E' uscita in libreria la Guida alle Messe del giornalista Langone, il quale gira le chiese della Penisola e riporta commenti, critiche e impressioni delle celebrazioni cui assiste. Un uovo di Colombo: possibile che nessuno ci avesse pensato prima? Forse perché un certo perbenismo curiale si scandalizza di veder trattare la Messa come un ristorante: strana indignazione, proprio da parte di coloro che in tutti i modi si sforzano di farci considerare la Messa nient'altro che la cena o il banchetto del Signore; e allora ben venga il critico Michelin per dare (o negare) le sue stelle al convito... Ma, celie a parte, l'operazione editoriale è importante perché richiama all'attenzione di tutti, preti per primi, che l'esigenza di ben celebrare e predisporre un ambiente favorevole alla preghiera ed al raccoglimento va tenuta nel debito conto (ossia nel massimo conto); ed è anche un modo per suonare la fine della ricreazione e dare il segnale che i fedeli non sono più pronti a subire supinamente tutte le puerili baggianate che preti e "commissioni liturgiche" senza buon senso si inventano senza cessa (pensiamo, ad esempio, a certe pagliacciate all'offertorio; a preghiere dei fedeli che suonano come circolari ministeriali; a vari "alberi della vita", "fonti dell'amore", disegnini dei bimbi del catechismo sciorinati a messa, cerchi umani tenendosi per mano intorno all'altare...).
Quella che riportiamo di seguito è la recensione del vaticanista Tornielli alla Guida di Langone. Lo diciamo subito: Tornielli ci delude profondamente nel finale accodandosi ai più triti luoghi comuni, che mirano a ridurre tutti gli aneliti ad una celebrazione degna e bella a passioni (più o meno insane) per pizzi, incensi e merletti, e in genere ad un elitario e "soffocante" estetismo. Simile giudizio si potrebbe tollerare (a stento) da chi non conosca il dramma storico dell'iconoclasmo conciliare che ha allontanato milioni dalle chiese; da chi non abbia la preparazione teologica per comprendere che la postura orante che un inginocchiatoio permette si riverbera nella vita di fede: perché l'uomo è creatura di carne, e se la fede è ridotta a teoria e a fatto cerebrale che non si traduce in forme sensibili di abbandono e preghiera, è destinata ad inaridirsi (come sociologicamente sta avvenendo). Ma Tornielli non è uno sprovveduto...
Una cerimonia semplice, feriale, popolare ma corretta, fervente e non "claudicante" può essere facilmente alla portata di tutti. Ma forse Tornielli preferisce appiattirsi sulle parole d'ordine di certo episcopato che, pur a parole lodando le "belle celebrazioni", sarà sempre pronto a sottolineare come quel "modello" non sia in alcun modo importabile nelle celebrazioni parrocchiali ordinarie. E quindi business as usual, nello sfacelo.
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"Sai che differenza c’è tra un liturgista e un terrorista? Che con il secondo si può trattare...".
La battuta, ferocissima contro la benemerita categoria degli esperti di liturgia, fece ridere di gusto l’allora cardinale Ratzinger, che prima di diventare Papa, inascoltato, chiese più volte tolleranza verso i tradizionalisti, criticando al contempo la messa «degenerata in show» che non di rado veniva celebrata nelle chiese cattoliche.
Dittatura di certi liturgisti, creatività esuberante di certi sacerdoti che presiedono le funzioni rubando la scena al vero Protagonista per mettere, per lo più inconsapevolmente, se stessi o l’assemblea al centro dell’attenzione. Messe con l’accompagnamento di canti modulati sulle note dei successi dei Beatles, processioni d’offertorio che vedono portare all’altare praticamente di tutto, dagli scarponi rotti al ferro da stiro, balli che «c’azzeccano» come i cavoli a merenda con la nostra cultura e la nostra sensibilità, mentre hanno un senso in Africa o in Oceania.
Chiese di nuova costruzione che sembrano concepite da architetti con seri problemi di adattamento e assomigliano ad enormi garage, a cupe caserme rivestite di piombo, a luminescenti centri commerciali o a insignificanti palestre. Con acustiche pessime, calde d’estate e fredde d’inverno. Luoghi di culto che a tutto inducono chi vi entra, tranne che alla preghiera, al raccoglimento, all’immergersi nel mistero.
Per districarsi in questo mondo, per capire quali siano le messe «da non perdere» e quelle perdibili, arriva in libreria la Guida alle messe (Mondadori, pagg. 313, euro 15), scritta da Camillo Langone, che in questi ultimi anni ha percorso in lungo e in largo parrocchie, chiese e santuari d’Italia partecipando alle liturgie domenicali e stilandone una classifica.
La guida Michelin delle celebrazioni potrebbe sembrare un’operazione dissacrante. Le messe trattate alla stregua dei ristoranti, dalle cene di gala alla cena eucaristica, con tanto di votazione: al posto delle canoniche stellette, delle candele (da una a cinque) per classificare gli arredi della chiesa, e dei messali (sempre da uno a cinque), per valutare la «qualità» della liturgia. Langone non fa mistero di alcuni suoi chiodi fissi che diventano criteri di giudizio: le sedie e le panche con o senza inginocchiatoio, le candele vere o finte. La possibilità di genuflettersi durante la consacrazione dice molto di come si concepisce la liturgia in una chiesa.
