Post in evidenza

AGGIORNAMENTO del programma del 13º Pellegrinaggio Populus Summorum Pontificum #sumpont2024

Cari amici, a pochi giorni dall ’inizio de l  13º Pellegrinaggio  Populus Summorum Pontificum   a Roma da venerdì 25 a domenica 27 ottobre  ...

domenica 20 marzo 2011

L'ultima Messa di Padre Pio

Da come un prete celebra la Santa Messa si misura il valore e l’altezza del suo sacerdozio. Non si può discutere su questo fatto; non ci possono essere polemiche al riguardo, neppure dei «ma», essendo la Messa il cuore stesso del sacerdozio. È incontrovertibile che quando Cristo istituì il sacerdozio istituì anche l’Eucaristia: era il Giovedì Santo di ventun secoli fa e da allora queste due realtà si alimentano reciprocamente, in perfetta simbiosi. Tanto più il sacerdote vive e sente il Santo Sacrificio, tanto più santificherà se stesso e i fedeli che ad esso assistono.
San Filippo Neri (1515-1595) aveva un concetto così alto del sacerdote che si sentiva profondamente indegno di diventarlo; fu soltanto l’insistenza del suo padre spirituale che lo convinse al gran passo, quando aveva già 36 anni e, da allora, assistere alle Sante Messe da lui officiate era qualcosa di paradisiaco per alcuni e di sconvolgente per altri…
La Santa Messa era l'avvenimento più atteso dal santo fiorentino trapiantato nella città dei Santi Pietro e Paolo, il momento più desiderato, ma anche il più doloroso perché si trovava faccia a faccia con il suo Signore: mentre celebrava tremava, scolorava in viso, gemeva. Le sue Sante Messe erano senza tempo: molte volte restava rapito in estasi e si sollevava da terra, allora gli astanti dovevano richiamarlo alla realtà di questo mondo. La gioia estrema si alternava con le lacrime più intense.
Un giorno aveva un fervore così acuto che, senza accorgersene, impresse con i suoi denti il segno sull'orlo del calice, contenente già il Sangue di Cristo, tanto era il fuoco che gli ardeva dentro. Nelle sue mani l’ostia si faceva Carne visibile e i testimoni de visu, cioè chi gli serviva il Santo Sacrificio, deponendo per il processo di beatificazione e di canonizzazione, hanno giurato di aver visto Quel Sangue e Quella Carne.
Chi visita le camere private di Filippo Neri a Santa Maria in Vallicella di Roma può ancora osservare la finestrella della porta della sua piccola cappella dalla quale le persone “spiavano” le estasi eucaristiche dell’amico di san Carlo Borromeo.
«Mi piacerebbe piangere una qualche volta partecipando alla messa di un santo sacerdote! Nei primi tempi del suo ministero, i fedeli erano assai sorpresi, per non dire sconcertati, del suo "strano" modo di celebrare; poi avvicinandolo, comprendevano subito qual sacerdote e confessore egli fosse. La sua messa era la più frequentata e al suo confessionale era una viavai di penitenti, sin da quando la chiesa apriva le porte. Chi si fosse recato una volta da padre Filippo, ci ritornava sempre. Certo padre Filippo non era il confessore dalle mezze misure, anzi conosceva i peccati all'odore che sentiva provenire dal cuore dei penitenti» (Padre Giorgio Finotti, San Filippo Neri. La grandezza di un autentico pastore di anime, «L’Osservatore Romano», maggio 2001). Questa citazione è speculare ad un altro santo sacerdote che viveva la Santa Messa con la forza di san Filippo Neri e con lo stesso ardore confessava le moltitudini di persone che al suo confessionale si inginocchiavano, ovvero san Pio da Pietrelcina, al quale, il 15 agosto 1905, nel santuario di Santa Maria del Monte a Campobasso, la Madonna apparve per mostrargli che la sua missione sarebbe stata quella di essere totalmente Alter Christus.

La Messa di Padre Pio

Venne ordinato il 10 agosto 1910; il 14 agosto ricevette le stigmate invisibili; fra il 5-7 agosto 1918 fu protagonista della trasverberazione, la ferita al cuore che continuerà a sanguinare; mentre il 20 settembre dello stesso anno riceverà le stigmate, visibili, alle mani, ai piedi e al costato.
Ogni volta che Padre Pio, dalla sua prima Messa, quella del 14 agosto 1910, fino all’ultima, celebrata il 22 settembre 1968, salirà ogni volta il Calvario e parteciperà, personalmente, alla Passione di Nostro Signore. Aveva scritto sull’immaginetta della sua ordinazione:
«O Gesù, mio sospiro e mia vita, mentre oggi ti elevo in un mistero d’amore, ti chiedo che per Te io sia per il mondo Via, Verità, Vita. E per Te sacerdote santo, Vittima perfetta». Di questa vittima perfetta, che non smise mai di esserlo fino all’ultimo respiro, e in particolare di come padre Pio celebrava la Santa Messa, quella del Vetus ordo, perché mai volle celebrare quella riformata dal Concilio Vaticano II, tratta il bellissimo e toccante libro di Alessandro Gnocchi e Mario Palmaro, dal titolo L’ultima Messa di Padre Pio. L’anima segreta del santo delle stigmate (Piemme, € 15,00), uno studio denso di informazioni nuove sul santo di San Giovanni Rotondo, perseguitato dalla Chiesa e poi dalla Chiesa canonizzato, dove il misticismo del primo sacerdote stigmatizzato della storia si incontra con documenti inediti di eccezionale valore spirituale e storico.
Tali documenti sono rinvenuti in un ricchissimo archivio che il figlio spirituale di padre Pio, Giuseppe Pagnossin ha donato alla Fraternità Sacerdotale di San Pio X e che ora si trova nel priorato di Albano Laziale. Pagnossin decise di rivolgersi alla FSSPX perché «andò in cerca di qualcuno che fosse legato alla Messa e alla dottrina cattolica di sempre come vi era legato il santo di Pietrelcina e lo trovò in monsignor Marcel Lefebvre […]. Non lo spaventarono le accuse riversate addosso al vescovo francese per la sua opposizione alle innovazioni in corso nella Chiesa a partire dagli anni Sessanta. E neppure gli strascichi canonici della vicenda […]. Anzi, trovò un approdo sicuro nella tradizione, dove, a garanzia della fedeltà alla dottrina e alla Messa di sempre, vigeva una profonda devozione per san Pio X, il papa in onore del quale il giovane Francescco Forgione da Pietrelcina prese il nome al momento di farsi religioso» (pp. 13-14).
Dal libro di Gnocchi e Palmaro emerge tutto l’ardore mistico che il frate di San Giovanni Rotondo viveva nel momento della celebrazione del Santo Sacrificio: quando il santo saliva all’altare era veramente visibile tutto il pathos che da quella liturgia sarebbe scaturito e a mano a mano che il rito procedeva ai fedeli si palesava tutto il tremendo mistero che si verificava grazie alle parole, ai gesti, alla ritualità di Padre Pio.
Fra i documenti, pubblicati per la prima volta in questo libro, si trovano conferme straordinarie e consolanti di quanto padre Pio ha detto e fatto a proposito della Santa Messa, come, per esempio, questa dedica che egli scrisse sul frontespizio del messale di una sua figlia spirituale, Angelina Buratti di Venezia e datata 1958:
«Nell’assistere alla Santa Messa rinnova la tua fede e medita quale vittima s’immola per te alla divina giustizia per placarla e renderla propizia. Non allontanarti dall’altare senza versare lagrime di dolore e di amore per Gesù Crocifisso per la tua eterna salute. La Vergine Addolorata ti terrà compagnia e ti sarà dolce ispirazione» (pp. 16-17).
Madre Eleonora Francesca Foresti, fondatrice delle Francescane adoratrici, della quale è in corso il processo di beatificazione, aveva conosciuto padre Pio e nel Diario  che ella ha lasciato registra quanto Gesù le disse a proposito dell’eccezionalità del Santo del Gargano:
«L’anima di padre Pio è fortezza inespugnabile, è cella vinaria in cui mi inebrio a mio piacere. È cielo tersissimo in cui gli angeli riflettono il loro volto stupendosi. È favo di miele! È il mio rifugio nelle ingratitudini degli uomini. È specchio della mia anima in cui mi rifletto, come un purissimo raggio di sole, attraverso il più puro cristallo! La mia voce in lui è come l’eco riprodotta tra due monti! Il suo linguaggio è dolce e tagliente! […] misterioso come il mio: conforta e abbatte. Ha il mio stesso imperio, perché, IO, Gesù, vivo in lui. Il suo spirito è diffusivo come un fluido. Il suo gesto, la sua parola, il suo sguardo operano più di un profondo eloquio di un grande oratore. Io do valore a tutto ciò che emana da lui.  È il capolavoro della mia misericordia. A lui ho conferito tutti i doni del mio Spirito, come a nessun’altra creatura. È il mio perfetto imitatore, la mia ostia, il mio altare, il mio sacrificio, la  mia gloria!» (pp. 20-21).
Padre Pio dichiarava che il mondo può stare anche senza il sole, ma non senza la Santa Messa e ai sacerdoti insegnava a dividere la giornata in due parti, la prima in preparazione al divino sacrificio e la seconda in ringraziamento. Durante la Messa padre Pio soffriva molto, perché, diceva, è proprio lì che avviene una nuova e ammirabile distruzione e creazione. Nella sua Messa, dove il tempo spariva (poteva durare anche oltre due ore), egli diventava un tutt’uno con Cristo e arrivò ad affermare: «La mia missione finirà quando sulla terra non si celebrerà più la Messa». Chissà che cosa voleva realmente dire. La missione redentiva delle anime che prosegue ancora oggi sulla terra, anche dopo la sua morte, fino alla fine dei tempi? Oppure il santo si riferiva alla sua morte che precedette di un anno la nuova Messa  studiata, a tavolino, da monsignor Annibale Bugnini, buttando alle spalle il risultato di secoli e secoli di liturgia cattolica?

