di Riccardo Cascioli Da La Bussoladel 15-12-2011
Era giusto un anno fa, si era in piena bufera “preti pedofili”: uno scandalo purtroppo vero, ma usato come pretesto per colpire la Chiesa, come conferma il diverso trattamento usato dalla stampa per il caso degli ebrei ortodossi pedofili di cui abbiamo riferito nei giorni scorsi. Ebbene, proprio in quel clima un conoscente molto al dentro di certi ambienti usi a muoversi dietro le quinte, mi diceva: “Vedrai, appena si esaurirà il tema pedofilia, cominceranno ad attaccare la Chiesa sui soldi”. E’ una “profezia” che mi è tornata in mente in questi giorni osservando questa ondata di menzogne contro la Chiesa che dura ormai da mesi: prima, timidamente, sull’8 per mille, poi una valanga sull’esenzione dall’Ici, ora l’accusa al Vaticano di speculare sui Rosari fatti a mano da povere donne albanesi che vivono come schiave (vedi articolo in primo piano). E chissà cos’altro ancora ci aspetta prossimamente.
Che si tratti di una strategia pronta a sfruttare ogni pretesto per colpire la Chiesa non ci sono dubbi: già in agosto avevamo notato il “la” dato dal Gran Maestro Gustavo Raffi (Grande Oriente d'Italia, la massoneria per capirci) alla campagna per costringere la Chiesa a pagare l’Ici a cui avevano immediatamente risposto il quotidiano Repubblica e i Radicali. Certo, sulla vicenda Ici anche vescovi e ministri cattolici ci mettono del loro rilasciando dichiarazioni poco chiare o contraddittorie, e non giova certo ai vescovi questa fastidiosa sensazione di vederli agguerriti quando si parla di soldi e molto più rilassati quando sono in gioco le verità di fede e le basi della società (qualcuno ha visto prese di posizione della Cei sul caso della sedicenne di Trento costretta ad abortire dai genitori?).
Ma ciò non toglie che questa campagna sia una vera e propria porcata, facilitata dall’aumento generalizzato delle tasse che rende semplice additare la Chiesa “parassita” e “avida” che strappa privilegi per miliardi di euro mentre la gente comune viene spremuta. E pochi si rendono conto che ad essere colpiti non sono i presunti privilegi della Chiesa, ma la possibilità della Chiesa stessa di rispondere ai bisogni dei più poveri (l’esenzione riguarda le opere assistenziali ed educative), compresi i nuovi provocati dalla manovra in atto. In fondo lo scrittore inglese G. K. Chesterton lo aveva spiegato molto bene: “Uomini che cominciano a combattere la Chiesa per amore della libertà e dell'umanità, finiscono per combattere anche la libertà e l'umanità pur di combattere la Chiesa”.
Una porcata è anche l’inchiesta pubblicata da la Repubblica sul “business dei rosari”. Non tanto per il fatto in sé, ovvero lo sfruttamento di donne albanesi per la produzione dei rosari (cosa peraltro già denunciata dall’associazione Giovanni XXIII, e comunque purtroppo un fenomeno comune per ogni genere di prodotti che vengono venduti nel nostro paese), ma per l’indebito collegamento con il Vaticano come se il commercio degli oggetti sacri venisse gestito direttamente dall’appartamento papale.
E come non notare che per l’occasione Repubblica ha semplicemente riciclato un articolo che lo stesso giornalista aveva già pubblicato il 2 maggio su un sito internet: ovvio che nel contesto attuale abbia tutt’altro impatto. Un po’ troppe violazioni della deontologia professionale per non ritenere che si tratti di un’operazione che niente ha a che vedere con la passione per l’inchiesta.
In quest’ultima vicenda a colpire è anche l’oggetto dell’attacco, ovvero uno strumento di preghiera molto amato dal popolo cattolico e molto diffuso. Ma soprattutto vengono alla mente i messaggi della Madonna, che a Lourdes, Fatima, Medjugorje ha invitato e invita a pregare il Rosario ogni giorno per sconfiggere il demonio ed evitare una catastrofe per l’umanità. Che per attaccare la Chiesa si cerchi di screditare il Rosario (lasciando intendere che per il Papa e per il Vaticano la preghiera è solo un pretesto per fare affari) fa riflettere: che siamo arrivati alla battaglia decisiva?