Complice la maggiore praticità delle sedie - più facile aggiungerle, toglierle, spostarle - ma soprattutto una serpeggiante ideologia liturgica che avverte come fumo negli occhi ogni atto di vera adorazione, si preferisce, al fine della «partecipazione attiva» del fedele, che se ne rimanga sempre in piedi o seduto. L’inginocchiatoio è importante e veramente democratico: nessuno vi punterà la pistola alla tempia, obbligandovi alla genuflessione. Ma chi vorrà liberamente farla, pur non avendo più vent’anni, sarà agevolato. E non sarà costretto a rimanere in piedi.
Langone ha ragione nell’osservare che la Chiesa post-conciliare sembra, talvolta, non tollerare più la bellezza. Sembra averla bandita, in nome del «pauperisticamente corretto». Eppure si legge nel Vangelo che Gesù, per celebrare l’ultima cena con i dodici, scelse proprio una «sala grande e arredata». Lui, che aveva vissuto nel deserto, mangiato sotto le tende o all’aperto, frequentato le case dei farisei e dei pubblicani, al momento di istituire l’eucaristia, e solo in quel momento, predilige un luogo signorile e bello, certamente non povero.
Il senso del mistero e la bellezza sono elementi essenziali del culto. E le chiese, nella storia, hanno sempre offerto a tutti, ricchi e poveri, signori e popolani, una straordinaria ricchezza di affreschi, mosaici, quadri, statue. L’aveva ben capito Stalin, che dopo aver raso al suolo le più belle chiese di Mosca, costruì delle popolari cattedrali laiche, le artistiche stazioni della metropolitana, dove anche l’operaio costretto a vivere in un buco di pochi metri quadri negli orrendi e grigi palazzoni sovietici, poteva respirare un po’ di bellezza.
Langone divide le messe secondo varie categorie: quelle più belle, quelle da «eterni anni Settanta» e mediatiche, cioè vale a dire infestate da video al plasma che rischiano di trasformare i luoghi di culto in una succursale di uno studio televisivo; quelle «brutte ma buone», buone messe in brutte chiese, o «belle e cattive», vale a dire «cattive messe in belle chiese»; per arrivare alle messe dei movimenti, alle chiese «turistiche» e infine alle cattedrali. Il mosaico, da Nord a Sud della Penisola, è variegato. L’autore descrive liturgie di piccoli paesi e di grandi città: definisce ad esempio il duomo di Milano «chiesa-matrioska» difficilissima da valutare perché racchiude in sé l’involucro gotico e la discutibile intercapedine turistica, con annesso «Bookshop». C’è la «liturgia farinelliana», che trae il nome da don Farinella, il prete genovese che ha fatto scrivere alla Madonna una lettera in favore del voto a Veltroni e nelle sue «messe» ha abolito il segno della croce, ma ci sono anche tanti piccoli e grandi esempi di belle liturgie.
Ci sia consentito, infine, in cauda venenum (un po’ di latino è d’obbligo, in tempi di motu proprio): le oltre duecento recensioni delle messe migliori e peggiori d’Italia, «alla ricerca della messa come Dio comanda», fanno emergere chiaramente l’impostazione del loro autore, che non tollera la comunione nella mano - peraltro autorizzata dalla Cei - e soffre per le «schitarrate» durante la liturgia. Ecco, ferma restando la necessità del richiamo a curare meglio le celebrazioni, non bisogna cadere nel rischio dell’aut aut, dimenticando la legge segreta del cristianesimo, quella inclusiva e mai escludente dell’et et. La messa non va mai ridotta a pura estetica, né la liturgia a questione di pizzi, ori, merletti, candele e inginocchiatoi. Il gregoriano è stupendo, il latino è sublime, l’incenso affascina. Ma senza un po’ di cattolica ferialità, di canti popolari e di messe basse e claudicanti, di assemblee variegate e scomposte, l’atmosfera nelle nostre chiese finirebbe per essere soffocante. Anche se liturgicamente perfetta.
Andrea Tornielli
Da Il Giornale, 9 aprile 2009, via Papa Ratzinger blog
Purtroppo Langone, ancorchè da me invitato, non è venuto ad Alessandria a vedere le seguenti quattro parrocchie:
RispondiEliminaa) S. Paolo, costruita come la Camera dei deputati, senza confessionale, senza inginocchiatoi e senza battistero, il parroco è il vicario generale della diocesi;
b) Ss. Apostoli, parroco il noto liturgista don S. Sirboni, con sole sedie, senza confessionali e senza battistero;
c) Madonna del suffragio, parroco don W. Fiocchi che talvolta scrive sul settimanale ultra progressista Adista, costruita dopo la 1^ guerra mondiale ma che è senza altare maggiore perchè è stato demolito dopo il Concilio;
d) Madonna del buon consiglio, degli orionini, costruita nel 1975, senza battistero e confessionali. Bella roba, vero? Non possiamo che complimentarci. Alessandro
dimenticavo: ad Alessandria nella parrocchia della Madonna del buon consiglio, costruita nel 1975, manca, proprio perchè il progetto non l'ha previsto, l'altare maggiore. Più luterani di così ... Alessandro
RispondiEliminaParrocchia di S. Pio V, ad Alessandria, costruita nel 1969. In barba al Papa alessandrino cui è dedicata (Pio V nacque a Bosco Marengo, quindici km. da Alessandria, anche qui assenza di confessionali, di battistero e di Altare maggiore. Ecco un esempio di chiesa anti tridenttina, costruita con una punta di sarcasmo verso il santo cui è dedicata. Alessandro
RispondiEliminacondivido appieno la recensione della redazione.
