Lex dubia non obligat
di Roberto de Mattei, da "Corrispondenza Romana" del 9.08.2013
Il “caso” dei Francescani dell’Immacolata ripropone una questione di ordine canonico, morale e spirituale, spesso affiorata e talvolta “esplosa” negli anni del post-concilio: il problema dell’obbedienza ad una legge ingiusta. Una legge può essere ingiusta non solo quando viola la legge divina e naturale, ma anche quando viola una legge ecclesiastica di portata superiore. È questo il caso del Decreto dell’11 luglio 2013 con cui la Congregazione per gli Istituti di vita consacrata stabilisce il commissariamento dei Francescani dell’Immacolata.
La lesione del diritto non sta nel commissariamento, ma in quella parte del Decreto che pretende obbligare i Francescani dell’Immacolata a rinunciare alla Messa secondo il Rito Romano antico. Esiste infatti, oltre alla Bolla Quo primum di san Pio V (1570), il motu proprio di Benedetto XVI Summorum pontificum (2007), ossia una legge universale della Chiesa, che concede ad ogni sacerdote il diritto di «celebrare il Sacrificio della Messa secondo l’edizione tipica del Messale Romano promulgato dal B. Giovanni XXIII nel 1962 e mai abrogato, come forma straordinaria della Liturgia della Chiesa».
L’art. 2 del Motu Proprio specifica che non occorre alcun permesso né della Sede Apostolica, né del suo Ordinario, per le Messe celebrate sine populo.
L’art. 3 aggiunge che non solo i singoli sacerdoti, ma «le comunità degli Istituti di vita consacrata e delle Società di vita apostolica, di diritto sia pontificio sia diocesano, sia che
nella celebrazione conventuale o “comunitaria” nei propri oratori possono esercitare questo diritto». Nel caso che una singola comunità o un intero Istituto o Società volesse «compiere tali celebrazioni spesso o abitualmente o permanentemente, la cosa deve essere decisa dai Superiori maggiori a norma del diritto e secondo le leggi e gli statuti particolari». Non c’è bisogno, in questo caso, di risalire ai princìpi della legge divina e naturale, basta il diritto canonico. Un eminente giurista come Pedro Lombardia (1930-1986) ricorda come il canone 135, paragrafo 2, del nuovo Diritto Canonico sancisce il principio della legalità del legiferare, nel senso che «la potestà legislativa è da esercitarsi nel modo stabilito dal diritto», specialmente dai canoni 7-22, che costituiscono il titolo dedicato dal Codice alle Leggi ecclesiastiche (P. Lombardia, Lezioni di diritto canonico, Giuffré, Milano 1986, p. 206).
nella celebrazione conventuale o “comunitaria” nei propri oratori possono esercitare questo diritto». Nel caso che una singola comunità o un intero Istituto o Società volesse «compiere tali celebrazioni spesso o abitualmente o permanentemente, la cosa deve essere decisa dai Superiori maggiori a norma del diritto e secondo le leggi e gli statuti particolari». Non c’è bisogno, in questo caso, di risalire ai princìpi della legge divina e naturale, basta il diritto canonico. Un eminente giurista come Pedro Lombardia (1930-1986) ricorda come il canone 135, paragrafo 2, del nuovo Diritto Canonico sancisce il principio della legalità del legiferare, nel senso che «la potestà legislativa è da esercitarsi nel modo stabilito dal diritto», specialmente dai canoni 7-22, che costituiscono il titolo dedicato dal Codice alle Leggi ecclesiastiche (P. Lombardia, Lezioni di diritto canonico, Giuffré, Milano 1986, p. 206).
Il Codice ricorda che leggi ecclesiastiche universali sono quelle «promulgate con l’edizione nella gazzetta ufficiale degli Acta Apostolicae Sedis» (can. 8); che ad esse «sono tenuti dovunque tutti coloro per i quali sono state date» (can. 12 – §1); precisa che «le leggi che stabiliscono una pena, o che restringono il libero esercizio dei diritti, o che contengono un’eccezione alla legge, sono sottoposte a interpretazione stretta» (can. 18); stabilisce che «la legge posteriore abroga la precedente o deroga alla medesima, se lo indica espressamente, o è direttamente contraria a quella, oppure riordina integralmente tutta quanta la materia della legge precedente »(can. 20); afferma che «nel dubbio la revoca della legge preesistente non si presume, ma le leggi posteriori devono essere ricondotte alle precedenti e con queste conciliate, per quanto è possibile» (can. 21).
