L’Anno della Fede potrà giovare al recupero della Musica Sacra ?
La lettura del Saggio che presentiamo gioverà grandemente alla Musica Sacra così orrendamente deturpata da una “vacatio legis” universalmente estesa.
Un Vescovo, ora defunto, una volta ebbe a sfogarsi : "Solo Dio può sapere quando tutta questa vergogna ( si riferiva alla situazione della musica liturgica N.d.R.) avrà fine” .
Un Vescovo, ora defunto, una volta ebbe a sfogarsi : "Solo Dio può sapere quando tutta questa vergogna ( si riferiva alla situazione della musica liturgica N.d.R.) avrà fine” .
Gli chiesero : “ Ma lei Eccellenza non può far nulla ?”
“Perché si obbedisce ancora ad un Vescovo?” Rispose prontamente.
Ricordando sempre gli anni terribili dell’immediato post Concilio quando sotto i nostri occhi hanno distrutto quasi totalmente l’edificio bellissimo della Civiltà Cattolica invece che sottoporlo, con devozione e delicatezza ad un normale restauro conservativo, invochiamo ora, nella pienezza dei tempi, l’urgentissimo recupero “ex Cathedra” dell’autentica Musica Sacra : un’auspicata conferma che non si stanno “illudendo le persone su una falsa prospettiva!” ma si sta proseguendo sulla buona strada invocata da tanti pii e devoti fedeli in ogni parte del mondo !
A.C.
Il dito nella piaga della musica in chiesa scritto da un grande pianista
Un coraggioso saggio che farà parlare molto di sé sulla musica celebrativa in chiesa.
Mario Delli Ponti
MUSICA MALEDETTA.
Il trionfo della non musica a cura di Liliana Eugenia Garuti
Presentazione di Lorenzo Arruga
DISPONIBILE DAL 5 OTTOBRE 2012 pp. VII+120 - f.to cm. 15x21
Mario Delli Ponti
MUSICA MALEDETTA.
Il trionfo della non musica a cura di Liliana Eugenia Garuti
Presentazione di Lorenzo Arruga
DISPONIBILE DAL 5 OTTOBRE 2012 pp. VII+120 - f.to cm. 15x21
“Musica maledetta” non è solo quella imposta banalmente dalla liturgia corrente, ma anche quella impressa dall’avidità del guadagno nel codice genetico dei suoni.
Quanto sia ignobile e diseducativo che nelle scuole e nelle chiese insegnino ad apprezzare le schitarrate di infimi cantautori più o meno media-diffusi non appare evidente nelle società dei consumi.
I ragazzi crescono imparando a usare la musica, nel miglior dei casi, come “ansiolitico ecologico”.
Sarebbe lecito aspettarsi dalla chiesa l’attaccamento al suo irrinunciabile ruolo storico di promotrice delle arti, ma questo negli anni va scomparendo.
I sacerdoti non sono più i colti amanti di una cultura universale, insieme agli imperatori, ai Gregorio Magno. I gran signori di Toscana, i papi quali Leone X o Urbano VIII non proteggono più Michelangelo o Monteverdi.
Durante le celebrazioni in chiesa si è immersi in uno sciatto e profano livello di ascolti musicali e ciò crea una decadenza della convivialità sacrale.
Si offre anche a Dio il peggio, solo perché è più noto, più facile e propagandato e magari perché “piace ai giovani”. Tutto questo è un invito alla superficialità.
La gioia intima si muta in condivisione primitiva e dissennata.
La dimensione del ricordo musicale nel silenzio è uccisa. Il pattume sonoro ha vinto. Jubal per primo forgia i suoni con pezzi di legno su cui tende delle corde con canne e corna di bovino. Egli accettò lo sgomento di provenire da Caino, ma si evolse per la forza redentrice delle note che aveva creato.
L’arte non è algolagnia.
L’attestano in musica — si licet — (gli esempi sarebbero innumerevoli) alcuni Madrigali di Gesualdo da Venosa, la Passione secondo San Matteo di Bach, il terzo movimento della Sonata beethoveniana opera 110, il primo del Quintetto in Do maggiore di Schubert, l’ultimo della Nona sinfonia di Mahler, l’adagio molto del Quarto quartetto di Béla Bartók.
L’aggirarsi entro tali suoni conduce a un “viaggio numinoso”, intenso e liberatorio, in cui la poesia si sente attratta in un percorso senza fine dove si vivono momenti senza tempo.
È il terreno privilegiato della ricerca artistica. In questo viaggio nella potenza divina della musica si svolge il significato e il contenuto di “Musica maledetta” che ci accompagna dalle origini di una consacrazione musicale all’estatico ultimo capitolo, dove Il pane di Horton diviene l’archetipo in cui ci “sovvien l’eterno”.
Fonte : Res Musica Foto : Zecchini Editore