Dalla nuova versione del blog di Tornielli "Sacri Palazzi", apprendiamo l'aggiornamento sulla vicenda che ha visto protagonista il Vescovo di Treviso (mons. Gardin) che tempo fa aveva fatto "pressioni" per vietare la Santa Messa nel Forma Straordinaria del Rito Romano voluta e ordanizzata dal consiglio pastorale di Vetrego per il sessantesimo di sacerdozio (di cui 40 anni passati proprio a Vetrego) del proprio amato parroco, don Mozzato.
A occuparsene direttamente son stati La Nuova Venezia e Il Corriere del Veneto (il 25.04.2011, qui il link) che hanno riportato le disposizioni della Curia di Treviso e le parole del Vicario Generale Mons Rizzo. Parole che si commentano da sole.
Dalla Curia si difendono dicendo che non hanno negato nè posto alcun veto, ma che si son solo limitati a "sconsigliare" e a "ritenere non opportuna" la celebrazione in rito antico. Che sfacciataggine! Ora vorrebbero anche passare per innocentini.
Anche il Vaticanista legge tra le righe e pensa che i consigli a non celebrare siano stati impartiti in modo piuttosto convincente ed esplicito. L'articolo di Tornielli è da leggere nella sua interezza, solo così si potrà cogliere l'arguta stilettata che ha saputo dare indirettamente al prelato trevisano.
(il sottolineato è nostro).
A occuparsene direttamente son stati La Nuova Venezia e Il Corriere del Veneto (il 25.04.2011, qui il link) che hanno riportato le disposizioni della Curia di Treviso e le parole del Vicario Generale Mons Rizzo. Parole che si commentano da sole.
Dalla Curia si difendono dicendo che non hanno negato nè posto alcun veto, ma che si son solo limitati a "sconsigliare" e a "ritenere non opportuna" la celebrazione in rito antico. Che sfacciataggine! Ora vorrebbero anche passare per innocentini.
Anche il Vaticanista legge tra le righe e pensa che i consigli a non celebrare siano stati impartiti in modo piuttosto convincente ed esplicito. L'articolo di Tornielli è da leggere nella sua interezza, solo così si potrà cogliere l'arguta stilettata che ha saputo dare indirettamente al prelato trevisano.
(il sottolineato è nostro).
Roberto.
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"Vetrego, piccolo paese nella diocesi di Treviso. Ricorderete che si trattava di una celebrazione pomeridiana una tantum in rito antico – stabilita dal consiglio pastorale – per festeggiare il sessantesimo di sacerdozio del parroco, che è stata cancellata su indicazione della curia vescovile. Uno di voi mi ha segnalato un interessante passaggio dell’omelia della messa crismale celebrata dall’arcivescovo-vescovo di Treviso, padre Gianfranco Agostino Gardin, il quale, dopo aver proposto una bella meditazione sul servizio sacerdotale e sull’unità con Pietro, ha aggiunto: «Non mancano oggi coloro che, non senza qualche punta di arroganza, sembrano assai preoccupati della fedeltà della Chiesa a forme esteriori mutevoli e secondarie, perdendo clamorosamente di vista le esigenze sostanziali del vangelo».
Chi su questo blog segnalava questo passaggio, considerava l’accenno come una risposta dell’arcivescovo alle rimostranze dei fedeli di Vetrego. Non voglio crederlo, ritengo sia stata una libera interpretazione del lettore, mi sembra che il riferimento di mons. Gardin fosse più ampio.
[...] - a questo punto Tornielli esprime opinioni in tutto condivisibili! n.d.r.
Il giorno di Pasqua La Nuova Venezia e il Corriere del Veneto, si sono occupati del caso, riportando altre parole illuminanti, questa volta del vicario generale della diocesi, monsignor Giuseppe Rizzo.