RispondiEliminaQuando lessi l'articolo sul quotidiano rimasi un po' interdetto dall'ultima frase, a maggior ragione perchè scritta da Tornielli, ma forse è proprio vero che così facendo non si è chiuso le porte di quell'Episcopato che gli garantisce il lavoro....
Atmosfera soffocante?? Ma qui Tornielli riprende quasi letteralmente quanto detto 2 anni anni fa dal Card. Martini quando comunicò urbi et orbi (ma chi glielo aveva chiesto?) che non avrebbe celebrato la Messa in latino. Alessandro
RispondiEliminaHo fatto parte ad Andrea Tornielli, sul suo blog, della mia delusione sulla frase che conclude il suo articolo, vi invito ad andare sul blog per leggere i commenti.
RispondiEliminaEcco la reazione di Andrea Tornielli:
A Luisa: con la chiusa del mio articolo - che immaginavo avrebbe provocato qualche reazione - intendevo dire che, rispetto al libro di Langone, ci possono essere liturgie profonde e curate con le chitarre e le candele elettriche; così come ci possono essere liturgie tridentine o post-conciliari tradizionali esteriormente perfette ma vuote, perché così come ci sono stati e ci sono purtroppo tanti abusi in un senso, c’è anche il sopravanzare di un’attenzione un po’ troppo maniacale al pizzo e al merletto… Posso dirle, secondo la mia esperienza, che ho partecipato a messe con le chitarre che mi hanno edificato, e a messe tradizionalissime che non lo hanno fatto. Il senso di quella frase finale era soltanto questo: attenti a non assolutizzare qualche aspetto o qualche particolare. Il culto liturgico va curato e non lo sarà mai abbastanza. Ma la messa non dovrà mai diventare un fenomeno elitario e soprattutto ciò che conta veramente è l’atteggiamento del nostro cuore.
http://blog.ilgiornale.it/tornielli/2009/04/09/alta-tensione-tra-obama-e-la-chiesa-le-messe-di-langone/#comments
Leggo: "processioni d’offertorio che vedono portare all’altare praticamente di tutto, dagli scarponi rotti al ferro da stiro, balli che «c’azzeccano» come i cavoli a merenda con la nostra cultura e la nostra sensibilità, mentre hanno un senso in Africa o in Oceania". No, non ci siamo: tali processioni non hanno senso in alcun luogo. Non possiamo sopportare questi insulti all'universalità della liturgia romana. Tra l'altro, in caso opposto queste manifestazioni sarebbero sminuite a meri elementi di abbruttimento e non a gravi deformazioni del vero senso della liturgia.
RispondiEliminaLeggo che Tornielli afferma di aver partecipaoto a MESSE (al plurale" molto tradizionali ma "vuote".
RispondiEliminaSe non erro nel suo blog tempo fa scrisse che aveva partecipato una sola volta alla Messa tridentina e che non ci sarebbe più tornato.
Anche lui, che è intelligente, non sa trovar altro argomento che quello veramente deteriore dei pizzi e dei merletti. Fa torto alla sua intelligenza. Quando non si hanno argomenti seri si scade in queste banalità veramente volgari.
Non ho letto il libro di Langone, lo vedrò senz'altro, anche perché, in perfetto anonimaoto assistè una volta alla Messa a S. Francesco Poverino, e poi lessi un a "recensione" sul Foglio estremamente lusinghiera.
Vorrei dire a Barbalbero che io lavoro al Giornale, non percepisco stipendi né prebende dai vescovi. E che sono solito scrivere ciò che penso. Ho sempre denunciato gli abusi liturgici nel rito post-conciliare, e credo di essere stato tra i pochi ad averlo fatto sistematicamente e sulla stampa nazionale.
RispondiEliminaAl professor Pastorelli vorrei dire: non mi sognerei mai di dire che tutte le messe tridentine sono solo pizzi e merletti. E per quanto riguarda l'inginocchiatoio, nello stesso articolo sostengo quanto dice Langone.
Mi permetto però di dire a Lei e al recensore del mio articolo, che l'ideologia del pizzo e del merletto esiste eccome! L'ideologia dell'estetismo esiste eccome! Viaggiando molto, vengo in contatto con molte realtà: vorrà dire che d'ora in avanti comincerò a scrivere una guida Michelin delle messe secondo il motu proprio...
Grazie dell'ospitalità.
Buona Pasqua di resurrezione a tutti
andrea tornielli
Ad Anonimo: la frase del mio articolo non intendeva dire che vanno bene le processioni offertoriali con scarponi e ferro da stiro in Africa, ma - e mi sembra che linguisticamente fosse corretta l'espressione - che i balli possono andar bene in Africa, come hanno dimostrato le belle liturgie celebrate dal Papa in Camerun ed Angola. Personalmente ne sono stato edificato. E c'erano i balli...
RispondiEliminaMi sembra del tutto errato parlar di ideologia del pizzo e dei merletti, che son soltanto elementi ornamentali per rendere sensibilmente più "bella" la liturgia. La bellezza non è mai stata fine a se stessa, nella liturgia tradizionale. E lo dimostrano le stupende opere d'arte che si notano su tanti altari, l'architettura, gli affreschi che nelle chiese levano l'anima a Dio e danno una visione di Paradiso.
RispondiEliminaIn uno dei miei bollettini ho proprio dedicato spazio e citazioni a iosa di santi e papi sull'argomento liturgia e bellezza, in risposta all'ex-vescovo di pistoia mons.
Scatizzi.
