FRANCESCANI DELL’IMMACOLATA: anch’io li conosco
di Alessandro Gnocch da Corrispondenza Romana del 09.08.2013
Bisogna riconoscerlo, a volte sono utili anche gli articoli di Massimo
Introvigne. Per quello che vale, questa testimonianza sui Francescani
dell’Immacolata non sarebbe stata scritta senza l’implicito invito
contenuto in una delle encicliche che l’avvocato sociologo pubblica
quasi quotidianamente sulla “Nuova Bussola”.
Pochi giorni fa, a proposito del commissariamento dell’istituto fondato
da padre Stefano Manelli, Introvigne si è lasciato sfuggire la
maldestra insinuazione che le vere cause di quanto avvenuto le
conoscerebbero solo lui e qualche altro iniziato alle segrete carte.
Tutti, o quasi, gli altri commentatori della vicenda
avrebbero scritto a capocchia, senza sapere di che cosa si sta parlando,
senza essere illuminati come lui. «Conosco anche i loro problemi» ha scritto dei Francescani dopo la solita lisciata di pelo che precede la coltellata «non sono certo che si possa dire lo stesso per tutti coloro che hanno commentato l’ultima vicenda».
Per corroborare tanto zelo per la verità e la correttezza
dell’informazione, per dare una mano nel mettere al loro posto tutti
quei signori che osano scrivere a capocchia senza sapere ciò che
Introvigne invece sa, vorrei rendere una testimonianza e raccontare
qualche cosa su questi frati e dunque anche sulle suore che fanno parte
della famiglia.
Niente di eclatante, si tratta di semplici fatti ai quali,
però, si possono solo opporre altri fatti e non un sibillino “lasciate
parlare me che conosco le segrete carte”. Scrivo una volta
tanto in prima persona, senza l’ausilio di Mario Palmaro, che comunque,
come usa dire oggi, ci legge in copia, perché le testimonianze vanno
rese e verbalizzate singolarmente. Questa breve racconto inizia dal
passato recentissimo. Domenica 4 agosto, mia figlia, che ha diciotto
anni e si chiama Chiara, è tornata da un mese trascorso come missionaria
in Nigeria con le suore francescane dell’Immacolata.
La missione nigeriana, come dovrebbero sapere tutti coloro
che parlano di questo istituto e come Introvigne certamente sa, è a
rischio di martirio quotidiano. Lì, ci sono figli e figlie di
padre Manelli che ogni giorno rischiano la vita in nome di Gesù Cristo
e, proprio per questo, prospera una delle imprese spirituali più
fiorenti dell’istituto: quaranta aspiranti maschi e trenta aspiranti
femmine in un Paese a maggioranza musulmana, dove le sette protestanti
fanno di tutto per distruggere quanto costruiscono i cattolici, dove
imperversano le chiese più impensate, dove i pagani che consumano i loro
sacrifici umani poco lontano dai conventi lasciano i resti delle
vittime per le strade in onore dei loro demoni, dove nelle giornate dei
riti cannibali le donne non possono uscire di casa pena la morte. Nel
mondo di “Apocalypto” prima dell’arrivo degli spagnoli.
Le suore non possono mai uscire da sole e, in certe occasioni, rischiano la vita solo a mostrarsi.
Eppure, come i frati, continuano a portare Cristo là dove non c’è e a
chi non lo conosce. Assieme ai frati, procurano battesimi,
l’amministrazione dei sacramenti, la celebrazione di Messe, strappano
letteralmente anime e corpi al demonio. Dopo ogni conversione tornano
quotidianamente dai nuovi cristiani per evitare che la loro fede si
intorpidisca e cada di nuovo preda delle false religioni e, quindi,
della disperazione. Appena scesa dall’aereo, alla sua prima ora di
missione, Chiara è stata portata al lebbrosario per pregare in ginocchio
il Rosario davanti al letto di una malata che stava morendo, perché le
anime vanno custodite fino in fondo e non basta riempire le pance.
