La lettura delle dichiarazioni al Foglio di padre Giovanni Sale, redattore della Civiltà Cattolica, desta sconcerto. Se padre Sale si limitasse a dire che il messaggio cristiano non può che essere di amore disinteressato, senza contropartite, per offrire un esempio da seguire, si potrebbe non condividere tale approccio ma non vi sarebbe incoerenza. Il problema nasce quando si debbono fare i conti con il principio di reciprocità auspicato da Benedetto XVI. Qui l’affermazione che tale auspicio non può essere rivolto alle religioni, e quindi non attiene al dialogo interreligioso, bensì attiene alle relazioni tra stati e alla diplomazia, è una piroetta che va contro la logica e il buon senso. Che cosa si vuol dire? Che se nei paesi islamici i cristiani vengono oppressi, se chi legge la Bibbia o porta una croce al collo finisce in galera, se è vietato costruire chiese e sinagoghe, è una questione che deve essere gestita dai governi o magari dall’Onu? E se uno stuolo di musulmani si mette a pregare sul sagrato del duomo di Milano, compiendo quello che, reciprocamente, verrebbe considerato come un indicibile atto di profanazione, chi se ne deve occupare: il governo italiano? “Sarebbe bello che gli stati si accordassero per lasciare piena libertà di espressione a tutti”, ma se non accade non è affare dei religiosi e delle religioni. Nel dialogo interreligioso, dice padre Sale, ci si occupa della vita e della concezione dell’uomo e della persona. In che modo? Come esercizio teorico e accademico? Tra le questioni che riguardano le persone vi è il loro diritto di praticare la propria fede. Se questo tema viene schivato il dialogo interreligioso altro non è che una gigantesca manifestazione di ipocrisia. “Che problema fa un uomo che prega?”. Nessuno, se quest’uomo non impedisce agli altri di pregare, se non manifesta disprezzo per la fede altrui, se non mira a costruire “enclaves” in cui imporre le proprie leggi anche in dispregio di quelle vigenti nella comunità che lo ospita. Viene comunemente considerato un esercizio di razionalità non condannare a priori i comportamenti altrui, bensì innanzitutto approfondirne le cause. E’ singolare che chi pratica, fino all’eccesso, questo approccio lo abbandoni completamente in casi come questo. Dice padre Sale che il voto in Svizzera sembra dettato dalla paura. Appunto. Ma non sarebbe corretto cercare di comprendere le ragioni di questa paura invece di limitarsi a condannarla? Perché mai la comprensione per le ragioni altrui deve valere in un senso soltanto? Non sarebbe il caso di chiedersi – e non dovrebbero chiederselo le comunità musulmane invece di limitarsi a deprecare – se tanti comportamenti e tanti atti concreti non siano all’origine di questa paura e del rifiuto di moltiplicare situazioni come quelle che dilagano in Olanda, in Francia e in Inghilterra? In fin dei conti, malgrado il persistere di sentimenti antisemiti, non risulta che vi sia mai stata opposizione alla costruzione di nuove sinagoghe in Europa, né di chiese cattoliche o protestanti nei paesi a maggioranza religiosa contraria. L’allarme (rinnegato) di Boris Johnson Nel 2005 il deputato britannico Boris Johnson sosteneva che l’introduzione di una legge contro l’odio razziale e religioso avrebbe “implicato obbligatoriamente il divieto di lettura – pubblica o privata – di un gran numero di passaggi del Corano”. Nel 2006 diceva: “Ad ogni lettore non musulmano del Corano l’islamofobia, la paura dell’islam, sembra una reazione naturale e, di fatto, è quel che il testo provoca. Giudicando soltanto sulle sue scritture sacre, per non dire di quel che si predica nelle moschee, l’islam è la religione più viziosamente settaria di tutte per la sua insensibilità verso i non credenti. Come ha dichiarato l’assassino di Theo van Gogh alla madre della sua vittima, questa settimana in un tribunale olandese, egli non poteva preoccuparsi di lei né provare per lei compassione perché non era musulmana”. Come avrebbe votato questo Boris Johnson in Svizzera? Oggi egli è sindaco di Londra e, come tale, è passato da queste dure affermazioni alla richiesta grottesca ai non musulmani di digiunare durante il Ramadan al fine di meglio capire i musulmani. Non si è mai sentito nessuno invitare a digiunare il giorno di Kippur o durante la Quaresima per meglio capire ebrei e cristiani. Altro che reciprocità, qui siamo passati alla più servile dhimmitudine. Come quella di chi, contro il voto svizzero, vuole rivolgersi allo stesso tribunale europeo che ha vietato il crocifisso. A questo andazzo bisognerebbe riflettere, invece di fare piroette concettuali. Bisognerebbe riflettere a quella che Luigi Amicone ha definito “la distanza siderale tra gli ‘illuminati’ e il ‘volgo disperso che nome non ha’”. Prima che arrivino altri risvegli come quelli del voto svizzero, di fronte ai quali sarà derisorio stracciarsi irrazionalmente le vesti.
