Al Cairo torna attuale la lezione di Ratisbona
di Sandro Magister, da Chiesa. Espressonline, del 20.08.2013
Mai nessun papa è stato così chiaro e coraggioso nello svelare le
radici della violenza nell'islam, prima di Benedetto XVI. E nemmeno
dopo. Due riletture d'obbligo, per decifrare la crisi egiziana
ROMA, 20 agosto 2013 – In pochi giorni molte decine di chiese,
conventi, abitazioni di cristiani in Egitto sono stati presi d'assalto o
incendiati. Una tragedia nella tragedia, dopo il colpo di Stato che ha
precipitato la nazione del Nilo in una guerra civile con centinaia se
non migliaia di vittime.
Nel dare notizia dei numerosi appelli per la cessazione delle violenze, "L'Osservatore Romano" del 18 agosto non è però riuscito a elencare tra queste invocazioni nemmeno una che provenisse dal mondo musulmano.
Questo silenzio pubblico delle guide spirituali islamiche non sorprende. Accompagna quasi ogni atto di violenza politica che veda in azione dei musulmani, nell'una o nell'altra regione del globo.
È un silenzio che non si spiega con soli calcoli di opportunità, o col timore di ritorsioni. Né per il solo fatto che oggi in Egitto lo scontro maggiore è tra opposte fazioni musulmane entrambe convinte di inverare con la forza i precetti dell'islam: perché non solo i Fratelli Musulmani del deposto presidente Mohamed Morsi hanno una concezione della lotta politica come jihad, come guerra santa, ma la ha anche il loro avversario Abdel Fattah Al Sisi, il generale messo a capo delle forze armate dallo stesso Morsi perché ritenuto il più fedele islamista di tutti.
Per capire la radice ultima del silenzio delle guide spirituali musulmane di fronte all'esplodere della violenza islamicamente ispirata basta fare una cosa semplice. Basta rileggere la parte iniziale della lezione tenuta da Benedetto XVI il 12 settembre 2006 nell'aula magna dell'università di Ratisbona.
Gli atti aggressivi con cui uomini e gruppi musulmani reagirono a quella lezione furono la tragica conferma della giustezza della tesi esposta da papa Joseph Ratinzger. Secondo cui la violenza associata alla fede è l'inevitabile prodotto del fragile legame tra fede e ragione nella dottrina musulmana e nells stessa comprensione di Dio.
Nessun papa prima di Benedetto XVI aveva mai avuto la chiarezza di visione e il coraggio di esprimere un giudizio così netto sull'islam, né di formulare con tale rigore la diversità tra islam e cristianesimo.
Dentro la Chiesa cattolica Benedetto XVI fu molto criticato per avere tanto osato. Lo si accusò di aver distrutto il "dialogo" col mondo musulmano.
In realtà appena due mesi dopo Ratisbona papa Ratzinger si raccolse in silenziosa preghiera nella Moschea Blu di Istanbul. E poté compiere quel gesto – altrimenti incomprensibile – proprio per aver detto chiaro qual era il suo pensiero in proposito.
E proprio dalla lezione di Ratisbona prese vita quel germoglio di dialogo islamo-cristiano che trovò espressione nella "lettera dei 138 saggi" scritta al papa da esponenti musulmani di vario orientamento.
Non solo. Sempre in quell'autunno del 2006, durante il suo viaggio in Turchia, Benedetto XVI disse chiaro al mondo musulmano che esso aveva davanti a sé la stessa sfida che il cristianesimo aveva già affrontato e superato positivamente: quella di "accogliere le vere conquiste dell'illuminismo, i diritti dell'uomo e specialmente la libertà della fede e del suo esercizio".
Anche qui, mai nessun papa s'era spinto così avanti, prima di Benedetto XVI. E nemmeno dopo. Fino ad oggi.
Alla guerra civile che infiamma l'Egitto papa Francesco ha dedicato queste parole, dopo l'Angelus del giorno dell'Assunta:
"Giungono purtroppo notizie dolorose dall’Egitto. Desidero assicurare la mia preghiera per tutte le vittime e i loro familiari, per i feriti e per quanti soffrono. Preghiamo insieme per la pace, il dialogo, la riconciliazione in quella cara terra e nel mondo intero".
