Post in evidenza

Ancora la Cathédrale Notre-Dame di Parigi! Le riflessioni dei veglianti che da 169 settimane pregano davanti all’Arcivescovado

Vi proponiamo – in nostra traduzione – la lettera 1142 pubblicata da Paix Liturgique il 20 dicembre , in cui Christian Marquant, Presidente...

venerdì 20 marzo 2009

Parla Mons. Fellay

Proponiamo con piacere il testo dell’intervista a monsignor Bernard Fellay, superio­re della Fraternità San Pio X, che due intellettuali cattolici, Alessandro Gnocchi e Mario Palmaro (autori tra l’altro dell’ottimo “La Messa non è finita”) hanno oggi pubblicato su “Il Foglio

Monsignor Fellay, dopo la pubblicazio­ne della lettera del Papa ai vescovi sulla vicenda della Fraternità San Pio X, in un comunicato ufficiale, avete detto di voler considerare il Concilio Vaticano II e l'in­segnamento postconciliare alla luce della tradizione. Come si dice in gergo giornali­stico, è una notizia?
"Come si dice in ger­go teologico, è la sostanza. Significa che il filtro, la luce che darà il suo vero senso al­l'insegnamento postconciliare sarà sem­pre il deposito della Rivelazione. Lo stru­mento per fare chiarezza é il magistero perenne e costante del Papa a cui Dio ha affidato la missione di salvaguardare e trasmettere la fede. In filosofia si dice che un atto è preordinato al suo oggetto. In questo caso, l'atto è il magistero, l'oggetto è il deposito della fede, cioé la Tradizione che San Vincenzo di Lerins definisce co­me 'ciò che è stato creduto sempre, ovunque e da tutti'. Il Papa è il supremo custo­de della Tradizione".

Proprio il Papa, spie­gando che la Chiesa non nasce con il Con­cilio Vaticano II ma due millenni prima, dice anche che la Tradizione non si può fermare al 1962. Cosa ne pensa?
"Noi non vogliamo arrestare la Tradizione al 1962. Se siamo stati capaci di seguire tutto l'in­segnamento della Chiesa dalla sua nasci­ta agli anni Sessanta, con tutti i suoi svi­luppi, significa che non siamo, come si usa dire, dei ‘fissisti’. E' vero abbiamo posto dei problemi sul Concilio Vaticano II, che peraltro si è autodefinito ‘concilio pastorale’ e non ‘dogmatico’. Questo dipende dall’evidente impossibilità di inserire nella continuità della Tradizione alcune novità che ne sono scaturite. Ricordiamoci che la Tradizione, secondo l'insegnamento della Chiesa, è una fonte della Rivelazio­ne divina, non è un balocco nelle mani de­gli uomini, neanche dei tradizionalisti. Gli sviluppi in questo ambito richiedono omogeneità, possono essere un passaggio dall'implicito all'esplicito, ma non possono mai essere in opposi­zione a quanto insegnato nel corso dei secoli. La ragion d'essere della Chiesa, gui­data dal Papa, sta nella conservazione del depo­sito della fede che le è stato consegnato da No­stro Signore".

Lei pone un legame ontologico fra il Papa e la Tradi­zione. Sicuramente, la revoca della sco­munica che vi aveva colpiti nel 1988 invi­ta a guardare in que­sta direzione. Ma non tutti lo fanno vo­lentieri.
"Certamente non lo fanno volentieri coloro che non hanno più voluto ascoltare il richiamo della Chiesa alla militanza, al distac­co dal mondo, alla neces­sità di seguire i comanda­menti per trovare la salvezza eterna. Tut­ti questi sono profondamente insoddisfat­ti da un passo simile".

Uno dei passaggi salienti della lettera del Pontefice è quello in cui si mostra consapevole della crisi di fede in cui si trova anche il mondo cattolico. Qual è, a suo avviso, il risvolto più preoccupante di questa situazione?
"Se, fondamentalmen­te, la crisi della Chiesa è una crisi di fede, per conseguenza immediata è anche una crisi dei ministri che devono tramandare questa fede, i sacerdoti. Se è in crisi il sa­cerdote, le grazie che devono essere tra­smesse agli uomini attraverso il suo mini­stero, in particolare attraverso il sacrifìcio della messa, non passeranno più o passe­ranno molto più difficilmente. Dunque è necessaria una riforma del sacerdozio, un ritorno al senso della vocazione e alla san­tità sotto tutte le forme. Il sacerdote è un altro Cristo, niente di meno".

A questo proposito, pur non mancando di severità in alcuni passaggi, il Papa ha dimostrato nei confronti dei sacerdoti della Frater­nità San Pio X un'attenzione piena di de­licatezza. Che cosa provate?
"Penso che se il Papa ha visto in alcuni nostri sacerdoti degli eccessi o delle rigidità, vede anche qualche cosa ­di più. Vede la sincerità, la serietà. Vede l'amo­re per la Chiesa e per la fede, l'amore per le anime. Un amore pronto a sopportare molte sofferenze per compie­re la missione di salvare le anime".