Io, che di messe tridentine ne ho seguite tante dalla fanciullezza in poi,non ho mai avuto la
(s)ventura di assistere ad una liturgia tradizionale senz'anima. Quella bellezza noi la sentivamo già da ragazzini come dono al Signore di quel che più bello e prezioso possedevamo. E quest'offerta veniva dal cuore. Alle processioni del Corpus Domini usava ornare le strade non solo con fiori ed altarini, ma anche con le coperte più belle dei corredi delle mamme e delle nonne. E quando accoglievamo la Madonna Pellegrina nelle nostre umili case, quel che di più gelosamente custodito lo utilizzavamo per adornare un "trono" domestico per la Madre Celeste. Così come le nostre mamme portavano alla Madonna di Pompei l'anello o i pendenti a cui più eran legate, così come mia moglie quando sembrava giunto nell''89 il momento della mia dipartita (cancro) donò alla SS.ma Annunziata quasi tutti i gioielli di famiglia.
Ed ancor oggi, nel preparar la "mia" chiesa cerco di render l'altare degno, anche col candore e l'eleganza della tovaglia o del corporale o dei reliquari, d'accogliere Cristo Re dei Re. E, quando posso, anche con la musica dell'organo che rigenera lo spirito e d invita al raccoglimento. Lascio il tam tam ad altri che altro senso della bellezza sentono ed esprimono.
Sono anche abbastanza vecchio per ricordare le magnifiche liturgie papali di Pio XII e Giovanni XXIII. Con pizzi e merletti, preziosi paramenti, mitrie comprese.
Anche il termine "estetismo" mi sembra nel contesto del tutto inappropriato, significando esso una particolare sensibilità del Decadentismo che confonde arte e vita, per cui la vita diventa opera d'arte, e l'opera d'arte vita in connubio con certo superomismo. Wilde o D'Annunzio con la liturgia non han niente a che fare.
Che poi qualche prete possa amare più del dovuto il merletto antico non ho dubbi. Ma io che spesso mi reco in negozi di confezioni ecclesiastiche, vedo come i preti amanti delle celebrazioni prive di bellezza, i preti della chiesa dei poveri, s'affannino a sceglier camicie e giacche in tessuti particolari e particolamente costose. Per sé la "bellezza" per il Signore la cialtroneria.
Grazie ad Andrea Tornielli per aver accettato di confrontarsi sulla sua recensione.
RispondiEliminaIniziamo, come insegna Giovanni XXIII, da ciò che ci unisce. E' sacrosanta la metodologia dell'et-et ed è anche vero che la perfezione liturgica non è tutto, anzi non è indispensabile, specie in confronto con l'intenzione dei cuori. Aggiungiamo inoltre che non abbiamo potuto ancora leggere il libro recensito, quindi non sappiamo se quel suo commento derivi, o no, da un effettivo eccesso ritualista di Langone (il quale peraltro, a quanto letto in giro, afferma che la riforma liturgica fu necessaria: non è dunque un tradizionalista).
Ma (e qui cominciano le divergenze), dobbiamo ricordare a Tornielli che l'accusa di estetismo; peggio, di passione per orpelli secondari come pizzi e merletti (con tutto il sottinteso di effeminatezza che non Tornielli ma molti, e anche su queste colonne il commentatore Inopportuno, insinuano); è la prima cosa che un amante della tradizione liturgica si sente lanciare addosso. Parliamo per esperienza: il nostro vescovo, informato della nostra richiesta per la Messa antica, l'ha liquidata (impedendola)come "spettacolo e teatrino" ed estetismo elitario.
Insomma: forse tutti noi tradizionalisti avremo una sensibilità a fior di pelle sulla questione; forse, come insiste Tornielli (ma è vero o no che di Messa antica ne ha vista una sola? come fa a giudicare allora?), ci sono davvero delle caricature di tradizionalisti, incapaci di vedere oltre le fibbie e le pianete plicate. Ma dovrebbe sapere che i veri motivi perché si è tradizionalisti sono che, ad esempio, all'offertorio il sacerdote non offre "il frutto della terra e del lavoro dell'uomo", bensì "la vittima immacolata, che io tuo servo indegno a te offro, mio Dio vivo e vero, per i miei innumerevoli peccati, offese e mancanze, per tutti gli astanti e per tutti i fedeli cristiani vivi e defunti". O all'inizio della Messa, non c'è la verbosa "monizione iniziale" ai fedeli, ossia un anticipo di predica, bensì ci si ferma a distanza dall'altare chiedendo all'Onnipotente: "Giudicami o Dio e discerni la mia causa contro gente non santa; dall'uomo iniquo e perverso libera me". E potremmo continuare, per far capire che è una questione di testi, di orientamento, di adorazione, non di "pizzi, ori e merletti".
Vorremmo anche aggiungere (ma andiamo fuori tema rispetto alle affermazioni di Tornielli) che questi testi, e l'idea stessa di Messa come Sacrificio seppure incruento, sono assai più "virili" del sentimentalismo "feel-good" che troviamo in tante messe moderne: forse è per quello che i tradizionalisti, in maggioranza, sono uomini.
Insomma: sarebbe ora di piantarla con l'insopportabile corto circuito per cui chi non si soddisfa della sciattezza abituale(usiamo questo termine perché proprio in questi giorni un parroco, tra l'altro progressista, ci diceva: bisogna darvi ragione su questo, le messe sono ormai divenute davvero sciatte), è un esteta, un patito di damaschi e ammenicoli secondari che fan perder di vista l'essenziale.
La Bellezza salverà il mondo, diceva Dostojevski. Non le schitarrate, non le Messe claudicanti.
