Dall'omelia odierna del S. Padre:
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Nel caso di Pietro, il miracolo poco prima compiuto rende questo particolarmente evidente. E anche il riferimento a ciò che dice il Salmo è essenziale: "la pietra scartata dai costruttori / è divenuta la pietra d’angolo" (Sal 117[118],22). Gesù è stato "scartato", ma il Padre l’ha prediletto e l’ha posto a fondamento del tempio della Nuova Alleanza. Così l’apostolo, come il sacerdote, sperimenta a sua volta la croce, e solo attraverso di essa diventa veramente utile per la costruzione della Chiesa. Dio ama costruire la sua Chiesa con persone che, seguendo Gesù, ripongono tutta la propria fiducia in Dio, come dice lo stesso Salmo: "E’ meglio rifugiarsi nel Signore / che confidare nell’uomo. / E’ meglio rifugiarsi nel Signore / che confidare nei potenti" (vv. 8-9).
Al discepolo tocca la medesima sorte del Maestro, che in ultima istanza è la sorte scritta nella volontà stessa di Dio Padre!
Gesù lo confessò alla fine della sua vita, nella grande preghiera detta "sacerdotale": "Padre giusto, il mondo non ti ha conosciuto, ma io ti ho conosciuto" (Gv 17,25). Anche in precedenza l’aveva affermato: "Nessuno conosce il Padre se non il Figlio" (Mt 11,27).
Gesù ha sperimentato su di sé il rifiuto di Dio da parte del mondo, l’incomprensione, l’indifferenza, lo sfiguramento del volto di Dio. E Gesù ha passato il "testimone" ai discepoli: "Io – confida ancora nella preghiera al Padre – ho fatto conoscere loro il tuo nome e lo farò conoscere, perché l’amore con il quale mi hai amato sia in essi e io in loro" (Gv 17,26).
Perciò il discepolo – e specialmente l’apostolo – sperimenta la stessa gioia di Gesù, di conoscere il nome e il volto del Padre; e condivide anche il suo stesso dolore, di vedere che Dio non è conosciuto, che il suo amore non è ricambiato.
Da una parte esclamiamo, come Giovanni nella sua prima Lettera: "Quale grande amore ci ha dato il Padre per essere chiamati figli di Dio, e lo siamo realmente!"; e dall’altra con amarezza constatiamo: "Per questo il mondo non ci riconosce: perché non ha conosciuto lui" (1 Gv 3,1).
E’ vero, e noi sacerdoti ne facciamo esperienza: il "mondo" – nell’accezione giovannea del termine – non capisce il cristiano, non capisce i ministri del Vangelo. Un po’ perché di fatto non conosce Dio, e un po’ perché non vuole conoscerlo. Il mondo non vuole conoscere Dio e ascoltare i suoi ministri, perché questo lo metterebbe in crisi.
Qui bisogna fare attenzione a una realtà di fatto: che questo "mondo", sempre nel senso evangelico, insidia anche la Chiesa, contagiando i suoi membri e gli stessi ministri ordinati.
Il "mondo" è una mentalità, una maniera di pensare e di vivere che può inquinare anche la Chiesa, e di fatto la inquina, e dunque richiede costante vigilanza e purificazione. Finché Dio non si sarà pienamente manifestato, anche i suoi figli non sono ancora pienamente "simili a Lui" (1 Gv 3,2). Siamo "nel" mondo, e rischiamo di essere anche "del" mondo. E di fatto a volte lo siamo.
Per questo Gesù alla fine non ha pregato per il mondo, ma per i suoi discepoli, perché il Padre li custodisse dal maligno ed essi fossero liberi e diversi dal mondo, pur vivendo nel mondo (cfr Gv 17,9.15). In quel momento, al termine dell’Ultima Cena, Gesù ha elevato al Padre la preghiera di consacrazione per gli apostoli e per tutti i sacerdoti di ogni tempo, quando ha detto: "Consacrali nella verità" (Gv 17,17). E ha aggiunto: "per loro io consacro me stesso, perché siano anch’essi consacrati nella verità" (Gv 17,19).
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Al discepolo tocca la medesima sorte del Maestro, che in ultima istanza è la sorte scritta nella volontà stessa di Dio Padre!
