basata sui testi del
Lezionario, senza temere di usare le quattro colonne del Catechismo: il
Credo, i Sacramenti, i 10 Comandamenti, e la Preghiera (SC 46). Nella
liturgia eucaristica, invita a sapersi controllare nello scambiarsi il
segno della pace (in un'altra occasione, ha proposto di spostare il
segno della pace al termine della Liturgia della Parola 'cfr. S.
Giustino'). Ricorda la partecipazione attiva interiore (SC 52)e
l'adorazione eucaristica (SC 66-68). Solleva la questione di grandi
concelebrazioni che possono distogliere dall'attenzione, l'unità del
sacerdozio e l'obbligo di studiare il latino per quelli che si preparano
al sacerdozio in modo da poter celebrare e cantare in latino (SC 62).
Il motu proprio Summorum Pontificum
Papa Benedetto XVI ci ha dunque offerto una splendida teologia
dell'Eucaristia nella Sacramentum Caritatis e ha altresì indicato una
nuova direzione alla vita liturgica della Chiesa con il suo Motu Proprio
che ha reso disponibile la Messa in latino di San Pio V.
Benedetto XVI nel documento sottolinea il ruolo dei Papi
nell'assicurare rituali degni da offrire alla suprema Maestà e le Chiese
particolari concorrono con la Chiesa universale non solo nella dottrina
ma anche nei segni sacramentali e nelle consuetudini universalmente
accettate dalla tradizione apostolica, che devono essere osservati non
soltanto per evitare gli errori ma pure per trasmettere l'integrità
della fede, perché lex orandi statuit lex credendi (San Prospero di
Aquitania). Elogia poi San Gregorio Magno che contribuì a codificare il
Rito Romano e inviò il grande Ordine di San Benedetto in tutta Europa. E
rende omaggio al santo domenicano, Papa Pio V, per il rinnovamento di
quel medesimo rito al tempo del Concilio di Trento.
Menziona la radicale riforma del Messale Romano di Papa Paolo VI e la
sua traduzione in vernacolare, come pure la terza edizione tipica di
Papa Giovanni Paolo II. Tuttavia, nota che "non sono pochi" gli
affezionati al vecchio rito e quello stesso Papa lo aveva permesso a
certe condizioni nel 1984 (Quattuor Adhinc Annis) e successivamente i
vescovi esortarono ad essere generosi nel permetterlo ai devoti del
vecchio rito nel 1988 (Ecclesia Dei). Considerando come ci fosse ancora
necessità, dopo aver consultato il Concistoro dei Cardinali nel 2000,
Papa Benedetto pubblicò il Motu Proprio Summorum Pontificum il 7 luglio
2007, con il quale autorizza i sacerdoti a celebrare la Messa del
Messale del Beato Giovanni XXIII. Le disposizioni sono le seguenti:
Nella lettera accompagnatoria il Papa esprime il timore di alcuni
secondo i quali questa concessione sarebbe un voltare le spalle al
Vaticano II. Afferma che la forma ordinaria per i cattolici continuerà
ad essere il rito corrente. Alcuni ritengono che questo porterà
disunione nella Chiesa. Il Papa chiarisce che l'uso del vecchio rito
richiede formazione liturgica, conoscenza del Messale e del latino, cosa
non possibile per tutti. Un uso che sarà perciò limitato. Osserva che
il duplice uso del Rito Romano sarà mutualmente arricchente, con nuovi
santi e prefazi per il vecchio Messale e maggiore riverenza per la Messa
nel nuovo Messale. Esprime la speranza che ciò porti una più grande
unità nella Chiesa, soprattutto da parte dei dissidenti a destra, come è
già avvenuto.
Il Papa ritorna sulla continuità della tradizione della Chiesa, che
aveva già ricordato negli auguri natalizi alla Curia nel 2005. Non
sorprende la continuità nel suo approccio con la liturgia. Il nuovo
Maestro delle celebrazioni pontificie, Mons. Guido Marini, ha estratto
ricchezze della tradizione che erano state dimenticate e di cui oggi ci
possiamo riappropriare. Nelle Messe papali vengono indossate magnifiche
casule, e in altri momenti permane il più fluente gotico. Vecchi troni e
altri paramenti pontifici vengono rispolverati, non per un ritorno al
trionfalismo ma come oggetti che manifestano la bellezza al servizio
della liturgia. La ristrutturazione della Congregazione per il Culto
Divino ha assegnato ora un ufficio per promuovere l'arte, l'architettura
e la musica liturgica. Il direttore di questo nuovo ufficio è l'abate
Michael Zelinski, OSB, esperto in canto gregoriano. Sono da attendersi
cose egregie in futuro.