La preghiera è stato il filo d’oro che ha segnato il cammino di mia figlia per tutto il mese:
lo stesso che segna da anni la vita della missione perché è quello che
segna la vita delle suore e dei frati francescani dell’Immacolata. Dopo,
solo dopo, viene l’assistenza materiale, lì, nel mondo di “Apocalypto”
dove, nonostante tutto, le suore e i frati vestiti di azzurro sono
altrettante note di letizia. «Di notte» mi ha raccontato Chiara «mi
veniva da piangere per ciò che vedevo di giorno. Avevo visto l’inferno
mentre io mi sentivo in paradiso. Non è la povertà e non è la miseria a
far piangere, ma la disperazione di un mondo senza Cristo. Di giorno
sentivo le voci dei muezzin, di notte i tam tam dei riti pagani e ho
toccato con mano che il demonio esiste davvero, ho provato sulla mia
pelle che la religione vera è una sola ed è la nostra. Lo scudo più
potente contro la presenza del demonio era il canto gregoriano dei frati
e delle suore, il Rosario recitato continuamente, le veglie e le Messe
celebrate come piace al Signore».
«Chiara, se vogliamo che la nostra missione diventi ancora più fiorente» ha detto una suora a mia figlia poco prima che partisse «bisogna
che qualcuna di noi muoia e offra la sua vita perché non c’è niente di
più fecondo del sangue offerto per Gesù. I frati sono già morti, ora
tocca a noi». Sono poveri, piccoli fatti, piccoli frutti sperduti
nell’Africa profonda che però mostrano di che pasta siano le radici
dell’albero piantato nel saldo terreno della fede cattolica da padre
Manelli nel 1970.
L’impronta in quelle suore e in quei frati che accettano il martirio per far fiorire la vita cristiana è la sua.
Da anni, quest’uomo vive nella sofferenza come il suo padre spirituale
San Pio da Pietrelcina. Qualche tempo fa, quando i medici non sapevano
che cosa fare per guarirlo dal male che lo tormentava, un sacerdote che
lo conosce bene mi disse «I dottori stanno tentando di tutto, ma non
riescono a far niente perché non capiscono che quest’uomo sta offrendo
le sue sofferenze per il bene della Chiesa. Ha scelto di portare sul suo
corpo le piaghe del Corpo Mistico». Non serve teologizzare troppo.
Basta stare cinque minuti davanti a padre Stefano per capire quanto la
sofferenza gli sia intima, quanto la desideri pur temendola, e quanto ne
offra i benefici e le benedizioni che ne discendono.
Due anni fa l’ho incontrato al santuario dello Zuccarello di Nembro, vicino a Bergamo, per la Messa in ricordo di sua mamma. Era seduto in sacrestia, piegato sulla sedia, in difficoltà anche solo a dar retta a chi lo salutava. «Come sta padre Stefano?». Ha allargato le braccio per quanto poteva e ha sussurrato «Si sta così, sulla croce».
Con Mario Palmaro avevo appena scritto un libro su padre Pio, ma solo
davanti a quel suo figlio spirituale ho finalmente provato un briciolo
di vera compassione per la sofferenza che avevo descritto indegnamente
con le parole.
Tre mesi fa l’ho rivisto, poco prima che scoppiasse la bomba del commissariamento. Era inquieto, ma più per le sorti della Chiesa che per quelle della sua fondazione. «Ormai,
ci può salvare solo il trionfo del Cuore Immacolato di Maria. Siamo nel
tempo che padre Pio diceva delle “quattro T”: tutte tenebre». «E che cosa possiamo fare, padre?». «Bisogna prepararsi, pregare e continuare la battaglia. E poi» ha aggiunto con il suo sorriso un po’ da vecchio e un po’ da bambino «ci sono le “quattro T” della luce: tutti Francescani dell’Immacolata».
