Leggete questo articolo di Giancarlo Zizola, l'anziano vaticanista che fu protagonista al Concilio Vaticano II, e da allora fa di tutto per fingere di vivere ancora in quegli anni 'formidabili' (alla Mario Capanna). L'articolo è apparso su Repubblica (ovviamente) il 26 marzo ed è leggibile a questo link. Per gli standard di Zizola, non è negativo verso Benedetto XVI. Ma è a dir poco allucinante il giudizio laudatorio che dà dell'ultraprogressista arcivescovo Weakland, colui che supervisionò la riforma liturgica in America, che prese aperta e rumorosa posizione contro la Dominus Iesus e che a caro prezzo devastò in senso modernistico la sua cattedrale. Ma questi, agli occhi di Zizola, sono alti meriti. Ci stupisce però che siano meriti per Zizola anche il fatto di avere risposto per lettera, ad alcuni insegnanti che denunziavano un prete pedofilo nella loro scuola, che li avrebbe querelati per calunnia; il fatto di avere, già arcivescovo (nominato da Paolo VI) violentato nel 1979 un giovane studente di teologia (Paul Marcoux), che poi lo ricattò; e di avere tacitato a lungo il ricattatore pagandolo un totale di 450.000 dollari (!) con fondi dell'arcidiocesi, che mandò in rovina. L'anno scorso, poi, ha pubblicato un'autobiografia (A pilgrim in a pilgrim church, Un pellegrino in una chiesa pellegrina) dove rivendica con orgoglio la sua omosessualità, racconta di avere avuto numerose relazioni con maschi quando era arcivescovo e, naturalmente, critica l'insegnamento restrittivo della Chiesa, lamentando, da buon progressista, che l'apertura al mondo e al cambiamento voluta dal Concilio sia stata imbrigliata da Giovanni Paolo II (v. qui). La sua stessa gestione del caso Murphy (il prete pedofilo della sua diocesi) è significativa, visto che ne riferì al Vaticano solo decenni dopo i fatti, durante i quali nulla fece contro di lui, salvo ora tirar fuori una versione dell'accaduto che sostanzialmente accusa il Vaticano.
Dimenticavamo: Rembert Weakland è vivo, vegeto e in buona salute.
E ora leggetevi il panegirico di Zizola. Se questo è giornalismo...
Se mai il comportamento di un vescovo è stato irreprensibile di fronte ai doveri della coscienza verso la verità e verso la Chiesa sugli abusi sessuali del clero, questo è il caso dell'arcivescovo di Milwaukee monsignor Weakland, una delle figure più luminose del cattolicesimo degli Stati Uniti d'America.
Egli non avrebbe meritato uno solo dei rimproveri mossi di recente da Benedetto XVI ai vescovi irlandesi. Fin dagli anni Novanta aveva tentato di tutto per fare breccia nelle maglie procedurali del Vaticano in modo da fare entrare nel sistema un approccio più chiaro, realistico e insieme evangelico del trattamento della piaga della pedofilia del clero. Ciò che ha portato alla luce il New York Times della storia di questo pastore, morto con parole di perdono per coloro che lo avevano ingiustamente coinvolto in accuse infamanti, testimonia con chiarezza ciò da cui alcuni circoli cattolici tentano di difendersi. Cioè, che la questione soggiacente alle perversioni dei singoli riguarda alcuni dei funzionamenti strutturali della Chiesa. Alcune buone prove e buone fedi al servizio della missione del vangelo non la rendono immune da deficit di sistema sui quali ha finito per infrangersi la rivolta di vescovi consci della loro vocazione. È troppo evidente che l'omissione di una seria riforma della Chiesa ha fatto marcire i problemi al coperto di palliativi illusori.
«È una conversione strutturale che si impone» ha dichiarato al giornale cattolico francese La Croix la psicologa Isabelle De Gaulmyn, augurandosi che la Chiesa possa servirsi degli scandali per interrogarsi su alcune sue distorsioni istituzionali. Nella stessa logica della verità che Benedetto XVI pone a fondamento della morale, la Chiesa dovrebbe esprimere la propria gratitudine ai media che l'hanno aiutata a far cadere le maschere, invece di attaccarli come aggressori dell'autorità. Ma se è plausibile far risalire a un fallimento di sistema il circuito letale instauratosi fra il crimine di una minoranza del clero e la generale omertà del sistema ecclesiastico, ben prima del fantasma del liberalismo sessuale sessantottino, diverrebbe ben provata la ragione per cui neanche gli sforzi dei più lucidi fra i pastori siano riusciti a rompere questo blocco in cui la considerazione dell'autodifesa istituzionale, la cultura del segreto e della negazione, un concetto idolatrico dell'autorità hanno finito per sottomettere i valori della giustizia, della trasparenza e dei diritti umani degli innocenti.