Ci perdonerà quindi Tornielli se abbiamo reagito con una certa veemenza. Proprio perché è un amico intelligente, una massima franchezza si giustifica. E concludiamo con un proverbio francese: qui veut tuer son chien, l'accuse de rage. Ossia: chi vuole liquidare il "problema liturgico" (che esiste: leggete la nostra pagina sugli scritti di Ratzinger, l'allora cardinale non fa che ripeterlo), dirà che le critiche sono espressione di un "soffocante" estetismo. E così tutto come prima.
Non riesco a capire che male ci sia nelle fibbie alle scarpe, che portano anche gli adolescenti e i giovanotti laici (qualche volta le portano anche i miei figli che sono intorno ai 40) e i camici con le trine. E non ritengo che le pianete plicate siano espressione di "estetismo", ma elemento d'una particolare liturgia. Magari le liturgie fossero "perfette"! Perfetta è la liturgia celeste: la perfezione in terra sarebbe espressione della somma bellezza divina. Invece, siccome si è uomini, qualcosa risulta sempre fuori tono.
RispondiEliminaCosì un coro "perfetto" non è "estetismo", ma manifesta l'impegno delle anime che han voluto rendere a Dio un omaggio magnifico, il migliore possibile.
Un organista impeccabile si comporta come Pio XII (esteta?) richiedeva nella Mediator Dei: la musica sia eseguita con capacità e partecipazione, in caso contrario è meglio che l'organo taccia. Questo non significa che non si debba cantare in chiesa, anche se qualcuno va fuori tempo. Ma un coro della cattedrale o di una basilica sia al'altezza.
Le rubriche di S. Pio V fissano le regole per la celebrazione della Messa, senza lasciar niente all'improvvisazione, proprio perché il rito dev'esser quello dovunque.
Tra i bambini che siedono intorno ad un tavolo e fanno la prima comunione prendendo la sacra particola da un piattino come la merendina, e una fila di bambini he s'inginochiano davanti al Signore, vorrei sapere chi pecca più di "estetismo" e teatralità.
Francamente sono osservazioni che lasciamo ai Santoro, ai Farinella.
Una signora, conosciuta otto giorni fa alla Messa, mi ha chiesto se m'interessavano camici, pianete , tovaglie ecc. provenienti da due cappelle di sua proprietà ora sconsacrate. Ovvio che dicessi di sì perché a S. Francesco non abbiamo molto. Riferì che le aveva offerte al parroco ma questi le aveva risposto: di quel vecchiume non so che farmene. Mi sa che l'estetismo è questo: adeguarsi alla moda del finto povero e spender soldi inutilemente.
Tornielli è persona seria, ch'io stimo, tanto che a lungo ho scritto sul suo blog e ci siamo anche sentiti telefonicamente.
Ma questa sua uscita non l'approvo.
Grazie per le risposte. Ve ne devo una: non è assolutamente vero che io abbia assistito soltanto a una messa tridentina! Ho partecipato per motivi professionali a decine di messe tridentine, dell'indulto e lefebvriane. Così come ho portato la mia famiglia (per comodità d'orario, confesso...) a una messa tridentina al Brompton Oratory di Londra, e ho fatto pure da padrino di battesimo a un bimbo battezzato secondo l'antico rito. Non sono un tradizionalista, non ferquento la messa tridentina domenicale (pur ritenendo giustissima la liberalizzazione di Papa Ratzinger), ma non fatemi passare per un neofita che ha infilato per una sola volta il naso in una chiesa e parla di cose che non conosce.
RispondiEliminaVorrei anche ribadire al professor Pastorelli che io non ho scritto che tutte le messe tridentine sono estetismo e ideologia del pizzo: ho detto che questo rischio c'è ed è presente.
Infine rimango un po' stupito - ma non dovrei, visti certi commenti che vengono scritti sul mio blog - dagli attacchi personali che vengono rivolti a me o a chi non è perfettamente in linea con il pensiero tradizionalista: non parlo del recensore del sito né di Pastorelli, ma di quel commentatore/commentatrice che ha insinuato che la chiusa del mio articolo fosse determinata da secondi fini (uno stipendio dalla Cei!) assolutamente privi di fondamento. Anche questo è un rischio molto diffuso nel mondo tradizionale, e non soltanto nella reazione scomposta di certi progressisti: la demonizzazione del nemico.
Non sono certo un eroe, ho fatto molti errori e ancora ne farò. Però ho sempre scritto ciò che veramente pensavo e ho preso posizioni anche scomode e controcorrente senza pensare alla carriera (4 libri in difesa di Pio XII). Dunque rispedisco al mittente le insinuazioni.
sono abituale frequentatore di una messa domenicale tradizionale.Non mi sono mai accorto di particolari "pizzi o merletti" e i canti, guidati da persone di buona volontà, a volte lasciano un pò a desiderare. Tuttavia ciò che è importante e che mi commuove tutte le volte profondamente è lo spirito diverso che si respira.A questa messa ho capito che cosa è la vera "partecipazione".
RispondiEliminaAndrea Tornielli ha, in effetti, diritto a scuse, poiché è evidente (e lo è sempre stato) che la sua opinione sul tradizionalismo non dipende da piaggeria verso la gerarchia, ma è una sua personale convinzione. Aggiungiamo che, come Tornielli ha notato, nel post non intendevamo affatto affermare che sia prezzolato; ma poiché, rileggendolo, vi è un inciso che potrebbe indurre qualcuno a pensarlo, lo abbiamo tolto: quel "per motivi che non approfondiamo", che in realtà rinviava alla ben diversa idea, comunque sbagliata stando a quel che il Nostro ci ha spiegato, che egli si fermasse a pregiudizi caricaturali senza voler conoscere più a fondo il fenomeno (ammetterà però che eravamo un po' giustificati a pensarlo, perché di solito chi liquida la questione buttandola sui pizzi e merletti è come minimo un po' superficiale).
