il mio nome non Le dirà probabilmente nulla, ma una semplice ricerca in Internet La persuaderà che chi Le scrive non è un nemico d’Israele. Al contrario, è uno studioso del pluralismo religioso che non si è mai tirato indietro quando si è tentato di condannare il terrorismo ultra-fondamentalista islamico, in particolare quello di Hamas, di sostenere il diritto del Suo Paese alla sicurezza (il che non significa, evidentemente, condividere ogni e qualunque scelta dei governi che si succedono in Israele) e di denunciare ogni forma di antisemitismo.
Come ex-rabbino capo askenazita di Israele, rabbino capo di Tel Aviv e presidente del consiglio di amministrazione dello Yad Vashem, il Memoriale dell’Olocausto, le Sue parole sulla visita del Papa, dell’11 maggio, allo stesso Memoriale hanno un particolare significato, che la stampa del Suo Paese ha sottolineato.
Al discorso del Papa, che la stragrande maggioranza dei cattolici – e non solo dei cattolici – ha trovato non solo rigoroso ma commovente, Lei ha rivolto sostanzialmente tre obiezioni. Il Papa non ha bisogno di essere difeso: lo scopo di questa lettera è dunque solo quello di farLe notare come ciascuna delle obiezioni è non solo poco fondata, ma anche ultimamente nociva alle cause che Lei si propone di difendere.
Anzitutto, Lei ha affermato che nel discorso di Benedetto XVI allo Yad Vashem “manca qualcosa”, perché il Papa tedesco “non ha mai citato i tedeschi o i nazisti responsabili di quella carneficina, né ha espresso rincrescimento per loro”. Lei, Rabbino Lau, non è cattolico ma sa certamente che la persona che ha visitato lo Yad Vashem non lo ha fatto in qualità di tedesco ma di Papa della Chiesa universale, e proprio questo rende la visita e l’omaggio così significativi. Decine di esponenti politici e culturali tedeschi hanno visitato lo Yad Vashem negli anni e si sono profusi in “espressioni di rincrescimento” ma, giustamente, nessuna delle loro visite ha avuto l’eco mondiale di quella di Benedetto XVI: non perché il Papa sia un intellettuale tedesco più autorevole di altri che lo hanno preceduto, ma perché il Papa è il Papa.
D’altro canto, la Sua critica è in diretto contrasto con la linea storiografica dello Yad Vashem, la quale insiste sul fatto che non si può attribuire la responsabilità dell’Olocausto ai soli tedeschi o ai soli nazisti, perché si tratta in realtà del frutto avvelenato e finale di tutta la storia dell’antisemitismo. Su alcuni dettagli di questa storia può darsi che io e Lei non siamo d’accordo, ma – prescindendo da queste eventuali divergenze – se Benedetto XVI avesse puntato l’indice sul solo nazional-socialismo tedesco non lo si sarebbe forse accusato di volere scaricare tutte le colpe su un solo Paese e su una sola fase della triste storia dell’antisemitismo, ignorandone le fasi precedenti, che non sono solo tedesche? La posizione del Papa che condanna l’antisemitismo come un peccato che scaturisce dal cuore dell’uomo – di tutti gli uomini, non solo dei tedeschi – non corrisponde allora alla più profonda ragion d’essere della Sua stessa istituzione?