La Fede e la Rivoluzione

Fin da giovane egli sapeva a quale tipologia di vocazione religiosa Dio lo aveva chiamato: «Gesù mi ha associato al grande negozio della redenzione umana. Il Padre celeste mi ha fatto ascendere sulla croce del Figlio suo e sono certo che di là non scenderò mai più. Scendo dall’altare per salire sulla croce; scendo dalla croce per distendermi sull’altare» (p. 31) e tutto questo per “comprare” le anime a Dio.
La figlia spirituale Cleonice Morcaldi riuscì a strappare a padre Pio molte risposte a quesiti di carattere spirituale delicati ed intimi e nel riprodurle i due autori del libro hanno utilizzato una tecnica chiarificatrice sia per coloro che vivono nel mondo e non sono del mondo e sia per coloro che, invece, pur dicendosi cristiani lavorano per tutt’altra patria. Infatti le domande della Morcaldi e le risposte di padre Pio sono intercalate efficacemente da asserzioni e commenti di modernisti e ultramodernisti. Qualche esempio:
«D. Padre che cosa è la vostra Messa?
R. Un completamento sacro con la passione di Gesù.
D. Che cosa debbo leggere nella vostra Messa?
R. Tutto il calvario.
D. Padre, ditemi tutto quello che soffrite nella Santa Messa.
R. Tutto quello che ha sofferto Gesù nella sua passione, inadeguatamente, lo soffro anche io, per quanto a umana creatura è possibile. E ciò contro ogni mio demerito e per sola sua bontà.
D. Padre, come possiamo conoscere la vostra passione?
R. Conoscendo la passione di Gesù; in quella di Gesù troverete anche la mia…» (p. 48).
Ed  ecco che, come controcanto, troviamo la terribile considerazione del monaco trappista padre Ernesto Cardel (Ministro della Cultura nel Governo sandinista del Nicaragua):
«Fu con l’avvento della teologia della liberazione, nei primi anni Settanta, che ci venne rivelata la verità evangelica secondo la quale tutti quelli che lottano per i poveri, credenti o atei, sarebbero stati uniti oltre la morte; e il regno di Dio, o regno dei Cieli, e la società comunista perfetta sono la stessa cosa […] scoprii come il gesuita francese padre de Lubac avesse trasformato la frase di sant’Agostino “Ama e fai quello che vuoi” in “Ama e credi in quello che vuoi”…» (p. 49).

Riprende “l’interrogatorio”:
D. «Come restò Gesù dopo la flagellazione?
R. Il Profeta lo dice: “Diventò una sola piaga; diventò un lebbroso”.
D. E allora anche voi siete tutto una piaga dalla testa ai piedi?
R. E non è questa la nostra gloria? E se non ci sarà spazio per fare altre piaghe nel mio corpo, faremo piaga su piaga.
D. Dio mio, questo è troppo! Siete, padre mio, un vero carnefice di voi stesso!
R. Non ti spaventare ma gioisci! Non desidero la sofferenza in se stessa, no; ma per i frutti che mi dà. Dà gloria a Dio e salva i fratelli, che altro posso desiderare?» (pp. 50-51).

Dopo affermazioni di tale afflato mistico e di donazione totale per il prezzo da pagare nel donare al Paradiso anime per amore di Dio e del prossimo, ci raggiungono, come uno schiaffo sul volto, le traumatiche parole di Camillo Torres, il prete terrorista colombiano:
«[…] la Rivoluzione è non solo lecita, ma obbligatoria per i cristiani che vedono in essa l’unico modo efficace e completo per realizzare l’amore per tutti.  […] Io ho lasciato i privilegi e i doveri del clero, ma non ho smesso di essere sacerdote. Credo di essermi dato alla Rivoluzione per amore del prossimo. Ho smesso di dire la messa per realizzare quell’amore al prossimo, nel terreno temporale, economico e sociale. Quando il mio prossimo non avrà nulla contro di me, quando sarà realizzata la Rivoluzione, tornerò a offrire messa...» (p. 51).

Il frate cappuccino fu un mistero per tutti e per tutta la sua esistenza. Patì atroci sofferenze non solo a causa delle stigmate e delle piaghe, ma anche delle continue lotte che di notte doveva sostenere contro Satana; tutto quel dolore veniva offerto per completare i patimenti di Cristo, come afferma San Paolo: «Perciò sono lieto delle sofferenze che sopporto per voi e completo nella mia carne quello che manca ai patimenti di Cristo, a favore del suo corpo che è la Chiesa» (Col 1,24). Alla luce di ciò non dovrebbe essere difficile comprendere le asserzioni di padre Pio, arcane per chi non ha Fede oppure per chi è in essa debole e vacillante: «[…] perché soffro? Non lacrimucce, ma torrenti di lacrime vorrei versare! […] Un Dio vittima dei nostri peccati! Noi poi siamo i suoi macellai» (p. 56). Quando padre Pio si esprimeva in questi termini e viveva la Santa Messa in Cristo e per Cristo, la rivista milanese «Il Confronto», nel 1968, pubblicava articoli di questo tenore:

«E voi, i pochi che nell’alta gerarchia avete la nostra fiducia: voi, gli Alfrink e i Suenes e i Döpfner e i Pellegrino e gli Helder Camara, il tempo della prudenza è finito. Contate i vostri seguaci e, qualunque sia il loro numero, uscite dalla Chiesa che non vi merita più, se è vero che non ci avete ingannato. Il cattolicesimo nuovo è già nato» (p. 62).
Il misticismo