RispondiEliminaQuindi, ci scusiamo con Tornielli, a nome di tutti, per gli "attacchi personali". E ci dispiace molto, per la "categoria" dei tradizionalisti, se dice che è un nostro ricorrente vizio. E' vero che si tratta di un'attitudine che si comprende (ma non si giustifica!) da parte di una minoranza che viene da 40 anni di disprezzo e di attacchi (e quello dei pizzi, ripetiamo, è proprio uno dei primi insulti: un po' come dire usuraio ad un ebreo), ma nondimeno è un vizio che dobbiamo vincere.
E infine: Tornielli sa che, al di là delle odierne critiche, lo stimiamo moltissimo (come può vedere dalla nostra recensione sul suo sito nella pagina dei link); non solo è vaticanista informatissimo ma, lodevolmente, è molto leale verso il Papa e la Chiesa. Cosa per la quale tutti dovremmo essergli riconoscenti; senza nulla dire della sua importantissima battaglia per la "riabilitazione" di Pio XII, anche recentemente oome esperto al convegno dello Yad Vashem.
Se dunque egli è fondatamente convinto che sussiste un problema di estetismo (chiamiamolo così, ossia culto esasperato fine a se stesso della bella celebrazione), perché non mettere in pratica davvero quello che ha proposto in questa pagina: girare e recensire qualche messa in forma straordinaria? Sarà di stimolo, per tutti noi, per migliorare e, al tempo stesso, ci informerà su quale possa essere l'impatto di tali Messe sui fedeli "di forma ordinaria"; quelli, non dimentichiamolo, cui il Papa ci domanda di far conoscere il più possibile la Messa antica affinché possa arricchire la nuova.
Io ricordavo un post di Tornielli in cui diceva di aver assistito ad una messa tridentina e che non ci sarebbe più tornato. Evidentemente escludeva quelle a cui aveva assistito per dovere di cronaca.
RispondiEliminaNon ho modo di rintracciar quel post, ma non è importante. Inoltre la memoria potrebbe ingannarmi
Quel che io non capisco è come una Messa di profonda sacralità possa anche da qualche prete vanesio esser ridotta a puro spettacolo estetico: la sacralità è nella stessa messa, nella sua struttura, nelle sue preghiere, nei suoi gesti, nei suoi silenzi, nel suo spirito adorante. L'aspetto estetico può contribuire a tal clima adorante, non sostituirlo né prevaricarlo, né deturparlo.
E poi sinceramente dove sia quest'ideologia del pizzo e del merletto (ma non sarebbe più corretto parlare di eccessiva attenzione o ricerca?) e chi la propone e chi la segue, io non lo so proprio.
Tornielli è molto più giovane di me: avrà pure assistito (come dice e gli credo, perché, come ho scritto, è persona seria che io rispetto anche se talvolta dissento da qualche sua posizione) a decine di messe tridentine: io le frequento da 65 anni, dagli anni cioè da cui partono miei sicuri ricordi.
Certo, in alcuni pontificali la cura della perfetta applicazione delle rubriche può sembrare sofisticata: ma è obbedienza a ciò che il Messale ed il rituale prescrivono. E l'obbedienza è amore, non esteriorità.
"Per una reverenza darei la vita" scriveva S. Teresa. Più amore di questo!
Le insinuazioni di qualcuno
contro il bravo giornalista e studioso sono da stigmatizzare.
Il dissenso da alcune sue affermazioni dev'esser fraterno oltre che civile. Non è, Andrea, un saltimbanco o un Farinella o un Barbero.
Forse se venisse a S. Francesco Poverino, potrebbe vedere qualche bella tovaglia e camice con un po' di pizzo, qualche bella pianeta, ma una Messa quasi sempre letta e con un ministro senza pizzi, ma con indosso la tunicella bigia della confraternita. Quando non viene un seminarista di Gricigliano.
Caro Pastorelli, mi ricollego al suo ultimo post "per fatto personale". Nel senso che ieri, a Pasqua, ero proprio a S. Francesco Poverino, guarda un po'. Speravo di incontrarla, ma mi hanno detto che era in campagna. L'estetica ha la sua parte in una celebrazione liturgica, ma non l'estetica del pizzo e del merletto tanto cara agli spregiatori (chi vuole vedere difetti a tutti i costi li troverà dovunque e comunque). Il clima di un oratorio di confraternita sei-settecentesco (dato a naso, lei eventualmente mi corregga) perfettamente conservato, con i suoi banchi in legno, è per esempio un valore aggiunto al raccoglimento e alla contemplazione. Almeno per chi queste cose le sente, ma chi non le sente ha una marcia in meno, non una marcia in più di cui vantarsi. Unica cosa, a Pasqua mi sarei aspettato una messa cantata e non solo letta, ma forse questo corrisponde alla scelta di essenzialità del luogo.
RispondiEliminaCaro Jacopo.
RispondiEliminaero e sono ancora in campagna.
Da noi le Messe sono per lo più lette, salvo occasioni particolari. Ciò perché raramente il nostro organista è libero
(deve campare anche suonando, mentre da noi viene gratuitamente), e non possiamo permetterci di pagar un sostituto neppure una domenica al mese, dopo che ci siamo svenati per il rifacimento totale del tetto di tutto l'edificio e delle facciate non visibili dalla piazza: poco meno di 300.000 €; a volte strimpelo io, e se c'è qualcuno che canta, la Messsa degli Angeli senza molte pretese riusciamo a cantarla. E' difficile mettere insieme un coro, perché spesso deterninate persone sono anche impegnate in parrocchia e comunque non disponibili nelle feste.