In secondo luogo, Lei avrebbe atteso e gradito delle “scuse” per il silenzio di Papa Pio XII durante la Seconda guerra mondiale. Non risolveremo qui una controversia storiografica che si trascina da decenni. Tuttavia il Papa Le ha già risposto. Lo ha fatto nel Discorso ai partecipanti al Congresso su “L’eredità del Magistero di Pio XII e il Concilio Vaticano II”, dell’8 novembre 2008. In quell’occasione, Benedetto XVI ha ricordato che Pio XII dispiegò durante la Seconda Guerra Mondiale una “intensa opera di carità che promosse in difesa dei perseguitati, senza alcuna distinzione di religione, di etnia, di nazionalità, di appartenenza politica” (ibid.). “E come dimenticare il radiomessaggio natalizio del dicembre 1942? Con voce rotta dalla commozione deplorò la situazione delle ‘centinaia di migliaia di persone, le quali, senza veruna colpa propria, talora solo per ragione di nazionalità o di stirpe, sono destinate alla morte o ad un progressivo deperimento’ (AAS, XXXV, 1943, p. 23), con un chiaro riferimento alla deportazione e allo sterminio perpetrato contro gli ebrei. Agì spesso in modo segreto e silenzioso proprio perché, alla luce delle concrete situazioni di quel complesso momento storico, egli intuiva che solo in questo modo si poteva evitare il peggio e salvare il più gran numero possibile di ebrei. Per questi suoi interventi, numerosi e unanimi attestati di gratitudine furono a lui rivolti alla fine della guerra, come pure al momento della morte, dalle più alte autorità del mondo ebraico, come ad esempio, dal Ministro degli Esteri d’Israele Golda Meir [1898-1978], che così scrisse: ‘Quando il martirio più spaventoso ha colpito il nostro popolo, durante i dieci anni del terrore nazista, la voce del Pontefice si è levata a favore delle vittime’, concludendo con commozione: ‘Noi piangiamo la perdita di un grande servitore della pace’” (ibid.).
La citazione di Golda Meir, che Lei ben conosce, è significativa per un aspetto che mi permetto di farLe rilevare. Fino al Vaticano II a nessun rappresentante significativo del mondo ebraico sarebbe venuto in mente di criticare Pio XII. Al contrario, le figure più eminenti della comunità ebraica israeliana e internazionale lodavano e ringraziavano il Pontefice. Che cosa cambia con il Vaticano II? Lo sappiamo. Nel 1963 in Germania un grande lancio propagandistico e di stampa accompagna la prima del dramma di Rolf Hochhuth Il Vicario, che accusa Pio XII di complicità con Hitler. I documenti emersi dagli archivi sovietici e la testimonianza del generale Ion Mihai Pacepa, già responsabile dei servizi segreti della Romania comunista e personalmente coinvolto nell’operazione, oggi ci permettono di concludere senza possibilità di ulteriori dubbi che il dramma di Hochhuth fu commissionato all’autore tedesco dal KGB, in persona del generale Ivan Ivanovich Agayants (1911-1968), responsabile del dipartimento D (Disinformazione) del controspionaggio sovietico. Agayants collaborò personalmente alla redazione del testo firmato da Hochhuth, il quale era – ed è – tanto poco amico del Suo popolo da essersi reso noto nel 2005 come sostenitore e pubblico difensore delle tesi negazioniste dell’autore britannico David Irving. Lo scopo del KGB era quello di screditare il magistero anticomunista di Pio XII, considerato l’epitome delle posizioni anti-sovietiche e filo-americane nella Guerra Fredda.
Avviata dal KGB, l’azione contro Pio XII è stata ripresa da cattolici o ex-cattolici (ex-seminaristi come John Cornwell e Garry Wills, o ex-preti come James Carroll), i quali intendono attaccare Pio XII e mettere in imbarazzo la Chiesa non più sulla questione del comunismo ma su altre che riguardano gli anticoncezionali, l’aborto o gli omosessuali (tutti temi su cui il magistero di Pio XII ha preparato quello successivo). Tutto questo è documentato da un buon numero di storici, ma credo Le siano particolarmente familiari gli scritti del Suo collega rabbino, e storico, David Dalin. Sulla scia del rabbino Dalin vorrei invitarLa a riflettere su un paradosso: gli uomini di cultura e i politici israeliani che intervengono oggi su Pio XII sono vittime più o meno consapevoli di manovre che li hanno abilmente attirati prima in una trappola montata dal KGB, poi in una controversia intra-cattolica dove i progressisti attaccano i Papi per ragioni che non hanno niente a che fare con l’antisemitismo. Al contrario: i comunisti sovietici prima e i progressisti cattolici sono stati e sono spesso in prima fila quando si tratta di attaccare Israele e sventolare bandiere della Palestina o di Hamas. Davvero per Lei vale la pena di marciare con – anzi, alla sequela di – questo genere di compagnia?