E tre giorni dopo, all'Angelus di domenica 18 agosto, vi ha forse alluso:
"Il Vangelo non autorizza affatto l’uso della forza per diffondere la fede. È proprio il contrario: la vera forza del cristiano è la forza della verità e dell’amore, che comporta rinunciare ad ogni violenza. Fede e violenza sono incompatibili".
Ma torniamo al Ratzinger del 2006 e a quelle sue memorabili parole sull'islam, decisive anche per comprendere la tragedia egiziana.
Ecco qui di seguito che cosa egli disse nella lezione di Ratisbona del 12 settembre e come commentò – una volta tornato a Roma – il suo viaggio in Turchia di quello stesso autunno.
__________
1. A RATISBONA (di Papa Benedetto XVI)
[…] Recentemente lessi la parte edita dal professore Theodore Khoury (Münster) del dialogo che il dotto imperatore bizantino Manuele II Paleologo, forse durante i quartieri d'inverno del 1391 presso Ankara, ebbe con un persiano colto su cristianesimo e islam e sulla verità di ambedue. […]Nel settimo colloquio ("dialexis", controversia) edito dal prof. Khoury, l'imperatore tocca il tema della jihad, della guerra santa. Sicuramente l'imperatore sapeva che nella sura 2, 256 si legge: "Nessuna costrizione nelle cose di fede". È probabilmente una delle sure del periodo iniziale, dice una parte degli esperti, in cui Maometto stesso era ancora senza potere e minacciato. Ma, naturalmente, l'imperatore conosceva anche le disposizioni, sviluppate successivamente e fissate nel Corano, circa la guerra santa.Senza soffermarsi sui particolari, come la differenza di trattamento tra coloro che possiedono il "Libro" e gli "increduli", egli, in modo sorprendentemente brusco, brusco al punto da essere per noi inaccettabile, si rivolge al suo interlocutore semplicemente con la domanda centrale sul rapporto tra religione e violenza in genere, dicendo: "Mostrami pure ciò che Maometto ha portato di nuovo, e vi troverai soltanto delle cose cattive e disumane, come la sua direttiva di diffondere per mezzo della spada la fede che egli predicava". L'imperatore, dopo essersi pronunciato in modo così pesante, spiega poi minuziosamente le ragioni per cui la diffusione della fede mediante la violenza è cosa irragionevole. La violenza è in contrasto con la natura di Dio e la natura dell'anima. "Dio non si compiace del sangue – egli dice –, non agire secondo ragione, 'sun logo', è contrario alla natura di Dio. La fede è frutto dell'anima, non del corpo. Chi quindi vuole condurre qualcuno alla fede ha bisogno della capacità di parlare bene e di ragionare correttamente, non invece della violenza e della minaccia… Per convincere un'anima ragionevole non è necessario disporre né del proprio braccio, né di strumenti per colpire né di qualunque altro mezzo con cui si possa minacciare una persona di morte…".L'affermazione decisiva in questa argomentazione contro la conversione mediante la violenza è: non agire secondo ragione è contrario alla natura di Dio. L'editore, Theodore Khoury, commenta: per l'imperatore, come bizantino cresciuto nella filosofia greca, quest'affermazione è evidente. Per la dottrina musulmana, invece, Dio è assolutamente trascendente. La sua volontà non è legata a nessuna delle nostre categorie, fosse anche quella della ragionevolezza. In questo contesto Khoury cita un'opera del noto islamista francese R. Arnaldez, il quale rileva che Ibn Hazm si spinge fino a dichiarare che Dio non sarebbe legato neanche dalla sua stessa parola e che niente lo obbligherebbe a rivelare a noi la verità. Se fosse sua volontà, l'uomo dovrebbe praticare anche l'idolatria.A questo punto si apre, nella comprensione di Dio e quindi nella realizzazione concreta della religione, un dilemma che oggi ci sfida in modo molto diretto. La convinzione che agire contro la ragione sia in contraddizione con la natura di Dio, è soltanto un pensiero greco o vale sempre e per se stesso? Io penso che in questo punto si manifesti la profonda concordanza tra ciò che è greco nel senso migliore e ciò che è fede in Dio sul fondamento della Bibbia.Modificando il primo versetto del libro della Genesi, il primo versetto dell’intera Sacra Scrittura, Giovanni ha iniziato il prologo del suo Vangelo con le parole: "In principio era il logos". È questa proprio la stessa parola che usa l'imperatore: Dio agisce "sun logo", con logos. Logos significa insieme ragione e parola – una ragione che è creatrice e capace di comunicarsi ma, appunto, come ragione. Giovanni con ciò ci ha donato la parola conclusiva sul concetto biblico di Dio, la parola in cui tutte le vie spesso faticose e tortuose della fede biblica raggiungono la loro meta, trovano la loro sintesi. In principio era il logos, e il logos è Dio. […]
Nel dare notizia dei numerosi appelli per la cessazione delle violenze, "L'Osservatore Romano" del 18 agosto non è però riuscito a elencare tra queste invocazioni nemmeno una che provenisse dal mondo musulmano.