Eravamo a Sassoferrato, nel seminario dell’ordine. Una
costruzione enorme svuotata di vocazioni dai frati minori conventuali e
riempita dai francescani dell’Immacolata. Un edificio in questi frati che salutano chiunque con lo splendido «Ave Maria»
vivono fianco a fianco con madonna povertá. Nelle loro case, la povertà
è quella vera, non è quella esibita all’obiettivo del fotografo e
neanche quella predicata agli altri. È praticata in proprio e,
letteralmente, la si respira appena si varca la soglia di un qualsiasi
loro convento. Non nelle chiese, perché lì deve essere tutto il più
splendido possibile per il Signore, come voleva il padre Francesco. Ma
nelle loro case può abitarci solo chi decide e accetta di essere
veramente povero.
La rinuncia a tutto, ma proprio tutto, quanto il mondo può
offrire di appena confortevole, attanaglia alla gola: ti soffoca o ti
santifica. «Se avessi voluto curarmi le unghie e avere l’acqua calda tutti i giorni» ha spiegato una suora di ventidue anni a mia moglie «sarei stata a casa mia».
Mia figlia Chiara, in un mese di missione non si è mai guardata allo
specchio, ne aveva solo uno piccolissimo per controllare se si era presa
le pulci. L’unico specchio consentito alle suore francescane
dell’Immacolata è il quadro della Madonna. Chi cerca l’oleografia e il
pittoresco e pensa ai conventi del turismo spirituale che va di moda
oggi, eviti con cura le case e i conventi dei francescani
dell’Immacolata. Scambierebbe per incuria e abbandono la santa
indifferenza che questi frati e queste suore nutrono per le cose del
mondo.
Non capirebbe come uomini e donne del ventunesimo secolo
possano vivere in mezzo a quello che un qualsiasi cristiano perbene
chiamerebbe squallore. Perché è questa la cifra degli ambienti
in cui i francescani dell’Immacolata vivono, pregano e si santificano.
Dopo aver guardato la luce che brilla negli occhi di uno di questi frati
o di una di queste suore, guardate i piedi e osservate come sono
ridotti. Se gli occhi sono quelli chi scorge il Paradiso, i piedi sono
quelli di chi sta piantato nella miseria del mondo e l’abbraccia. A me è
capitato qualche tempo fa con padre Alessandro Apollonio, il braccio
destro di padre Stefano. Dopo un’ora trascorsa a passeggiare
sull’asfalto discutendo di massimi sistemi, mi è caduto l’occhio sulle
unghie dei suoi piedi, completamente coperte dagli ematomi dovuti al
gelo sopportato d’inverno. Allora ho guardato le mie scarpe e mi sono un
pò vergognato. Ma, soprattutto, ho avuto compassione del mio sguardo,
che non ha certo la letizia di quello di padre Alessandro.
Sono solo dei piccoli fatti, cose da niente che però, a chi
abbia buoni occhi e occhi buoni, dicono ben più di tanti trattati di
sociologia. E pure più di tante visite apostoliche condotte per
posta elettronica inviando questionari da riempire e ricevere stando
nel proprio ufficio invece che andare sul posto di persona. Se il
visitatore che ha dato il via libera al commissariamento, come dice il
nome del suo ufficio, avesse visitato le case dei francescani invece che
affidarsi alle formidabili meraviglie informatiche, forse si sarebbe
reso conto che il rancore di certi frati contro il loro fondatore non
regge l’amore filiale che circonda la figura di padre Stefano. «Tieni, finisci tu il caffè»
ha detto il padre al giovane frate che ci aveva portato qualcosa da
bere quando l’ho incontrato due mesi fa. E, come faceva mio padre con me
quando ero bambino, come facevo io con i miei figli quando erano
piccoli e come mi piacerebbe fare ancora adesso che la più piccina va in
missione in Nigeria, gli ha passato la tazzina dalla quale aveva bevuto
lui.
Cosa dire d’altro? Che poi, quel giorno, padre Stefano si è
alzato e se ne è andato verso la sua cella tenendo in mano tutti i libri
che gli avevo portato in regalo. Non lo avevo mai visto così
grande, così imponente. Forse sapeva già che sarebbe venuto il momento
della prova.
(Alessandro Gnocchi)
Ringrazio la Divina Provvidenza che mi ha fatto dono di leggere questo post meraviglioso !!!