Terza critica, emersa dai media israeliani. Il Papa, se pure proprio non avesse voluto scusarsi per Pio XII, avrebbe dovuto farlo per “il più terribile errore del suo pontificato”, la remissione della scomunica a quattro vescovi della Fraternità San Pio X fondata da monsignor Marcel Lefebvre (1905-1991), uno dei quali – monsignor Richard Williamson – aveva espresso simpatia per le tesi negazioniste sull’Olocausto. Dopo il caso Williamson la condanna del negazionismo – di cui Lei, Rabbino Lau, conosce peraltro molto bene le origini, che non nascono certo dal mondo cattolico – da parte del Papa e della Santa Sede è risuonata alta e forte, da ultimo proprio allo Yad Vashem. Ma vorrei invitarLa a riflettere sul fatto che, così come per Pio XII, anche in questo caso personalità del mondo ebraico o israeliano rischiano di farsi arruolare, magari inconsapevolmente, in guerre intra-cattoliche del tutto estranee alla questione dell’Olocausto. I cattolici hanno bene inteso che ai progressisti che si sono scagliati contro il Papa dopo la remissione delle scomuniche non potrebbe importare meno del negazionismo. Nessuno di questi progressisti sapeva – primo dello scoop di una coppia di giornaliste francesi, militanti anticattoliche particolarmente accese – che monsignor Williamson avesse espresso idee negazioniste. Ancora, il mondo progressista che si è scagliato contro il Papa è spesso lo stesso che s’incontra ai cortei contro Israele.
Che cosa volevano, dunque, costoro? Che non si mettesse in discussione un’interpretazione del Concilio Vaticano II sulla base dei canoni della teologia e della mentalità progressiste. Insieme ad altri gesti, l’avvio di un dialogo – peraltro difficile – con la Fraternità San Pio X attraverso la remissione delle scomuniche era un segno che lo smantellamento di quella interpretazione del Concilio era in corso. Questo smantellamento avrebbe anche reso più difficile il dissenso intra-cattolico rispetto al Magistero del Papa su temi come l’eutanasia o il matrimonio degli omosessuali. La posta in gioco è dunque, anche qui, tutt’altra rispetto all’Olocausto e coinvolge questioni – appunto in tema di eutanasia e matrimonio omosessuale – su cui, salvo errore, le Sue posizioni sono molto più vicine a quelle del Papa che non a quelle dei detrattori di Benedetto XVI. La domanda, dunque, anche a proposito della remissione delle scomuniche è perché Ella voglia farsi arruolare in una guerra contro il Papa promossa per obiettivi che Lei non condivide da persone che in gran parte non hanno particolare simpatia per la Sua causa né per il Suo Paese.
L’occasione costituita dalla visita del Papa in Israele in genere, e allo Yad Vashem in particolare, per superare antichi equivoci è storica. Contribuisca a non sprecarla. Cerchi di discernere con equità Lei studioso la voce della ragione, Lei rabbino la voce del Dio di Abramo, di Isacco, di Giacobbe che certamente ancora parla ai credenti disponibili ad ascoltarla. Lo ha detto il Papa a Gerusalemme: “Ciascuno di noi qui presenti sa, pure, comunque che la voce di Dio viene udita oggi meno chiaramente, e la ragione stessa in così numerose situazioni è divenuta sorda al divino. E, però, quel “vuoto” non è vuoto di silenzio. Al contrario, è il chiasso di pretese egoistiche, di vuote promesse e di false speranze, che così spesso invadono lo spazio stesso nel quale Dio ci cerca. Possiamo noi allora creare spazi, oasi di pace e di riflessione profonda, in cui si possa nuovamente udire la voce di Dio, in cui la sua verità può essere scoperta all’interno dell’universalità della ragione, in cui ogni individuo, senza distinzione di luogo dove abita, o di gruppo etnico, o di tinta politica, o di credenza religiosa, può essere rispettato come persona, come un essere umano, un proprio simile?”. Ci aiuti a sperare che la risposta possa essere sì.
Come ex-rabbino capo askenazita di Israele, rabbino capo di Tel Aviv e presidente del consiglio di amministrazione dello Yad Vashem, il Memoriale dell’Olocausto, le Sue parole sulla visita del Papa, dell’11 maggio, allo stesso Memoriale hanno un particolare significato, che la stampa del Suo Paese ha sottolineato.