Questo silenzio pubblico delle guide spirituali islamiche non sorprende. Accompagna quasi ogni atto di violenza politica che veda in azione dei musulmani, nell'una o nell'altra regione del globo.
È un silenzio che non si spiega con soli calcoli di opportunità, o col timore di ritorsioni. Né per il solo fatto che oggi in Egitto lo scontro maggiore è tra opposte fazioni musulmane entrambe convinte di inverare con la forza i precetti dell'islam: perché non solo i Fratelli Musulmani del deposto presidente Mohamed Morsi hanno una concezione della lotta politica come jihad, come guerra santa, ma la ha anche il loro avversario Abdel Fattah Al Sisi, il generale messo a capo delle forze armate dallo stesso Morsi perché ritenuto il più fedele islamista di tutti.
Per capire la radice ultima del silenzio delle guide spirituali musulmane di fronte all'esplodere della violenza islamicamente ispirata basta fare una cosa semplice. Basta rileggere la parte iniziale della lezione tenuta da Benedetto XVI il 12 settembre 2006 nell'aula magna dell'università di Ratisbona.
Gli atti aggressivi con cui uomini e gruppi musulmani reagirono a quella lezione furono la tragica conferma della giustezza della tesi esposta da papa Joseph Ratinzger. Secondo cui la violenza associata alla fede è l'inevitabile prodotto del fragile legame tra fede e ragione nella dottrina musulmana e nells stessa comprensione di Dio.
Nessun papa prima di Benedetto XVI aveva mai avuto la chiarezza di visione e il coraggio di esprimere un giudizio così netto sull'islam, né di formulare con tale rigore la diversità tra islam e cristianesimo.
Dentro la Chiesa cattolica Benedetto XVI fu molto criticato per avere tanto osato. Lo si accusò di aver distrutto il "dialogo" col mondo musulmano.
In realtà appena due mesi dopo Ratisbona papa Ratzinger si raccolse in silenziosa preghiera nella Moschea Blu di Istanbul. E poté compiere quel gesto – altrimenti incomprensibile – proprio per aver detto chiaro qual era il suo pensiero in proposito.
E proprio dalla lezione di Ratisbona prese vita quel germoglio di dialogo islamo-cristiano che trovò espressione nella "lettera dei 138 saggi" scritta al papa da esponenti musulmani di vario orientamento.
Non solo. Sempre in quell'autunno del 2006, durante il suo viaggio in Turchia, Benedetto XVI disse chiaro al mondo musulmano che esso aveva davanti a sé la stessa sfida che il cristianesimo aveva già affrontato e superato positivamente: quella di "accogliere le vere conquiste dell'illuminismo, i diritti dell'uomo e specialmente la libertà della fede e del suo esercizio".
Anche qui, mai nessun papa s'era spinto così avanti, prima di Benedetto XVI. E nemmeno dopo. Fino ad oggi.
Alla guerra civile che infiamma l'Egitto papa Francesco ha dedicato queste parole, dopo l'Angelus del giorno dell'Assunta:
"Giungono purtroppo notizie dolorose dall’Egitto. Desidero assicurare la mia preghiera per tutte le vittime e i loro familiari, per i feriti e per quanti soffrono. Preghiamo insieme per la pace, il dialogo, la riconciliazione in quella cara terra e nel mondo intero".
E tre giorni dopo, all'Angelus di domenica 18 agosto, vi ha forse alluso:
"Il Vangelo non autorizza affatto l’uso della forza per diffondere la fede. È proprio il contrario: la vera forza del cristiano è la forza della verità e dell’amore, che comporta rinunciare ad ogni violenza. Fede e violenza sono incompatibili".