Ha scritto La Nuova Venezia: «Dal vicario generale della diocesi, monsignor Giuseppe Rizzo, è arrivato il veto. Monsignor Rizzo ha fatto sapere a don Pietro Mozzato (il parroco di Vetrego, ndr) che la diocesi non gradiva, pare per valutazioni di tipo pastorale: alla piccola comunità il vicario ha cercato di spiegare che forse non è proprio questo il modo giusto per festeggiare il parroco. Ma tra i motivi (legittimi, perché è la diocesi a impartire le direttive) pare ci sia anche la volontà di rimanere il più possibile vicini allo spirito del Concilio Vaticano». Dunque il «no» della curia sarebbe stato determinato dal voler essere fedeli al Concilio.
Sul Corriere Veneto, invece, era riportata una dichiarazione dello stesso monsignor Rizzo: «Bisogna farsi semplicemente una domanda: è questo il miglior modo per festeggiare i 60 anni di sacerdozio di don Pietro? Con una messa in latino? Come diocesi non abbiamo posto veti, abbiamo dato un’indicazione dicendo che ci pareva fuori luogo. E comunque mi pare una polemica pretestuosa in pieno periodo pasquale. Se si protrarrà, la diocesi non esiterà a rispondere».
Dunque la curia non avrebbe posto veti alla messa more antiquo: l’ha solo sconsigliata ma deve averlo fatto vivamente e con argomenti piuttosto convincenti. Anche se quei fedeli laici che invano hanno scritto per conoscere queste motivazioni, non hanno ricevuto una risposta.
Vi ho riferito le parole dell’arcivescovo, come quelle del suo vicario generale senza permettermi di aggiungere alcun commento. Mi limiterò soltanto a riportare, come promemoria finale, le parole di qualcun altro, che spero non possa venire iscrittro tra coloro che sono preoccupati di essere fedeli a forme mutevoli e secondarie (a questo proposito, poi, potrebbe essere interessante discutere su ciò che è mutevole e secondario: ad esempio certi titoli ecclesiastici, come quello di arci-vescovo, è mutevole e secondario? Il numero delle nappe sugli stemmi è mutevole e secondario? La croce patriarcale a due braccia sullo stemma è elemento mutevole e secondario? Parrebbe di sì, a leggere il Vangelo, dove non ci sono né arci-vescovi né stemmi, e neppure cardinali… Ma ciò non significa ovviamente che allora vi si debba per forza rinunciare, l’importante, credo, è non scambiare la forma per la sostanza).
Vorrei chiarire il mio pensiero, a scanso di equivoci: il vescovo, che è il pastore e il padre, fa bene a denunciare l’atteggiamento di chi scambia la forma per la sostanza, a correggere i suoi fedeli, anche e soprattutto quelli arroganti: sono certo che saprà comunque accoglierli, ascoltarne le ragioni e offrire loro le sue.
Lui, che è il garante dell’unità della Chiesa che è in Treviso, nella comunione con Pietro, convocherà certamente questi fedeli, per spiegare loro, con pazienza e carità, perché in questo caso non abbia acconsentito all’applicazione del motu proprio di Benedetto XVI. E chiarirà, ne sono certo, a quali condizioni sarà possibile in futuro celebrare la messa antica nella sua diocesi." .
Chi su questo blog segnalava questo passaggio, considerava l’accenno come una risposta dell’arcivescovo alle rimostranze dei fedeli di Vetrego. Non voglio crederlo, ritengo sia stata una libera interpretazione del lettore, mi sembra che il riferimento di mons. Gardin fosse più ampio.
[...] - a questo punto Tornielli esprime opinioni in tutto condivisibili! n.d.r.
Il giorno di Pasqua La Nuova Venezia e il Corriere del Veneto, si sono occupati del caso, riportando altre parole illuminanti, questa volta del vicario generale della diocesi, monsignor Giuseppe Rizzo.
Ha scritto La Nuova Venezia: «Dal vicario generale della diocesi, monsignor Giuseppe Rizzo, è arrivato il veto. Monsignor Rizzo ha fatto sapere a don Pietro Mozzato (il parroco di Vetrego, ndr) che la diocesi non gradiva, pare per valutazioni di tipo pastorale: alla piccola comunità il vicario ha cercato di spiegare che forse non è proprio questo il modo giusto per festeggiare il parroco. Ma tra i motivi (legittimi, perché è la diocesi a impartire le direttive) pare ci sia anche la volontà di rimanere il più possibile vicini allo spirito del Concilio Vaticano». Dunque il «no» della curia sarebbe stato determinato dal voler essere fedeli al Concilio.