L’art. 135 stabilisce infine il principio fondamentale della gerarchia delle norme, in virtù del quale «da parte del legislatore inferiore non può essere data validamente una legge contraria al diritto superiore». Neanche un Papa può abrogare un atto di un altro Papa, se non con la dovuta forma. La regola incontestabile, di ordine giuridico e morale, è che prevale il diritto derivante da un ordine superiore, che riguarda una materia di maggiore importanza e più universale, e che possiede un titolo più evidente (Regis Jolivet, Trattato di filosofia. Morale, vol. I, Morcelliana, Brescia 1959, pp. 171-172).
Secondo il canone 14, inoltre, la norma canonica, per essere obbligatoria, non deve essere suscettibile di dubbio di diritto (dubium iuris), ma deve essere certa. Quando manca la certezza del diritto, vige l’assioma: lex dubia non obligat. Quando ci si trova di fronte ad un dubbio, la gloria di Dio e la salvezza delle anime prevalgono sulle concrete conseguenze a cui può portare l’atto, sul piano personale. Il nuovo Codice di Diritto Canonico ricorda infatti, nel suo ultimo canone, che nella Chiesa, sempre deve essere “suprema lex” la “salus animarum” (can. 1752). Lo aveva già insegnato S. Tommaso d’Aquino: «lo scopo del diritto canonico tende alla pace della chiesa e alla salvezza delle anime» (Quaestiones quodlibetales, 12, q. 16, a. 2) e lo ripetono tutti i grandi canonisti.
Nel discorso sulla “salus animarum” come principio dell’ordinamento canonico, tenuto il 6 aprile 2000, il cardinale Julián Herranz, Presidente del Pontificio Consiglio per i Testi Legislativi, ha ribadito come questo è il supremo principio ordinatore della legislazione canonica. Tutto ciò presuppone una riflessione articolata, che è assente dal dibattito, perché spesso si dimentica il fondamento morale e metafisico del diritto.
Oggi prevale una concezione meramente legalista e formalista, che tende a ridurre il diritto a un mero strumento nelle mani di chi ha il potere (cfr. Don Arturo Cattaneo, Fondamenti ecclesiologici del Diritto canonico, Marcianum Press, Venezia 2011). Secondo il positivismo giuridico penetrato all’interno della Chiesa è giusto ciò che l’autorità promulga. In realtà lo Ius divinum è a fondamento di ogni manifestazione del diritto e presuppone la precedenza dello jus rispetto alla lex. Il positivismo giuridico inverte i termini e sostituisce l’esercizio della lex alla legittimità dello jus. Nella legge si vede solo la volontà del governante, e non il riflesso della legge divina, per la quale Dio è il fondamento di tutti i diritti. Egli è il Diritto vivente ed eterno, principio assoluto di tutti i diritti (cfr. Ius divinum, a cura di Juan Ignacio Arrieta, Marcianum Press, Venezia 2010).
È per questo che, in caso di conflitto tra la legge umana e quella divina, «bisogna obbedire a Dio piuttosto che agli uomini» (At. V, 29). L’obbedienza è dovuta ai superiori perché rappresentano l’autorità stessa di Dio ed essi la rappresentano in quanto custodiscono e applicano la legge divina. San Tommaso afferma che è meglio affrontare l’immediata scomunica della Chiesa, ed esulare in terre lontane ‒ dove il braccio secolare non arriva ‒ piuttosto che obbedire ad un ordine ingiusto: «ille debet potius excommunicatione, sustinere (…) vel in alias regiones remotas fugere» (Summa Theologiae, Suppl., q. 45, a. 4, ob. 3).