Quanti guardano alla Chiesa con ammirazione pari alla sincerità, sanno che essa conserva, malgrado le deviazioni di alcuni uomini e dei suoi apparati, le risorse sufficienti per scrutare con lucidità le cause istituzionali della crisi. La «Lettera ai cattolici d'Irlanda» potrebbe essere un primo passo. È possibile presumere che lo stesso papa Ratzinger, al tempo in cui era capo della Congregazione per la Dottrina, avesse fatto l'esperienza del dramma tra la forza della verità e le pressioni istituzionali per il suo insabbiamento. Di fronte alla vastità del fenomeno egli ha finito per prorompere nel grido del Venerdì Santo del 2005 sulla «sporcizia nella Chiesa», che era già la promessa di un programma di moralizzazione presto legato alla sua candidatura alla successione era una denuncia forse a lungo repressa, il segnale di quanto fosse faticoso anche per lui liberare delle linee guida efficaci senza intaccare a fondo la logica del sistema. Non si può dire che non abbia mantenuto le promesse: la bonifica è in corso. D'altra parte, solo annettendo il giusto valore al peso lordo del sistema sarebbe possibile separare ciò che è di Benedetto XVI da ciò che era del cardinale Ratzinger alla testa dell'ex Sant'Uffizio.
L'operazione verità potrebbe essere fruttuosa solo a patto di aprire ogni sipario sui gangli del sistema che l'hanno lungamente inibita. Delle due l'una: o il cardinale Ratzinger aveva gestito il dossier sporco utilizzando da solo o coi suoi propri stretti collaboratori la delega papale, ll'insaputa del suo superiore Giovanni Paolo II. Oppure, come è consuetudine specie per i casi più gravi, il prefetto della Congregazione per la Dottrina è andato a riferirne al Papa in una delle sue udienze settimanali di tabella. E ha ricevuto da lui carta bianca per agire nel senso in cui ha agito. Un'ipotesi forse più verosimile ma le cui conseguenze difficilmente lascerebbero indenne la responsabilità di Wojtyla, alla vigilia della sua beatificazione. Anche se proprio quel Papa fu inesorabile coi vescovi americani e il loro clero pedofilo e le coperture del sistema.
Come ha scritto Magister, Zizola si è confuso con il card. Joseph Bernardin. Ma lo scambio di persona è casuale o, spero di no, fatto in malafede?
RispondiEliminaE tocca ancora di più il ridicolo quando attribuisce a Weakland una nobile morte altrui:
RispondiElimina(Dal blog Settimo Cielo di Sandro Magister)
POST SCRIPTUM – L’abbaglio “liberal” per l’ex arcivescovo Weakland è così accecante che sulla prima pagina della “Repubblica” del 26 marzo Giancarlo Zizola ha iniziato così il suo commento alla bomba fatta esplodere dal “New York Times”.
“Se mai il comportamento di un vescovo è stato irreprensibile di fronte ai doveri della coscienza verso la verità e verso la Chiesa sugli abusi sessuali del clero, questo è il caso dell’arcivescovo di Milwaukee monsignor Weakland, una delle figure più luminose del cattolicesimo degli Stati Uniti d’America. Egli non avrebbe meritato uno solo dei rimproveri mossi di recente da Benedetto XVI ai vescovi irlandesi. Ciò che ha portato alla luce il ‘New York Times’ della storia di questo pastore, morto con parole di perdono per coloro che lo avevano ingiustamente coinvolto in accuse infamanti, testimonia con chiarezza…”
Sbalorditivo. Perché Weakland non è morto ma è vivo, e tutto quello che Zizola scrive di lui non corrisponde alla sua biografia ma a quella del cardinale Joseph Bernardin, arcivescovo di Chicago, lui sì “irreprensibile” e morto nel 1996 dopo aver perdonato colui che lo aveva falsamente accusato di atti carnali, a sua volta pentitosi.
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RispondiElimina<p>On aimerait tout de même savoir comment cet ex-archevêque Rembert Weakland, ex-moine bénédictin et ex-abbé primat de la Confédération bénédictine, qui a volé 450 000 dollars (une broutille!) à son diocèse de Milwaukee pour acheter le silence d'un ex-amant, a pu échapper à la justice américaine… Aux États-Unis, par les temps qui courent, les apôtres de l'homosexualité semblent jouir de privilèges dont le common people ne dispose pas…
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Pensate, cari amici, che quel "vaticanista" scrive spesso anche sul Sole24 Ore lo stesso quotidiano dove scriveva ( o ancora scrive ?) Mons. Ravasi.