RispondiEliminaTestimonianza Meravigliosa.
EliminaGrazie Alessandro!Condivido in pieno con Andrea del post precedente,la gioia e la commozione di quanto hai scritto.Che il Signore ci assista.E benedica te e la tua famiglia.In Corde Matris,
Alessandro
Grazie Signore Gesù per questa meravigliosa testimonianza! Venga il tuo regno o Padre! Ave Maria!
EliminaAngelo
Grazie dottor Gnocchi! Grazie per questa testimonianza.
RispondiEliminaIo non conosco i francescani dell'Immacolata se non attraverso qualche foto e qualche video e non posso azzardare commenti sui fatti di questi ultimi giorni perché, molto semplicemente, non saprei di cosa starei parlando.
Quindi la ringrazio per le sue parole semplici e dirette, come sempre sa fare.
Desidero trasmettere un grazie grande anche alla sua coraggiosa figlia, prima di tutto, per le preghiere che ha innalzato a Dio e alla Madonna dalla missione in Nigeria e, soprattutto, per questa frase:
"Avevo visto l’inferno mentre io mi sentivo in paradiso. Non è la povertà e non è la miseria a far piangere, ma la disperazione di un mondo senza Cristo. Di giorno sentivo le voci dei muezzin, di notte i tam tam dei riti pagani e ho toccato con mano che il demonio esiste davvero, ho provato sulla mia pelle che la religione vera è una sola ed è la nostra".
Queste parole, semplici e forti, e chiarissime, sono parole che dovrebbero risuonare un giorno sì e l'altro pure dai pulpiti, dalla bocca di sacerdoti che dovrebbero insegnare che l'unico mondo possibile in cui si possa stare bene è il mondo dove regna Nostro Signore e che se c'è una disperazione non è la guerra o la povertà, ma sono i milioni di uomini che vivono senza conoscere Gesù e senza avere i mezzi ordinari per la salvezza della loro anima.
Queste parole, che ad un cattolico dovrebbero essere normali, sono taciute e nascoste da sacerdoti, vescovi e papi, quasi che si vergognino a dire agli altri che sono in Gesù c'è la vera vita e la vera salvezza.
Grazie ancora e che Dio benedica lei e la sua famiglia.
TB
era ora che qualcuno rispondesse come si deve, con misura e con forza, agli oracoli della carta stampata ...
RispondiEliminaSicuramente ci sarà qualche miserabile commento critico a questo splendido articolo, qualche ennesima giustificazione della scandalosa decisione della Congregazione, qualche ulteriore, miserrima, luciferina insinuazione sui Francescani dell'Immacolata, qualche ambigua, perversa richiesta di "distinguo", qualche stucchevole attacco alla S. Messa di sempre, incomparabilmente, indubitabilmente superiore alla triviale "mensa" conciliare. Ma ormai siamo allo spartiacque. Non è più il tempo delle ambiguità. Quest'evento è davvero la cartina di tornasole. O di qua, o di là. O con la Dottrina e la Liturgia di sempre o con le depravazioni moderniste dilaganti nella Chiesa. E' tempo di scelte. Decisive.
RispondiEliminaSe lo dici tu...mi sa che invece si galleggerà ancora per un po' cercando di non affondare. Del resto meglio tirare a campare che tirare a crepare
EliminaQuesto articolo e' un'accozzaglia di aneddoti da romanzo d'appendice, che veicola immagini da fiction targata mediaset, magari trasmessa in terza o quarta serata, per casalinghe insonni di bassa cultura. Personalmente diffido degli autoproclamatisi portavoce della tradizione, come De Mattei, Gnocchi, Palmaro, la Siccardi (il suo contributo sull'affaire FI era un'articolessa da premio Oscar) ecc. Io sono tradizionalista, ma non mi sento rappresentato da loro, soprattutto quando imbastiscono piagnistei autoreferenziali, che danneggiano l'immagine e la percezione del tradizionalismo. Trovo che le loro reazioni siamo molto istintive, poco ponderate, mi sembra che vengano dalla pancia e non dalla mente. Sono solo lacrimucce di presunti portavoce della tradizione che si improvvisano "capi popolo" e danno sfogo al sentimentalismo più becero e puerile per arringare le folle. Demagoghi ed affabulatori.