Da: Il Foglio 3.12.2009
Ed ecco il testo dell'intervista a P. Sale, apparsa sempre su Il Foglio l'1.12.2009:
Il “no” ai minareti sancito in Svizzera da un referendum è per i vescovi elvetici – la cosa è stata ribadita ieri anche da monsignor Antonio Maria Vegliò, presidente del Pontificio consiglio dei migranti – “un duro colpo alla libertà religiosa e all’integrazione”. Dunque, “è un segnale negativo”.
Insomma, per la chiesa cattolica si devono concedere all’islam i luoghi in cui pregare nonostante nei paesi musulmani la medesima libertà non viene concessa ai cristiani? “Perché no?”, è la risposta che dà al Foglio padre Giovanni Sale, gesuita, redattore storico della Civiltà Cattolica. Padre Sale, che all’islam ha dedicato un libro – “Stati islamici e minoranze cristiane”, Jaca Book 2008 – dice anche di più: “Ogni credente dovrebbe mobilitarsi per garantire a tutti il diritto di pregare in qualsiasi posto”.
E il principio di reciprocità più volte auspicato da Benedetto XVI? “Il Papa ha auspicato che il principio di reciprocità venga messo in pratica. L’auspicio è rivolto ai governi degli stati ma non è uno dei presupposti che la dottrina cattolica pone quando parla di dialogo interreligioso. La chiesa si rifà agli insegnamenti del Concilio Vaticano II e lì la parola reciprocità non ricorre mai. Certo, sarebbe buona cosa che gli stati si accordassero per lasciare piena libertà d’espressione religiosa a tutti. Ma è materia che attiene il diritto pubblico internazionale e non il dialogo tra fedi diverse”.
Dottrina o meno, resta il fatto che stridono le proteste degli islamici che non possono avere i minareti in Svizzera – Al Jazeera ha parlato ieri di “shocking result” a proposito dell’esito del referendum – con le persecuzioni a cui sono sottoposti in certi paesi i cristiani. Oppure no? “Non metto in dubbio che in alcuni paesi musulmani i cristiani soffrono, ma a maggior ragione un cristiano deve battersi perché ai musulmani venga concessa piena libertà d’esercizio della propria fede. Solo così è possibile e ammissibile chiedere libertà in casa loro. E poi: che paura fa un uomo che prega?”. In che senso? “Il voto in Svizzera mi sembra dettato dalla paura dello straniero. Ma che paura può fare un uomo che prega?”.
Padre Sale ricorda che anche a Roma c’è una moschea. E’ stata costruita col beneplacito di Papa Paolo VI. Già, eppure vi sono alcuni paesi arabi nei quali di chiese cattoliche non ve n’è neppure una: “Ripeto – dice –, questo è un problema diplomatico non religioso. Un problema grave ma che non giustifica la non concessione in Europa di luoghi di culto ai musulmani. Cristiani e musulmani hanno molto da darsi: anche Benedetto XVI in Terra Santa ha usato parole nuove verso i musulmani. E ha ribadito come alla base del dialogo debbano esserci le questioni inerenti la vita, la conezione dell’uomo e della persona, non dunque anzitutto questioni cosiddette di reciprocità”.