Qualche buon cantante ha lasciato, purtroppo, Firenze; la notte di Natale ed altre festività le solennizziamo nei limiti del possibile. In passato l'organista c'era tutte le domeniche.
Inoltre, la Messa letta, soprattutto, per i nuovi arrivi, è più compensibile, perché leggono ed ascoltano, e comprendono meglio il carattere del Sacrificio e la profondità delle preghiere. In particolare preferisco che sempre le preghiere iniziali siano sempre recitate a voce alta. Una volta "entrati nel rito" possono seguir anche la messa cantata.
Insomma alcune scelte ed alcune cause di forza maggiore.
Comunque spero che avrai trovato sobrietà e decoro. Che è quello che a me, come governatore, interessa di più. Ognuno dà quel che ha da dare.
Per i detrattori della bellezza, osservo che la tovaglia è ornata, come le poche altre in dotazione, d'un pizzo opera di pie mani d'un tempo, ed il calice che ho lasciato sull'altare è di scuola lombarda del '700. Ed antichi sono i reliquiari che ho esposto.
Inoltre in chiesa avrai notato la pala d'altare di Jacopo da Empoli, nelle nicchie laterali, un'Immacolata del'700, un crocifisso di scuola lauretana che risale al 1370 circa, e gli affreschi settecenteschi di gennaro Landi. Nell'anticappella una annunciazione recentemente restaurata di Jacopo da Empoli(era un confratello), la prima messa di S. Filippo Benizi del Vignali
(1627), una ceramica del 1450 circa rappresentante S. Girolamo che si flagella, una Madonna con Bambino e S. Giovannino, tempera su oro dello pseudo Pier Francesco Fiorentino (metà 1400) un crocifisso del Poppi, e due quadri di Baccio del Bianco raffiguiranti il fondatore della confraternita di S. Girolamo, Beato Carlo dei conti Guidi e s. Bernardino, confratello. Altre tele son da restaurare. Un bel crocifisso del Verrocchio ora è al Bargello.
Bisognerebbe invitare i detrattori della bellezza, chi taccia di estetismo o elitarismo ciò che è invece perseguimento della massima armonia, bisognerebbe invitarli a riflettere su un dato molto semplice:
RispondiEliminail Padre Eterno, per nostra fortuna, la pensa diversamente, e nella sua creazione ha profuso bellezza senza inutili economie, la natura ci offre sistematicamente spettacoli straordinari, al punto che persino una chiesaccia in cemento armato costruita negli anni Settanta può diventare passabile se mascherata da alberi e rampicanti.
L'accusa di vanità estetizzante è, insieme a quella di elitarismo, l'arma più insidiosa e affilata di cui fanno uso i detrattori del rito tradizionale.
Forse ha ragione Tornielli quando censura la sclerotizzazione del tradizionalismo in ideologia. E' un effettivo pericolo e a volte una triste realtà. Ma i tradizionalisti non sono gli unici a esservi esposti. La devitalizzazione ideologica delle buone ragioni spirituali è presente, e in proporzioni molto maggiori, anche tra le file degli antitradizionalisti.
Nell`agosto 2007, Andrea Tornielli aveva domandato l`aiuto dei suoi blogger per un suo progetto di censire gli abusi liturgici .
RispondiEliminaEcco che cosa aveva scritto:
"Leggendo alcuni dei vostri commenti ai post dedicati al Motu proprio di Benedetto XVI che liberalizza il messale antico, mi è tornato in mente un vecchio progetto, per il quale vorrei chiedere il vostro aiuto. Mi piacerebbe “censire” in qualche modo, con dovizia di documentazione (e un pizzico di ironia) gli abusi liturgici che vengono compiuti nelle nostre chiese. Una panoramica dettagliata - potrebbe essere un libro - credo aiuterebbe a capire perché ci sono persone che riscoprono l’antica liturgia. Allego una foto, che riprende un illusionista intento a fare un gioco (la sospensione della partner) quale “offertorio” durante una messa. Vi va di aiutarmi?"
In un commento aveva scritto:
"Credo però che un’attenzione sulla liturgia, un’attenzione perché sia ben celebrata, rappresenti un aiuto per tutti. E, soprattutto, penso segnalare (fraternamente) abusi, sciatterie, etc. possa rappresentare comunque un antidoto nei confronti di chi vede solo la pagliuzza negli occhi altrui dimenticando la trave nei propri."
Ho domandato ad Andrea Tornielli se il suo progetto verrà il giorno.
Tornielli è un vaticanista per il quale ho la più grande stima, uni dei rari a seguire con lealtà e intelligenza il pontificato di Benedetto XVI.
Uno dei rari a trasmettere con esatezza le parole del Papa, uno dei soli a saper fare delle sintesi che non tradiscono il pensiero del Papa ma che lo riportano fedelmente.
Sono stata delusa dalla conclusione del suo articolo, non dobbiamo avere la stessa sensibilità liturgica, ma ciò nulla toglie alla sua serietà e alla sua competenza.
Inviterei una volta Andrea Tornielli alla Cappella FSSPX di Torino. Avrà modo di constatare la povertà dell'ambiente e degli arredi, la fatica dell'organista nel sostenere un canto gregoriano quasi sempre mera espressione di "buona volontà", la sobrietà dei paramenti e dell'Altare. Una autentica Catacomba dunque, che ospita da circa trent'anni quei "picchiati" del latino che non meritano alcuna attenzione da parte di Sua Eminenza il card. Poletto.