Ma torniamo al Ratzinger del 2006 e a quelle sue memorabili parole sull'islam, decisive anche per comprendere la tragedia egiziana.
Ecco qui di seguito che cosa egli disse nella lezione di Ratisbona del 12 settembre e come commentò – una volta tornato a Roma – il suo viaggio in Turchia di quello stesso autunno.
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1. A RATISBONA (di Papa Benedetto XVI)
[…] Recentemente lessi la parte edita dal professore Theodore Khoury (Münster) del dialogo che il dotto imperatore bizantino Manuele II Paleologo, forse durante i quartieri d'inverno del 1391 presso Ankara, ebbe con un persiano colto su cristianesimo e islam e sulla verità di ambedue. […]Nel settimo colloquio ("dialexis", controversia) edito dal prof. Khoury, l'imperatore tocca il tema della jihad, della guerra santa. Sicuramente l'imperatore sapeva che nella sura 2, 256 si legge: "Nessuna costrizione nelle cose di fede". È probabilmente una delle sure del periodo iniziale, dice una parte degli esperti, in cui Maometto stesso era ancora senza potere e minacciato. Ma, naturalmente, l'imperatore conosceva anche le disposizioni, sviluppate successivamente e fissate nel Corano, circa la guerra santa.Senza soffermarsi sui particolari, come la differenza di trattamento tra coloro che possiedono il "Libro" e gli "increduli", egli, in modo sorprendentemente brusco, brusco al punto da essere per noi inaccettabile, si rivolge al suo interlocutore semplicemente con la domanda centrale sul rapporto tra religione e violenza in genere, dicendo: "Mostrami pure ciò che Maometto ha portato di nuovo, e vi troverai soltanto delle cose cattive e disumane, come la sua direttiva di diffondere per mezzo della spada la fede che egli predicava". L'imperatore, dopo essersi pronunciato in modo così pesante, spiega poi minuziosamente le ragioni per cui la diffusione della fede mediante la violenza è cosa irragionevole. La violenza è in contrasto con la natura di Dio e la natura dell'anima. "Dio non si compiace del sangue – egli dice –, non agire secondo ragione, 'sun logo', è contrario alla natura di Dio. La fede è frutto dell'anima, non del corpo. Chi quindi vuole condurre qualcuno alla fede ha bisogno della capacità di parlare bene e di ragionare correttamente, non invece della violenza e della minaccia… Per convincere un'anima ragionevole non è necessario disporre né del proprio braccio, né di strumenti per colpire né di qualunque altro mezzo con cui si possa minacciare una persona di morte…".L'affermazione decisiva in questa argomentazione contro la conversione mediante la violenza è: non agire secondo ragione è contrario alla natura di Dio. L'editore, Theodore Khoury, commenta: per l'imperatore, come bizantino cresciuto nella filosofia greca, quest'affermazione è evidente. Per la dottrina musulmana, invece, Dio è assolutamente trascendente. La sua volontà non è legata a nessuna delle nostre categorie, fosse anche quella della ragionevolezza. In questo contesto Khoury cita un'opera del noto islamista francese R. Arnaldez, il quale rileva che Ibn Hazm si spinge fino a dichiarare che Dio non sarebbe legato neanche dalla sua stessa parola e che niente lo obbligherebbe a rivelare a noi la verità. Se fosse sua volontà, l'uomo dovrebbe praticare anche l'idolatria.A questo punto si apre, nella comprensione di Dio e quindi nella realizzazione concreta della religione, un dilemma che oggi ci sfida in modo molto diretto. La convinzione che agire contro la ragione sia in contraddizione con la natura di Dio, è soltanto un pensiero greco o vale sempre e per se stesso? Io penso che in questo punto si manifesti la profonda concordanza tra ciò che è greco nel senso migliore e ciò che è fede in Dio sul fondamento della Bibbia.Modificando il primo versetto del libro della Genesi, il primo versetto dell’intera Sacra Scrittura, Giovanni ha iniziato il prologo del suo Vangelo con le parole: "In principio era il logos". È questa proprio la stessa parola che usa l'imperatore: Dio agisce "sun logo", con logos. Logos significa insieme ragione e parola – una ragione che è creatrice e capace di comunicarsi ma, appunto, come ragione. Giovanni con ciò ci ha donato la parola conclusiva sul concetto biblico di Dio, la parola in cui tutte le vie spesso faticose e tortuose della fede biblica raggiungono la loro meta, trovano la loro sintesi. In principio era il logos, e il logos è Dio. […]