Era giusto un anno fa, si era in piena bufera “preti pedofili”: uno scandalo purtroppo vero, ma usato come pretesto per colpire la Chiesa, come conferma il diverso trattamento usato dalla stampa per il caso degli ebrei ortodossi pedofili di cui abbiamo riferito nei giorni scorsi. Ebbene, proprio in quel clima un conoscente molto al dentro di certi ambienti usi a muoversi dietro le quinte, mi diceva: “Vedrai, appena si esaurirà il tema pedofilia, cominceranno ad attaccare la Chiesa sui soldi”. E’ una “profezia” che mi è tornata in mente in questi giorni osservando questa ondata di menzogne contro la Chiesa che dura ormai da mesi: prima, timidamente, sull’8 per mille, poi una valanga sull’esenzione dall’Ici, ora l’accusa al Vaticano di speculare sui Rosari fatti a mano da povere donne albanesi che vivono come schiave (vedi articolo in primo piano). E chissà cos’altro ancora ci aspetta prossimamente.
Che si tratti di una strategia pronta a sfruttare ogni pretesto per colpire la Chiesa non ci sono dubbi: già in agosto avevamo notato il “la” dato dal Gran Maestro Gustavo Raffi (Grande Oriente d'Italia, la massoneria per capirci) alla campagna per costringere la Chiesa a pagare l’Ici a cui avevano immediatamente risposto il quotidiano Repubblica e i Radicali. Certo, sulla vicenda Ici anche vescovi e ministri cattolici ci mettono del loro rilasciando dichiarazioni poco chiare o contraddittorie, e non giova certo ai vescovi questa fastidiosa sensazione di vederli agguerriti quando si parla di soldi e molto più rilassati quando sono in gioco le verità di fede e le basi della società (qualcuno ha visto prese di posizione della Cei sul caso della sedicenne di Trento costretta ad abortire dai genitori?).
Ma ciò non toglie che questa campagna sia una vera e propria porcata, facilitata dall’aumento generalizzato delle tasse che rende semplice additare la Chiesa “parassita” e “avida” che strappa privilegi per miliardi di euro mentre la gente comune viene spremuta. E pochi si rendono conto che ad essere colpiti non sono i presunti privilegi della Chiesa, ma la possibilità della Chiesa stessa di rispondere ai bisogni dei più poveri (l’esenzione riguarda le opere assistenziali ed educative), compresi i nuovi provocati dalla manovra in atto. In fondo lo scrittore inglese G. K. Chesterton lo aveva spiegato molto bene: “Uomini che cominciano a combattere la Chiesa per amore della libertà e dell'umanità, finiscono per combattere anche la libertà e l'umanità pur di combattere la Chiesa”.
Una porcata è anche l’inchiesta pubblicata da la Repubblica sul “business dei rosari”. Non tanto per il fatto in sé, ovvero lo sfruttamento di donne albanesi per la produzione dei rosari (cosa peraltro già denunciata dall’associazione Giovanni XXIII, e comunque purtroppo un fenomeno comune per ogni genere di prodotti che vengono venduti nel nostro paese), ma per l’indebito collegamento con il Vaticano come se il commercio degli oggetti sacri venisse gestito direttamente dall’appartamento papale.
E come non notare che per l’occasione Repubblica ha semplicemente riciclato un articolo che lo stesso giornalista aveva già pubblicato il 2 maggio su un sito internet: ovvio che nel contesto attuale abbia tutt’altro impatto. Un po’ troppe violazioni della deontologia professionale per non ritenere che si tratti di un’operazione che niente ha a che vedere con la passione per l’inchiesta.
In quest’ultima vicenda a colpire è anche l’oggetto dell’attacco, ovvero uno strumento di preghiera molto amato dal popolo cattolico e molto diffuso. Ma soprattutto vengono alla mente i messaggi della Madonna, che a Lourdes, Fatima, Medjugorje ha invitato e invita a pregare il Rosario ogni giorno per sconfiggere il demonio ed evitare una catastrofe per l’umanità. Che per attaccare la Chiesa si cerchi di screditare il Rosario (lasciando intendere che per il Papa e per il Vaticano la preghiera è solo un pretesto per fare affari) fa riflettere: che siamo arrivati alla battaglia decisiva?
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