Al discorso del Papa, che la stragrande maggioranza dei cattolici – e non solo dei cattolici – ha trovato non solo rigoroso ma commovente, Lei ha rivolto sostanzialmente tre obiezioni. Il Papa non ha bisogno di essere difeso: lo scopo di questa lettera è dunque solo quello di farLe notare come ciascuna delle obiezioni è non solo poco fondata, ma anche ultimamente nociva alle cause che Lei si propone di difendere.
Anzitutto, Lei ha affermato che nel discorso di Benedetto XVI allo Yad Vashem “manca qualcosa”, perché il Papa tedesco “non ha mai citato i tedeschi o i nazisti responsabili di quella carneficina, né ha espresso rincrescimento per loro”. Lei, Rabbino Lau, non è cattolico ma sa certamente che la persona che ha visitato lo Yad Vashem non lo ha fatto in qualità di tedesco ma di Papa della Chiesa universale, e proprio questo rende la visita e l’omaggio così significativi. Decine di esponenti politici e culturali tedeschi hanno visitato lo Yad Vashem negli anni e si sono profusi in “espressioni di rincrescimento” ma, giustamente, nessuna delle loro visite ha avuto l’eco mondiale di quella di Benedetto XVI: non perché il Papa sia un intellettuale tedesco più autorevole di altri che lo hanno preceduto, ma perché il Papa è il Papa.
D’altro canto, la Sua critica è in diretto contrasto con la linea storiografica dello Yad Vashem, la quale insiste sul fatto che non si può attribuire la responsabilità dell’Olocausto ai soli tedeschi o ai soli nazisti, perché si tratta in realtà del frutto avvelenato e finale di tutta la storia dell’antisemitismo. Su alcuni dettagli di questa storia può darsi che io e Lei non siamo d’accordo, ma – prescindendo da queste eventuali divergenze – se Benedetto XVI avesse puntato l’indice sul solo nazional-socialismo tedesco non lo si sarebbe forse accusato di volere scaricare tutte le colpe su un solo Paese e su una sola fase della triste storia dell’antisemitismo, ignorandone le fasi precedenti, che non sono solo tedesche? La posizione del Papa che condanna l’antisemitismo come un peccato che scaturisce dal cuore dell’uomo – di tutti gli uomini, non solo dei tedeschi – non corrisponde allora alla più profonda ragion d’essere della Sua stessa istituzione?
In secondo luogo, Lei avrebbe atteso e gradito delle “scuse” per il silenzio di Papa Pio XII durante la Seconda guerra mondiale. Non risolveremo qui una controversia storiografica che si trascina da decenni. Tuttavia il Papa Le ha già risposto. Lo ha fatto nel Discorso ai partecipanti al Congresso su “L’eredità del Magistero di Pio XII e il Concilio Vaticano II”, dell’8 novembre 2008. In quell’occasione, Benedetto XVI ha ricordato che Pio XII dispiegò durante la Seconda Guerra Mondiale una “intensa opera di carità che promosse in difesa dei perseguitati, senza alcuna distinzione di religione, di etnia, di nazionalità, di appartenenza politica” (ibid.). “E come dimenticare il radiomessaggio natalizio del dicembre 1942? Con voce rotta dalla commozione deplorò la situazione delle ‘centinaia di migliaia di persone, le quali, senza veruna colpa propria, talora solo per ragione di nazionalità o di stirpe, sono destinate alla morte o ad un progressivo deperimento’ (AAS, XXXV, 1943, p. 23), con un chiaro riferimento alla deportazione e allo sterminio perpetrato contro gli ebrei. Agì spesso in modo segreto e silenzioso proprio perché, alla luce delle concrete situazioni di quel complesso momento storico, egli intuiva che solo in questo modo si poteva evitare il peggio e salvare il più gran numero possibile di ebrei. Per questi suoi interventi, numerosi e unanimi attestati di gratitudine furono a lui rivolti alla fine della guerra, come pure al momento della morte, dalle più alte autorità del mondo ebraico, come ad esempio, dal Ministro degli Esteri d’Israele Golda Meir [1898-1978], che così scrisse: ‘Quando il martirio più spaventoso ha colpito il nostro popolo, durante i dieci anni del terrore nazista, la voce del Pontefice si è levata a favore delle vittime’, concludendo con commozione: ‘Noi piangiamo la perdita di un grande servitore della pace’” (ibid.).