Il testo integrale della lezione di Ratisbona del 12 settembre 2006, con le note aggiunte successivamente:
> Ai rappresentanti della scienza
> Ai rappresentanti della scienza
*
2. DI RITORNO DALLA TURCHIA (di Papa Benedetto XVI)
[…] In un dialogo da intensificare con l'Islam dovremo tener presente il fatto che il mondo musulmano si trova oggi con grande urgenza davanti a un compito molto simile a quello che ai cristiani fu imposto a partire dai tempi dell'illuminismo e che il Concilio Vaticano II, come frutto di una lunga ricerca faticosa, ha portato a soluzioni concrete per la Chiesa cattolica. [...]Da una parte, ci si deve contrapporre a una dittatura della ragione positivista che esclude Dio dalla vita della comunità e dagli ordinamenti pubblici, privando così l'uomo di suoi specifici criteri di misura.D'altra parte, è necessario accogliere le vere conquiste dell'illuminismo, i diritti dell'uomo e specialmente la libertà della fede e del suo esercizio, riconoscendo in essi elementi essenziali anche per l'autenticità della religione. Come nella comunità cristiana c'è stata una lunga ricerca circa la giusta posizione della fede di fronte a quelle convinzioni – una ricerca che certamente non sarà mai conclusa definitivamente – così anche il mondo islamico con la propria tradizione sta davanti al grande compito di trovare a questo riguardo le soluzioni adatte.Il contenuto del dialogo tra cristiani e musulmani sarà in questo momento soprattutto quello di incontrarsi in questo impegno per trovare le soluzioni giuste. Noi cristiani ci sentiamo solidali con tutti coloro che, proprio in base alla loro convinzione religiosa di musulmani, s'impegnano contro la violenza e per la sinergia tra fede e ragione, tra religione e libertà. […]
E il commento completo fatto da Benedetto XVI sui suoi viaggi del 2006, tra cui quelli in Germania e in Turchia:
> Alla curia romana, 22 dicembre 2006
Il problema è che Ratzinger ha sempre detto cose giuste e vere,ma nessuno,soprattutto nella CC ha mai voluto dare risalto alle sue parole ed ai suoi discorsi di elevatissima autorevolezza,si preferiva far notare la frase rielaborata ad effetto per cassarlo,e adesso è inutile rimpiangerlo e piangere come fa socci,quel ce è stato è stato,adesso la musica è diversa,tango e non Mozart,se a qualcuno piace così....
RispondiElimina"[...]il mondo musulmano si trova oggi con grande urgenza davanti a un compito molto simile a quello che ai cristiani fu imposto a partire dai tempi dell'illuminismo e che il Concilio Vaticano II[...]"
RispondiEliminaBasterebbe questa frase per capire quanto sia stato modernista Benedetto XVI!
Ma ovviamente.....è tempo perso!
Ha ragione,anonimo delle 15,34,la lezione sull'islam fu coraggiosa,l'attenzione alla dignità della Liturgia ben diversa da quella attuale,ma la formazione modernistica non fu mai rinnegata ;oltre a questa frase,e a quella assurda e inconsapevolmente blasfema per cui i Martiri non morirono per Gesù Cristo,ma per un'ideologia(la libertà religiosa),abbiamo una dimostrazione chiara nell'ultimo discorso al clero romano,nel febbraio 2013,ben analizzato da d.Curzio Nitoglia (reperibile sul suo sito)
EliminaIn pratica ciò che si critica all'Islam, da parte di Ratzinger, è di non aver conosciuto il cosiddetto "illuminismo", se non addirittura di non averlo voluto conoscere. Tale concetto è francamente paradossale, detto da un Papa, visto quel che è successo al cattolicesimo dopo l'avvento di questa esaltazione dissennata della razionalità dell'uomo. Addirittura sono gli stessi studiosi atei che ammettono che certe "colonne portanti" del cattolicesimo sono state distrutte proprio dall'illuminismo. Inoltre Ratzinger confonde l'aspetto dottrinale con quello politico-fattuale: è ovvio che deve esserci la tolleranza tra i vari popoli che seguono religioni diverse, ma questo è un atteggiamento eminentemente pratico, a livello teorico non esiste il "buonismo". È anche per questo che è ridicolo che a parlare di dialogo sia un vertice di una religione, anziché un politico. Sempre ammesso che di dialogo un cattolico possa parlare (Gesù disse: "andate e ammaestrate", non disse: "andate e dialogate").