L’obbedienza non è solo un precetto formale che ci spinge a sottometterci alle autorità umane: è prima di tutto una virtù che incammina verso la perfezione. Abbraccia in maniera perfetta l’obbedienza non chi ubbidisce per interesse, timore servile, o affezione umana, ma chi sceglie la vera obbedienza, che è l’unione della volontà umana con la Volontà divina. Per amore di Dio dobbiamo essere pronti a quegli atti di suprema obbedienza alla sua legge e alla sua Volontà che ci sciolgono dai legami di una falsa obbedienza, che rischia di farci perdere la fede. Purtroppo oggi vige un malinteso senso dell’obbedienza, confinante talvolta con il servilismo, in cui il timore del’autorità umana prevale sull’affermazione della verità divina.
La resistenza agli ordini illegittimi è talvolta un dovere, verso Dio e verso il nostro prossimo, che ha bisogno di gesti di esemplare densità metafisica e morale. I Francescani dell’Immacolata hanno ricevuto ed accolto da Benedetto XVI il bene straordinario della Messa tradizionale, impropriamente detta “tridentina”, che oggi migliaia di sacerdoti celebrano legittimamente un tutto il modo. Non c’è modo migliore di esprimere la loro riconoscenza a Benedetto XVI per il bene ricevuto e di manifestare allo stesso tempo il proprio sentimento di protesta verso un’ingiustizia subita, che di continuare a celebrare in tranquilla coscienza il Santo Sacrificio della Messa secondo il Rito romano antico. Nessuna legge contraria li obbliga in coscienza. Forse pochi lo faranno, ma il cedimento per evitare mali maggiori, non servirà ad allontanare la tempesta che infuria sul loro istituto e sulla Chiesa.
Se i Frati Francescani dell'Immacolata si ritrovano commissariati è anche e soprattutto grazie al sodalizio col critico del Vaticano II, il barone Roberto De Mattei. Scandaloso il suo ultimo libro sul Papa che si inserisce in quello che scrive su questo post. Stava preparando il terreno e gli dispiaceva proprio perdere il controllo di un istituto religioso internazionale grazie all'amicizia con l'ex procuratore generale p. Alessandro Apollonio che ha fatto troppo il furbetto col card. Burke, senza preoccuparsi di dialogare con le autorità della CIVCSVA.
RispondiEliminaNon sò perchè, ma quest'informazione non mi sorprende!
EliminaIn Pace
Anche e soprattutto a causa delle infiltrazioni di agenti provocatori del mater bonii consili e della massoneria sedeprivazionista nell'ordine, come anche ormai anche i sassi sanno (vedi radio spada, che a questa operazione di infiltrazione massonica ha lavorato alacremente).
EliminaDe Mattei è da tempo che segue derive ultraconservatrici. Si facesse un esame di coscienza.
RispondiEliminaBuone argomentazioni del Prof. De Mattei, difficili da controbattere sul piano razionale, quindi meglio attaccarlo obliquamente.
RispondiEliminaAndare
Buon Articolo di De Mattei, buone argomentazioni difficilmente confutabili, meglio quindi un "attacchino" sul piano personale.
RispondiEliminaEvidentemente i mali nella Chiesa sono ascrivibili al bieco Professore, e messo in riga lui la pratica nella mia diocesi tornerà sopra l'8%....
Si, si, sarà senza dubbio così!
Andare
Cireneo,l'insegnamento magisteriale dev'essere CHIARO, secondo quanto da me riportato,sulla base di un insegnamento di S E Mons.Oliveri,e NON su mia elucubrazione ,fra l'altro non cattolica,come lei arrogantemente asseriva(salvo arrampicarsi sugli specchi quando si è reso conto che la sua posizione era insostenibile) Vedasi dibattito,purtroppo condito dalle sue sgradevoli invettive e insinuazioni,sul blog di Tornielli.Ora questo contributo del prof. De Mattei,direi,è il parallelo giuridico,a lei ovviamente non gradito.Ed è fondato su precise argomentazioni,non su elucubrazioni personali,come lei bolla ogni cosa,anche la più ragionevole,che le dà fastidio
RispondiEliminaHa tendenza a ripetersi, vedo, cara murmex.
EliminaPorti sù i copia incolla che sostengono le Sue fantasiose dicerie invece!
In Pace
La miglior rispsota a De Mattei, gliel'hanno data i Frati Stessi!