Gesù lo confessò alla fine della sua vita, nella grande preghiera detta "sacerdotale": "Padre giusto, il mondo non ti ha conosciuto, ma io ti ho conosciuto" (Gv 17,25). Anche in precedenza l’aveva affermato: "Nessuno conosce il Padre se non il Figlio" (Mt 11,27).
Gesù ha sperimentato su di sé il rifiuto di Dio da parte del mondo, l’incomprensione, l’indifferenza, lo sfiguramento del volto di Dio. E Gesù ha passato il "testimone" ai discepoli: "Io – confida ancora nella preghiera al Padre – ho fatto conoscere loro il tuo nome e lo farò conoscere, perché l’amore con il quale mi hai amato sia in essi e io in loro" (Gv 17,26).
Perciò il discepolo – e specialmente l’apostolo – sperimenta la stessa gioia di Gesù, di conoscere il nome e il volto del Padre; e condivide anche il suo stesso dolore, di vedere che Dio non è conosciuto, che il suo amore non è ricambiato.
Da una parte esclamiamo, come Giovanni nella sua prima Lettera: "Quale grande amore ci ha dato il Padre per essere chiamati figli di Dio, e lo siamo realmente!"; e dall’altra con amarezza constatiamo: "Per questo il mondo non ci riconosce: perché non ha conosciuto lui" (1 Gv 3,1).
E’ vero, e noi sacerdoti ne facciamo esperienza: il "mondo" – nell’accezione giovannea del termine – non capisce il cristiano, non capisce i ministri del Vangelo. Un po’ perché di fatto non conosce Dio, e un po’ perché non vuole conoscerlo. Il mondo non vuole conoscere Dio e ascoltare i suoi ministri, perché questo lo metterebbe in crisi.
Qui bisogna fare attenzione a una realtà di fatto: che questo "mondo", sempre nel senso evangelico, insidia anche la Chiesa, contagiando i suoi membri e gli stessi ministri ordinati.
Il "mondo" è una mentalità, una maniera di pensare e di vivere che può inquinare anche la Chiesa, e di fatto la inquina, e dunque richiede costante vigilanza e purificazione. Finché Dio non si sarà pienamente manifestato, anche i suoi figli non sono ancora pienamente "simili a Lui" (1 Gv 3,2). Siamo "nel" mondo, e rischiamo di essere anche "del" mondo. E di fatto a volte lo siamo.
Per questo Gesù alla fine non ha pregato per il mondo, ma per i suoi discepoli, perché il Padre li custodisse dal maligno ed essi fossero liberi e diversi dal mondo, pur vivendo nel mondo (cfr Gv 17,9.15). In quel momento, al termine dell’Ultima Cena, Gesù ha elevato al Padre la preghiera di consacrazione per gli apostoli e per tutti i sacerdoti di ogni tempo, quando ha detto: "Consacrali nella verità" (Gv 17,17). E ha aggiunto: "per loro io consacro me stesso, perché siano anch’essi consacrati nella verità" (Gv 17,19).
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Fonte: Magistero Benedetto XVI
Sono assolutamente d'accordo con le parole di Benedetto XVY, il quale ha ricordato che anche la Chiesa e i suoi ministri può essere inquinata dal mondo. Mi sembra di vedere in queste parole, una forte critica del papa nei confronti di coloro che appartengono alla Chiesa, che vogliono a tutti i costi aprirsi al mondo e alle sue idee, come accadde durante e dopo il Concilio Vaticano II.
RispondiEliminaQueste parole del Santo Padre sono importantissime e sconfessano una certa mentalità dialogante di certi falsi teologi cattolici e anche esponenti della gerarchia che pretendono di andare a bracetto con il "mondo"....
RispondiEliminac'è tanto, ma tanto da meditare....
grazie Papa Benedetto.
d. bernardo
purtroppo prima che le idee che Benedetto XVI sta diffondendo entrino in circolo nella Chiesa ci vorrà molto tempo. moltissimo. Far ritornare alla ragione chi da 40 anni vive di ideologia non è facile. Dio ci consrervi a lungo questo papa.
RispondiEliminaL'altro giorno un mio conoscente ha compiuto 102 anni, in perfetta forma fisica e mentale. Chi mi impoedisce di pensare che non possa arrivarci pure il papa?