RispondiEliminaInfine c'è da dire che, dobbiamo ammetterlo, gli islamici stanno facendo quello che i cattolici facevano secoli fa, anzi meno... E questo purtroppo è nella natura di tutti i monoteismi: unico Dio significa unica verità, nell'ottica monoteista l'altro non è semplicemente uno che la pensa diversamente da me ma è uno che è nell'errore, per cui siamo legittimati a correggerlo, eventualmente anche con la forza... A differenza della tradizione "pagana" europea, o di quelle orientali, con il mosaismo viene alla luce una cosa diversa e mai vista prima: non c'è più un rapporto di giallo-rosso, o di verde-blù, ma un rapporto di colore-non colore, insomma non c'è più la parità, in questo modo diviene lecita "l'esportazione" del proprio credo. Tutte le religioni semitiche presentano caratteri totalitari che fino a quell'epoca erano sconosciuti. Tale indole è ineliminabile, proprio a livello di struttura interna della religione stessa, dato che ne costituisce l'ossatura, oltretutto caratterizzandola. L'unica cosa che possiamo fare è essere tolleranti su un piano concreto, ma se "tocchiamo" il nucleo intuitivo del cristianesimo o dell'islamismo ci poniamo al di fuori di tali religioni.
Ratzinger non parla di assunzione dell'illuminismo, ma dell'illuminismo come sfida storica al cristianesimo; di fatto quello che egli propone è un analogia storica: quella che si pone al islam oggi è una sfida analogica a quella che si è posta al cristianesimo negli ultimi quattro secoli. Sa benissimo che il rapporto fede ragione è centrale fin dall'origine: proprio per questo è stato possibile accogliere ciò che di vero c'è e rifiutare ciò che è falso anche in quella ideologia, ma per farlo si è dovuto riappropriarsi di questo rapporto che nei secoli si era un po' lasciato perdere accontentandosi di mandar avanti la baracca per vuoto tradizionalismo.
EliminaChe il concilio sia stato un tentativo di risposta a questa sfida è un fatto: sui risultati e la coscienza e le intenzioni di molti si puo invece discutere....
Ma è bene che si finisca di assecondare questo assioma, che fa comodo a certi, per cui la crisi della pratica e dell'influenza cristiana in europa sia conseguenza del Concilio: perché questo fenomeno era già evidentemente cominciato tanto da penetrare tanta classe clericale. Ma bisogna essere ciechi per non riconoscere come pensieri apertamente anticristiani avessero già penetrato in larghi strati delle masse fin dal secolo precedente- materialismo, comunismo, piccolborghesismo e radicalesimo, etc.
Io sono certo certo che anche senza concilio e riforma della messa il panorama delle forze in europa ad oggi non sarebbe molto differente... Non è stato certo il concilio a scatenare il 68 (che tralaltro è partito da paesi non cattolici come stati uniti e Francia)!
E quella sul dialogo non è una proposta buonista, ma una vera e propria sfida all'islam, laddove di nuovo Benedetto sa benissimo che questo non è un rapporto connaturato al musulmanesimo, che probabilmente non saprebbe reggere a tale confronto ed è per questo costretto a ricorrere all'intimidazione.
allora perché è stata approntata la riforma liturgica? Non mi risulta che gli Ortodossi abbiano mai proceduto a sconvolgimenti liturgici....
EliminaRatzinger non è mai riuscito a, o non ha voluto mai liberarsi del suo neomodernismo di cui era impastato sin dalla gioventù.
RispondiEliminaA tratti sembra che vi siano in lui, specie nella liturgia, sussulti di innegabile ortodossia, ma poi la sua formazione torna a prender il sopravvento.
Dunque nel suo insegnamento si deve saper discernere il vero dal dubbio, e seguire il vero, che ribadisce Magistero precedente e Sacra Tradiozioe.