I mistici, i grandi protagonisti del fuoco di Dio, hanno sempre caratterizzato la storia della cristianità. I fenomeni che si manifestano nell’universo del misticismo come le stigmate, la levitazione, le guarigioni, le profezie, le visioni, le apparizioni, le bilocazioni, l’estasi… provocano, a partire dal Novecento, due tipi di reazioni: o sono analizzati, esaminati, “vivisezionati” o sono negati a priori come realtà paranoiche ed oscure che rientrano in una dimensione da allontanare il più distante possibile perché capaci di suggestionare le persone e di condurle ad una religiosità fatta di superstizione e di magia.
I mistici. Anime che fanno discutere, che diventano oggetto di studio, di ricerca, di indagine, di polemica, di perplessità e di sospetto. Processi e persecuzioni. L’irrazionale è di per se stesso causa di sospetto perché non rientra nella “normalità”. Il mistico, malato di protagonismo per molti, è per regola un “fuori legge”. Questo “fuori legge”, in grado di mandare all’aria le regole della natura, è in realtà un innamorato che perde la testa per il suo Signore e quando si perde la testa può succedere di tutto. Sono dei carismatici e Chàrisma significa «dono gratuito»: è lo Spirito Santo  che colma di grazia la creatura che si pone al servizio totale di Dio, in lui tutto si abbandona. Essenza e destino in queste creature, che amano a dismisura, così trasparenti da smaterializzarsi e passare attraverso porte e muri, coincidono.
Il titolo del libro di Gnocchi e Palmaro, che tutti i sacerdoti dovrebbero avere la fortuna di poter leggere, adombra anche una scoperta sorprendente, nel testo svelata, a riguardo delle stigmate correlate all’ultima messa che padre Pio celebrò prima di morire, scoperta che però non vogliamo anticipare, per non togliere al lettore il piacere di scoprirla da sé.
Rimane il fatto che in Padre Pio, nostro contemporaneo, avvezzo a vivere dentro e fuori dalla dimensione terrena e da quella celeste, in una continua altalena, sperimentando fenomeni umanamente e razionalmente non riscontrabili e non imitabili, come la bilocazione, si verificò l’effusione dello Spirito Santo, la stessa che aveva dilatato, secoli prima, il cuore di san Filippo Neri, come constatò l’autopsia su di lui effettuata: lo aveva dilatato così tanto da staccare alcune costole dallo sterno per dargli spazio e lo aveva infiammato di un tale amore da costringere san Filippo ad affermare: «Cor meum et caro mea exultaverunt in Deum vivum».

Cristina Siccardi

47 commenti:

  1. Questo testo cos'è? Non penso sia un articolo di giornale; è forse l'estratto di qualche libro?

    RispondiElimina
  2. antonio peschechera da Barletta20 marzo 2011 alle ore 18:42

    «E voi, i pochi che nell’alta gerarchia avete la nostra fiducia: voi, gli Alfrink e i Suenes e i Döpfner e i Pellegrino e gli Helder Camara, il tempo della prudenza è finito. Contate i vostri seguaci e, qualunque sia il loro numero, uscite dalla Chiesa che non vi merita più, se è vero che non ci avete ingannato. Il cattolicesimo nuovo è già nato. Questo è quello che dovrebbero fare gran parte dei preti e vescovi di Santa Romana Chiesa, quando impediscono al Prefetto della Segnatura Apostolica di celebrare un pontificale in rito tridentino in Puglia. 

    RispondiElimina
  3. Francamente a me non dispiace la Teologia della Liberazione!
    Il pensiero di Ernesto Cardenal, Ministro della Cultura del governo sandinista del Nicaragua (non Cardel) è assolutamente condivisibile. Ernesto Cardenal fu "rimproverato" da Giovanni Paolo II durante una visita a quel Paese mentre Ernesto era inginocchiato davanti a lui; il filmato ha fatto il giro del mondo
    Non mi piacciono però gli eccessi, ad esempio quelli del "cura guerrillero" Camilo Torres Restrepo che girava con il fucile in spalla. Aveva tra l'altro tentato di promuovere la riconciliazione tra il marxismo rivoluzionario ed il cattolicesimo. I suoi intenti non erano cattivi, anzi!<span> </span>
    Comunque ha pagato con la vita i suoi eccessi essendo stato ucciso in un conflitto a fuoco con l'esercito nel febbraio del 1966

    RispondiElimina
  4. :)  Un grazie a Cristina Siccardi!!!
    e un libro idea-regalo per Pasqua ai nostri Sacerdoti e Parroci....

    RispondiElimina
  5. San Pio non scelse il nome per San Pio X (per il quale avrà certamente avuto ammirazione e devozione, come tutti i buoni cattolici e al contrario di certi matti che lo accusano di aver "rovinato il breviario" e in pratica di aver gettato il seme della improvvida riforma liturgica post-conciliare). Lo scelse per devozione a San Pio I Papa e Martire, che si venera nella Chiesa di Sant'Anna a Pietrelcina. Ma stante anche la sua devozione per S. Pio V, il grande stigmatizzato lo considerò sempre come suo ulteriore onomastico.

    forse una certa indulgenza verso Econe ha tratto in inganno anche giornalisti seri come Palmaro e Gnocchi? 

    RispondiElimina
  6. .....E' un libro..straordinario...!!! Sono rimasto senza parolle...chi vedeva padre Pio sull'Altare...vedeva Gesu' Cristo sulla Croce.....

    RispondiElimina
  7. non mi pare che la delicata e specialistica questione della storia del breviario possa essere liquidata con l'espressione "certi matti"; magari alcuni matti cavalcano la questione, come matti cavalcano OGNI umana questione (la pazzia è pazzia, può attaccarsi a qualsiasi oggetto, ma non per questo l'oggetto perde il suo eventuale intrinseco valore). Ma ferma restando la devozione per un santo canonizzato dalla Chiesa (e che santo!), e il rispetto di una legge liturgica infallibile, le discussioni storiche sul Breviario romano sono cose serissime, se fatte con la dovuta competenza

    RispondiElimina
  8. In effetti preferisco un Camilo Torres mille volte, rispetto alla masnada di preti sedicenti tridentini che "non dicono", "non osano", "non fanno", perchè altrimenti poi chissà cosa dicono in curia, così come tutti quelli che fanno i "conservatori" atteggiandosi a semitradizionalisti con strizzata d'occhio al concilio e alla modernità, perchè i tradizionalisti sono "eccessivi". Torres credeva ed è stato coerente fino alla morte. Questi qui sanno solo dire di sì a chi ha il coltello dalla parte del manico, con la coda tra le gambe.

    L'inconciliabilità tra marxismo e cattolicesimo non è sociale, perchè è verissimo che certe forme di socialismo e comunismo, specialmente sudamericano, a tratti coincidono con la pratica della carità cristiana, come nella cura dei poveri, l'attenzione per gli ultimi, l'educazione delle masse miserabili, ecc., ma semplicemente filosofica. Spesso infatti assisto a paladini del conservatorismo, della "destra teologica", che con il disprezzo verso il marxismo, finiscono con il disprezzare anche i poveri, gli emarginati, gli sfruttati, da sempre primario riferimento dei movimenti marxisti.

    Il problema del marxismo è il materialismo dialettico, erede della filosofia di Hegel, che prendendo le mosse dalla cesura metafisica (o antimetafisica) operata da Kant con le sue critiche, si pone su un terreno inconciliabile e incompatibile con il cristianesimo, la filosofia perenne e oserei dire, lo stesso essere umano. Vallo a spiegare a Ratzinger però, che ha detto che il tomismo era un sistema troppo statico, che immobilizzava la verità nella storia, e che solo Hegel permise di conciliare la verità con l'evolversi storico degli eventi.

    La teologia della liberazione parte da premesse buonissime e cristianissime, che sono il soccorso agli ultimi, ma prende la strada sbagliata della conciliazione con un sistema filosofico materialista, che sulle prime magari può sembrare che funzioni, ma alla fine non fa altro che fagocitare la dimensione trascendente della religione, tramutandola in filantropia, ossia appianando quella che è una dimensione spirituale e sovrumana, ad una dimensione intramondana, meramente naturale, e di fatto costituisce una deriva gnostica del cristianesimo (tentativo di realizzare una salvezza intramondana).

    Ma non si deve dimenticare che da un lato i regimi "liberali" dell'america latina erano (sono) marci, oppressivi, sfruttatori e criminali, secondo appunto l'apoteosi delle teorie liberiste. Erano il trionfo dei poteri forti, della massoneria e delle oligarchie terriere latifondiste. I poveri contadini, erano veramente da questi regimi tenuti a livello di schiavitù, ovviamente per il trionfo della proprietà privata dei ricchi, imprescindibile caposaldo della "cristianità" di chi c'ha i soldi. La chiesa gerarchica era connivente al massimo con gli oligarchi e questa aristocrazia terriera.