RispondiEliminaIn Pace
Ma, in questo sito, c'è spazio solo per gli ultra-progressisti tipo l'anonimo delle 12:23 e gli immarcescibili "Simon de Cyrène" e "Il Nuovo", afflitti da monomaniacale ostilità verso la Tradizione, la Dottrina e la Liturgia di sempre? Si rassegnino: la siderale distanza culturale che separa il Professor Roberto de Mattei da loro rende semplicemente ridicoli i loro latrati alla luna.
RispondiEliminaNon ho preso conoscenza del libro di De Mattei sul Papa (quello in carica o l'emerito?) e, pertanto, ignorndone persino l'esistenza, non mi pronuncio.
RispondiEliminaLa sua storia del Vaticano II, ad eccezione di alcune critiche valutazioni sulle presunte aperture di Pio XII, è un'opera ragguardevole ed alla quale non si può non ricorrere nei futuri studi sull'ultima assise della Chiesa.
Le insinuazioni sulla volontà di de Mattei di prendere il controllo dei FI - come si trattasse di un gregge di ignoranti, mentre vi son molte teste assai quadrate, le insinuazioni sul p. Apollonio sono talmente gravi che colui che le avanza, implicando in una presunta trama anche il card. Burke, avrebbe dovuto esser meno criptico e sentire il dovere di firmare con il suo nome e cognome. Così come sono presentate sono soltanto pettegolezzi di pretonzoli. E non mi meraviglia l'assenso di tal SdC.
Che bravo De Mattei, invita alla disobbedienza... proprio bravo bravo...
RispondiEliminaQuesto commento è stato eliminato da un amministratore del blog.
EliminaNoto come al solito che i soliti scandalizzati (ma non li ho mai sentiti scandalizzarsi ,sui vari blog,per i sacrilegi)si stracciano le vesti,non portando argomenti,(non lo fanno quasi mai),ma facendo insinuazioni ad personam,di cui è bene non tener nessun conto.Il prof De Mattei porta invece argomenti,(sono abituata al linguaggio giuridico,li trovo degni di nota)fra cui una citazione da S Tommaso,Dottore comune della Chiesa.Il cireneo su altro blog (Tornielli),con la sua solita sprezzante supponenza,aveva tacciato di "NON CATTOLICA" una mia citazione di S E REV Mons.Oliveri,(non sapendone la provenienza),salvo far marcia indietro(con arrampicamento sugli specchi) quando si è reso conto che la sua posizione era insostenibile.Su cosa verteva questa mia citazione,presa da un intervento del Vescovo introduttivo al libro di Radaelli"Il futuro-terribile o radioso ?-del dogma"?Sulla necessità del Magistero di essere CHIARO,perchè l'intelletto possa ad esso ,come Verità,adeguarsi . Vedo un parallelismo ,in questo articolo del prof De Mattei,dal punto di vista giuridico:anche la legge ecclesiastica deve essere chiara,non dubbia,e dipendente,mai contrastante, dallo ius divino,così come il magistero ,anche pastorale,non può prescindere dal dogma(laVerità divina)
RispondiEliminaMa di che parla murmex? Sogna? Porti sù i copia incolla che sostengono le Sue dicerie, invece!
EliminaIn Pace
Ottimo De Mattei, la sollevazione degli scribi e farisei ne è la conferma.
RispondiEliminaBravo Professore De Mattei!
RispondiEliminaGratias
Che bravo De Mattei, invita alla disobbedienza... proprio bravo bravo...
RispondiElimina---------------
Di disobbedienti, tra cardinali, vescovi, preti, religiosi e religiose ce ne sono a migliaia. E ci sono movimento che camminano o non camminano, che sono sette all'interno della Chiesa e non obbediscono a quanto loro imposto.
E nulla accade, ed il male dilaga.
La disobbedienza è doverosa quando un ordine è ingiusto (contro il diritto, umano e divino) ed obbliga al male.