Nella sua lettera, il Papa, riferendosi alle ordinazioni episcopali celebrate da monsignor Lefebvre dice testualmente "Un'ordina­zione episcopale senza il mandato pontificio si­gnifica il pericolo di uno scisma". Non dice "è uno scisma". Dun­que voi non siete mai stati staccati da Ro­ma?
"Noi lo abbia­mo sempre detto. Le ordinazioni episco­pali avvennero effetti­vamente senza l'accordo esplicito di Papa Giovanni Paolo II. Ma, in quelle circostan­ze storiche, era evidente che non si trat­tasse di un atto di ribellione alla Santa Sede, né del tentativo di stabilire una gerarchia parallela che, effettivamente, avrebbe potuto dare luogo a uno scisma. Monsignor Lefebvre, quando decise di procedere alle consacrazioni, prese tutte le necessarie cautele al fine di evitare qualsiasi pericolo di scisma. Oggi, vent'anni dopo, siamo veramente felici che Roma lo riconosca".

A parte alcuni intellettuali, molti catto­lici hanno visto questa lettera del Papa come l'occasione di rimettere in riga un episcopato poco propenso all'obbedienza. In alcuni punti. Benedetto XVI mostra di essersi sentito tradito. L'Osservatore Ro­mano mette il dito nella piaga accusando una parte della Curia romana per la fuga di notizie circa il caso Williamson, creata apposta per colpire Benedetto XVI. Cosa significa tutto ciò?
"Quando noi parliamo del problemi del Concilio VaticanoII, ci riferiamo anche a problemi di questo genere, che oggi vengo­no evidenziati dal Papa. Non siamo noi a dirlo, ma la storia, che durante il Concilio si fronteggiarono due parti, una tradizio­nale, rappresentata soprattutto dalla Cu­ria romana, e un'altra progressista. Fu quest'ultima a vincere e mise fin da subi­to nel mirino il papato. Oggi dimostra di essere stanca, non sa parlare alle nuove generazioni che vogliono qualcosa di più sano e di più santo. Tuttavia, non ha cessa­to di operare e si batte con le armi più di­verse. La nostra vicenda è solo l'ultima in ordine di tempo".

Dunque è il Papa il ve­ro bersaglio?
"E' evidente. Il mondo pro­gressista, che si è alleato con lo spirito moderno liberale, appena vede la Chiesa le­vare la sua voce forte e chiara per ristabi­lire la verità, reagisce attaccando il Papa".

Con la sua lettera, il Papa riporta il con­fronto con la Fraternità San Pio X sul suo piano naturale, quello della dottrina. Que­sto significa che il Santo Padre vi giudica interlocutori degni di attenzione. Con quale animo e con quali aspettative vi preparate a questo dibattito?
“E' ciò che chiedevamo da tempo. Abbiamo sempre detto che il più grave problema dei testi conciliari sta in certe ambiguità che offro­no la possibilità di interpretazioni multi­ple. Dal testo di un Concilio ci si attende la chiarezza e non l'ambiguità che obbli­ga a considerazioni successive per stabi­lirne la corretta interpretazione. Altri­menti ci si chiederà sempre che cosa sia più importante: il testo o l'interpretazione del magistero? Inoltre, bisogna dire che c'è anche un problema filosofico. I docu­menti conciliari non sono stati scritti se­condo il linguaggio della 'philosophia perennis', ma secondo quello della filosofìa moderna. Da questo scendono altre que­stioni interpretative. Perciò riteniamo che bisognerà lavorare molto e bisognerà met­tere in conto delle difficoltà. Ma noi ci stiamo preparando seriamente. Quando si lavora per il bene della Chiesa, le diffi­coltà non fanno paura".

Monsignor Fellay, chi sono questi tradizionalisti?
"Sono cat­tolici che vogliono vivere come i cattolici di tutti i tempi, che cercano la salvezza imitando i santi e seguendo ciò che la Chiesa ha sempre insegnato. Insomma, so­no dei cattolici normali ben attenti a non farsi sorprendere dalle sirene che li invi­tano ad accasarsi in un mondo ostile a No­stro Signore".

35 commenti:

  1. Ottima premessa. Bravo Monsignor Fellay!

    RispondiElimina
  2. bravo, parole che a me personalmente piacciono molto.
    e che condivido in pieno.

    RispondiElimina
  3. A me invece pare, con tutta franchezza, che quest'intervista non sia pienamente un'ottima premessa. Leggendo fra le pieghe, cosa vuol dire infatti S.E. mons. Fellay quando parla di "impossibilità di inserire nella continuità della Tradizione alcune novità che ne sono scaturite" (dal Concilio Vaticano II)? Vuol dire che è "impossibile inserire nella continuità della Tradizione", per fare un solo esempio, la riforma liturgica, ovvero che essa -- contrariamente all'insegnamento del Magistero fino a Benedeto XVI incluso -- non è pienamente legittima, valida e atta a santificare i fedeli? E questo al di là della pienissima legittimità di chi è legato, e finanche vincolato, alla forma straordinaria del Rito romano. Ovvero, mons. Fellay ci sta dicendo che è pronto a discutere a patto che la Santa Sede accetti i suoi giudizi, cioè che il Magistero si sottometta al suo "magistero"? Bella premessa, altro che... peraltro offerta dall'ennesima intervista in ginocchio di Palmaro e Gnocchi (pietà!, basta!)...