RispondiEliminaMicus
Io invece non sono un tradizionalista, sono solo un tiepidissimo cattolico come se ne possono pescare a piene mani in questo mondo disgraziato. Evito la messa in latino ed ogni celebrazione che non spacchi la mezzora, di solito esco a fumare durante la predica e lascio la chiesa dopo che il prete ha consumato la particola, faccio il segno della croce prima di mettermi a tavola (ma devo ammettere che se non è la moglie a ricordarmelo capita spesso che mi dimentichi di farlo)..del resto scrivo qui ed ora solo perché non ho altro da fare ed i soldi nel portafoglio non mi permettono manco una gita fuori porta. Quindi non peso esista qualcuno di meno titolato di me a commentare su questo genere di Blog..eppure non mi è sembrato che la tua critica non dica un gran che. Piagnistei autoreferenziali? ma si trattasse di una comunità di cattolici di rito orientale li si lascerebbe bene pregare secondo gli insegnamenti dei loro padri, nella loro lingua liturgica, secondo i dettami della loro particolare tradizione...e i romani invece? botte sui denti e ginocchiate dove non batte il sole...
EliminaNon credo che il tuttologo Introvigne possa provare emozione nel leggere questo scritto che presenta fatti e comportamenti quotidiani, piccoli, dice Gnocchi, ma in realtà grandi per la presenza di un indiscutibile soffio divino.
RispondiEliminaE chissà se il visitatore abbia appreso qualcosa invece di sgomitare per fare carriera, e auguriamoci che il commissario cappuccino "veda" dov'è veramente la Chiesa santa.
Leggendo questo post non posso far altro che rivivere tutte le occasioni che ho avuto di frequentare le case dei FI: è esattamente così ! Grazie per aver messo nero su bianco in modo così efficace queste "nostre" esperienze. Sono stato loro ospite più di una volta e in diverse Case Mariane, sia di Frati sia di Suore e ho trovato dappertutto la stessa meravigliosa serena povertà, felice umiltà, mansuetudine, gioia di vivere la propria missione a fianco dei Padri fondatori, Padre Stefano in particolare, malato ed appesantito dalla tremenda verità che lui sa ... Preghiamo per i FI, per Padre Stefano, ma specialmente per noi tutti, che siamo molto lontani dalla loro perfezione serafica. Ave Maria !
RispondiEliminaUtile testimonianza di chi evidentemente è a stretto contatto coi francescani dell'Immacolata; ma non mi sembra che contraddica, che smentisca in qualche modo l'articolo di Introvigne. (Per quanto mi riguarda poi non ricordo un articolo di Introvigne che fosse meno che intelligente ed interessante.)
RispondiEliminaIntrovigne dice che la fronda interna non è stata marginale: qui non si portano elementi contrarii.
Introvigne dice che la fronda lamentava l'ermeneutica della rottura praticata nell'ordine: qui non lo si smentisce.
Ancora, secondo Introvigne al visitatore è risultato che buona parte dell'ordine condivideva quelle critiche: Gnocchi critica i metodi d'indagine del visitatore, ma non dimostra il contrario.
Piuttosto, quando la figlia di Gnocchi, di ritorno da un mese fortemente vissuto colle francescane dell'Immacolata, un mese in cui ha respirato intensamente l'aria della loro missione, parla delle veglie e delle messe "celebrate come piace al Signore", se si riferisce a celebrazioni secondo il "vetus ordo", come si è portati a pensare, lascia intendere che l'altro modo, il "novus", al Signore non piace. Ora, si potrà anche essere d'accordo, ma bisogna rendersi conto che per chi non lo è (metti caso in Vaticano) questa affermazione getta un'ombra sulle francescane dell'Immacolata - e per inciso sembra dare ragione a Introvigne quando dice che il "novus ordo" viene considerato inferiore e sospetto "particolarmente presso le suore".