Quand'anche avesse voluto ritornare alla tradizione vera e propria,lo avrebbero fermato ancor prima di farne accenno,la verità è che della tradizione liturgica frega niente a nessuno,nelle alte sfere,basta vedere e leggere le reazioni degli alti prelati,che hanno boicottato e proibito il Summorum e la sua divulgazione....fra i più attivi nel proibirlo l'attuale vescovo di roma,che adesso telefona a chiunque gli scriva esordendo con:Sono francesco,dammi del tu'.
RispondiEliminaEsatto, servirebbe alla Chiesa un nuovo Papa Pio....per farla finita con tutta questa confusione Liturgico-Dottrinale. Un Papa che rimetta davvero i puntini sulle i....ma ormai ho perso le speranze...
Eliminafede e violenza sono incompatibili...bisognerebbe avvertire nostro signore Gesù Cristo che quando ha scacciato i cambiamoneta dal tempio ha fatto una cosa contro la fede.
RispondiEliminaquesto Papa fa spesso discorsi fumosi apparentemente semplicistici che confondono un povero disgraziato come me...dice che la violenza non va usata per convertire..ok sono pienamente d'accordo, che bisogna tollerare le altre confessioni e religioni, sono d'accordo anche su questo.
però quando dice che bisogna dare diritti positivi alle altre religioni mi confonde...
quando dice che non si può difendere la fede con la violenza io penso subito a i Cristeros ai vandeani a Lepanto, e penso che senza violenza, senza l'intercessione della Madonna della Vittoria oggi forse saremmo tutti mussulmani.
io non ci capisco più niente, forse per essere dei buoni cristiani ci vuole la laurea..
Francesco è un mago nell'annebbiare le menti dei più semplici purtroppo....a me continua a non piacere per niente!
Eliminax Anonimo delle 12:07. Il discorso sulla ragione è molto complesso, è chiaro che una persona per aderire a una fede deve avere un IO compiuto, e deve, essa stessa, usare la ragione, cioè la logica; ma non prendiamoci in giro, l'illuminismo ha avuto anche una portata collettiva, è stato razionalizzante soprattutto in senso collettivo, delle masse, l'IO del singolo si è dovuto genuflettere a questo nuovo dogma, per cui non so cosa sia peggio, tra la situazione post-illuminista e quella "oscura" antecedente... Ratzinger, almeno in quel brano, non si cura di distinguere il piano individuale da quello politico-collettivo, sembra quasi sostenere che il cattolicesimo sia "più avanti" dell'Islam proprio grazie all'illuminismo... Concordo comunque quando si afferma che tutto quel che è avvenuto sarebbe avvenuto anche senza il Concilio Vaticano II.
RispondiEliminaIl discorso sul confronto/sfida con l'Islam non è semplice. Se si dice che l'Islam non reggerebbe il confronto siamo già su un piano non neutrale (e per un attimo dobbiamo esserlo: se vogliamo essere un minimo razionali dobbiamo guardare le cose dall'esterno, almeno all'inizio dell'argomentazione). Ognuna delle due tradizioni sacre risponde a certe esigenze, esigenze anche connaturate al tipo di popolo a cui ci si riferisce. Non può esistere in questa materia un "meglio" e un "peggio". È per questo che dicevo che il confronto tra vertici delle varie religioni è inutile. È doveroso un rispetto reciproco in quanto persone, ma non è proficuo un continuo confronto a livello teologico, o comunque di principi. Non è sulla base della fede - soprattutto di una fede monoteista - che può nascere una convivenza duratura (anche perché molte fedi non propugnano un'esistenza completamente pacificata, ma prevedono il conflitto, vedono questo come inevitabile, per quanto non auspicabile). Quello che occorre sono regole di convivenza tra i popoli, ma a questo devono pensarci gli statisti, cioè i politici, non i religiosi.
se si vuol parlare della religione come di un partito e del concilio come di un congresso per risolvere i problemi di popolarità siamo lontani anni luce dalla realtà delle cose
Eliminache ci fosse crisi di fede anche prima credo che sia palese ma quei "pochi" avevano la Fede dopo il concilio non si sa più neanche cosa è la Fede Cattolica......
Anonimo delle 12:31 hai dato una risposta esemplare!!!!
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