    RispondiElimina
  4. Eh, aleggia ancora la presunzione di essere gli unici depositari della tradizione e di potere/dovere insegnare a tutti gli altri, papa compreso, il loro mestiere. Ma onestamente hanno fatto enormi passi avanti rispetto a qualche anno fa. A una quadra alla fine ci si arriva!

    RispondiElimina
  5. Ottimo intervento. La "riconciliazione" è mooolto vicina. Il problema "concilio" si può dir risolto nel momento in cui laSanta Sede riconosce che nei documenti del Vaticano II vi sono passaggi anfibologici (interpretati finora in chiave eterodossa) che vanno reinterpretati in continuità col magistero precedente.
    L'anonimo che pensa alla riforma liturgica come unico elemento di "frizione" dimostra che non conosce bene la natura dei problemi che non è liturgica ma teologica.
    E giustamente il papa con la sua recente lettera ai vescovi ha riportato la questione al suo livello naturale, teologico appunto.Antonello

    RispondiElimina
  6. Mi permetto di correggere un pochino quello che dice Antonello: i problemi non sono teologici, ma dottrinali. Il papa usa apposta questa parola. Sta dicendo che l'interpretazione di teologi progressisti o teologi conservatori non è un problema insormontabile per la chiesa. Il conflitto delle interpretazioni c'è sempre stato (se no, perchè si sarebbero celebrati tanti concili?). Il punto è che dopo un Concilio bisogna accettarne i testi dottrinali secondo l'interpretazione autentica data dal magistero del Papa e dei vescovi in comunione con lui. Quindi prima si è vescovi in comunione con il papa e si accetta la lettera del concilio ecumenico che è infallibile in fede e morale (cosa ben assodata dalla Tradizione), poi si potrà discutere di questo o quel passo che viene malamente interpretato.
    La Santa Sede non deve riconoscere un bel niente: sono i quattro vescovi non in comunione con il Papa che devono prima di tutto riconoscere nei fatti e nelle parole la sua autorità di supremo interprete e custode del magistero, e al contempo accettare tutto l'insegnamento dottrinale come proposto dal concilio. A quel punto potranno proporre la loro interpretazione (che probabilmente sarà accettata senza problemi dal Papa e aiuterà, come contrappeso, rispetto ad altre interpretazioni.)

    RispondiElimina
  7. fr. A.R. giustamente mi corregge.
    e lo ringrazio.
    ma la questione non è comunque di mera interpretazione. comunque attendiamo fiduciosi i prossimi colloqui.
    Colloqui che, per il fatto stesso che sono in progetto di svolgersi dimostrano come le questioni sollevate dalla FSSPX sono per lo meno serie e fondate. E in questi ultimi 40 anni tali problemi li hanno sollevati solo i vescovi della FSSPX o di area tradizionale ( un nome per tutti: de Castro Mayer); gli altri vescovi cattolici, tutti gli altri vescovi dicevano e dicono: " non ci son problemi, va tutto bene, l'applicazione intensiva ed estensiva del Vaticano II produce frutti meravigliosi".
    E noi non mettiamo in dubbio tali frutti, ma constatiamo che (solo per fare un paio di esempi): le chiese sono ogni giorno più vuote; i seminari sono sempre più vuoti; i sacerdoti sono sempre di meno; l'ortodossia della fede è sempre più misconosciuta e attaccata; la vita spirituale sempre più languida ed epidermica.
    Ignorare che i documenti del Vaticano II risentono chiaramente dello "scontro" tra novatori e conservatori seve solo a procrastinare la risoluzione dei problemi che esistono.
    A nulla però serve affermare che i documenti di un concilio son sempre frutto collegiale. E' vero, ma il Vaticano I e Trento, giusto per restare agli ultimi due concili precedenti il VaticanoII, anche se frutto collegiale del medesimo corpo episcopale, sono di una chiarezza cristallina.
    chiarezza e cristallinità che non si riscontra nel Vaticano II. Propio qualche anno fa discutevo con alcuni confratelli dei problemi sollevati dal "subsistit in"; a giustificazione di una interpretazione ortodossa e in linea con la Tradizione mi veniva offerto un interessantissimo saggio del grande mons. Gherardini il quale per dimostrare la continuità tra il "subsistit in" e "l'est" impiegava una decina di pagine fitte fitte!!! Ci rendiamo conto? Dieci pagine fitte, migliaia e migliaia di parole per spiegare che "subsistit in" vuol dire "est"!!!


    antonello sempre quello.

    RispondiElimina
  8. Sarò ignorante e non lo metto in dubbio, ma dopo aver letto la Mortalium animos trovo notevoli difficoltà (eufemismo per dire: trovo solo difficoltà grandi quanto la cupola di Michelangelo)a vedere la continuità in Unitatis Redintegratio.
    Questo documento dice il contrario di ciò che dice quello.