Allo stato io non vedo ancora quest'ordine oggettivamente ingiusto e pervertore. Il giudizio sarà dato alla fine della vicenda. Per ora vedo soltanto un'improvvida ribellione interna ed un'improvvisata, abborracciata, e dubbia nella necessità, visita apostolica con commissariamento. La reazione dei frati è stata oltremodo serena. Essi sapranno resistere a ciò a cui è lecito resistere. Se sarà loro impedito di celebrare il rito antico dopo averne ottenuto l'autorizzazione e dopo il motu proprio di Benedetto, l'obbedienza non sarebbe più una virtù.
Più ripetitivo di SdC credo che non ci sia nessuno. Da un post all'altro ripete sempre gli stessi concettuzzi e con interpretazioni fantasiose della legge della Chiesa. Se "La S.P" è "il S.P.", cioè "il" motu proprio Summorum Pontificum, non capisco d'onde tragga le sue conclusioni.
RispondiEliminaVediamo gli articoli che c'interessano:
Art. 2. Nelle Messe celebrate senza il popolo, ogni sacerdote cattolico di rito latino, sia secolare sia religioso, puo' usare o il Messale Romano edito dal beato Papa Giovanni XXIII nel 1962, oppure il Messale Romano promulgato dal Papa Paolo VI nel 1970, e cio' in qualsiasi giorno, eccettuato il Triduo Sacro. Per tale celebrazione secondo l'uno o l'altro Messale il sacerdote non ha bisogno di alcun permesso, ne' della Sede Apostolica, ne' del suo Ordinario.
Art. 3. Le comunita' degli Istituti di vita consacrata e delle Societa' di vita apostolica, di diritto sia pontificio sia diocesano, che nella celebrazione conventuale o ''comunitaria'' nei propri oratori desiderano celebrare la Santa Messa secondo l'edizione del Messale Romano promulgato nel 1962, possono farlo. Se una singola comunita' o un intero Istituto o Societa' vuole compiere tali celebrazioni spesso o abitualmente o permanentemente, la cosa deve essere decisa dai Superiori maggiori a norma del diritto e secondo le leggi e gli statuti particolari.
Dunque il singolo religioso può sempre celebrare sine populo il VO.
Gli istituti religiosi possono utilizzare il Messale detto di S. Pio V quando lo ritengano opportuno. Soltanto relativamente alla Messa comunitaria o conventuale è il superiore maggiore che decide se si debba o meno in modo permenente ed esclusivo celebrare secondo il VO. Solo in caso, dunque, di scelta esclusiva e permenente. E comunque se l'intero ordine o la grande maggioranza d'esso dovesse scegliere il VO contro la volontà del Superiore, esiste un'istanza che lo supera. Ed il capitolo, secondo le sue norme, può designarne la decadenza e la sostituzione con altro, ed al limitepuò riformare le Costituzioni.
Quanto alla smentita dei FI a de Mattei, anche questa è una stravaganza di SdC. I frati non potevano fare altro che manifestare la loro serena accettazione della visita apostolica e del commissariamento. Sapranno essi poi come comportarsi. E' ovvio che si dichiarino estranei al sostegno che da gran parte del mondo della Tradizione: l'iniziativa non è partita da loro, se avessero pubblicamente dichiarato la loro soddisfazione per questa affettuosa vicinanza sarebbero stati accusati d'aver lavorato perché questo sostegno si elevasse nella stampa e nel web.
fratel Pacifico
Eliminache Lei non sia d'accordo con me, ci stò benissimo: perlomeno faccia lo sforzo di capire quel che ho scritto prima di controbattere.
Ovviamente quando ho detto che l'art 2 della S.P. apriva la porta al dovere di obbedienza ai religiosi (ed ai chierici) mi riferivo in particolare ai Cann. 273, 618, del CIC e a quelli direttamente decorrenti.
Quindi il religioso che fa voto di obbedienza deve, appunto, rimettere questa facoltà dell'art.2 della S.P. tra le mani del suo superiore di volontà propria o a richiesta del legittimo superiore.
Quanto alla smentita delle teorie di De Mattei mi riferivo in particolare prendere le distanze dalle prese di posizione in favore di un'ermeneutica della rottura da parte dei F.F.I.:
“Non confondiamo l’amore alla Tradizione con il tradizionalismo. (I F.F.I., ndr) Accettano con il religioso ossequio dell’intelletto e della volontà il Concilio Vaticano II, la Riforma Liturgica di Paolo VI, e il magistero post conciliare . L’ermeneutica della continuità, raccomandata da Papa Benedetto XVI, ci appartiene sin dalle nostre origini.”