La citazione di Golda Meir, che Lei ben conosce, è significativa per un aspetto che mi permetto di farLe rilevare. Fino al Vaticano II a nessun rappresentante significativo del mondo ebraico sarebbe venuto in mente di criticare Pio XII. Al contrario, le figure più eminenti della comunità ebraica israeliana e internazionale lodavano e ringraziavano il Pontefice. Che cosa cambia con il Vaticano II? Lo sappiamo. Nel 1963 in Germania un grande lancio propagandistico e di stampa accompagna la prima del dramma di Rolf Hochhuth Il Vicario, che accusa Pio XII di complicità con Hitler. I documenti emersi dagli archivi sovietici e la testimonianza del generale Ion Mihai Pacepa, già responsabile dei servizi segreti della Romania comunista e personalmente coinvolto nell’operazione, oggi ci permettono di concludere senza possibilità di ulteriori dubbi che il dramma di Hochhuth fu commissionato all’autore tedesco dal KGB, in persona del generale Ivan Ivanovich Agayants (1911-1968), responsabile del dipartimento D (Disinformazione) del controspionaggio sovietico. Agayants collaborò personalmente alla redazione del testo firmato da Hochhuth, il quale era – ed è – tanto poco amico del Suo popolo da essersi reso noto nel 2005 come sostenitore e pubblico difensore delle tesi negazioniste dell’autore britannico David Irving. Lo scopo del KGB era quello di screditare il magistero anticomunista di Pio XII, considerato l’epitome delle posizioni anti-sovietiche e filo-americane nella Guerra Fredda.
Avviata dal KGB, l’azione contro Pio XII è stata ripresa da cattolici o ex-cattolici (ex-seminaristi come John Cornwell e Garry Wills, o ex-preti come James Carroll), i quali intendono attaccare Pio XII e mettere in imbarazzo la Chiesa non più sulla questione del comunismo ma su altre che riguardano gli anticoncezionali, l’aborto o gli omosessuali (tutti temi su cui il magistero di Pio XII ha preparato quello successivo). Tutto questo è documentato da un buon numero di storici, ma credo Le siano particolarmente familiari gli scritti del Suo collega rabbino, e storico, David Dalin. Sulla scia del rabbino Dalin vorrei invitarLa a riflettere su un paradosso: gli uomini di cultura e i politici israeliani che intervengono oggi su Pio XII sono vittime più o meno consapevoli di manovre che li hanno abilmente attirati prima in una trappola montata dal KGB, poi in una controversia intra-cattolica dove i progressisti attaccano i Papi per ragioni che non hanno niente a che fare con l’antisemitismo. Al contrario: i comunisti sovietici prima e i progressisti cattolici sono stati e sono spesso in prima fila quando si tratta di attaccare Israele e sventolare bandiere della Palestina o di Hamas. Davvero per Lei vale la pena di marciare con – anzi, alla sequela di – questo genere di compagnia?
Terza critica, emersa dai media israeliani. Il Papa, se pure proprio non avesse voluto scusarsi per Pio XII, avrebbe dovuto farlo per “il più terribile errore del suo pontificato”, la remissione della scomunica a quattro vescovi della Fraternità San Pio X fondata da monsignor Marcel Lefebvre (1905-1991), uno dei quali – monsignor Richard Williamson – aveva espresso simpatia per le tesi negazioniste sull’Olocausto. Dopo il caso Williamson la condanna del negazionismo – di cui Lei, Rabbino Lau, conosce peraltro molto bene le origini, che non nascono certo dal mondo cattolico – da parte del Papa e della Santa Sede è risuonata alta e forte, da ultimo proprio allo Yad Vashem. Ma vorrei invitarLa a riflettere sul fatto che, così come per Pio XII, anche in questo caso personalità del mondo ebraico o israeliano rischiano di farsi arruolare, magari inconsapevolmente, in guerre intra-cattoliche del tutto estranee alla questione dell’Olocausto. I cattolici hanno bene inteso che ai progressisti che si sono scagliati contro il Papa dopo la remissione delle scomuniche non potrebbe importare meno del negazionismo. Nessuno di questi progressisti sapeva – primo dello scoop di una coppia di giornaliste francesi, militanti anticattoliche particolarmente accese – che monsignor Williamson avesse espresso idee negazioniste. Ancora, il mondo progressista che si è scagliato contro il Papa è spesso lo stesso che s’incontra ai cortei contro Israele.