    RispondiElimina
  9. Caro ultimo anonimo, non sei ignorante, ma semplice e la verità del vangelo è per i semplici non per chi complica la dottrina cattolica. Checché ne dicano alcuni anche in questa sede, il concilio ha ribadito la dottrina tradizionale, ma complicandola e a volte rendendola equivoca, come l'infelice frase della Gaudium et Spes che dice che Dio avrebbe creato l'uomo per se stesso (nel senso di uomo).

    Quello che per me e per te sembra semplicemente contraddittorio, non lo si può dire, perché il concilio è più importante del Vangelo. Puoi mettere in dubbio la storicità della risurrezione, ma guai se metti in dubbio l'ispirazione divina di una sola parola del concilio.
    Io lo trovo ridicolo, semplicemente.

    RispondiElimina
  10. A me le parole di Monsignor Fellay sono piaciute.
    Si sentono troppe note stonate in bocca al nostro clero per non pensare che ci siano problemi dottrinali a monte.
    E poi c'è la storia degli ultimi quarantanni che, come dice assai bene Antonello, impone che un giudizio sia dato.
    Forse è il momento di mettere anche in discussione i ben propagandati frutti del Concilio: il dialogo in primis, la riforma litugica, le pessime abitudini che sono invalse nella distribizione dell'eucaristia, le omelie eretiche, l'ottimismo incosciente del post conciliarismo ecc. ecc.
    Non possiamo guardare con sospetto chi è arrivato prima di noi a posizioni che ogni giorno che passa diventano sempre più forti.

    RispondiElimina
  11. Non capisco perché, nella ricerca dell'unità, con gli ortodossi (e mi fermo qui) che sono eretici e scismatici si debbano affrontare discussioni dottrinali da loro contestati o rigettati, mentre per i lefebvriani che il frate A.R. scismatici considera (non così il Papa o Castrillon) debba venir prima l'accettazione acritica del concilio e poi la discussione.
    Non sono un cattolico adulto e preferisco restar nella mia ignoranza.
    Più d'una volta ho segnalato alcuni punti che necessitano del chiarimento da parte della S. Sede, chiarimenti mai venuti, forse perché non possono venire? O perché essendo il concilio pastorale, se non si accettano si può chiudere un occhio?

    Qui ne vorrei ricordare un altro che quasi nessuno cita mai: nell'Uunitatis Redintegratio, si parla di "gerarchia delle verità".
    Mai una affermazione del genere si ritrova nel Magistero. E', dunque una novità. Quale è l'interpretazione che ne dà il Papa? In quale documento è stata data questa interpretazione?
    Io ricordo che nel Vaticano I, in Dei Filius, Costituzione dommatica, si parla di "mysteriorum nexus", espressione che non si ritrova nel Vaticano II. Tra le due espressioni v'è un abisso. La gerarchia delle verità fa sì che ci si possa dilettare a stabilir quale sia più e quale meno importante o di più o meno antica definizione e diffusa accettazione. Nel mysteriorum nexus, si dice che tutte le verità, sia de fide divina che de fide ecclesiastica sono così intimamente connesse che ciascuna s'illumina dell'altra ed ognuna contiene il tutto e al tutto è necessaria.
    La gerarchia delle verità mi ricorda troppo da vicino la dottrina dei punti fondamentali condannata nell'infallibile Mortalium Animos di Pio XI.

    Allora, lasciamo che la Fraternità e la S. Sede parlino e si chiariscano.
    Non trovo nessuna iattanza nell'intervista di Fellay: chi può negare che i sacerdoti della Fraternità custodiscono intatta la Sacra tradizione? Per il Vaticano II hanno delle riserve: loro presentano le loro riserve, il Papa giudica, risponde, approva, formula o riformula, rigetta ecc. I risultatri, in un senso o nell'altro verranno. Io ho fiducia in queste discussioni ed in un esito positivo, ma non ho la sfera di cristallo. Sarà fatta la volontà di Dio.
    Il Papa le vuole queste discussioni che la Fraternità ha sempre chiesto inutilmente Il frate A.R. no? Mi dispiace per lui, ma bisogna che si rassegni. E non solo lui.

    RispondiElimina
  12. "Allora, lasciamo che la Fraternità e la S. Sede parlino e si chiariscano".
    Dante Pastorelli hai ragione, e come hai ragione!
    Gli enigmi diventano chiari , una volta risolti. Ma per risolverli bisogna pensare, discutere, ascoltare e alla fine ammettere la verità.
    Nelle dispute tra saggi vince chi perde, perché impara.

    RispondiElimina
  13. Non è una partita di coppa, né una guerra.
    A me importa che si faccia, finalmente, chiarezzza nella Chiesa, senza ricorrere ad accordi pratici tipo Campos o Fraternità S.Pietro ecc. Le ambiguità di alcuni testi del Vaticano II, a tanti anni di distanza offrono un desolante panorama di devastazione dottrinale, liturgico, disciplinare, morale.
    Io credo di aver il diritto di saper dal Papa il reale significato di alcuni passi la cui interpretazione - e relative - è multipla, cosa inaudita per documenti di un concilio.
    Alcune spiegazioni che son state date sono una mera ripetizione delle parole conciliari, senza uno sforzo di esegesi. Questo lo so far anch'io.
    Alla fine "vincerà", se Dio lo vorrà, sempre e soltanto la Chiesa.