Ora, è chiaro che la questione dei francescani dell'Immacolata non verrà decisa in base a questa testimonianza, e quindi quelle parole difficilmente potranno fare gran danni; ma perché, anche solo nel proprio piccolo, darsi la zappa sui piedi?
Quale modo di "dir Messa" piaccia al Signore, sarebbe bene di lasciarlo dire al Signore. Magari aiutati da qualcuno che ha dimostrato di saperne qualche cosa più di noi, come Padre Pio. La Messa di Padre Pio, durava 4 ore, mica perché il Frate fosse un maniaco "rubricista" ! E quando Gesù soffrendo a sangue diceva "Macellai", chissà con chi ce l'aveva.
EliminaA prescindere dalla scandalosa aggressione ai FFI e al Summorum Pontificum, che la messa (messa?) postconciliare sia ontologicamente, dottrinalmente e liturgicamente inferiore alla S. Messa di sempre, credo che non ci siano dubbi...
EliminaMa uno avrà anche diritto di recitare la messa che più preferisce! Del resto qua da me fanno solo e d esclusivamente la "messa nuova"...A meno che nella "messa antica" siano contenute eresie terrificanti direi che non capisco il problema.
EliminaDi problemi ce ne sono diversi:
Elimina1. Che il diritto di recitare la messa che più si preferisce, Anonimo delle 14:49, è appunto messo in discussione dal provvedimento.
2. Che ciò che dice Silente di sicuro non è affatto condiviso da chi ha il potere di decidere in questa storia.
3. Che si tratta proprio di capire se i francescani dell'Immacolata condividano questo giudizio, e dall'articolo di Gnocchi si sarebbe portati a pensare di sì, almeno in quella missione (perché poi non tutti i francescani dell'Immacolata, come si è visto, la pensano allo stesso modo). E se questo a molti sembra certo bene, pure rischia di essere controproducente, in questa situazione.
Posso quindi ribadire il mio punto: l'articolo di Gnocchi è una testimonianza interessante, a quanto vedo apprezzata da molti, ma se voleva smentire Introvigne mi sembra che non colga il bersaglio, e se voleva aiutare i francescani dell'Immacolata in questa situazione mi sembra che si dia la zappa sui piedi.
Grandissimo Alessando Gnocchi! Questa volta non bisogna mollare la presa. La prova è troppo importante e si deve battere sempre il ferro senza farlo raffreddare.
RispondiEliminaBell'articolo!
RispondiEliminaEra ora che qualcuno rispondesse a quel "presuntuoso" (concedetemelo) di Introvigne.
Grazie!
Io conosco le vere ragioni delle baggianate dette da Introvigne.
RispondiEliminaE' un post poetico, nulla toglie al merito di frati e suore che si sacrificano nelle missioni, ma il problema rimane. Sono stata anche io in Nigeria e vorrei dire la mia. L'area dove sono frati e suore, Ogun State, non è a rischio di vita per i conflitti religiosi. Si parla della Nigeria come di un paese selvaggio. Questo è offensivo al massimo. In Africa le donne, specie le bianche e le religiose sono rispettate. Non è l'ex Zaire durante la guerra civile! Quanto ai sacrifici umani, il cannibalismo, ma Gnocchio è mai stato in Africa? Ha mai studiato l'antropologia africana. Crede che l'Africa è il suo paesino dell'Emilia Romagna? Ci sono Afriche e Afriche. E' un continente enorme! Quanto a P. Stefano dispiace che sia finito così. Se la sua è opera di Dio andrà avanti. Se non andrà avanti è segno che aveva perduto l'originale carisma. In questi ultimi anni si parla di tanti fondatori non certo santi, ma considerati tali prima che scoppiasse qualcosa all'interno. Speriamo bene. La Chiesa non è così leggera...
RispondiEliminaMa per favore...un branco di pederasti in curia ed il problema sono i francescani...