RispondiEliminaDifficile proprio parlare di "estetismo esasperato" in una situazione del genere! Eppure... è l'unica cosa che il nostro amico riesce ad esprimere nei confronti dei lefebvriani. Davvero non lo capisco!
Nei preti c'è compiacimento della sciatteria, gusto della sostanza contrapposta alla forma. In realtà è poi un gusto della forma cattiva. Poche sono le eccezioni.
RispondiEliminapurtroppo sono stato fuori e non ho potuto intervenire prima nella dotta disquisizione.
RispondiEliminaIo ho scritto in un mio precedente messaggio, che forse l'ultimo capoverso dell'articolo era dovuto a ragioni economiche più che ad una reale convinzione ma prendo atto della risposta, garbata, del dott. Tornielli e lo ringrazio... Non posso dire lo stesso quando Afferma che nell'ambiente tradizionalista vi è una continua (o frequente che sia)demonizzazione dell'altro, per i seguenti motivi:
1) non ho demonizzato nessuno, ho solamente esposto un mio pensiero in maniera peraltro urbana, sono contento che il dott. Tornielli abbia vigorosamente smentito ed abbia affermato di credere in quello che ha scritto.
2) personalmente ho sempre notato che la critiche alla Liturgia di San Pio V sono per lo più superficiali e maliziose. Tra queste quelle della "Teologia dei pizzi e merletti". Il fatto che il dott. Tornielli abbia avallato questa interpretazione mi lasciava abbasito in quanto nelle sue opere ha sempre dimostrato di essere particolarmente attento e metodico.
3) la demonizzazione l'ho trovata più che altro nei c.d. "progressisti" i quali a onor del vero sovente usano gli stessi clichè di radical-chic pseudo giacobini.
4) Non posso dire se coloro che assistono alla Santa Messa lo fanno unicamente per narcisismo estetico (novelli d'annunzio) o per piena convinzione e anche se ritengo che non si possa generalizzare, devo dire che questo atteggiamento di amore dell'estetica, a scapito della sostenza, non l'ho mai trovato.
per il resto continuerò a leggere gli articoli, il blog e i libri, del dott. Tornielli che ritengo spesso forieri di preziose notizie.
Anche la bellezza E' sostanza. Gli antichi l'hanno compreso. I rozzi manovali dei giorni nostri no. Piantiamola di criticare il senso del bello! E' come criticare il papa perché è intelligente. Che idiozia!
RispondiEliminadevo fare ammenda riguardo la parrocchia di s. Pio V ad Alessandria: ancorchè ci fossi stato molte volte, non avevo mai notato i due confessionali. Si, essi ci sono ma si notano solo all'uscita, e sempre che uno vada a cercarli. Se non si osserva più che bene, non si vedono perchè non c'è nessuna indicazione. Confermo invece che in essa, pur dedicata a s. Pio V, non c'è alcuna effige o quuadro o statua che ricordi il Papa alessandrino. Alessandro
RispondiEliminaPersonalmente simpatizzo con Langone, ma non amo le recensioni di Messe. Mi ricordano sempre i consigli di Berlicche al suo giovane apprendista: se non si può evitare che l'anima a cui un diavolo mira vada a Messa, la si trasformi almeno in una "intenditrice" di Messe.
RispondiEliminaPer quanto riguarda Tornielli, il suo articolo era già chiaro a sufficienza, e in seguito si è spiegato ampiamente: continuare a ribattere con mille distinguo diviene inutile o paranoico.
Per quanto riguarda gli atteggiamenti "pizzofili", da amante della forma liturgica straordinaria, devo dire che non mi sembrano il centro del problema, ma devo riconoscere che talora esistono. Così come una certa rigidità del mondo tradizionalista (giustificata quanto si vuole da un quarantennio difficile, ma pur sempre presente).
Personalmente amo molto la liturgia tradizionale monastica, proprio in quanto capace di equilibrio tra rigore e splendore, tra correttezza teologica e capacità di accoglienza.
Ma non inorridisco neppure di fronte alla vita liturgica di una parrocchia qualunque (la mia) senza troppi pregi e con qualche difetto. La comunione ecclesiale la concepisco con tutta la Chiesa universale, non solo con le sue parti che mi sono più affini.
La comunione dev'esserci sempre con tutta la Chiesa, purché sia la stessa Chiesa.
RispondiEliminaInoltre non vedo perché non ci si debba sentire più vicini ad una forma liturgica anziché ad un'altra.
Daniela sente molto la spiritualità monastica: anch'io.
Però nei dintorni non c'è monastero dove io possa vivere il ponerigio della domenica la liturgia tra splendore e ortodossìa dottrinale. Una qualche dignità trovo tra gli amici olivetani di S. Miniato, ma son pochi, tre giovani e tre vegliardi quasi novantenni.
Rigore e splendore, ortodossìa e accoglienza io trovo a Gricigliano.
E qui incontro sacerdoti dei dintorni che scuotono il capo a pensar alle loro chiese e ai loro seminari.
Non capisco perché si diventi paranoici (che finezza!) se si prendon le distanze da alcune posizioni, anche da divers angolazioni, del pur bravo Tornielli.
Il blog esiste perché susicita commenti. In caso contrario si chiude.
Non mi sembra opportuno che una nuova venuta si senta autorizzata a tappar la bocca ai frequentatori di questo blog.