    RispondiElimina
  14. E' inutile "ciurlare nel manico", bisogna dire "sì, sì; no, no". Ha ragione l'autore di questo link:
    http://antoniodipadova.blogspot.com/2009/03/il-concilio-pastorale-e-lo-scisma-che.html

    RispondiElimina
  15. Don gianluigi ha ben evidenziato il cuore del problema: la supervalutazione-superconsiderazione del Vaticano II che spesso, troppo spesso è di fatto considerato più importante degli Evangeli. Ed io non posso non constatare, con dolore, che tutti, ma propio tutti coloro che portano avanti idee eterodosse sono schierati in difesa del Vaticano II, ad esso si rifanno e da esso dichiarano di discendere!

    Fr. A.R. qui come nel suo interessante blog ci ricorda che tutti i concili sono pastorali e dogmatici al tempo stesso, ed ha ragione; ma la qualifica di esclusivamente pastorale al Vaticano II non gliel'ha affibbiata nessuno: se l'è data da solo. Il fatto che essun altro concilio s'è mai preso la briga di affannarsi a distinguersi dai precedenti dandosi aggettivi depone solo a favore del dubbio: qual'è il significato di questa novità? Tale nuova definizione si contrappone a qualcosa?
    Se si, a che cosa?
    Perchè prendersi la briga di specificare ciò che in venti secoli mai si era avvertita la necessità di specificare?
    Lo si è fatto per venire incontro a esigenze nuove in passato non presenti?

    Noi pensiamo che tale specificazione abbia come scopo quello di far passare tesi, idee e in ultima analisi dottrine difficilmente conciliabili con il magistero precedente; se sbagliamo ce lo si dimostri e ci si dia una motivazione seria, plausibile, accettabile e giustificabile del termine "pastorale".

    Dalle dichiarazioni più o meno esplicite dei "manovratori" che furono dietro al Vaticano II (si badi bene: anche in questa fortissima affermazione noi non diciamo nulla di nostro, ma ci limitiamo a prendere atto di quanto scritto e detto da personaggi come, per esempio, don Dossetti che dichiarò, vantandosene, esser suo il merito di aver di fatto preso per il naso la maggioranza dei padri conciliari portandola ad approvare ciò che voleva la cricca dei neoterici dimostratisi abilissimi conoscitori dei meccanismi assembleari); questo è il tenore delle affermazioni dossettiane e di questo genere finora è la luce che illumina i dietro le quinte del Vaticano II. Un concilio che ormai sappiamo tutti essere stato fatto propio più dietro che davanti alle quinte( e pertanto se vogliamo capirci di più è propio il dietro le quinte che dobbiamo illuminare a giorno).
    Ignorare poi la differenza che corre tra un documento "dogmatico" in quanto fissa, con relative e severissime pene, il chiarimento definitivo di una dottrina da credersi (come fece Trento e il Vaticano I) e un documento "dogmatico" in quanto parla di argomenti dogmatici ma senza fissare nessun nuovo chiarimento dottrinale (ma anzi facendo sorgere dubbi e perplessità) e senza pene e censure di alcun tipo (come il Vaticano II) facendo quindi dell'erbe tutt'un fascio, non contribuisce a chiarire i molti, troppi, aspetti ambigui dell'ultimo concilio.
    Una cosa è però certa: se si rifiuta, si relativizza o anche solo si discute Trento o il Vaticano I scatta subito la scomunica che quei sinodi hanno decretato; se si discute i molti punti del Vaticano II che non sono per nulla chiari quale condanna se ne ha oltre alla "scomunica" dell'intolleranza neomodernista?

    E' necessario che coloro che ritengono il Vaticano II in sintonia col magistero precedente dimostrino a noi, che siamo critici, con le parole e con i fatti (cioè correggendo tutti coloro che ovunque insegnano eresie o, se necessario, cacciandoli via) tale continuità.

    Fino a quel momento una tale richiesta non giova di certo alla causa che vogliono difendere ed aumenta anzi la diffidenza ed il dubbio.
    Antonello; sempre quello!

    RispondiElimina
  16. Nel mio post della 23,43, alla fine del secondo cpoverso, dopo "relative" aggungasi "conseguenze" restato nella tastiera.