EliminaGrazie Dott.Gnocchi per la Sua quanto mai opportuna testimonianza. Conosco da circa quattro anni le Suore F.I. ed ho da subito notato quelle "piccole cose"che, unitamente alla Fede, fanno grandi le persone e le scelte che fanno. Forse quando si parla (o si scrive) di qualcuno o di qualcosa sarebbe bene guardare anche "in basso"qualche volta mentre si disserta e si potrebbero notare quei piccoli segnali che fanno anche loro, pur se non solo, comprendere l'autenticità di una scelta, proprio come i "geloni". E' ovvio che solo questi non bastano, ma " chi è fedele nel poco è fedele anche nel molto". Il doloroso commissariamento è "accompagnato" da una miriade di preghiere di tante anime umili che il Signore e la Sua Madre sapranno ascoltare. Le sono molto vicino per la meravigliosa scelta di Sua figlia e comprendo perfettamente non solo la gioia della Sua offerta al Signore, ma anche l'umana apprensione che essa determina. Sono padre anche io di una di queste giovani e motivate Suore. Continuiamo a pregare per loro, per P.Stefano, per tutti i Francescani dell'Immacolata.
RispondiEliminagrazie, di cuore.
RispondiEliminaArticolo bellissimo - vorrei andareanche io in Nigeria dai FFII a breve - ma si potevano dire le stesse cose senza attaccare uno dei migliori articoli di Introvigne da parecchio tempo a questa parte. Nulla di quel che dice qui Gnocchi è negato dal pezzo di Introvigne, anzi. E che Introvigne abbia frequentato e lavorato con i FFII per anni è un fatto, e non a caso li loda. Oltretutto Introvigne solleva due problemi fondamentali, tanto più importanti perchè non può essere certo accusato di iper-tradizionalismo 1) il fatto che si ritrovi la severità disciplinare di un tempo solo per colpire noi che restiamo fedeli alla tradizione liturgica, mentre le suore lesbo-new age e i cardinali che danno l'Ostia santa ai travestiti comunisti che combattono la famiglia ai funerali di preti abortisti e pubblicamente eretici vanno bene. 2) che il decreto contro i frati fa a pugni col buon senso, il Motu Proprio Summorum pontificum ed è scritto con i piedi, o la fretta di colpire.
RispondiEliminaChe i problemi ci fossero tra i frati non si può negare e il nemico ne ha approfittato. Adesso è il momento di stare uniti e evitare di dare altre occasioni alla curia. Se un articolo dice cose importanti ed è discutibile in parti accessorie, OK, viva la libertà dei figli di Dio e teniamo gli occhi sulla palla, non sui difetti veri o presunti della maglietta di chi gioca con noi. Non è il momento di mostrarsi ancora più rancorosi, divisi e litigiosi di quello che già siamo e che è stata sempre la maledizione del tradizionalismo e la causa di tutte le sue sconfitte.
Condivido il giudizio di Corradori. A Sproposito dato che "mi capita a trio" Corradori, vorrei chiederLe una cosa: mi era parso - ma forse ho capito male - che Lei fosse intenzionato a pubblicare un libro in cui voleva raccontare la storia di alcuni sacerdoti che subirono notevoli persecuzioni e "morirono di dolore" (mi pare dicesse così) per il divieto imposto di non celebrare la liturgia Tradizionale ai tempi della Riforma (liturgica, non quella protestante, nonostante diversi punti di contatto); volevo semplicemente sapere se alla fine l'aveva pubblicato o aveva -per le più svariate ragioni in cui non metto becco - desistito dall'intenzione.
RispondiEliminaIn Domino.
Max T.
@ MAx-T Grazie carissimo fratello in Cristo ! Non desisto dall'intenzione , più vasta, di narrare nel periodo della mia adolescenza la bella testimonianza dei Sacerdoti e dei Religiosi che chiesero, ed alcuni ottennero, al Signore di morire come ostie immolate nel dolore che avevano subito a causa del crollo di tutto quello in cui avevano creduto : la Santa Liturgia ! Buona domenica !
