Le palme della Riviera dei Fiori divennero protagoniste della Domenica delle Palme grazie allo slancio sincero del Capitano Giovanni Bresca, il giorno in cui vi venne eretto l’obelisco più famoso di Roma Antica, e che consentì di evitare una strage di fedeli, accorsi per l’occasione. I fatti si riferiscono al 10 settembre 1586, quando, per volere di Papa Sisto V, l'architetto Domenico Fontana collocò in Piazza San Pietro il gigantesco obelisco egizio trasportato a Roma da Caligola nel 39 d.C. e dedicato ai suoi predecessori Augusto e Tiberio. Operazione ardita: l'obelisco, che ancor oggi fa bella mostra di sé nel centro della suggestiva piazza, è alto 26 metri e pesa 350 tonnellate. Per l’operazione vennero impiegati, pare, novecento operai, centoquaranta cavalli e quarantaquattro argani. Data la delicatezza e la pericolosità dell'operazione, guidata dal Fontana, il Santo Padre aveva ordinato ai numerosi fedeli presenti il silenzio più assoluto al momento di issare definitivamente l’obelisco, minacciando la pena di morte per i trasgressori. Pena di morte che a quel tempo si poteva rischiare anche per cose abbastanza futili.
Oltretutto Sisto V (Felice Peretti al secolo) era un Papa severo, decisionista e con un’energia titanica. Fece in cinque anni un lavoro che ne avrebbe richiesto cinquanta. Oltre allo spostamento dell’obelisco costrinse squadre di uomini a lavorare giorno e notte per sistemare la cupola di San Pietro. Costruì la Libreria Vaticana. Fece erigere un acquedotto che portasse l'acqua fino al centro di Roma. Si meritò ampiamente il soprannome "Il Turbine Consacrato". Durante la posa, ad un certo punto, però, l’obelisco vacillò pericolosamente – le funi con cui si stava sollevando l’enorme scultura monolitica erano prossime al punto di rottura – e Giovanni Bresca, incurante della pena di morte certa che l’avrebbe colpito gridò: 'Aiga ae corde!' (Acqua alle corde). L’imperioso consiglio del marinaio ligure venne subito accolto dagli ingegneri del Vaticano, e si evitò così il surriscaldamento delle gomene che, adeguatamente bagnate, si contrassero permettendo così il definitivo assestamento dell’obelisco che era pericolosamente in bilico, consentendo di portare a buon fine l’impresa. Il Papa non punì l’audace capitano Bresca, anzi volle compensarlo accordando a lui e alla sua discendenza il privilegio di poter inviare a Roma i “parmureli” necessari per le feste pasquali in San Pietro. Da allora, da oltre quattro secoli, le città di Sanremo e Bordighera, che tra l’altro continuano a contendersi la paternità del Bresca, hanno legato il loro nome alla tradizionale cerimonia della benedizione delle palme, per la domenica che precede la Santa Pasqua. L’importanza e la considerazione che il Vaticano riservava a questo privilegio assunse anche connotati curiosi. Quando le fronde di palma giungevano a Roma via mare, l’imbarcazione che le trasportava, giunta alla foce del Tevere, innalzava un “parmorelo” sul suo albero maestro. Questa “bandiera” dava alla barca ligure il diritto di precedenza su tutte le altre imbarcazioni, consentendo alle foglie di palma rivierasche di raggiungere il più celermente possibile il Vaticano.
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