Che cosa volevano, dunque, costoro? Che non si mettesse in discussione un’interpretazione del Concilio Vaticano II sulla base dei canoni della teologia e della mentalità progressiste. Insieme ad altri gesti, l’avvio di un dialogo – peraltro difficile – con la Fraternità San Pio X attraverso la remissione delle scomuniche era un segno che lo smantellamento di quella interpretazione del Concilio era in corso. Questo smantellamento avrebbe anche reso più difficile il dissenso intra-cattolico rispetto al Magistero del Papa su temi come l’eutanasia o il matrimonio degli omosessuali. La posta in gioco è dunque, anche qui, tutt’altra rispetto all’Olocausto e coinvolge questioni – appunto in tema di eutanasia e matrimonio omosessuale – su cui, salvo errore, le Sue posizioni sono molto più vicine a quelle del Papa che non a quelle dei detrattori di Benedetto XVI. La domanda, dunque, anche a proposito della remissione delle scomuniche è perché Ella voglia farsi arruolare in una guerra contro il Papa promossa per obiettivi che Lei non condivide da persone che in gran parte non hanno particolare simpatia per la Sua causa né per il Suo Paese.
L’occasione costituita dalla visita del Papa in Israele in genere, e allo Yad Vashem in particolare, per superare antichi equivoci è storica. Contribuisca a non sprecarla. Cerchi di discernere con equità Lei studioso la voce della ragione, Lei rabbino la voce del Dio di Abramo, di Isacco, di Giacobbe che certamente ancora parla ai credenti disponibili ad ascoltarla. Lo ha detto il Papa a Gerusalemme: “Ciascuno di noi qui presenti sa, pure, comunque che la voce di Dio viene udita oggi meno chiaramente, e la ragione stessa in così numerose situazioni è divenuta sorda al divino. E, però, quel “vuoto” non è vuoto di silenzio. Al contrario, è il chiasso di pretese egoistiche, di vuote promesse e di false speranze, che così spesso invadono lo spazio stesso nel quale Dio ci cerca. Possiamo noi allora creare spazi, oasi di pace e di riflessione profonda, in cui si possa nuovamente udire la voce di Dio, in cui la sua verità può essere scoperta all’interno dell’universalità della ragione, in cui ogni individuo, senza distinzione di luogo dove abita, o di gruppo etnico, o di tinta politica, o di credenza religiosa, può essere rispettato come persona, come un essere umano, un proprio simile?”. Ci aiuti a sperare che la risposta possa essere sì.
Massimo Introvigne
Fonte: Cesnur
La lettera aperta d'Introvigne è ben articolata ma ... è il caso di sprecare tempo e intelligenza con chi non vuol capire? La saggezza popolare afferma che non c'è peggior sordo di chi non vuol sentire. Chi ha tirato fango contro Pio XII continuerà a farlo perchè la sua (dei calunniatori) mente è obnubilata dalle menzogne fabbricate nel 1945/46 dall'U.R.S.S e riprese in modo intrinsecamente diabolico dal drammaturgo tedesco orientale di cui ora mi sfugge il nome nell'opera teatrale Il Vicario nel 1963. Vedasi in proposito l'ottimo articolo di Giovanni Sale S.J. sul quaderno 3810 di Civiltà Cattolica del 21 marzo 2009. Alessandro
RispondiEliminaLa lettera è buona. Il presupposto per l'inoltro, però, è che il rabbino in questione sia in buona fede, cosa evidentemente smentita dai fatti. La verità è che in una parte non marginale del mondo ebraico c'è non solo un pregiudizio, ma un virulento odio anticattolico.