    Il socialismo era visto male perchè scardinava l'ordine costituito, ossia che il ricco rimane ricco e il povero rimane schiavo. Ma non mi pare che la situazione opposta al socialismo fosse conforme alla dottrina sociale della chiesa, o al vangelo! I preti della TDL si schierarono dalla parte di chi si mosse per dare sollievo alle condizioni veramente miserabili della popolazione. Per cui va anche ridimensionato il fatto che i preti della TDL fossero eretici e cattivi in quanto comunisti: era meglio stare con i miserabili in una qualche maniera, o con i ricchi oppressori? Forse nessuna delle due cose era giusta, ma sicuramente certe soluzioni alla signor dottor Plinio, che fonda un movimento sedicente cattolico (TFP) per tutelare il latifondo e lo sfruttamento della marmaglia proletaria, dipingendolo come lotta per il trionfo del cuore di Maria, mi paiono bestemmie tanto [...]

    RispondiElimina
  9. La legge liturgica propugnata dalla Bolla Divino Afflatu non è "infallibile", perchè non c'è materia che debba essere coperta da infallibilità in quel senso. Semplicemente dispone i salmi in un ordine, anzichè in un altro. Non c'è affatto "errore" o "giustizia" in questo, è semmai una scelta dettata da altri criteri. La liturgia è infallibile in altro senso, nel senso che è il fine che compie la liturgia ad essere infallibile e a non poter mutare (sia il breviario tridentino, che quello di san Pio X, che quello di Paolo VI, vogliono lodare Dio pubblicamente come preghiera "liturgica" ossia come azione mistica del corpo spirituale di Cristo che è la chiesa: per questo ad esempio una volta nella recita del breviario, si assolveva validamente il precetto e si compiva l'azione sacra, anche con la semplice recita pedissequa delle parole, senza conoscere pienamente e totalmente il significato. Non era preghiera privata, o privata edificazione, per cui è auspicabile comprendere. Era una preghiera ecclesiale, per cui il prete compiva un rito, valido in sè, a prescindere dal difetto soggettivo. Cosa questa che i modernisti non capiscono, perchè dicono che non ha senso pregare in latino perchè non si capisce. Ecco, uno che dice così forse non crede nel fine mistico della liturgia, credendo che sia solo una azione privata ed umana, o ecclesiale nel senso non mistico, ma comunitario). Pertanto la messa è infallibile come azione del sacrificio incruento, di lode, ringraziamento, propiziazione ed espiazione, indipendentemente dal rito che si usa per celebrarla. In questo è "infallibile", mentre dire di usare o meno la pianeta plicata, non è infallibile. Problema sorse appunto per la messa nuova, non perchè si abolirono certi orpelli simpatici, ma perchè sembrò dall'opinione comune dei liturgisti, e da certe sibilline rubriche (vedasi art. 7 dei principi e norme della prima edizione del messale) che fosse mutata la finalità della liturgia, in un senso inaccettabile per un cattolico. Per questo Ottaviani e Bacci protestarono (e ottaviani poi celebrò tranquillamente il rito moderno, allorchè venne cambiato l'art. 7 con una definizione di messa conforme alla teologia tridentina).


    La questione del breviario di san Pio X (e in un certo senso anche della edizione tipica VII del messale romano, volgarmente detta del 62), è piuttosto una scelta filologica, storica, stilistica e di opportunità.


    Nel caso del Breviario, la finalità è la lode di Dio, ma la modalità è la recita settimanale dell'intero salterio. Questo fu sempre fatto, nella chiesa. Il breviario tridentino consentiva questa recita, pur avendo le ore minori sempre con gli stessi salmi, e variando i salmi solo nelle ore maggiori, secondo uno schema bipartito, feriale e festivo. All'epoca di san Pio V, il calendario era abbastanza sgombro, "vuoto", per cui effettivamente si alternavano bene i giorni di feria e i giorni di festa, e si recitava (con parecchie ripetizioni) l'intero salterio, settimanalmente. Con il passare degli anni e dei secoli, si sommano nuovi santi e nuove feste, che occupano tutti gli spazi vuoti, rendendo l'ufficio feriale praticamente scomparso, e omettendo la recita di parecchi salmi. Il problema poteva essere risolto solo abolendo il culto dei santi (soluzione protestante, ma recuperata da Bugnini per la sua riforma), oppure riformando il salterio. La riforma si rifà alla primitiva intenzione di san Pio V, ossia la lode di Dio mediante la recita dell'intero salterio, che per motivi non attribuibili nè a san Pio V, nè a san Pio X, non era più possibile. Filologicamente il breviario di san Pio X non è tradizionale, ma lo è nello spirito, sicuramente. Poi basta vedere il fatto che san Pio X non volle cancellare le antiche [...]

    RispondiElimina
  10. -seconda parte-

    Il breviario del 61 (non del 62) è una versione tagliata (male) di quello di san Pio X, in cui semplicemente per motivi di brevità, si tolgono pezzi e preghiere, operando tagli sull'originale piano, ma mantenendone la struttura (anche se con qualche cosa bizzarra, come il nuovo computo delle settimane: la prima settimana una volta non necessariamente era la prima settimana del mese, ma poteva essere l'ultima del mese precedente. Si guardava la domenica: se una domenica era vicina alle idi, e quindi la settimana era contenuta per la sua maggior parte da un mese, ma iniziava in quello prima, quella settimana era considerata dl mese dopo, e viceversa. Con il breviario del 61 invece conta il calendario "civile", con relativa non coincidenza di certe celebrazioni, nei due "riti").


    A voler fare le cose per bene, si dovrebbe dire il breviario di san Pio X, non quello del 61. Idem per la messa. Le riforme di Pio XII, sono riforme dettate da criteri pastorali assolutamente discutibili, che trattano la liturgia come una opera meramente terrena e umana, da sottomettere a criteri di tempistica e comprensibilità della gente.


    Pensare che l'optimum liturgico siano il breviario di san Pio X e la sua messa, non sono affatto fossilizzazione (è semplicemente la riforma prima alla riforma ultima preconciliare), ma un saggio criterio filologico e storico. I folli sono quelli che tacciano coloro che scelgono di praticare la liturgia piana di sedevacantismo, di scisma, di disobbedienza, di scandalo, di avversione al motu proprio, semplicemente perchè non hanno altro argomento che non sia quello d'autorità. La legge dice 1962, per cui se uno fa 1952 deve andare all'inferno tra atroci tormenti. Curioso. Infatti la legge, fino all'altro giorno, diceva 1970, e gli stessi che oggi condannano chi si rifà alla edizione tipica VI, non si facevano problema alcuno a violare il disposto di Paolo VI. Solo che adesso sono "approvati" da un motu proprio, e bisogna mostrarsi acribiosi e caninamente obbedienti, per poter essere accolti dalle curie e dalla gerarchia, curie e gerarchia che gradirebbero vederci internati tutti quanti, sessantaduisti compresi, al bagno penale della cayenna.


    Se i fautori della liturgia piana fossero pazzi fossilizzati, non sceglierebbero un rito pluri-riformato, ma si rifarebbero all'editio princeps di messale e breviario. Cinquecento. In realtà, fino a san Pio X si è riformato con un criterio, dopo san Pio X si è iniziato a riformare con un criterio MODERNISTA. Il messale e il breviario del 61-62 sono già modernisti in nuce, come ebbe a dire Bugnini nelle sue memorie. Furono l'esperimento per le riforme successive, nulla più che riti di transizione, per arrivare al novus horror. Fa specie che chi si dice tradizionalista, si batta per avere un rito ritoccato dagli stessi che hanno fatto il rito che a costoro fa tanto schifo. O si respinge il bugninismo o non lo si respinge.