EliminaCondivido, sottoscrivo ed apprezzo l'articolo. Mi piace che gli interventi di Introvigne vengano chiamati "encicliche "del Filosofo sociologo. In realtà Introvigne sembra un opinionista di regime. Non lo sfiora minimamente l'dea che tanti cattolici fedeli a Pietro abbiano qualche ragione per le loro legittime perplessità su certe affermazioni del Papa, oggettivamente ambigue e si arrampica sugli specchi per farle quadrare in modo consono alla tradizione. Introvigne più che riportare interpreta, ripeto in modo tradizionale. Ma l'interpretazione è tutta sua, restando aperti anche altri spazi per interpretazioni diverse non conformi alla tradizione. I suoi articoli sulla Bussola quotidiana, concludono sempre che il capo è il più bravo che c'è, senza possibilità di dibattito. Sto parlando di atteggiamenti pontifici e non di dichiarazioni magisteriali precise a meno che non si vogliano prendere le prediche di S. Marta o il messaggio ai Mussulmani come magistero irreformabile. Così facendo diventa una "Sibilla Cumana" l'unica capace di dare responsi autentici ed esautorando dal pensare tutti gli altri. Dispiace perchè dà di Alleanza Cattolica una immagine molto gretta ed irregimentata. Per fortuna che sulla Bussola ci sono altre voci cattoliche, ma più libere.
RispondiEliminaVi siete mai chiesto chi è il visitatore apostolico?
RispondiEliminaPerche si fece prete?
Qual'era il suo scopo nella vita?
Da dove viene?
Se scavate troverete la risposta a quello che è successo.
Incredibile! Per la prima volta trovo un articolo in cui Alessandro Gnocchi scrive da solo!!!!!!!!!
RispondiEliminaDopo aver letto queste righe mi senti piccolo piccolo e insignificante
RispondiEliminaQuel «Conosco anche i loro problemi» era prudente tenerselo per sé, dato che non ha aggiunto altro a ciò che già si sapeva, differentemente dal nostro Alessandro Gnocchi che ha portato un'ampia esperienza personale che vale più di mille disquisizioni.
RispondiEliminaAlessandro Gnocchi: GRAZIE, GRAZIE, GRAZIE.
RispondiElimina..e che Nostra Signora, Regina Confessorum, accompagni tua figlia Chiara e benedica la tua famiglia!
Espero que el Commissario Papal lea este testimonial. Perché Papa Francesco, perché?
RispondiEliminaAd Introvigne ed alla sua conoscenza dei presunti fatti contestabili e contestati hanno risposto ufficialmente i frati. Gnocchi non intendeva smontare punto per punto le affermazioni del tuttologo Introvigne, ma intendeva rispondere ad un solo punto: non è Introvigne a conoscer da vicino i FI ma anche altri. Ed ha narrato momenti di vita religiosa e missionari toccanti. Se i vari critici di Gnocchi col puzzo sotto il naso facessero qualche esperienza forse si rimangerebbero le loro parole.
RispondiEliminaAnonimo delle 14,54
RispondiEliminaSe sai fatti precisi esponili. Certe voci che ho già io ho riferito, ma anche altri che di solito sono ben informati, sono semplici ma diffuse voci che, se rispondessero a verità, inficierebbero la visita apostolica.
Ho conosciuto Padre Stefano Manelli e parte della sua famiglia a San Giovanni Rotondo da Padre Pio nel periodo di persecuzione del Santo provato da visitatori inviati dal prossimo Santo Giovanni XXIII, si era creato il vuoto attorno al Padre, nel periodo Conciliare il sabato venivano i Vescovi a frotte, tutti stranieri, gli italiani rispettavano l'interdictum del Papa. Padre Pio li sentiva e per quel mi consta li invitava a non "toccare" il culto alla Madonna.
RispondiEliminaPadre Stefano è un figlio di Padre Pio, ci meravigliamo di quanto sta succedendo ai Francescani di Padre Stefano? Questo è l'imprimatur permesso dal Signore che associa Padre Stefano al grande perseguitato Padre Pio !!!!! Quanti traditori anche allora.