Sul Corriere Veneto, invece, era riportata una dichiarazione dello stesso monsignor Rizzo: «Bisogna farsi semplicemente una domanda: è questo il miglior modo per festeggiare i 60 anni di sacerdozio di don Pietro? Con una messa in latino? Come diocesi non abbiamo posto veti, abbiamo dato un’indicazione dicendo che ci pareva fuori luogo. E comunque mi pare una polemica pretestuosa in pieno periodo pasquale. Se si protrarrà, la diocesi non esiterà a rispondere».
Dunque la curia non avrebbe posto veti alla messa more antiquo: l’ha solo sconsigliata ma deve averlo fatto vivamente e con argomenti piuttosto convincenti. Anche se quei fedeli laici che invano hanno scritto per conoscere queste motivazioni, non hanno ricevuto una risposta.
Vi ho riferito le parole dell’arcivescovo, come quelle del suo vicario generale senza permettermi di aggiungere alcun commento. Mi limiterò soltanto a riportare, come promemoria finale, le parole di qualcun altro, che spero non possa venire iscrittro tra coloro che sono preoccupati di essere fedeli a forme mutevoli e secondarie (a questo proposito, poi, potrebbe essere interessante discutere su ciò che è mutevole e secondario: ad esempio certi titoli ecclesiastici, come quello di arci-vescovo, è mutevole e secondario? Il numero delle nappe sugli stemmi è mutevole e secondario? La croce patriarcale a due braccia sullo stemma è elemento mutevole e secondario? Parrebbe di sì, a leggere il Vangelo, dove non ci sono né arci-vescovi né stemmi, e neppure cardinali… Ma ciò non significa ovviamente che allora vi si debba per forza rinunciare, l’importante, credo, è non scambiare la forma per la sostanza).
Vorrei chiarire il mio pensiero, a scanso di equivoci: il vescovo, che è il pastore e il padre, fa bene a denunciare l’atteggiamento di chi scambia la forma per la sostanza, a correggere i suoi fedeli, anche e soprattutto quelli arroganti: sono certo che saprà comunque accoglierli, ascoltarne le ragioni e offrire loro le sue.
Lui, che è il garante dell’unità della Chiesa che è in Treviso, nella comunione con Pietro, convocherà certamente questi fedeli, per spiegare loro, con pazienza e carità, perché in questo caso non abbia acconsentito all’applicazione del motu proprio di Benedetto XVI. E chiarirà, ne sono certo, a quali condizioni sarà possibile in futuro celebrare la messa antica nella sua diocesi." .
E ci uniamo all'auspicio di Tornielli! Seguono alcuni brani con le parole del Papa nella Lettera ai Vescovi sul Motu Proprio, e alcuni articoli del Summorum Pontificum.
Chissà se il Vescovo di Treviso le ha lette?
Chissà se il Vescovo di Treviso le ha lette?
Alcuni anni or sono, un prete decise di tornare a celebrare sempre & solo secondo il costume della Messa con la quale celebrava Padre Pio. Si badi bene che erano ancora i giorni in cui regnava il "beatificato" di ieri. Si era in regime di indulto. Il protagonista di questo ESIPODIO, reputava assurdo chiedere permessi per qualche cosa che ben sapeva, essere un suo puro e semplice diritto. Ciò, ovvero il diritto al riguardo, era sancito dal testo di San Pio V ed anche dalle dichiarazioni dell'allora cardinale Ratzinger, in occasione del decennale dell'Ecclesia Dei.