Abbiamo dunque percorso il pensiero liturgico di Joseph Ratzinger nel
suo sviluppo dall'adolescenza alle esperienze da seminarista e da
perito al Vaticano II, da professore universitario, Arcivescovo di
Monaco, Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, e
infine da Papa, e tutto con una costante coerenza di principio. Vedremo
come la sua teologia e l'indirizzo pastorale toccherà la liturgia della
Chiesa e il suo desiderio di continuità, ma credo che prometta bene e
certamente costituisce la sua eredità alla Chiesa del futuro. Abbiamo un
gran debito di gratitudine a Papa Benedetto per la chiarezza di
pensiero, l'invito alla bellezza e la promozione della liturgia, e ora
egli prega per noi.
"NOI CONTINUEREMO A CONDIVIDERE E A PUBBLICARE I SUOI (di Benedetto XVI, ndr)PENSIERI E I SUOI INSEGNAMENTI. ROBERTO"
RispondiEliminaIn questo TUTTO il mio sostegno a MIL!
In Pace
SdC
Vai così Roberto. Il tempo delle carnevalate è solo all'inizio ma passerà come sono passate
RispondiEliminatante altre nubi e tempeste.
Essere cattolici è una cosa seria ed è bello proprio perchè è difficile.
Le cialtronate invece, quelle possono farle tutti, ma la religione unica sincretista, per il nuovo ordine mondiale non è il cattolicesimo.
Ognuno faccia ciò che vuole, compreso fare gli auguri per i frutti spirituali del ramadan, chi è cattolico e vuole morire cattolico sa già che deve seguire Cristo e non le mode e i carnavali, si può anche morire scomunicati sul rogo come Savonarola o essere perseguitati come Padre Pio e poi finire in Paradiso, e si può anche diventare fratello dei musulmani e non finirci.
Il Dogma dell'infallibilità papale dice tante cose, ma non dice che un papa non possa finire a casa del diavolo nè che uno scomunicato non possa andare in Paradiso.
Ognuno segua la voce retta della coscienza ed il Sacro Infallibile Magistero, stando ben alla larga dalle ambiguità e dagli irenismi del recente pseudomagistero mediatico che sproloquia su tutto e sul suo contrario. Nostro Signore disse: Si Si,No No; tutto il resto viene dal maligno. Aveva ovviamente ragione!
Bertoldo
Bertolo hai centrato in pieno la sostanza dell'essere cattolico!! Bravo e mi associo al 100% al tuo pensiero perché è quello realmente cattolico!
RispondiEliminaLa ristrutturazione della Congregazione per il Culto Divino ha assegnato ora un ufficio per promuovere l'arte, l'architettura e la musica liturgica. Il direttore di questo nuovo ufficio è l'abate Michael Zelinski, OSB, esperto in canto gregoriano. Sono da attendersi cose egregie in futuro.
RispondiElimina-------------
Leggo esterrefatto. Dall'abate Zielinski, ex Cristoforo, che è stata la rovina del monastero fiorentino di S. Miniato, con i suoi riti sincretisti (battesimi con ebrei, islamici, buddisti ecc. ecc.), con il suo indifferentismno religioso che lo portava as affermare che cristianesimo e buddismo son pressoché identici, salvo Cristo, con le sue compagnìe perniciose, davvero qualcuno si attende meraviglie?
Oh, cielo! Mi hanno riferito che da un pezzo si atteggia a tradizionalista, ma domani, col nuovo vento contrario a quello di Benedetto, potrebbe tornare modernista in cambio di qualche sacra infula. E mettersi a ballare durante la Messa. Ma perché non l'hanno lasciato a Pecos dove era stato confinato?! Un tradizionalista toscano anni fa gliele cantò sulla stampa.