    Ad El Cid ed al suo ispiratore, ricordo che tutti i concili hanno sempre condannato dottrine erronee (anathema sit), proposto o riproposto la verità nella sua pienezza ed in linguaggio inequivoco, il tutto sintetizzato in canoni.
    Anche se non si sono definiti dogmatici non ha importanza: occorre guardare alle formule usate, al contenuto, all'autorità di cui i documenti vengono forniti.
    Il Tridentino o il Vaticano I non han biisogno d'esser definiti dogmatici: lo sono. La pastorale ne è conseguenza.
    Per quanto concerne il Vaticano II,
    non son io ad aver detto che non vuole definire alcuna verità, che si pone ad un livello più modesto, meramente pastorale, rispetto agli altri concili. Lo ha detto il Papa attuale e prima di lui lo han sostenuto tutti a partir da Giovanni XXIII. La dichiarazione, annessa agli atti, di mons. Felici è chiara. Male non farebbe rileggerla.
    Ci sono o no dei punti ambigui? Com'è possibile che documenti di un concilio dommatico siano interpretati da ciascuno a modo suo? Perché non avviene questo col Tridentino o col Vaticano II? In questi concili s'è mai visto un documento approvato dal papa che viene subito dopo corretto da una nota esplicativa per rimediare ad un colossale errore?
    Si dica una volta per tutte: il Vaticano II è dogmatico e pastorale insieme. Si indichino i documenti dogmatici (non solo la definizione o il titolo) e le dottrine da tenersi per verità irreformabile all'interno di tali documenti, se è vero che sono un mix di pastorale e dogma. La pastorale muta coi tempi, il dogma o la verità no.
    A 40 e passa anni di distanza non si può rimaner nel dubbio che persino uomini di fede indiscussa e che hanno speso la vita al servizio della Chiesa, reputano conseguenza di affermazioni
    conciliari che non esprimono o contraddicono la Tradizione. Si leggano i saggi di mons. Gherardini (prof. di ecclesiologia, luterologia, ecumenismo che a questo lavoro di intepretazione si sta dedicando da tempo).
    Anch'io vorrei dire senza riserve "sì sì no no", ma non a casaccio. Quando leggo e rileggo certi passi della Dei Verbum, della Lumen Gentium, della Dignitatis Humanae, della Unitatis redintegratio ecc., che via via ho ricordato, il dubbio resta.
    Mi si dica definitivamente: Chi non accetta senza discussioni il Vaticano II è eretico, ed io prenderò le mie decisioni.
    Invece il Papa queste disucussioni dottrinali le vuole. Avrà i suoi motivi. Lefebvre e i suoi non furono scomunicati per eresia.

    RispondiElimina
  17. Caro El Cid,
    per me l'autore dell'articolo a cui rimandi ha qualche ragione, ma al di là degli aspetti legalistici, ha sostanzialmente torto.

    RispondiElimina
  18. Messaggio di servizio a Dante Pastorelli:
    la mail di risposta alla domanda continua a rimbalzare indietro. Prego controllare il problema.

    RispondiElimina
  19. Frate A.R. non solo trancia giudizi nel suo blog, ma imperversa in diversi siti legati alla tradizione, lasciando le sue perle, che screditano i lefebvriani, ma rifiutando qualsiasi risposta a chi gli controbatte, come ha fatto anche qui.

    Mai nessuno di questi defensores fidei entra nel merito delle questioni. Lanciano le loro scomuniche e se ne vanno. Ecco un esempio tipico di dialogo, frutto ispirato dallo spirito del vat.II!

    Mai nessuno di questi signori ha spiegato come mai gli eretici monofisiti delle chiese assire che rifiutano il concilio di calcedonia (eufemisticamente chiamati pre-calcedonesi) sono stati accolti nella chiesa cattolica, senza alcuna dichiarazione. Forse proprio perché il Vaticano II è un superconcilio che annulla i precedenti?
    Me lo dica Padre A.R.

    RispondiElimina
  20. La mia impressione è che i sostenitori del Vaticano II non abbiano chiaro che continuità non significa mettere in calce ad un pronunciamento conciliare una serie più o meno lunga di citazioni di documenti magisteriali precedenti. La continuità sta nel rendere esplicito ciò che prima era implicito; con il Vaticano II c'è stato spesso il contrario: ciò che era chiaro (per esempio "est") è stato annebbiato ("subsistit in").
    Perché questa involuzione? Non sarà che in questo modo si voleva far passare un messaggio diverso chsi sarebbe bene esplicitato nello "spirito" ma che non si poteva mettere nella lettera?
    Dopo ogni concilio ci si è accapigliati intorno alla Verità proclamata (chi l'accettava e chi la rifiutava), dopo il Vaticano II ci si accapiglia per interpretare in un senso o in un altro i suoi pronunciamenti. C'è una bella differenza!
    E comunque io, da ignorante, ho il diritto di capire i documenti di un concilio senza dovermi leggere una vagonata di altri libri; come fò coll'Evangelo, dove nei pochi punti più difficili bastano un paio di brevi spiegazioni per essere capito pure da me.
    Ma Nostro Signore si rivolgeva ai bambini e ai semplici, i periti e i consultori del Vaticano II (cioè coloro che hanno materialmente redatto i documenti) a chi si rivolgevano?

    Un'altra cosa: come mai tra i periti e gli esperti del Vaticano II figurano così tanti nomi che subirono "condanne" solo qualche anno prima?
    Le cose son due: o si sbagliò Pacelli a condannarli o si sbagliò Roncalli e Montini ad amnistiarli.

    Antonello. sì, sì, sempre quello!