RispondiEliminaConcordo con Alessandro. Mi permetto di porre la seguente domanda: perché chi considera Nostro Signore Gesù Cristo un impostore, sottoscrivendo implicitamente la sentenza emessa quasi duemila anni fa da Sinedrio, dovrebbe portare rispetto al suo Vicario?
RispondiEliminaMi sembra un po' ingenuo (ma magari è un candore studiato per mettere a nudo la scarsa buonafede della controparte) supporre che il rabbino e i suoi, a proposito delle polemiche contro Pio XII e sul caso Williamson, siano semplicemente fuorviati dalla propaganda del Kgb e di certi ambienti cattolici. Avallare la leggenda nera sull'antisemitismo dei papi fa comodo a molti in Israele, dato che la Chiesa cattolica svolge un suo ruolo nell'ambito nel braccio di ferro arabo-israeliano, un ruolo tradizionalmente più vicino alla comunità araba, che conta un'attiva minoranza cristiana.
RispondiEliminauna cosa è il fango gettato contro Pio XII (per il presunto immobilismo durante la 2^ guerra mondiale) e Benedetto XVI (per la revoca della scomunica anche a Willimson) dai comunisti e da una parte di ebrei e anche non ebrei e non comunisti nel primo caso e da una parte di ebrei (occorre ricordarlo: solo da una parte) nel secondo caso. Ben diversa è invece l'evidenza che (tutti dovrebbero ricordarlo) che Israele è l'unico Stato con un ordinamento democratico nella regione. Altri Stati democratici non ve ne sono. Neppure l'Egitto. Alessandro
RispondiElimina"Spiritualmente siamo tutti semiti" Pio XI, Città del Vativano, 6 settembre 1938. Discorso ad un gruppo di pellegrini belgi. Alessandro
RispondiEliminaAnche Noi Cattolici siamo delusi delle reazioni della stampa ebraica, non ci piace la continua ossessiva polemica contro uno dei più grandi Pontefici della Chiesa Romana, così come non piace quel continuo suggerire "INTERESSATO" di ciò che il Papa dovrebbe dire per compiacerli. I cattolici leggono la BIBBIA per intero vecchio e nuovo testamento gli EBREI no. aldo
RispondiEliminaSe il rabbino scrivesse direttamente lui il discorso per il Santo padre,probabilmente si lamenterebbe dell'intonazione.....
RispondiEliminaIl Papa non ha mai affermato, ch'io sappia, che gli ebrei posssan salvarsi grazie all'Antico Testamento. Loro lo pensin pure, ma non lo faccian dire al Papa.
RispondiEliminaIl problema della salvezza fuori della Chiesa (apparentemente fuori) vale anche per gli ebrei: ci si può salvare nella e nonostante la propria falsa religione se intimamente si è disposti ad accettare la Verità qualora ci venga proposta.
Insomma, si dà la circostanza del Battesimo di desiderio, unito ad una vita condotta secondo i principi della morale divino-naturale.
Dunque, un ebreo affetto da ignoranza invincibile, che attende la Verità con ansia pronto a farla propria e viva da "giusto" può salvarsi, come un pagano, un islamico ecc.
Se ci si fosse potuti tutti salvare con l'Antico Testamento l'Incarnazione-Passione-Morte di Gesù sarebbe stata inutile.
Ma i rabbini sono affetti da ignoranza invincibili? Non credo proprio: essi rifiutano il Cristo che ben conoscono ed insultano.
A lamentarsi anche dell'intonazione è stato il giornalista al seguito e accreditato a bordo del volo papale, Alexander Smoltczyk dello Spiegel, che è molto più antipapista di tutti i rabbini messi insieme. Ovviamente non si è solo limitato a ciò, ma ha fatto anche battute pesanti sulle credenze cattoliche e, visto che fa il vaticanista, è recidivo specifico. All'epoca della DDR lo Spiegel era il faro degli intellettuali tedeschi, ora che non c'è più il comunismo gli è rimasta la crociata antipapista (e antiberlusconiana). Saluti, Eufemia
RispondiEliminaFinalmente Introvigne, dopo oltre venti anni di dichiarazioni a senso unico, riesce a trovare la forza di opporsi a qualche esponente del mondo giudaico.