    -fine seconda parte-

    RispondiElimina
  11. -terza parte-

    Il motivo della scelta del rito del 1961-62 è abbastanza controverso, poi, e riguarda la FSSPX. Fino al 1983, nella FSSPX si celebravano un po' tutte le forme di messa tridentina. C'era chi diceva quella del 65 (fino a praticamente la fine degli anni 70, Lefebvre celebrava la messa del 65, con tutti i suoi tagli e le sue modifiche), chi quella di san Pio X, chi quella del 1962. Si stabilì che la messa da celebrare dovesse essere l'ultima prima del concilio, ossia l'editio VII (62). Vennero espulsi i sacerdoti che si rifiutarono. Di contro, il vaticano ipotizzò un indulto per cercare di ammortizzare l'attività della FSSPX, e ovviamente non potè che riferirsi all'edizione utilizzata dalla FSSPX, che era il gruppo mondiale di tradizionalisti più numeroso e rappresentativo. Se devi cercare di creare una alternativa a loro, non puoi proporre una cosa diversa da quella che propongono loro, per cui anche il vaticano, parlò di rito del 62, ma dicendo che era "l'ultimo rito prima delle riforme liturgiche" (che è falso: le riforme liturgiche sono anteriori al concilio, e non successive. Secondo il criterio della santa sede, il rito prma delle riforme è quello di san Pio X. Non si parla infatti di qualsiasi riforma, ma del sistema di riforme che porta al NOM, che come dice Bugnini nelle sue memorie è 1949-1975. Ciò che è avvenuto prima non è da accomunare a questo insieme di riforme. E' un errore grave pensare che ci sia una unica riforma che attraversa i secoli e i millenni: se si crede questo, allora si deve pensare che il NOM sia l'edizione VIII del messale tridentino!). Il criterio della scelta del 1962 fu quindi avanzato da mons. Lefebvre, semplicemente per obbedienza formale alle leggi liturgiche promulgate. Poteva anche fare la scelta opposta, dato che comunque era ILLECITO il ricorso al messale del 1962, così come a quello del 1952 o del 1920. E' Lefebvre che per epikeia stabilisce per i suoi, ma senza nessuna autorità, di usare un libro piuttosto che un altro, con un suo personalissimo criterio. Infatti la legge in vigore prevedeva la obbligatorietà del NOM. Quindi ha poco senso parlare di inviolabilità del rito del 1962, come se fosse divinamente ispirato. Lo scelse un vescovo "ribelle", senza alcuna autorità per farlo (ovviamente tutta la mia simpatia a Marcel!). La santa sede, per gli indulti ai sacerdoti anziani, non dava il permesso di usare il rito del 1962, ma quello del 1965-67-68. E infatti, se proprio si dovesse parlare di un messale "mai abrogato", si dovrebbe per coerenza rifarsi a quest'ultimo, non ad un rito modificato e sorpassato, tenuto in piedi semplicemente dalla scelta di una fraternità irregolare. La santa sede si contraddisse più volte. Dicendo che si doveva usare il messale di prima delle riforme, non essendo la messa mai abrogata, e indicando il rito del 1962. La prima proposizione invita ad usare implicitamente quello del 1952 (prima delle riforme), la seconda proposizione che fa da motivazione invita ad usare quello immediatamente precedente il NOM (quello del 1965), la terza proposizione cala le braghe a Lefebvre seguendo la sua scelta (1962).


    -fine terza parte-

    RispondiElimina
  12. -quarta parte-

    Non ci sono però motivazioni reali che impongano l'uso di un rito piuttosto che un altro, e la cogenza del messale del 1962 è risibile a fronte dell'eziologia della questione e della contraddittorietà delle stesse norme. Se poi Ratzinger ha affermato che la chiesa non può vietare l'utilizzo di nessuna forma validamente approvata di liturgia, non si capisce perchè dovrebbero essere certi leccacurie a essere più papisti del papa, più obbedienti degli obbedienti, e a imporre questa loro scemenza anche agli altri, arrivando a denigrarli, deriderli e anche a denunziarli con lettere, delazioni, ecc.


    Al contrario trovo che si dovrebbe praticare una certa forma di civile e corretta fratellanza tra chi ritiene di dover usare il rito del 52 e chi ritiene di usare il rito del 62, eventualmente instaurando un vero dialogo accademico ed intellettuale, che porti ad analizzare la questione tradizionale, per svincolarla dalla mera obbedienza alla lettera della legge (farisaismo), per arrivare invece ad una obbedienza in spirito. Ad esempio l'ottimo don Stefano Carusi ha contribuito con un articolo sulla riforma della settimana santa di Pio XII-Bugnini. Si dovrebbe mettere in discussione, civilmente, il rito del 62, per scoprire una migliore e più piena adesione alla tradizione liturgica ed eventualmente in un futuro, chiedere una rettifica alla santa sede delle concessioni, pechè si possa celebrare secondo i libri giusti. D'altronde il papa quando cita la messa tridentina nelle sue omelie, la cita nella forma di san Pio X, e non in quella di G23, quando i cardinali celebrano qui e là, dicono tre confiteor e non due, e si inchinano alla croce e non al messale (ossia celebrano con le rubriche di san Pio X). A costoro nessuno ha dato dei sedevacantisti. E se la prassi è quella di usare di più il rito precedente, forse occorre porsi delle domande in merito. Tanto non è che al vaticano faccia differenza di concedere il 62 o il 52: non sanno nè come è fatto l'uno, nè come è fatto l'altro.

    -fine-

    RispondiElimina
  13. FINALMENTE UN CONTRIBUTO ECCEZIONALE, DA METTERE COME POST! GRAZIE ENZO!

    RispondiElimina
  14. Io Celebro da anni con il Messale del 1952 (con il santorale completo del 56)! Per la ragione espressa con cn cura e meticolosità, io NON possiedo (e non intendo possedere) il messale di Giovannone!

    Circa il breviario ho un'edizione rarissima inglese del '56 ma con i salmi della vulgata (e non di quello schiagurato di Bea) CHE UTILIZZO ABITUALMENTE!

    RispondiElimina
  15. Condivido ogni parola!!

    RispondiElimina
  16. Sulla discussione scatenata nei commenti tra il messale di Pio X, quello di Pio XII e quello di Giovanni XXIII non mi pronuncio, anche se è gustoso vedere chi parla della "Messa di sempre" disputare se sia meglio la Messa di ieri l'altro, del giorno prima o della settimana scorsa. Come se esistesse la Messa perfetta, e se non fosse che, invece, ogni Messa è - divinamente - perfetta, molto prima che essere - umanamente - perfettibile. Quindi pace (liturgica) a voi, anzi a noi tutti.

    Sull'articolo, che dire? Trovo che le incongruenti allusioni alla teologia della liberazione e simili (che fu molto più e molto meglio che queste citazioni piuttosto miserevoli e mal tagliuzzate) aggiungano una nota di inutile e caduca polemica a un testo molto bello che ci avvicina alla grande fede e alla grande spiritualità di Padre Pio, che - anche nel suo amore per la Tradizione - è patrimonio di tutta la Chiesa.

    RispondiElimina
  17. quod erat demonstrandum.... 

    a quando la scomunica postuma di San Pio X? E lo vogliamo dire che pure San Pio V fece danni con l'esclusione di tanti riti dalla sua riforma? E Nostro Signore, non avrà ceduto al modernismo liturgico durante l'Ultima Cena? Sarà stato in Croce secondo le rubriche? hmmm...

    Meno male che c'è Don Abbondio che usa ill Messale del 1952 (col santorale completo del '56!), sennò la vera Chiesa non esisterebbe più. Anche se poi il puro più puro che ti epura si guarda bene dal fare il leone della "tradizione" in pubblico e sul "posto di lavoro" da cui dipende la sua pagnotta. Lì se gli chiedono di Summorum Pontificum risponde che forse è un libro scritto da Carneade, del quale naturalmente lui non sa nulla! E vedeste che liturgia tridentina è di solito la sua!

    RispondiElimina
  18. l'apologia del terrorista Torres che sarebbe meglio di tanti bravi sacerdoti e poi un'altra prova di ciò che dico, e quasi ti converrebbe poter dire che sei "matto" invece che terribilmente ignorante, al punto ignorare ure la assoluta inconciliabilità di qualsiasi forma di socialismo con il cristianesimo, illustrtata e riptuta dal magistero constante della Chiesa per quasi due secoli!  Non sapete l'ABC e volete "insegnare il Credo agli Apostoli" come si dic  a Roma. La fesseria sulla "coerenza" di un crimonale come Camilo Torres è veramente da ricovero: con questo discorso satana è meglio del prete di periferia onesto che fa del suo meglio con quello che gli è stato passato in seminario, anzi melgio pure del sacerdote Ecclesia Dei che lavora senza zelo amaro e con molta più competenza per aiutare il Papa nell'opera di vera riforma. Meglio di Benedetto XVI!