In Pace
"che Lei non sia d'accordo con me, ci stò benissimo: perlomeno faccia lo sforzo di capire quel che ho scritto prima di controbattere."
EliminaCol tuo italiano sgrammaticato non è facile! Magari potresti scrivere su blog nella tua lingua, o forse lì non ti sopporterebbero come ha mostrato la redazione di questo per anni, dando spazio al tuo odio, alla tua supponenza e alla tua antipatia.
Grande De Mattei.
RispondiEliminaSi Si e No No, pane al pane e vino al vino.
Ai poveri modernisti non resta che rimestare nel torbido dei loro trucchetti da quattro soldi coi soliti piagnistei da donnicciole isteriche.
Polimar
Bravo De Mattei, autentico "Uomo Antico".
RispondiEliminaPurtroppo, come direbbe il Signor G, "l'Uomo Nuovo" è essenzialmente un Conformista.
Andare
“Non confondiamo l’amore alla Tradizione con il tradizionalismo. (I F.F.I., ndr) Accettano con il religioso ossequio dell’intelletto e della volontà il Concilio Vaticano II, la Riforma Liturgica di Paolo VI, e il magistero post conciliare . L’ermeneutica della continuità, raccomandata da Papa Benedetto XVI, ci appartiene sin dalle nostre origini.”
RispondiEliminaSe questa non è una aperta sconfessione di De Mattei da parte dei Francescani dell'Immacolata che cos'é?
Il quale De Mattei vuol fare anche l'azzecagarbugli, con citazioni tutte a sproposito, per spingerli alla ribellione... ma così facendo rischia di autorizzare un certo pensar male...
Si rassegni, e accetti che i F.I. possono fare a meno della sua "scienza" giuridica, dei suoi consigli e dei suoi appelli.
Placet!
EliminaD' accordo con De Mattei sul concetto di obbedienza, però da lui aspetto un chiarimento sulla decisiva questione della continuità/discontinuità del Concilio Vaticano II, come ha fatto fr. Lanzetta col suo libro "Iuxta modum".
RispondiEliminaSdC tu usi il combinato disposto del Motu proprio e del CIC a tuo uso e consumo. Il Motu proprio è chiarissimo in merito e tutti i religiosi senza previa autorizzazione di alcuno possono celebrare la Messa di S. Pio V. Diverso è il caso della Messa conventuale.
RispondiEliminaQuanto ai Frati che smentirebbero de Mattei ho già scritto. Nessuno nega che il concilio sia un'assise ecumenica della Chiesa, e nessuno nega che Paolo VI abbia legittimamente introdotto il NO, rito costruito a tavolino e non frutto di arricchimento di una secolare tradizione liturgica, e nessuno nega l'ermeneutica della continuità.
Il problema consiste nel discernere nei documenti del concilio PASTORALE ciò ch'è nel solto del Magistero precedente e della Tradionze; nelle innegabili ambiguità del NO che lasciano spazio ad abusie nell'altrettanto sfumata essenza sacrificale nel rito, in particolare nell'offertorio e in alcuni canoni in cui la transustanziazione è del tutto assente, pur non negandola. E quanto all'ermeneutica della continuità la si dimostri, cosa mai avvenu7tra. L'ermeneutica è un metodo esegetico: lo si applichi e si chiariscano i punti controversi del concilio. Non basta, come sin'ora si è fatto, ripetere pedissequamente, senza chiarimento alcuno né definizione, il mantra della continuità.
Dal '70 ripeto le stesse cose ed attendo o chiarimenti definitivi argomentati in modo conivincente o la canonizzazione del Vaticano II dichiarandolo, cioè, tutto infallibile. E voglio vedere quale pontefice potrà farlo.
fratel Pacifico, non perda tempo cercando di ragionare col cireneo. Si fidi di chi legge da anni i suoi sbrodolamenti.
EliminaDa noi si dice che a lavare la testa all'asino si buttano via tempo e sapone.