    RispondiElimina
  21. don gianluigi: fr.A.R. scrive cose interessanti, che leggo volentieri, ma a certe domande non ha risposto neppure a me. Eppure chiedevo solo lume, niente più.
    La mia impressione è che persone come questo buon frate si sentano la terra tremare sotto i piedi quando si tiran fuori certi argomenti, e sclerano lanciando anatemi a destra e a manca. E gli anatemi non si devono spiegare.

    Comunque io dai rapporti diretti che ho avuto con i frati del Poverello, ho imparato a starmene alla larga. Per non parlare di quei frati diventati vescovi; sono più pericolosi.

    Come in ogni regola ci sono le eccezioni:i frati dell'Immacolata.

    RispondiElimina
  22. queste polemiche gratuite contro altri tradizionalisti non fanno altro che confermare le parole del Santo Padre: diversi elementi distorti e malati, cose stonate – superbia e saccenteria, fissazione su unilateralismi

    RispondiElimina
  23. Una segnalazione per svelenire i toni:
    http://querculanus.blogspot.com/2009/03/e-se-provassimo-semplificare-un-po-la.html

    RispondiElimina
  24. Io non capisco questo accapigliarsi per il Vaticano II. C'è, è un fatto. Non si può correggere, altrimenti potremmo metterci a correggere anche il tridentino o quello di Nicea. Contiene ambiguità? Non è l'unica fonte della dottrina cattolica, e dove il problema è già stato affrontato l'ambiguità si scioglie. Se proprio vogliamo dircela tutta, la grande questione è che i testi del concilio sono stati forzati negli anni successivi. Fosse stato rettamente applicato non saremmo qui a discutere.

    RispondiElimina
  25. Signori, per favore, il dissenso di opinioni va sempre espresso, ma senza denigrare nessuno.

    RispondiElimina
  26. Confondere una sana dialettica con lo sbranarsi a vicenda riferito dal papa ad altre situazioni significa solo voler mettere il bavaglio a se stessi e agli altri.
    Non vogliamo parlare del Vaticano II e dei problemi che ha fatto nascere?
    Benissimo, non parliamone. Nessuno è più felice di me nel non parlare dell'ultimo concilio.
    Ma si risolvono i problemi non parlandone?
    Perché i problemi restano, anche se non ne parliamo.
    E allora ecco che è meglio parlarne, discuterne, "accapigliarci" (è una metafora!): primo perché il Vaticano II è un evento che non può essere ignorato; non gli si farebbe certo un buon servizio tacendo! secondo perché gli interrogativi che ha posto necessitano di una risposta chiara e decisa.
    No, cari amici, mi spiace, ma io lo struzzo non lo fò.

    Io i problemi li affronto, anche se mi dà noia parlar di certe cose
    Lo fò per me, ma lo fò anche per la Chiesa dove col silenzio si crede anche oggi di risolvere i problemi i quali tacendo si incancreniscon e radicalizzan solamente.
    Antonello

    RispondiElimina
  27. Eviterei giudizi di carattere generale sull'ordine dei francescani, così come su qualsiasi altro ordine, specie se ha un tal tesoro di benemerenze da obbligare chiunque al massimo rispetto. Ciò non significa, sia chiaro, non vedere ciò che non va, ma distinguere caso per caso senza lanciarsi in uscite uguali e contrarie a quelle di chi censura tout court fenomeni complessi come la Fraternità San Pio X.

    Eviterei anche i giudizi ad personam, soprattutto quando la persona è un degnissimo sostenitore del Vetus Ordo quale Fr. A.R.

    Sarebbe opportuno fare in modo che il campo di chi ama e sostiene la liturgia tradizionale non conosca divisioni interne: non vorremo fare il verso a bolscevichi e menscevichi?! Ci possono essere vedute diverse su singoli punti, ma l'istanza che anima tutti noi, mi sembra, è quella di vedere al più presto l'antica messa romana - e con essa la piena, limpida coscienza del Sacrificio eucaristico - tornare al centro della nostra vita liturgica, con la sua regale dignità e la sua inesauribile profondità.

    E buon "laetare" a tutti.

    RispondiElimina
  28. Non si sarebbero potuti stravolgere nel senso i documenti conciliari se non avessero contenuto ambiguità ed affermazioni che talvolta presentano una dottrina nuova.
    Non si possono cambiare? bene, si dica definitivamente che non accettando quei punti così come sono si è eretici. Chi non accetta le definizioni del Tridentino, del Vaticano I, per restare ai più recenti, lo sono.
    Mi si indichino le difinizioni da tenersi per vere del Vaticano II, e quale dottrina contraria è condannata da questo concilio. Il principale sostrato dell'ambiguità del concilio è proprio in questa impossibilità di discernere il vero dal falso.