Gli articoli pubblicati sulla Civiltà Cattolica sono generalmente sottoposti alla revisione della segreteria di stato vaticana. Prima di Giovanni XXIII invece, era direttamente il Papa che leggeva i testi e dava il proprio benestare o censurava. Insomma, ciò che padre Sale scrive, come ciò che scrive ogni gesuita sulla rivista, gode dell’imprimatur vaticano. In un saggio dedicato a islam e democrazia uscito recentemente, padre Sale espone in merito tre tendenze che vanno per la maggiore in occidente: quella degli ottimisti, quella dei pessimisti e quella degli scettico-possibilisti. “Vi sono – spiega padre Sale – gli ottimisti gradualisti che si rifanno allo storico di Princeton Bernard Lewis, poi gli ottimisti realisti decisi a impiantare la democrazia nei paesi musulmani eppure pronti anche ad allearsi con regimi dispotici amici, quindi i pessimisti che in scia a Samuel Hungtington non vedono possibilità di congiunzione tra islam e democrazia. Infine vi sono i possibilisti per i quali il modello della democrazia può nascere nei paesi musulmani solo se non viene esportata”. Padre Sale appartiene a questi ultimi? “Esatto: è così che islam e democrazia possono incontrarsi”.
Caro padre Sale S.J. mi confortano le sue parole, oggi ancor piu', perche' cancellano definitivamente il mio senso di colpa movente ogni qualvolta cestino la Vs. richiesta d'abbonamento alla pregiata rivista di cui Ella e' redattore.
RispondiEliminaSegnalo quest'articolo di Giuseppe Reguzzoni che confuta i vescovi tramite Dignitatis Humanae:
RispondiEliminahttp://paparatzinger2-blograffaella.blogspot.com/2009/12/la-liberta-di-religione-non-centra.html
Io resto del parere di S. Giovanni, che è Parola del Signore: Se qualcuno vi porta un Vangelo diverso da questo, non lo salutate, non lo accogliete perché vi rendereste complici delle sue opere malvagie".
RispondiEliminaPadre Sale, ma c'è sale nella tua zucca? Ma lo sai che nei documenti del Vaticano II anche la parola comunismo non ricorre mai nonostante le persecuzioni cui erano sottoposti i cristiani nell'Europa orientale? E per il fatto che non ricorre la parola reciprocità ... tu desumi che la Chiesa sia nata nel 1962 e si sia fermata al 1965? Ma non ti ricordi più, o stolto gesuita, che il XX secolo fu definito da Giovanni Paolo II il secolo dei martiri? Alessandro
RispondiEliminaO stolto gesuita, ma a chi la dai da intendere? Ma lo sai che quando alla base del tanto enfatizzato dialogo interreligioso (per fare cosa? per andare dove?) si pone il rispetto fra i dialoganti sognifica anche darsi regole che valgono sia per l'uno che per l'altro? Se tu vuoi ridurre, stolto gesuita, la fede a pregare entro quattro mura senza che nessuno veda e senta e soprattutto non annunciare ad alcuno il Vangelo ... la tua è la fede della manutenzione e non già mella missione. Dio ci liberi da codesta tipologia di gesuiti. Perchè non chiedi l'opinione del tuo confratello Samir Khalil Samir, egiziano, che d'islam ne sa molto più di te? Come un giorno fu eletto un Papa che aveva conosciuto in prima persona la schifezza del comunismo, così arriverà il giorno in cui ci sarà un pPpa che avrà conosciuto e farà conoscere la bruttura, l'intolleranza e l'intrinseca violenza dell'islam. Alessandro
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