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sabato 27 ottobre 2012

Roberto de Mattei parla della vittoria di Saxa Rubra su "Il Giornale"


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La prima vera crociata?

Fu quella di Costantino

Il Giornale 27/10/2012

Il 28 ottobre, che a molti ricorda solo la mussoliniana Marcia su Roma, è una data che porta con sé la memoria di un evento di ben altra portata per la storia della civiltà intera. In quel giorno dell’anno 312 dopo Cristo, Flavio Valerio Costantino riportava una clamorosa vittoria su Marco Aurelio Valerio Massenzio a Saxa Rubra, proprio dove oggi sorgono gli studi della Rai.
I due contendenti lottavano per il titolo di Augusto di Occidente, una delle quattro cariche supreme, nella Tetrarchia, il nuovo sistema di governo dell’Impero, ideato da Diocleziano. Alla vigilia della battaglia, le truppe di Costantino videro stagliarsi nel cielo un grande segno luminoso, con una scritta fiammeggiante: In hoc signo vinces.  Eusebio di Cesarea, il primo grande storico della Chiesa, ricorda l’evento con queste parole: «Quando il sole cominciava a declinare, Costantino vide con i propri occhi in cielo, più in alto del sole, il trofeo di una croce di luce sulla quale erano tracciate le parole IN HOC SIGNO VINCES. Fu pervaso da grande stupore e insieme a lui il suo esercito».
Costantino fece imprimere il monogramma di Cristo sui vessilli delle sue legioni, e istituì il Labarum, lo stendardo che avrebbe sostituito l’aquila romana di Giove e che tutti i soldati da allora avrebbero dovuto onorare. Nel corso della furiosa battaglia egli riuscì a spingere l’esercito rivale con le spalle al Tevere, dove Massenzio cercò scampo nella fuga, ma fu travolto dalle acque e la sua testa fu portata al vincitore.
Il 29 ottobre Costantino, nuovo imperatore, entrò solennemente a Roma, alla testa delle sua truppe, dalla via Lata, l’attuale via del Corso.Un anno dopo, il 13 giugno 313, Costantino promulgò l’Editto di Milano con cui ogni legge persecutoria emanata in passato contro i cristiani era abolita e il cristianesimo diveniva religio licita nell’Impero. Costantino è celebre per quest’editto che poneva fine all’era delle persecuzioni ed apriva un’epoca nuova di libertà per la Chiesa.
E tuttavia, nella sua vita ed in quella della Chiesa, l’ora decisiva fu un’altra: quella in cui per la prima volta la Croce di Cristo apparve sul campo di battaglia, difesa dalle spade dei legionari.Il cristianesimo insegnava che era possibile essere buoni cristiani e buoni soldati. Ma l’apparizione della Croce a Ponte Milvio significava anche qualcosa d’altro. Era Cristo stesso che chiedeva a Costantino e alle sue legioni di combattere in suo nome. La battaglia di Saxa Rubra non dimostrava soltanto la legittimità del combattimento cristiano, ma stabiliva anche il principio per cui è lecito combattere in nome di Dio, quando la causa è giusta e la guerra è dichiarata santa.
Quell’evento oggi appare come la prima crociata della storia e per questo spiace a chi considera finito il tempo delle crociate, anche solo culturali e ideali.Costantino morì il 22 maggio del 337, giorno di Pentecoste, nella sua villa di Ancira, vicino Nicomedia, dopo essere stato battezzato dal vescovo Eusebio di Nicomedia. Il suo corpo fu deposto in un sarcofago di porfido, al centro dei dodici cenotafi degli Apostoli, come a significare che il defunto imperatore era stato il tredicesimo apostolo. La Chiesa greca lo venerò come santo, quella occidentale gli riconobbe il soprannome di «grande», riservando il culto degli altari alla madre Elena, l’Imperatrice oggi sepolta all’Ara Coeli.
Un noto storico francese, laico ed ex-comunista, Paul Veyne, in un volumetto che in Francia è divenuto un best-seller, Quando l’Europa è diventata cristiana (312-394) (Garzanti, 2008), ha riabilitato la «svolta costantiniana» per lungo tempo demonizzata.
I cattolici progressisti hanno sempre visto in Costantino il simbolo di un nemico da abbattere. L’11 ottobre 1962, giorno della solenne inaugurazione del Concilio Vaticano II, il padre Yves Congar nel suo diario deplorava il fatto che la Chiesa non aveva mai avuto in programma «l’uscita dall’era costantiniana».
La tesi era che occorreva purificare la Chiesa, sciogliere ogni suo legame con le strutture del potere, farla «povera» ed «evangelica», in ascolto del mondo. Il comunismo si presentava allora come la voce del progresso e la Chiesa costantiniana era identificata con quella di Pio XII, che lo aveva condannato. Il leader del Pci Palmiro Togliatti, da parte sua, nel celebre discorso di Bergamo del 20 marzo 1963 con cui, per primo, teorizzava la collaborazione tra cattolici e comunisti, affermava che «la politica di Costantino e la politica di quest’età sono tramontate per sempre». I comunisti, come molti cattolici, sognavano un cristianesimo senza cristianità, con cui allearsi.Cinquant’anni dopo l’evento conciliare, il cristianesimo «post-costantiniano» raccoglie però frutti amari. Se il cristianesimo rinuncia a trasformare il mondo, la società neopagana secolarizza il cristianesimo. Il progressismo cattolico è in crisi e il comunismo è crollato. Ma la figura di Costantino ancora giganteggia nella storia.

Roberto de Mattei