    RispondiElimina
  19. <span>l'apologia del terrorista Torres che sarebbe meglio di tanti bravi sacerdoti e poi un'altra prova di ciò che dico, e quasi ti converrebbe poter dire che sei "matto" invece che terribilmente ignorante, al punto ignorare ure la assoluta inconciliabilità di qualsiasi forma di socialismo con il cristianesimo, illustrtata e riptuta dal magistero constante della Chiesa per quasi due secoli!  Non sapete l'ABC e volete "insegnare il Credo agli Apostoli" come si dic  a Roma. La fesseria sulla "coerenza" di un crimonale come Camilo Torres è veramente da ricovero: con questo discorso satana è meglio del prete di periferia onesto che fa del suo meglio con quello che gli è stato passato in seminario, anzi melgio pure del sacerdote Ecclesia Dei che lavora senza zelo amaro e con molta più competenza per aiutare il Papa nell'opera di vera riforma. Meglio di Benedetto XVI!</span>

    RispondiElimina
  20. <span>l'apologia del terrorista Torres che sarebbe meglio di tanti bravi sacerdoti e poi un'altra prova di ciò che dico, e quasi ti converrebbe poter dire che sei "matto" invece che terribilmente ignorante, al punto ignorare pure la assoluta inconciliabilità di <span>qualsiasi</span> forma di socialismo con il cristianesimo, illustrata e ripetuta dal Magistero constante della Chiesa per quasi due secoli!  Non sapete l'ABC e volete "insegnare il Credo agli Apostoli" come si dice  a Roma. La fesseria sulla "coerenza" di un criminale come Camilo Torres è veramente da ricovero: con questo discorso satana è meglio del prete di periferia onesto che fa del suo meglio con quello che gli è stato passato in seminario, anzi meglioo pure del sacerdote Ecclesia Dei che lavora senza zelo amaro e con molta più umiltà e competenza per aiutare il Papa nell'opera di vera riforma. Meglio pure di Benedetto XVI! Questi so' matti per davvero! Almeno lo spero per loro, avrebbero un'attenuante</span>

    RispondiElimina
  21. MA carissimo, se lei e quelli che la pensano come lei decideste di morire per le vostre idee, non esiterei ad onorare il vostro feretro senza condividere le vostre idee, al pari di come faccio con Torres. Affrettatevi orsù.

    RispondiElimina
  22. Non ho detto che esista la messa liturgicamente perfetta. Esistono varie messe penosamente implicanti vari gradi di vistose imperfezioni. Perlomeno si punti a stare nei primi danni.

    RispondiElimina
  23. ancora: quod erat demonstrandum: per te non è la causa, ma la pena che fa il martire, il che vuol dire che non sai distingure il bene dal male e fai il maestrino cieco che aspira a fare la guida di ciechi. Per te satana è stato coerente, perciò meglio lui, meglio i terroristi comunisti di un prete fedele Ecclesia Dei, e non parliamo dei biritualisti o del Papa, non sia mai! E la foglia di fico relativista di "non condividere" le idee di Torres risparmiacela perchè la tua ignoranza dell'assoluta inconcilibailità tra cristianesimo e socialismo l'hai domostrata per iscritto te medesimo.

    Decenza vorrebbe inoltre che ti astenessi dal parlare di cristiani e di morte, perchè di preti e laici cattolici che penserebbero che tu sia fuori di testa ne crepano a frotte in quei paesi dove si praticano le idee che a te piacciono tanto, purchè che siano praticate con "coerenza". Vaglielo a dire ai cristiani di Cuba, Cina, Vietnam, Birmania, Laos, Nord Corea e via massacrando quanto sono ammirevoli i Camilo Torres che ce l'hanno fatta a "occuparsi dei poveri" e praticae la loro "giustizia sociale", con tanta, tanta "coerenza", per carità! Sono sopravvissuto a decenni di "coerenza", e ne porto ancora i segni sulla ghirba, di quando leggere Ratzinger o Thibon - ma bastava anche Tolkien che adesso ispira film - costava sprangate! Ma anche se fossi vissuto nella bambagia, il tuo discorso sarebbe da matti lo stesso, e come ho detto ti converrebbe che lo fosse, perchè moralmente sarebbe meno indecente per difetto di piena avvertenza.

    RispondiElimina
  24. <span><span>ancora: quod erat demonstrandum: per te non è la causa, ma la pena che fa il martire, il che vuol dire che non sai distingure il bene dal male e fai il maestrino cieco che aspira a fare la guida di ciechi. Per la tua "logica" satana è stato coerente, perciò meglio lui, così come sono meglio i terroristi comunisti di un prete fedele Ecclesia Dei, e non parliamo dei biritualisti o del Papa, non sia mai! E la foglia di fico relativista di "non condividere" le idee dello sciagurato Torres risparmiacela perchè la tua ignoranza dell'assoluta inconciliabilità tra cristianesimo e socialismo l'hai dimostrata per iscritto te medesimo.  
     
    Decenza vorrebbe inoltre che ti astenessi dal parlare di cristiani e di morte, perchè di preti e laici cattolici che penserebbero che tu sia fuori di testa ne crepano a frotte in quei paesi dove si praticano le idee che ammiri tanto "senza condividere", purchè che siano praticate con "coerenza". Vaglielo a dire ai cristiani di Cuba, Cina, Vietnam, Birmania, Laos, Nord Corea e via massacrando quanto sono ammirevoli i Camilo Torres che ce l'hanno fatta a "occuparsi dei poveri" e praticare la loro "giustizia sociale", con tanta, tanta "coerenza", per carità! Sono sopravvissuto a decenni di "coerenza", e ne porto ancora i segni sulla ghirba, di quando leggere Ratzinger o Thibon </span>costava sprangate! (ma bastava anche Tolkien che adesso ispira film). E anche se io fossi stato sempre nella bambagia, il tuo discorso sarebbe da matti lo stesso, e come ho detto ti converrebbe che lo fosse, perchè moralmente sarebbe meno indecente per difetto di piena avvertenza.</span>

    RispondiElimina
  25. Non ho alcuna simpatia teologica verso Torres, ma una mera simpatia umana per un avversario "caduto" sul suo fronte. Voi che defecate sui cadaveri dei vostri nemici (senza peraltro prendervi la briga di ucciderli, perchè altrimenti vi si rovina la manicure, o perchè su qualche libro che sapete a memoria, tipo di Thibon, di Voegelin, di Plinio c'è scritto che odiare è un sentimento abbietto), siete poi soltanto dei reazionarietti da salotto, il peggio del peggio dell'umanità. Preferisco mille volte l'ateismo di stato per 70 anni, piuttosto che stare 5 minuti in compagnia di gente come voi, maestri dello stracciarsi le vesti e del mandare lettere anonime e delazioni.

    RispondiElimina
  26. preparatissimo, competetentissimo e anche raffinatissimo. Grazie comunque, più parli e più si capisce da che gabbia sei uscito. Bicarbonato di sodio e <span>benzodiazepine su prescrizione medica, mi raccomando.</span>

    Quanto all'odio, potrei citarti anche qualche altro libro, brani del quale vengono regolarmente letti durante la S. Messa (con qualunque messale). Ma te sai già tutto, dimenticavo, non c'è bisogno. Nche su questo sei più vicino a Che Guevara che alla Chiesa Cattolica. Comunque quando pubblichera la bolla di scomunica di San Pio X e altri reprobi modernisti faccelo sapere eh? Sarà un capolavoro di lucidità teologica, non vedo l'ora!  ;)

    RispondiElimina
  27. <span>preparatissimo, competetentissimo e anche raffinatissimo. Grazie comunque, più parli e più si capisce da che gabbia sei uscito. Bicarbonato di sodio e <span>benzodiazepine su prescrizione medica, mi raccomando.</span>  
     
    Quanto all'odio, potrei citarti anche qualche altro libro, brani del quale vengono regolarmente letti durante la S. Messa (con qualunque messale). Ma te sai già tutto, dimenticavo, non c'è bisogno. Anche su questo sei più vicino a Che Guevara che alla Chiesa Cattolica. Comunque quando pubblicherai la bolla di scomunica di San Pio X e altri reprobi modernisti faccelo sapere eh? Sarà un capolavoro di lucidità teologica, non vedo l'ora!   ;) </span>