RispondiEliminaLa lettera, più che per gli effetti sui rabbini in mala fede, è interessante per quanto riguarda una possibile evoluzione dell'Introvigne-pensiero.
Perchè Introvigne continua a chiamarlo Olocausto?
RispondiEliminaL' Olocausto è il sacrificio gradito a Dio.
E' risaputo che a S.S. Pio XII i cd. "fratelli maggiori" (espressione che se si pensa a molti episodi e personaggi veterotestamentari non fa loro onore) non hanno perdonato il caso Zolli. Così come San Pio X per il caso Mortara.... Sono trionfi della Verità che anticipano la fine dei Tempi.
RispondiEliminaInfatti il popolo che fu eletto entrerà pure lui nel novello Israele convertendosi.
Preghiamo per questo: "l'unico ebreo buono è quello convertito" si potrebbe dire scherzando e parafrasando una frase western...
fatto sta che quando uno di loro si converte o diventa santo o ci va parecchio vicino!
A.H.
Olocausto è termine e concetto greco-pagano ed è quel tipo di sacrificio in cui la vittima è interamente bruciata, senza che ne restino parti commestibili. Quindi non significa affatto, di per sé, sacrificio gradito, ma solo sacrificio per così dire integrale.
RispondiEliminaIl caso Mortara è dei tempi di Pio IX, non di S. Pio X. E per quanto si possano cercare argomenti escatologici e teologici a fondamento della questione, resta comunque odioso il fatto di aver sottratto un bimbo alla sua famiglia, sol perché battezzato da una fantesca.
Infine, non è una frase condivisibile quella sull'unico ebreo buono.
Ricordo, ad abundantiam, che quando noi cattolici ci riferiamo a Dio, ci riferiamo alla SS Trinita', Unico Dio.
RispondiEliminaè vero: perfino il servo noachico più acculturato e ossequioso se ne è accorto... ma è presto per sperare.
RispondiEliminaMeglio olocausto di shoah. In italiano olocausto significa qualcosa, mentre shoah non vuole dire niente.
RispondiEliminaMeglio ancora chiamarlo genocidio degli ebrei ad opera dei nazisti. Perché dover inventare etichette fantasiose?
RispondiEliminaIl caso Mortara è molto complesso.
RispondiEliminaNon solo motivi teologici sono alla base del suo affidamento alla Chiesa, ma anche motivi giuridici: l'obbedienza alla legislazione del tempo. Inoltre da adulto il Mortara parlò del suo "ratto" escludendo che di ratto si trattasse e affermando ch'egli mai sarebbe tornato nella sua famiglia d'origine, pur essendo stato regolarmente visitato
dai genitori. La sua, da giovan e adulto, fu scelta di vita.
Innanzi tutto chiedo venia per aver confuso Pio IX con San Pio X: è l'età!
RispondiEliminaQuanto al caso Mortara è interessante leggere in proposito il libro di Messori a riguardo che poi non è altro che una (auto)biografia tradotta dallo spagnolo (sempre che la memoria non mi tradisca di nuovo).
Si vedrà che non si tratta di un rapimento né di un comportamento insensato di una fantesca. E'invero molto illuminante sul significato del battesimo.
Come già detto nell'intervento la battuta sull'ebreo convertito è solo una battuta che non ha evidentemente carattere stimmatizzante né tantomeno offensivo. Volevo ricordare che molti ebrei convertiti anche nei tempi più vicini a noi hanno dato prova di grande santità.
Anche su questo caso son illuminanti le pagine di mons. Gherardini che è il postulatore dela causa di canonizzazione di Pio IX ed il quale nei suoi studi propone una vasta bibliografia non solo cattolica.
RispondiEliminaCfr. B.Gherardini, Pio IX, una parola chiara, in "Divinitas",2001n. 1
il terzo punto della lettera comunque è assai macchinoso...
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