"Quando noi siamo agnelli, risulteremo vincitori. Anche se siamo circondati da numerosi lupi possiamo dominarli. Ma se diventiamo lupi, saremo sconfitti, perché ci saremo privati dell' aiuto del Pastore".
(San Giovanni Crisostomo)
Martirologio Romano:
Antiochia, c. 349 – Comana sul Mar Nero, 14 settembre 407
Martirologio Romano:
Antiochia, c. 349 – Comana sul Mar Nero, 14 settembre 407
Memoria di san Giovanni, vescovo di Costantinopoli e dottore della Chiesa, che, nato ad Antiochia, ordinato sacerdote, meritò per la sua sublime eloquenza il titolo di Crisostomo e, eletto vescovo di quella sede, si mostrò ottimo pastore e maestro di fede. Condannato dai suoi nemici all’esilio, ne fu richiamato per decreto del papa sant’Innocenzo I e, durante il viaggio di ritorno, subendo molti maltrattamenti da parte dei soldati di guardia, il 14 settembre, rese l’anima a Dio presso Gumenek nel Ponto, nell’odierna Turchia.
(14 settembre: a Gumenek nel Ponto, nell’odierna Turchia, anniversario della morte di san Giovanni Crisostomo, vescovo, la cui memoria si celebra il giorno precedente a questo).
Educato dalla madre, S. Antusa, Giovanni (nato ad Antiochia, probabilmente nel 349) negli anni giovanili condusse vita monastica in casa propria.
Poi, mortagli la madre, si recò nel deserto e vi rimase per sei anni, dei quali gli ultimi due li trascorse in solitario ritiro dentro una caverna, a scapito della salute fisica.
Chiamato in città e ordinato diacono, dedicò cinque anni alla preparazione al sacerdozio e al ministero della predicazione.
Ordinato sacerdote dal vescovo Fabiano, ne diventò zelante collaboratore nel governo della chiesa antiochena.
La specializzazione pastorale di Giovanni era la predicazione, in cui eccelleva per doti oratorie e per la sua profonda cultura. Pastore e moralista, si mostrava ansioso di trasformare il comportamento pratico dei suoi uditori, più che soffermarsi sulla esposizione ragionata del messaggio cristiano.
Nel 398 Giovanni di Antiochia - il soprannome di Crisostomo, cioè, Bocca d'oro, gli venne dato tre secoli dopo dai bizantini - fu chiamato a succedere al patriarca Nettario sulla prestigiosa cattedra di Costantinopoli.
Nella capitale dell'impero d'Oriente Giovanni esplicò subito un'attività pastorale e organizzativa che suscita ammirazione e perplessità: evangelizzazione delle campagne, creazione di ospedali, processioni anti-ariane sotto la protezione della polizia imperiale, sermoni di fuoco con cui fustigava vizi e tiepidezze, severi richiami ai monaci indolenti e agli ecclesiastici troppo sensibili al richiamo della ricchezza.
I sermoni di Giovanni duravano oltre un paio d'ore, ma il dotto patriarca sapeva usare con consumata perizia tutti i registri della retorica, non certo per vellicare l'udito dei suoi ascoltatori, ma per ammaestrare, correggere, redarguire.
Predicatore insuperabile, Giovanni mancava di diplomazia per cautelarsi contro gli intrighi della corte bizantina.
Deposto illegalmente da un gruppo di vescovi capeggiati da quello di Alessandria, Teofilo, ed esiliato con la complicità dell'imperatrice Eudossia, venne richiamato quasi subito dall'imperatore Arcadio, colpito da varie disgrazie avvenute a palazzo.
Ma due mesi dopo Giovanni era di nuovo esiliato, dapprima sulla frontiera dell'Armenia, poi più lontano, sulle rive del Mar Nero.
Durante quest'ultimo trasferimento, il 14 settembre 407, Giovanni morì. Dal sepolcro di Comana, il figlio di Arcadio, Teodosio il Giovane, fece trasferire i resti mortali del santo a Costantinopoli, dove giunsero la notte del 27 gennaio 438, tra una folla osannante.
Dei numerosi scritti del santo ricordiamo il volumetto “Sul sacerdozio”, un classico della spiritualità sacerdotale.
Autore: Piero Bargellini