    RispondiElimina
  28. <span><span><span>Non ho alcuna simpatia teologica nei confronti di Torres, come ho peraltro affermato, ma la vostra cecità vi ha impedito di cogliere, presi dal sacro fuoco dell'anticomunismo all'amatriciana. La mia non è nemmeno confusione tra la causa e la pena (complimenti per la perfetta adesione al comandamento di quel tale, "non giudicare": "non sai distinguere" "sei maestrino", "sei incoerente", "sei relativista", "sei sciagurato", "se non sei pazzo sei mortalmente colpevole e sarai condannato"), ma una mera simpatia umana e rispetto nei confronti di un nemico caduto sul SUO fronte. Chi combatte deve avere rispetto per i caduti avversari, altrimenti è solo un vile.</span></span></span>

    Voi invece che defecate letteralmente sui cadaveri dei vostri avversari, non vi prendete però la briga di ucciderli personalmente (vi si rovinerebbe lo smalto alle unghie, o forse avrete letto in qualche libro di Thibon, di Voegelin, di Plinio, di Tolkien, di Gomes Davila, o su qualche sito "controleleggendenere", quelli che dicono che l'inquisizione ha fatto del gran bene, coccole e carezze a tutti, che odiare viola formalmente il 340° articolo barra bis di qualche catechismo), perchè siete dei reazionari da salotto, divoratori di ostie, ma sentite ardentemente un desiderio di sterminio, che farebbe passare Pol Pot per un chirichetto.

    Premesso che per recenti episodi personali intercorsi con imbecilli conservatori-reazionari-anticomunisti-alleanzini, le sprangate le darei io stesso a chi si riempie la bocca di citazioni di Thibon, aggiungo che voialtri siete il peggio del peggio, e che sarebbe preferibile passare duemila anni di ateismo di stato, che 5 minuti in vostra compagnia. E' più cattolico Stalin di voialtri, che giudicate, condannate, odiate, maledite, siete pieni d'odio, di grettezza, di malignità, di vendetta, di sentimenti abbietti, e fate finta di essere buoni e cristiani.

    E poi cosa vuol dire che sarei "moralmente colpevole" e dovrei preferire essere pazzo, per avere una attenuante? Chi sarebbe il giudice di questo tribunale speciale de' noantri? Saresti tu?

    Piuttosto che farmi giudicare da te, preferirei mille volte la via del cianuro. Chi dovrebbe giudicarmi per avere espresso umana pietà, Dio? Siamo certi che l'ente ordinatore cui voi credete di inginocchiarvi di fronte alla statua, apprezzi la vostra anima marcia e disprezzi la mia?

    RispondiElimina
  29. Scomunico me stesso da gente come voi, per evitarmi la scabbia.

    RispondiElimina
  30. Azio Conte di Inveruno21 marzo 2011 alle ore 12:12

    Sconvolgente e maleodorante il perbenismo che impera nel mondo tradizionalista, millantatori di idee sane e devote. Il lecca culismo pedissequo alla classe politica Vaticana (di questo trattasi) porta all'annientamento delle idee dei singoli volte a favore di un'idea generale altrui la quale viene seguita senza remore, ma a spada sguainata incitando e chiamando la carica. Riprendendo le giuste parole di Enzo Castellari, è tristemente divertente osservare questa razza umana che mette da parte le proprie idee per esaltare quelle di altri (giuste o sbagliate che esse siano) solo per il gusto dell'auto-compiacimento e del senso di appagamento che il proclamare idee di altri porta a questo genere di uomini. Il millantare che sempre e comunque si debba usare il Santo Messale Giovanneo solo perchè lo dice il papa mi sembra una riduzione dell'intelligenza propria e del proprio pensiero. Altresì non è nemmeno vero che il Messale del '62 sia esso l'ultimo editato prima della riforma Liturgica propugnata da un massone con incarichi speciali presso le ambasciate di Teheran e del mondo islamico vario, smentendo così in maniera limpida come la PANNA la volontà di ristabilire forme liturgiche subito precendenti la riforma liturgica attuata dal Mesto. In conclusione piantamola con questa volontà di difendere l'indifendibile e spergiurare la santità delle parole di altri eliminando i propri pensieri al cospetto di altre forme di vita.

    RispondiElimina
  31. un fedele ignorante21 marzo 2011 alle ore 12:23

    "<span>Non allontanarti dall'altare senza versare la­crime di dolore e di amore per Gesù, Crocifisso per la tua eterna salute." Chiedo umilmente a tutti i Sacerdoti... Durante la consacrazione... dateci almeno il tempo di contemplare il rinnovo del Divinissimo Sacrificio... e all'Eucarestia, dateci di poterci avvicinare e ricevere Gesù con spirito contrito, magari in ginocchio senza guardarci con occhi "stupiti/sconsolati/sbrigativi" perchè noi ci accingiamo a "ricevere" il nostro RE, il nostro Salvatore, il nostro Redentore... e poi ... donateci di restare in sua compagnia qualche spicciolo di tempo in più... Non abbiamo bisogno di tornare presto alle nostre case... ma abbiamo bisogno della Luce del Nostro Signore che senza guardare alle nostre deboli anime peccatrici si degna di venire a donarsi ancora una volta per nutrire con misericordia il nostro povero spirito. Dio Vi Benedica
    </span>

    RispondiElimina
  32. Un vero conte. Fa pendant col regista di spaghetti western sia per lucidità che per erudizione. Volete insegnare al prossimo il cattolicesimo e odiate il papa, anzi, proclamate la bontà dell'odio medesimo, sparate balle atomiche su cose di cui non capite un tubo ma siccome avete letto qualche libercolo scritto da esauriti e teorici del complotto vi atteggiate a tante parodie del Cardinal Dante e di Torquemada. Anzi, Torquemada no perchè  oltretutto credete alle balle anti-cattoliche sulla nostra storia che sono anche sputi su Cristo medesimo e strumenti per indebolire la fede nella Sposa di Cristo. Preferite i terroristi comunisti ai preti fedeli al papa e non importa se fanno per la tradizione liturgica in un giorno quello che voi non farete mai neanche se campaste secoli col vostro onanismo mentale. Stalin è più cattolico  di chi ha speso la vita per la Messa antica e per la rievangelizzazione, vero? Camilo Torres è "coerente" e perciò va ammirato. Beh, è il logico corollario della stima per Stalin. Scommetto che se una "messa" nera seguisse le sue "rubriche" la stimereste di più di una Settimana Santa celebrata da un sacerdote Ecclesia Dei. Ah già, per forza, sarebbe quella riformata da Pio XII che di sicuro era massone e quindi avrà permesso liturgie invalide e inaccettabili. Ora, anche io rivorrei la Settimana Santa ( e la vigilia di Pentecoste) di prima, ma le enormità che sparate voi non mi passano manco per i paraggi della testa. 

    Tra l'altro, se uno apprezza i comunisti, che vi importa se uno è massone? Non sono condannati entrambi gli errori come intrinsecamente perversi? O forse il comunismo l'ha condannato qualche Papa "massone" e perciò il suo Magistero è automaticamente invalido e nullo, a infallibile giudizio delle santità vostre? Ma poi siamo sicuri che Leone XIII passerebbe il vostro esame di dottrina? Il beato Pio IX?

    Insisto: "matti", per voialtri, è un'attenuante. Mi dovreste ringraziare per aver provato a dare una spiegazione "pro bono" delle assurdità che proferite.

    RispondiElimina
  33. Redazione di Messainlatino.it21 marzo 2011 alle ore 14:41

    Questa discussione è uscita dai binari. O continua a proposito dell'ultima Messa di P. Pio, o è meglio che s'interrompa.

    FZ

    RispondiElimina
  34. Azio Conte di Inveruno21 marzo 2011 alle ore 14:57

    Che bello quando la verità viene cancellata!!

    RispondiElimina
  35. Cortesemente mi potrebbe inviare per email il suo contributo?

    rev.doncamillo@hotmail.com

    grazie

    RispondiElimina
  36. Azio Conte di Inveruno21 marzo 2011 alle ore 15:41

    E per fortuna che questo forum ha festeggiato l'unità d'Italia come democrazia (o come Monarchia) e non si puo' nemmeno dire ciò che si pensa...