    RispondiElimina
  29. Sono perfettamente d'accordo con Dante Pastorelli. Se il Vaticano II non è dogmatico ma anzi si è esplicitamente proposto di "esprimere meglio" la dottrina Cattolica all'uomo di oggi... allora ha doppiamente fallito.
    Fallito sul piano dogmatico, fallito sul piano "comunicativo". Mentre lascio le dispute teologiche agli specialisti, sul piano pratico della comunicazione ritengo che si possa dire qualcosa anche da profano quale sono.
    Ebbene: l'obiettivo di spiegare meglio la Dottrina ai contemporanei non solo non è stato raggiunto ma si è finito per confondere le idee anche a coloro che prima le avevano ben chiare! E allora?
    Quanto alla presunta irreformabilità dei Concili non mi sembra che sia così assoluta. Mi sembra, ad esempio, che alcune teorie sulla collegialità proclamate dal Concilio di Costanza siano poi state rigettate. Forse sbaglio?

    RispondiElimina
  30. Il concilio di Costanza non fu "controfirmato" dal papa allora sedente, come è necessario che avvenga.
    Mi secca passare per un difensore del Vaticano II: sono il primo a dire che contiene ambiguità (volute) e tortuosità che avevano lo scopo di mediare fra posizioni diverse. Fu soprattutto un tentativo di presentare la Chiesa sotto una luce più moderna, ma secondo un concetto di modernità "anni Sessanta" che ormai è ampiamente superato. Un concilio che si tenesse oggi con gli stessi propositi parlerebbe ad esempio abbondantemente di ambientalismo, dell'effetto serra ecc. ecc. Cose anche interessanti, ma c'è il rischio che fra cinquant'anni non siano più all'ordine del giorno. Detto questo, non capisco però la necessità di combatterlo strenuamente. Non obbligò a fare cose contrarie alla fede cattolica, mi sembra. Se poi qualcuno le ha fatte appellandosi al concilio, l'errore è opera sua.

    RispondiElimina
  31. In ogni caso quando si discute sulla FSSPX il clima si surriscalda sempre. Forse perchè sono stati e sono praticamente gli unici ad aver avuto sempre il coraggio di affrontare il VERO roblema che sta alla base di tutti gli altri ovvero il valore autentico e il giudizio teologico sul Concilio Vaticano II.
    Tutti gli altri movimenti tradizionalisti hanno eluso, o dissimulato, o annacquato, o attenuato il problema. Io penso per un malinteso senso dell'obbedienza che non può mai andare contro i canoni della ragione.
    Così avviene che la FSSPX diventa sempre di più "segno di contraddizione" o "la pietra scartata dai costruttori che è diventata testata d'angolo". Spero che mi si perdoni l'iperbole evangelica!\

    RispondiElimina
  32. Il problema non è di combatter il concilio, il problema è invece quello di saper cos'abbia voluto effettivamente dire il concilio in quell'espressioni ambigue e tortuose che si rinvengon facilmente anche in costituzioni presentate come "dogmatiche" non si sa se perché sian da tenersi tali per le verità che propongono o semplicemente perché affrontino problemi attinenti al dogma con argomentazioni teologiche ed in dettato non definitorio.
    E chi ce lo deve dire? Se teologi non sospettabli di lefebvrianesimo continuano a dibatter su questi punti, occorre o no una chiarificazione ufficiale e da tenersi per verità? Così si mette fine alle diatribe.
    Oppure si dica e non si ripeta più: tutti i documenti conciliari sono, nella forma in cui sono stati redatti, espressione del magistero infallibile e chi osi dissentire è un eretico. Non ci vuol mica tanto!
    Ma se i Papi post conciliari non si sono pronunciati in questi termini, vuol dire che non potevano e non possono a tanto esporsi.
    Perché le discussioni dottrinali non si son tenute a partir dall'88 quando è cominciato il rientro di gruppi lefebvriani a cui è stato chiesto soltanto di sottoscrivere il generico accordo raggiunto in quell'anno con Lefebvre?
    Infine chi è che mena il can per l'aia: chi, da più parti, chiede lumi argomentati o chi non dà le dovute risposte suscitando ulteriori dubbi?

    RispondiElimina
  33. Di stranezze ce ne sono. E' innegabile. Tanto per chiamare in causa un tema che coinvolge la nostra sensibilità: se la SC dice espressamente che il latino è la lingua da privilegiare nella liturgia, com'è che si è arrivati a celebrare in lingua volgare? Se dice che gregoriano e polifonia sono il canto proprio della Chiesa cattolica latina, com'è che si è arrivati alle canzonette da campeggio anni Settanta? Chi invoca il V2 come presidio intangibile ne disattende sistematicamente il dettato. No, i conti proprio non tornano.

    RispondiElimina
  34. Questo commento è stato eliminato da un amministratore del blog.

    RispondiElimina
  35. Caro Giovanni,

    noi siamo allergici alla censura e alla moderazione e finora non abbiamo mai dovuto utilizzare tali strumenti. Ma il tuo ultimo commento rende inevitabile un tale intervento.

    Non sono accettabili simili espressioni, soprattutto contro un Sacerdote. Tu sei terziario francescano e ricordi meglio di noi che S. Francesco invitava a baciare la terra dove fosse passato un sacerdote.

    E' giusto esprimere la propria opinione argomentando, ma non gli attacchi alla persona.

    Abbi quindi pazienza per l'intervento censorio su un testo che, certamente, era animato da sacro zelo più che da volontà di attaccare, ma che nondimeno ha trasceso il segno.

    RispondiElimina