RispondiEliminaDue anni fa ci trovammo ad intervenire, assieme ad alcuni abbonati, in una lettera al Direttore per chidergli di far "moderare" almeno qualche espressione di Zizola così apertamente contrario al Pontificato di Benedetto XVI.
La risposta, cortese, dell'allora Direttore faceva trasparire la considerazione " ma se neppure Mons. Ravasi non trova nulla da ridire sugli scritti di Zizola... perchè voi ..."
Ovviamente questo è il "succo" della risposta del Direttore , che ho esemplificato .
La Chiesa è divisa e gli attacchi al Papa sono la dimostrazione come anche nell'interno della barca c'è chi rema contro.
Preghiamo, preghiamo e preghiamo !
" L'operazione verità potrebbe essere fruttuosa solo a patto di aprire ogni sipario sui gangli del sistema che l'hanno lungamente inibita. Delle due l'una: o il cardinale Ratzinger aveva gestito il dossier sporco utilizzando da solo o coi suoi propri stretti collaboratori la delega papale, ll'insaputa del suo superiore Giovanni Paolo II. Oppure, come è consuetudine specie per i casi più gravi, il prefetto della Congregazione per la Dottrina è andato a riferirne al Papa in una delle sue udienze settimanali di tabella. E ha ricevuto da lui carta bianca per agire nel senso in cui ha agito. Un'ipotesi forse più verosimile ma le cui conseguenze difficilmente lascerebbero indenne la responsabilità di Wojtyla, alla vigilia della sua beatificazione. Anche se proprio quel Papa fu inesorabile coi vescovi americani e il loro clero pedofilo e le coperture del sistema ".
RispondiEliminaVergognose insinuazioni : dove vuole arrivare il giornalista ?
L' allora Card. Ratzinger non faceva nulla senza aver reso edotto il Papa Giovanni Paolo II di tutte le problematiche che stava trattando.
Guarda caso la bufera internazionale si sta scatenando alla vigilia delle importanti nomine curiali ( Congregazione dei Vescovi...) alla vigilia del Concistoro.
Un avvertimento ache rivolto ai prossimi Cardinali che entreranno in Conclave...
Non parliamo poi dell'ipotesi di reintegro della Comunità dei Lefebvriani ...
<span><span><span>«È una conversione strutturale che si impone» ha dichiarato al giornale cattolico francese La Croix la psicologa Isabelle De Gaulmyn,</span></span></span>
RispondiEliminaMi sa che Zizola quando ha scritto quell`articolo non era al meglio della sua forma intellettuale, un pò di stanchezza senza dubbio,<span><span> Isabelle de Gaulmyn, che era la vaticanista del giornale La Croix, è ritornata a Parigi ed è, già da diversi mesi, la responsabile delle informazioni religiose, del resto da quando è a Parigi, "elle se lâche", non fà più mistero delle sue opinioni perfettamente in linea con quelle del suo giornale, basta dare un`occhiata al suo blog.</span></span>
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RispondiElimina<span><span><span><span>«È una conversione strutturale che si impone» ha dichiarato al giornale cattolico francese La Croix la psicologa Isabelle De Gaulmyn,</span></span></span>
Mi sa che Zizola quando ha scritto quell`articolo non era al meglio della sua forma intellettuale, un pò di stanchezza senza dubbio,<span><span> Isabelle de Gaulmyn, che era la vaticanista del giornale La Croix, è ritornata a Parigi ed è, già da diversi mesi, la responsabile delle informazioni religiose dello stesso giornale,, del resto da quando è a Parigi, "elle se lâche", non fà più mistero delle sue opinioni perfettamente in linea con quelle del suo giornale, basta dare un`occhiata al suo blog.</span></span></span></span>
vorrei solo sapere se i delegati apostolici e i nunzi negli Stati Uniti dal 1979 in poi nulla sapevano dell'omosessualità di Weakland e perchè non fu fatto dimettere subito anzichè aspettare il compimento del 75° anno d'età. E soprapputto che tipo di indagine canonica fu condotta nel 1977, quando all'età di 50 anni fu ordinato vescovo. Qualcuno dalla Santa Sede potrebbe rispondermi?
RispondiEliminaZizola ha perso la brocca già da parecchio tempo, ammesso che l'abbia mai posseduta.
RispondiEliminahttp://www.ilpadano.com/padano.php?newsID=1439
A proposito dell'indegno arcivescovo <span>Weakland c'è una cosa che mai nessuno sottolinea: che non è solo un prete e un vescovo, ma un monaco benedettino, anzi è stato superiore dei benedettini. Come tale è mancante ai voti, al voto di castità che i religiosi (non i preti o i vescovi!) pronunciano. Ergo è "orgoglioso" di aver mancato al suo voto solennemente pronunciato. Bisogna dire altro?
RispondiElimina</span>