RispondiEliminaIl suo vescovo gli da fior di grattacapi. Alla fine, lo manda via dalla parrocchia. Il prete se ne va. I parrocchiani che lo vogliono bene, protestano con il vescovo. Alcuni minacciano di passare a vie di fatto. A questo punto, il vescovo comunica che lui vescovo è innocente. E' il prete che se sarebbe andato "MOTU PROPRIO". Tale fatto viene riferito al prete che torna in parrocchia e manda una lettera al vescovo, il cui tenore (e pure "baritono") era più o meno sul canovaccio di "Eccellenza, HA RAGIONE LEI. MOTU proprio me ne sono ANDATO e motu PROPRIO torno. E allora me ne andrò nuovamente, solo se & quando qualcuno si aSSUMERà LA RESPONSABILITà di mandarmi via, in modo PUBBLICO, UFFICiALE, FORMALE & SOLENNE".
Parliamo forse di un simpatico e tostissimo sacerdote francese che regge due parrocchie in provincia di Caserta, riempiendo la Chiea ad ogni messa (tridentina)?
RispondiEliminaMa quali condizioni? Se il MP pone delle condizioni non mi sembra che lo faccia affidandole all'arbitrio vescovile. Questo, signori, è abuso di potere. A quando un tribunale amministrativo, tipo TAR, per S. R. Chiesa?
RispondiEliminaVorrei precisare che Vetrego, frazione del comune di Mirano, si trova in provincia di Venezia, non di Treviso.
RispondiEliminaPurtroppo da queste parti, soprattutto dove la fede è semplice, dove la Chiesa è ancora autorità riconosciuta, l'obbedienza (ancorché non dovuta, come in questo caso) è ancora un valore.
RispondiEliminaLascio immaginare se il richiamo alla "non opportunità" di una celebrazione fosse stato rivolto a qualcuno di quegli obbrobri paraliturgici modernisti, canzonettari, etnici... dàgli all'oscurantista!
Invece l'ottimo Frà Gardin se la prende cn una innocua ma soprattutto perfettamente lecita, celebrazione VO.
Forse è più facile vedere e far finta di combattere le minacce al CVII, infischiandosene di MP e altro, piuttosto che affrontare a viso aperto la preoccupante progressiva scristianizzazione di una civiltà!
Occorre davvero avere pazienza per sopportare queste forme di accanimento a senso unico, laddove gli sproloqui di certi preti d'assalto (ben conosciuti anche in questo blog) non vengono sanzionati neppure con un buffetto!
Conosciamo i metodi adottati dalle Curie per "sconsigliare" la Messa Antica: ipocriti, ora hanno il coraggio di fare le vittime perche' i media li hanno additati come "cattivi"?!?
RispondiEliminaIl solito fenomeno dell'iperclericalizzazione e vessazione dei fedeli non certo voluta, ma di fatto ovunque provocata dal vento di primavera conciliare....
RispondiEliminaSapete perchè i vescovi possono fare abuso di potere? Perchè i sacerdoti fanno un tipo di obbedienza improprio, nel senso che se il Papa dice esplicitamente che se uno vuole dire la Messa tridentina non deve chiedere il permesso al vescovo, ma è già libero di dirla, perchè glielo dice lui, che comanda di più, fine, i vescovi vadano a reclamare con il Papa se non sono contenti. Invece troppi sacerdoti sono scrupolosi e vogliono anche il permesso del vescovo e il vescovo furbone non glielo da.
RispondiElimina"...a quali condizioni..."! ma questo "vescovo francescano" si permette di dettare condizioni di fronte a un Motu Proprio pontificio, cioè di dettare condizioni al Papa? Si occupi soltanto di affari, ché, come dicono a Treviso, è la sua principale attività
RispondiEliminaE' singolare, per un verso, che il vescovo parli di forme transitorie: il messale tridentino è stato promulgato da S. Pio V "in perpetuum".
RispondiEliminaPer altro verso, tutti gli accorgimenti (surrettizi) del sig. Vicario Generale vengono puntualmente smentiti dalla recente Istruzione applicativa del Motu Proprio, a firma del card. James Levada, secondo cui la celebrazione dev'essere "assicurata", "garantita", tenuta in alto onore e considerata titolo di riconciliazione nella Chiesa.
E' fuorviante e paradossale la preoccupazione di aderenza al Concilio. I più illustri canonisti (Petrocelli) dubitano che esso costituisca fonte del diritto canonico qual'è, sicuramente e al contrario, il Motu Proprio di S.S. Benedetto XVI.