    RispondiElimina
  37. alcune cose sono giuste, altre un po' imprecise. Il Messale del 62 contro quello del 65 fu adottato a Econe nei primi anni 70, e non alla fine degli anni 70. Molti nella FSSPX, specie anglosassoni ma anche italiani, si attennero invece al rito precedente il 62 (61 per i pignoli). L'espulsione di alcuni di essi avvenne perché legarono la recita del breviario precedente a convinzioni sedevacantiste (in America con in Italia con l'IMBC). Ma altri continuarono a usare l'antico rito. L'infallibilità delle leggi liturgiche per essere esatti significa che non possono contenere nulla di contrario al dogma, e in questo senso si deve dire che non bisogna contestare la riforma di san Pio X: non contiene nulla di contrario alla dottrina. Poi affermare che la recita settimanale di tutto il salterio sia un criterio assoluto e antico e principale è semplicemente falso, e certamente molto meno assoluto e costante dell'invariabilità dei salmi delle ore minori.
    La quarta parte è del tutto ragionevole e la condivido.

    RispondiElimina
  38. se un prete non capisce quando prega in latino non è che va bene lo stesso: c'è un problema, non quanto alla validità dell'ufficio, ma a monte, che il Card. Ottaviani esprimeva così: non lo si doveva ordinare!

    RispondiElimina
  39. Il post della Cristina Siccardi, è veramente molto bello, ma l'intervento di Enzo è assolutamente da riproporre in un <span>post dedicato</span>. La questione aperta con acutezza dal sig. Castellari merita di essere affrontata in tutta la sua ampiezza. Erano molto tempo che non si affrontava una questione liturgica in questi termini e con questa fermezza!

    RispondiElimina
  40. E' vero FZ, è uscita dai binari. L'ha fatta uscire un anonimo cretino, che non ha fatto altro che insultare me che avevo espresso semplicemente una opinione, dandomi dell'eretico e del modernista assieme, del comunista e del relativista, e augurandomi un giudizio finale. Ho risposto a tono, e avete fatto bene ad eliminare il tutto. Avete però lasciato ancora due messaggi, in uno dei quali questo tizo denigra il povero don Camillo. Forse è il caso di eliminare anche quelli, giusto per dirla tutta, e tornare alla consueta pacatezza.

    RispondiElimina
  41. Nessuno ha detto che va bene. Ho detto che va bene? Dove ho detto che va bene? Ho detto che il prete che non capisce le parole recita validamente, in quanto quella non è "roba sua", ma liturgia della chiesa, opus divinum. Ho forse fatto un discorso morale sulla coscienza del sacerdote ignorante? No, non l'ho fatto. Il sacerdote che non capisce e non si sforza nemmeno, sicuramente pecca, come dicevano i manuali d'altri tempi. Il problema che ponevo era riguardo al concetto di liturgia: prima si pensava che la liturgia fosse intrinsecamente valida, dopo il concilio decade questa visione tridentina, da ex opere operato, e passa una visione molto luterana, ossia che la liturgia è tanto valida quanto chi la compie la comprende e vi partecipa. Questo è quello che volevo sottolineare. Ho forse detto che va bene lo stesso? Ho fatto semplicemente un altro tipo di discorso.

    Anche l'ospite delle 16.03 è impreciso. Il messale del 1962 non fu adottato proprio agli inizi degli anni '70, così come non erano solo i sedevacantisti ad attenersi al rito precedente. Lo specifico perchè non vorrei mai che passasse l'equazione "rito del 52 = sedevacantismo" e "rito del 1962 = conizione necessaria per riconoscere Giovanni XXIII come papa". La scelta di una edizione rispetto ad un'altra, non è affatto determinata, nel caso comune della stragrande maggioranza delle persone che vi ricorrono, a tendenze scismatiche o sedevacantiste, ma semplicemente alla ricerca di una forma maggiormente tradizionale e più coerente nei confronti del passato. Il rito del 61-62 è oggettivamente qualcosa di artificiale fatto da Bugnini, per cui in molti sorge il problema che se si rifiuta il secondo piatto di Bugnini come avvelenato, forse è il caso di rigettare anche l'antipasto per il medesimo motivo.
    Rimane comunque il fatto che la scelta del 1962 non viene "dalla Chiesa" come autorità, ma è la presa d'atto di una scelta libera ed opinabile di Lefebvre. A me da sacerdoti della FSSPX venne motivata semplicemente con il fatto che fosse l'edizione tipica precedente al nuovo messale, pur convenendo alcuni di essi sul fatto che certe riforme erano poco gradevoli. Probabilmente ha anche giocato il fatto che alcuni sedevacantisti optavano per l'altro rito, per cui si volle smarcarsi in modo più chiaro da essi anche con la scelta di un libro diverso, ma è un errore pensare che ci sia una sorta di diatriba tra santi e beati, come a voler misconoscere l'autorità di Giovanni XXIII per opporgli quella di san Pio X. Semplicemente, con lo sfacelo conseguente la nuova liturgia e la conseguente distruzione del culto e della partecipazione, si è in tempi di crisi tali che non avrebbe senso parlare di "disobbedienza" per chi usa il rito del 52. Inoltre a mio prudente giudizio, tutte le edizioni tipiche del messale romano vengono cassate da quello di Paolo VI, per cui pretendere la reviviscenza di quello del 1962 solo perchè è venuto dopo a quello del 1952 è un po' tirato per i capelli. Nè l'uno nè l'altro sono vigenti, ma come ho detto la crisi sta anche nella confusione delle norme. Di fronte alla crisi, anche l'applicazione della legge secondo Epikeia può essere fatta.


    Non ho mai affermato che la recita del salterio settimanale sia un criterio assoluto ed antico. Ho affermato che era il criterio adottato da san Pio V, e che era comunque un criterio tradizionale nella chiesa. Ho detto ciò, semlicemente per confermare che come san Pio V scelse di recitare 150 salmi in una settimana, così san Pio X dovette (giustamente) rivedere le regole per continuare ad applicare questo criterio tradizionale (se non altro, almeno di 5 secoli).

    RispondiElimina
  42. Credo che l'aninimo sia il solito "reverendo" che avendo mangiato nel piatto di Econe ora pubblicamente dice che quel "piatto" è disobbidiente e fa schifo! fa la sua bella messa del '62, è amico di coloro che davanti gli fanno i sorisetti, ma dietro lo accusano di essere "sempre un miserabile lefreviano" obbedientissimo a B16, e nemico solo della Tradizione!

    Francamente preferisco rimanere nelle mie catacombe che venire alla luce come magari questo "anonimo", con il rischio di diventare come lui.

    Enzo, grazie per queste sue dotte e limpide considerazioni!

    RispondiElimina
  43. Credo che l'anonimo sia il solito "reverendo" che avendo mangiato nel piatto di Econe ora pubblicamente dice che quel "piatto" è disobbediente e fa schifo! fa la sua bella messa del '62, è amico di coloro che davanti gli fanno i sorrisetti, ma dietro lo accusano di essere "sempre un miserabile lefreviano" obbedientissimo a B16, e nemico solo della Tradizione! 
     
    Francamente preferisco rimanere nelle mie catacombe che venire alla luce come magari questo "anonimo", con il rischio di diventare come lui. 
     
    Enzo, grazie per queste sue dotte e limpide considerazioni!

    RispondiElimina
  44. Diventare come lui, ossia deficiente, sarebbe una bruttissima prospettiva.

    RispondiElimina
  45. Redazione di Messainlatino.it21 marzo 2011 alle ore 23:18

    ??
    Enrico

    RispondiElimina
  46. Cara redazione,

    spiace che i matti (speriamo che siano solo matti)  disonesti e volgari possano continuare a postare fesserie e insulti a condimento del loro odio anticattolico mentre chi risponde loro in difesa del papa e di un minimo di decenza si vede rimossi i commenti. So bene che ne avete rimossi anche dei loro, ma quasi preferivo che li lasciaste, perchè erano di una ignoranza e di un malanimo che si illustravano da soli.

    Era solo che qualcuno deve pur diere le cose come stanno a certa gente.

    RispondiElimina
  47. Disonesto. Ora se non si è neocon si è pure disonesti?

    RispondiElimina